Si masturbavano poi dolcemente: lui, pizzicandole il clitoride; lei, massaggiando col pollice l’estremità del membro. Lui le alzò su le gambe e se la mise sulle spalle, mentre lei si slacciava il corsetto per farne scaturire due superbi seni bene eretti che il principe si mise a succhiare l’uno dopo l’altro, mentre faceva penetrare nella donna il suo membro in fiamme.
La ragazza di li’ a poco gridò:
- Che bello! che bello! come ci sai fare…!
Allora agitò più forte e disordinatamente il sedere ed egli la senti’ godere dicendo :
- Tieni… vengo… tieni… prendi tutto!
Subito dopo, gli afferrò bruscamente l’arnese alla radice, e gli disse:
- Da questa parte basta.
Lo tirò fuori da dov’era e se lo infilò in un altro buco bello tondo, posto poco più in basso del primo, come un occhio di ci-clope tra due globi carnosi, bianchi e freschi.
Il membro, lubrificato dal succo femminile, vi penetrò con facilità e, dopo aver sculettato arditamente, il principe scaricò tutto il suo sperma nel sedere della bella cameriera.
Poi tirò fuori il suo affare, che fece “floc”, come quando si stappa una bottiglia, e sulla punta c’era ancora sperma, mescola-to con un po’ di merda.
In quell’istante qualcuno suonò nel corridoio e Marietta disse:
“Devo andare a vedere ».
E poi scappò via dopo aver baciato Mony, che le mise in mano due luigi. Non appena fu uscita, si lavò per bene il membro afflo-sciato, poi dissuggellò la lettera, che conteneva quanto segue: CAPITOLO TERZO
(parte 2)
“Mio bel romeno, che fine hai fatto? Ormai dovresti esserti rimesso dalle tue fatiche. Ricordati di quel che hai detto: ‘ se non faccio l’amore venti volte di seguito, che undicimila verghe mi castighino ‘. Venti volte non l’hai fatto, peggio per te.
L’altro giorno sei stato ricevuto nel foutoir di Alessina, a rue Duphot. Ma ora che ti conosciamo puoi anche venire da me. Da Alessina non è possibile: non può ricevere nemmeno me. Per questo ha un foutoir suo: il suo senatore è troppo geloso. Io me ne frego: il mio amante fa l’esploratore e in questo momento sta infilando perle con le negre della Costa di Avorio. Puoi venire da me, al 241 di rue de Prony. Ti aspettiamo alle quattro.
Culculina d’Ancona.”
Letta la lettera, il principe guardò l’ora.
Erano le undici del mattino. Suonò per far salire il massaggiato-re, che lo massaggiò e poi lo inculò come di dovere.
La seduta lo rimise in sesto. Fece ancora un bagno, e sentendosi fresco e preparato suonò per il parrucchiere, che lo pettinò e lo inculò artisticamente. Poi sali’ il pedicure e manicure, che gli fece le unghie e lo inculò vigorosamente.
Il principe si senti’ alla perfezione.
Scese nei boulevards, pranzò abbondantemente, e sali’ su un fiacre che lo condusse a rue de Prony, a un palazzetto il cui unico abi-tante era Culculina. Una vecchia cameriera lo fece accomodare. La casa era ammobiliata con gusto squisito.
Fu fatto entrare immediatamente in una camera da letto col letto d’ottone bassissimo e larghissimo. Il pavimento era ricoperto di pelli d’animali che attutivano il rumore dei passi.
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