Vivo sola come le fiere. Come farò ora? Quando chiedo l’elemosina mi dicono: Perché non avete lavorato? Ah, non sanno dunque che io ho lavorato più di qualsiasi altra creatura cristiana? Ecco, vedi i miei piedi? Vuoi vedere i miei piedi, giovine cacciatore?»
E preso un piede con entrambe le mani ne rivolse la palma verso lo sconosciuto. Costui si chinò a guardare, e vide quella povera palma di piede ridotta ad una specie di cuoio grossissimo, nero, screpolato, qua e là macchiato di sangue.
«È orribile», mormorò, come fra sé, «una povera vecchia camminare così.»
Zia Biròra era troppo furba per non profittare della pietà del viandante, sperando ch’egli le desse una buona elemosina, e riprese a narrargli le sue disgrazie, esagerandole magari un tantino. Egli ascoltava, pensoso, pizzicandosi il mento adorno d’una graziosa fossetta. Ad un tratto s’udì un passo di cavalli, in lontananza, nel silenzio dello stradale. Lo sconosciuto ascoltò intensamente, mentre traeva il portafogli dalla tasca interna della giacca. In un attimo prese un biglietto di banca, lo diede alla vecchia, rimise il portafogli, e sparì. Parve che il terreno l’avesse inghiottito, e zia Biròra provò uno strano sentimento di terrore, ma di terrore arcano, misto a gioia profonda. Senza avvedersene si trovò inginocchiata, col biglietto fra le mani giunte.
«Egli era un angelo», pensava, «era San Michele Arcangelo. Dio sia lodato: Egli non abbandona i poveretti. Questo è certamente un biglietto da venticinque lire: io sono salva, la mia vecchiaia è assicurata. San Michele Arcangelo sia benedetto. Era lui! Era lui!»
Si trascinò sulle ginocchia, baciò il suolo dove lo sconosciuto aveva posto i piedi, e pregò.
In questa posizione la sorpresero due paesani che passavano a cavallo e che la credettero svenu-ta. La chiamarono, ed uno di essi smontò da cavallo. Ella si rialzò e raccontò la storia, dicendo d’aver veduto San Michele Arcangelo che le aveva fatto l’elemosina. La credettero pazza, le chiesero di far vedere il biglietto, e le dissero, meravigliati che era un biglietto da cento lire.
Poi passarono oltre.
Cento lire! La vecchia credette d’impazzire davvero: cominciò a ridere e piangere nello stesso tempo, picchiandosi il petto, gettandosi per terra e baciando nuovamente il posto ove lo sconosciuto s’era fermato.
Qualche tempo dopo, zia Biròra, che continuava a negoziare le uova, viaggiando però a cavallo, si trovò per caso, a Nuoro, davanti alla Corte d’Assise. Si discuteva un famoso processo contro un bandito accusato di omicidi, grassazioni, vendette, rapine. La vecchia mercantessa entrò anch’essa e si mescolò alla folla dei curiosi. Ad un tratto fra questa folla s’elevarono grida, esclamazioni, mor-morii. Che è, che non è? Era la vecchia che nel bandito crudele aveva riconosciuto il suo San Michele Arcangelo.
Nostra Signora del Buon Consiglio9
Oggi, miei piccoli amici, voglio raccontarvi una storia che vi commuoverà moltissimo, e che, se non vi commuoverà, non sarà certamente per colpa mia o delle cose che vi narro, ma perché avete il cuore di pietra.
C’era dunque una volta, in un villaggio della Sardegna per il quale voi non siete passati e forse non passerete mai, un uomo cattivo, che non credeva in Dio e non dava mai elemosina ai poveri.
Quest’uomo si chiamava don Juanne Perrez, perché d’origine spagnola, ed era brutto come il demonio.
Abitava una casa immensa, ma nera e misteriosa, composta di cento e una stanza, e aveva con sé, per servirlo, una nipotina di quindici anni, chiamata Mariedda.
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