Ho appena finito un articolo di questo genere, e ne sono molto soddisfatto. Alla mia anima tormentata fa bene leggerlo, e
immaginare i problemi che creerebbe a me e alla mia famiglia. Lo lascerò ai posteri, e lo renderò noto dalla tomba. Lì c’è libertà di parola, da lì non si può far danno alla famiglia.
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LIBERTÀ DI STAMPA
La stampa si è fatta beffe della religione finché non ha reso popolare la beffa. Ha difeso dei funzionari pubblici criminali, con il pretesto del partito, finché non ha creato un Senato degli Stati Uniti i cui membri sono incapaci di capire la differenza fra il crimine, la legge e la dignità della propria persona, per quanto siano moralmente ciechi. Ha poi preso così alla leggera la disonestà di questi amministratori pubblici che come risultato abbiamo un Congresso che per contratto si impegna a lavorare per una determinata somma e poi, volutamente, ruba dalla tasca pubblica e si finge contrito e sorpreso che chiunque possa dar peso a una sciocchezza del genere.
Sto mettendo questo odioso stato di cose sul giornale, perché credo sia lì che debba stare —
essenzialmente, almeno. C’è una stampa libera, una stampa che è più di libera — una stampa autorizzata a dire qualsiasi infamia decida di 16
dire riguardo un privato cittadino o un uomo pubblico, o magari di sostenere qualsiasi dottrina denigratoria che ritiene giusta. Non ha alcun limite. L’opinione pubblica, che dovrebbe tenere la stampa entro certi limiti, si è abbassata al suo stesso livello. Esistono leggi per proteggere la libertà di stampa, ma nessuna che faccia qualcosa per proteggere le persone dalla stampa. Una causa per diffamazione porta semplicemente il querelante davanti a un grande tribunale composto proprio dalla stampa, in modo che lì venga processato ancora prima di essere giudicato dalla legge, e dove sarà impietosamente vituperato e messo alla gogna. Il permaloso Charles Reade1 può fare causa ai giornali inglesi e ottenere dei verdetti: qui in America cambierebbe subito tattica. I giornali (appoggiati da un pubblico ben ammaestrato da quella stessa stampa), gli farebbero ben presto capire che è meglio subire 1 Charles Reade (1814-1884). Scrittore inglese, fu coinvolto in numerose faide letterarie e accuse di plagio, da cui si difese con estremo vigore.
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qualsiasi travisamento piuttosto che andare in tribunale con una causa per diffamazione e diventare lo zimbello della comunità.
I nostri princìpi morali decadono in modo direttamente proporzionale all’aumento del numero dei giornali. Più giornali ci sono, meno moralità c’è. Per un giornale che fa del bene, ne abbiamo cinquanta che fanno del male.
Dovremmo considerare la nascita di un giornale in un villaggio virtuoso alla stregua di una calamità. La differenza di tono e di condotta fra i giornali di oggi e quelli di trenta o quaranta anni fa è notevolissima e molto triste — e parlo del “giornale tipo” (perché anche allora ce n’erano di cattivi). A quei tempi tale “giornale tipo” si faceva paladino di ciò che era giusto e morale, e si occupava coscienziosamente della verità. Non è il caso di oggi. Qualche giorno fa un quotidiano di New York — che gode di buona reputazione — ospitava un editoriale in difesa del furto di stipendio di senatori e rappresentanti, adducendo come giustificazione il fatto che i membri del Congresso non 18
vengono pagati abbastanza — quasi fosse una scusa sufficiente per giustificare quel furto. E
indubbiamente, per qualche lettore ottuso, quell’articolo ha posto la questione sotto una nuova luce, perfettamente soddisfacente.
Ed è ormai diventato un proverbio sarcastico sostenere che una cosa deve essere vera se la si è letta sul giornale. Questa è la sintesi dell’opinione che hanno le persone intelligenti a proposito di questo mezzo bugiardo. Ma il guaio è che gli stupidi, che costituiscono la stragrande maggioranza di questa e di tutte le altre nazioni, ci credono davvero e sono formati e convinti da ciò che leggono sul giornale, ed è lì che sta il danno.
Nella nostra società il giornale ha una potenza immensa.
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