Mariedda era buona, bella e devota quanto suo zio era cattivo, brutto e scomunicato. Mariedda possedeva i più bei capelli neri di tutta la Sardegna, e i suoi occhi sembravano uno la stella del mattino, l’altro la stella della sera.
Don Juanne voleva male a Mariedda, come del resto voleva male a tutti i cristiani della terra; e, potendo, le avrebbe cavato gli occhioni belli; ma per un ultimo scrupolo di coscienza non voleva farle danno; solo, quando essa ebbe compito i quindici anni, pensò di sbarazzarsene maritandola a un brutto uomo del villaggio.
Ella però non volte acconsentire a questo infelice matrimonio, e il brutto uomo del villaggio, per vendicarsi dell’umiliante rifiuto, una notte sradicò tutte le piante del giardino di don Juanne e pose sulla soglia della casa, ove Mariedda e lo zio abitavano, un paio di corna e due grandissime zucche; e ogni notte passava sotto le finestre cantando canzoni cattive.
Impossibile descrivere l’ira di don Juanne, e l’avversione che d’allora cominciò a nutrire contro la povera Mariedda. Basta dire che un giorno la prese con sé nella stanza più remota della casa, e le disse:
«Tu non hai voluto per marito Predu Concaepreda (Pietro Testadipietra). Beh! Ma siccome tu devi assolutamente maritarti, preparati a sposare me».
La poveretta rimase, come suol dirsi, di stucco, poi esclamò:
«Ma come va quest’affare? Voi non siete mio zio? E da quando in qua gli zii possono sposar le nipoti?».
«Tu sta zitta, fraschetta! Io ho dal papa il permesso di sposarmi con chi voglio, anche senza prete. E ho deciso di ammogliarmi con chi mi pare e piace. Tu pensa bene ai fatti tuoi. O quell’uomo del villaggio, o me. Ti lascio una notte per deciderti.»
E se n’andò chiudendola dentro.
Appena sola, Mariedda si mise a piangere e a pregare fervorosamente Nostra Signora del Buon Consiglio, perché l’aiutasse e la ispirasse.
Ed ecco, appena fatto notte, le apparve una donna bellissima, tutta circondata di luce, vestita di raso e di velo bianco, con un mantello azzurro e un diadema d’oro simile a quello della regina di Spagna.
Donde era entrata?
Mariedda non poteva spiegarselo, e stava a guardar a bocca aperta la bella Signora, quando questa le disse con voce che sembrava musica di violino:
9 Leggenda pubblicata presso R. Sandon, Palermo, 1899.
«Io sono Nostra Signora del Buon Consiglio, ed ho sentito la tua preghiera. Senti, Mariedda: Chiedi a tuo zio otto giorni di tempo, e se in capo a questi egli non avrà deposto il suo pensiero, chiamami di nuovo. Conservati sempre buona, e mai ti mancherà il mio aiuto e il mio consiglio».
Ciò detto sparve, lasciando nella stanza come una luce di luna e un odore di gelsomino.
Mariedda, che provava una viva gioia, pregò tutta la notte; e il domani chiese a suo zio otto giorni di tempo. Sebbene a malincuore, don Juanne glieli concesse; intanto, perché non fuggisse, la teneva sempre rinchiusa in quella stanza remota, nella quale perdurava la luce di luna e l’odore di gelsomino. Passati però gli otto giorni, le chiese se si era decisa, ché lui voleva assolutamente sposarla il giorno dopo.
Rimasta sola, Mariedda si rimise a piangere e pregare, ma tosto ricomparve quella Celeste Signora, che ora aveva un vestito di broccato d’oro e un diadema di perle come quello della Regina di Francia.
«Dormi, Mariedda, e non temere», le disse con voce che pareva musica di rosignuolo. «Prendi questo rosario, che ha virtù di guarire i malati, e nella fortuna non dimenticarti di me, se non vuoi che t’incolga sventura.»
E sparì, lasciando nella stanza una luce d’aurora primaverile e una fragranza di garofani.
Mariedda non aveva potuto dire una sola parola. Speranzosa ed estasiata baciò il rosario di ma-dreperla lasciatole dalla divina Signora, se lo pose al collo e si addormentò tranquillamente senza chiedersi che cosa l’indomani sarebbe avvenuto.
Ma l’indomani ella si svegliò sotto un roveto, vicino ad una palude; e tosto pensò che colà doveva averla trasportata, durante il sonno, la sua Santa Protettrice.
1 comment