Sono giunta in questo paese come una supplice, e non con la spada in pugno, invocando il sacro diritto dell’ospitalità, gettandomi tra le braccia di una regina che è della mia stessa famiglia, ma sono stata catturata, imprigionata, quando cercavo solo aiuto! Dite, come e perché dovrei sentirmi in obbligo verso l’Inghilterra? Che doveri ho nei suoi confronti? Se cerco di liberarmi del peso delle catene che mi opprimono, se tento di contrastare la forza con la forza ed incito gli Stati del Continente a prestarmi aiuto, non faccio altro che invocare un sacro diritto di natura se mi servo dei mezzi normalmente leciti in guerra quando si combatte lealmente da entrambe le parti. Solo l’orgoglio e la mia coscienza mi vietano l’omicidio, la congiura segreta, la cospirazione sanguinosa. L’omicidio sarebbe un disonore senza pari per me. Sì, sarebbe un disonore per me… ma non potrebbe assurgere a una condanna, non potrebbe mai provocare una sentenza di colpevolezza perché, vi ripeto, tra me e l’Inghilterra non si tratta di diritto ma di forza.

 

BURLEIGH (intenzionalmente)

Milady, non ricorrete allo spaventoso diritto della forza! Potrebbe causare gravi danni a chi si trova in carcere.

 

MARIA

Io sono debole, e lei è forte. Faccia quindi uso della sua forza: mi uccida, mi offra in olocausto alla sua sicurezza! Ma abbia il coraggio di ammettere di aver fatto ricorso alla forza, e non alla giustizia! Per liberarsi di una rivale che detesta, non chieda il sussidio della legge per colpire con la spada! E non ricopra di un manto pietoso ciò che è solo una sanguinosa prova di forza! Questa tragica farsa non deve ingannare il mondo! Lei mi può uccidere, non giudicare! Rinunci ad unire i frutti del crimine al volto immacolato della virtù, e abbia il coraggio di mostrarsi davanti a tutti per ciò che realmente è! (Esce)

 

Scena ottava

 

 

Burleigh, Paulet.

 

BURLEIGH

Cavalier Paulet, questa donna ci sfida, e continuerà a farlo fino ai piedi del patibolo. Nulla potrà mai abbattere un orgoglio simile. Si è mostrata stupita della condanna? L’avete vista versare una sola lacrima? O farsi appena un po’ pallida? No, non fa appello alla nostra pietà. Sa invece in quali penose incertezze si dibatta la nostra regina e dalle nostre apprensioni attinge un coraggio sorprendente.

 

PAULET

Lord Tesoriere! Questo inutile orgoglio scomparirà se le toglieremo l’occasione di esercitarlo! Ammettiamolo: ci sono state parecchie irregolarità nel processo. Doveva essere messa a confronto coi suoi scrivani, come con Babington e Tichburn.

 

BURLEIGH (di scatto)

No, cavalier Paulet, no! Non potevamo correre un rischio di questa portata! Esercita un fascino immenso sui cuori, e voi sottovalutate il potere delle lacrime femminili! Se fosse messa a confronto col suo scrivano Kurl e quest’ultimo dovesse pronunciare in sua presenza la parola destinata a perderla, sono certo che ritratterebbe immediatamente tutto quanto, che revocherebbe la deposizione…

 

PAULET

E così i nemici dell’Inghilterra ci copriranno di voci tendenziose, di calunnie, e il carattere solenne del processo diventerà infame, apparirà come un sacrilegio!

 

BURLEIGH

Questo è il timore che affligge la nostra sovrana. Oh, se questa messaggera di sventure fosse morta prima di metter piede sul suolo inglese!

 

PAULET

È la mia opinione.

 

BURLEIGH

Se una malattia mortale l’avesse colta in carcere!

 

PAULET

A questo paese molte sofferenze sarebbero state risparmiate.

 

BURLEIGH

Eppure, anche se fosse morta per cause naturali, noi saremmo stati ugualmente imputati d’assassinio.

 

PAULET

È vero. Non si può impedire alla gente di pensare quello che vuole.

 

BURLEIGH

Tuttavia non potrebbero dimostrarlo, e farebbe meno scalpore.

 

PAULET

Cosa importa lo scalpore? E se l’accusa è formulata ad alta voce o in un bisbiglio? Solo quando è fondata l’accusa ferisce.

 

BURLEIGH

Oh! Neppure la giustizia divina può sottrarsi al dissenso! L’opinione pubblica si schiera sempre per l’infelice, mentre il vincitore, considerato il beniamino della fortuna, è sempre perseguitato dall’invidia. La spada del diritto, che si addice all’onore virile, quando è impugnata da una donna diventa odiosa. Il mondo non crede che una donna possa comportarsi secondo giustizia quando la vittima è un’altra donna. È del tutto inutile che noi abbiamo giudicato secondo coscienza. A lei rimane il regale diritto della grazia. Lo invochi e ne usi, è inammissibile che si applichi una legge così severa…

 

PAULET

E allora?

 

BURLEIGH (interrompendolo bruscamente)

Dovrebbe vivere? No, mai, non deve vivere! È questa la causa dell’inquietudine della regina, che le toglie il sonno e la mantiene in uno stato d’agitazione continua… Dai suoi occhi traspare il dissidio che ha luogo nel suo spirito: la sua bocca non ha il coraggio di esprimere ciò che il suo cuore desidera, ma il suo sguardo silenzioso sembra chiedere: «Tra i miei sudditi non c’è nessuno che mi risparmi questa scelta orribile? Continuare a regnare in preda al terrore, o consegnare una regina, che è del mio stesso sangue, alla mannaia del boia?».

 

PAULET

Questa è l’implacabile Necessità, e non si può evitarla.

 

BURLEIGH

Invece la regina pensa che si possa evitare, sempre che ci siano a sua disposizione dei sudditi solleciti…

 

PAULET

Solleciti?

 

BURLEIGH

In grado di interpretare un cenno silenzioso.

 

PAULET

Un cenno silenzioso?

 

BURLEIGH

… che non veglino come se fosse una gemma preziosa o un gioiello inestimabile un nemico, un serpente velenoso che gli è stato affidato!

 

PAULET (intenzionalmente)

Una gemma preziosa, signore, è la reputazione, il nome inattaccabile della nostra regina! Su questo tesoro non si veglierà mai abbastanza!

 

BURLEIGH

Quando Maria Stuarda fu sottratta alla custodia di Shrewsbury e affidata a Paulet, si pensava che…

 

PAULET

Voglio credere, signore, che si pensasse soltanto a questo: ossia che il compito era passato in mani al di sopra di ogni sospetto! Dio mio! Avrei rifiutato di fare il carceriere, se non avessi pensato che doveva esercitarlo l’uomo migliore d’Inghilterra! Non fatemi pensare che debba questo incarico a qualcosa che non ha niente a che vedere con la mia reputazione.

 

BURLEIGH

Si sparge la voce che è indisposta, la si fa ammalare inesorabilmente, e per finire la si fa morire in santa pace finché tutti quanti se la sono scordata… E la vostra reputazione è intatta.

 

PAULET

Ma non la mia coscienza.

 

BURLEIGH

Se non volete aiutarci di persona, non impedite che un’altra mano…

 

PAULET

Nessun sicario varcherà mai la soglia del suo carcere, finché gli dei della mia casa veglieranno su di lei! La sua vita mi è sacra, come mi è sacro il capo della regina d’Inghilterra! Voi siete i giudici. Giudicate! Spezzate la verga! E quando sarà giunta l’ora, chiamate il falegname con la scure e la sega perché rizzi il palco. Le porte del mio castello saranno sempre aperte allo sceriffo e al carnefice. Ma finché sarà sotto la mia tutela, state pur certo che veglierò su di lei perché non faccia alcun male, e perché nessuno le arrechi offesa! (Escono entrambi)

 

ATTO SECONDO

 

 

 

Il palazzo di Westminster.

 

 

Scena prima

 

 

Il conte di Kent e Sir William Davison s’incontrano.

 

DAVISON

Siete voi, Milord di Kent? Già di ritorno dal torneo? È finita la festa?

 

KENT

Come? Non c’eravate alla giostra?

 

DAVISON

Ero impegnato.

 

KENT

Avete perso lo spettacolo più sbalorditivo che l’eleganza abbia concepito e il decoro abbia messo in scena! Si rappresentava l’assedio della casta rocca della Bellezza da parte del Desiderio. Il Lord Maresciallo, il Guardasigilli, il Siniscalco ed altri dieci cavalieri della regina difendevano la rocca, che era stretta d’assedio da cavalieri francesi. All’inizio appariva un araldo che, recitando un madrigale, intimava la resa al castello mentre il Cancelliere gli rispondeva dall’alto delle mura. Poi cominciarono a entrare in azione le artiglierie: piccoli calibri di campagna scagliarono mazzi di fiori e squisite essenze odorose. Ma fu tutto inutile, perché gli attacchi vennero respinti e il Desiderio fu obbligato a una brusca ritirata.

 

DAVISON

Un segno di cattivo augurio, conte, per il pretendente francese.

 

KENT

Ma non era che un gioco! Mentre, in realtà, penso proprio che la fortezza prima o poi dichiarerà la resa.

 

DAVISON

Lo credete davvero? Io no.

 

KENT

Gli articoli più controversi sono già stati riveduti e la Francia, su di essi, si è trovata d’accordo. Monsieur si impegna ad ascoltare la messa nella sua cappella privata e a tributare onori, in pubblico, alla religione di Stato… Dovevate vedere con quale entusiasmo il popolo ha accolto la notizia! Perché il timore del popolo è che lei muoia senza eredi e l’Inghilterra ricada sotto il dominio del Papa, nel caso le succeda la Stuarda.

 

DAVISON

Oh, ma adesso non c’è più nulla da temere. Lei si dirige all’altare e la Stuarda al patibolo.

 

KENT

Arriva la regina!

 

Scena seconda

 

 

I precedenti. Elisabetta, al braccio di Leicester. Il conte Aubespine, Bellièvre, il conte di Shrewsbury, Lord Burleigh entrano con un seguito di cavalieri inglesi e francesi.

 

ELISABETTA (ad Aubespine)

Conte, sono profondamente dispiaciuta che questi gentiluomini, trasportati fin qui, in quest’isola, dalla loro galante missione, non trovino da me la magnificenza e gli splendori della corte di Saint-Germain. Quelle feste sontuose, degne degli dèi, che in Francia la regina madre è in grado di allestire meravigliosamente, ahimè, io non sono in grado di offrirvele! Un popolo felice e concorde che mi si affolla intorno formulando auguri e benedizioni nei miei confronti, tutte le volte che mi faccio vedere in pubblico, ecco il solo spettacolo che posso esibire con orgoglio agli occhi degli stranieri. La grazia incantevole di quelle fanciulle che trasformano la corte di Caterina in un giardino fiorito farebbero scomparire la mia persona che certo non può vantare dei meriti paragonabili ai suoi.

 

AUBESPINE

La corte di Westminster agli occhi del viaggiatore, felicemente stupito, mostra una sola signora che tuttavia racchiude in sé tutto il fascino del gentil sesso.

 

BELLIÈVRE

Nobile e sovrana maestà, concedete che prendiamo commiato da voi e torniamo da Monsieur, nostro signore, con la sospirata notizia. Era così divorato dall’impazienza, che non ha potuto restare a Parigi e si è recato ad Amiens dove aspetta con ansia i messi con l’annuncio della sua immensa gioia.