Ella sentì il suo cuore fondersi; le parve che egli le avesse posto la testa sul grembo come un pegno di se stesso, e lo amò come un bambino addormentato; le sembrò di poterlo proteggere, di salvarlo, di raccoglierlo entro le sue viscere come un suo figlio stesso.

Liberò una mano dalla stretta di lui e gli accarezzò la fronte; senza accorgersene piangeva; e le lacrime cadevano sui capelli di lui e scintillavano come la rugiada sull’erba.

Ma egli parve destarsi d’un colpo da quell’attimo di sonno: con un tremito nel collo tentò di affondare meglio la testa fra le ginocchia di lei, e non riuscendovi si sollevò, protese il viso, cogli occhi chiusi e le labbra aperte, avide poi com’ella cercava di liberarsi le riprese le mani tenendole strette come fra due artigli.

«Marianna» mormorò senza voce, eppure minaccioso e supplichevole: e poi dolce e promettente ripeté: «Marianna!».

La sentì vibrare e poi calmarsi abbandonandogli fiduciosa le mani; allora si calmò di nuovo anche lui: non tentò oltre di baciarla, e cominciò a parlarle, piano, senza voce, col viso proteso sotto quello di lei che si chinava ad ascoltarlo.

Che cos’è? La voce di lui o la voce della tanca animata dal canto degli usignuoli, scossa dal vento lieve che accompagna il sorgere della luna quando ogni foglia si agita lamentandosi, non si sa di che, forse di non potersi staccare e volare, forse di doversi un giorno staccare e cadere; e l’ondulare e 12

il risonare del bosco e del vento par che ripetano l’ondulare e il risonare dell’oceano stretto nei suoi lidi e sbattuto invano da un limite all’altro della terra.

«Di che hai paura, Marianna? Se sono qui ai tuoi piedi come un cane malato? Non aver paura: se volevo farti del male non venivo così, a quest’ora, solo, disarmato. Non lo vedi che sono disarmato? Non ho neppure il coltellino a serramanico che avevo da bambino quando andavo a caccia di lucertole. Ho lasciato giù accanto alla fontana le mie armi; si arrugginiscano pure, non mi importa. Di chi hai paura? Di tuo padre? Se egli ci vedesse così, amandoci, ci benedirebbe. Del tuo servo? È lui che mi disse oggi che tu te ne andavi. Così sono venuto, oggi, e sono tornato adesso… Se volevo farti del male venivo coi miei compagni e ti legavo come un agnello, e ti portavo sulle spalle, e sterminavo tutto intorno se non mi lasciavano passare… Marianna! Sono qui, invece, lo vedi, sono ancora il tuo servo; ti metto la testa in grembo, e tu puoi prenderla fra le tue mani come il frutto del castagno che fuori è tutto spine e dentro è dolce come il pane…»

Marianna ascoltava, sempre più china, e le pareva di aspirare un senso di forza selvaggia dal calore, dall’odore di lui. Si sentì fiera di essere amata così, da un uomo come lui, di averlo ai suoi piedi; ma che cosa era il bene, che cosa era il male? che differenza esisteva fra Simone e lei, che cosa li poteva dividere?

Entrambi erano stati a lungo servi; e adesso ch’erano liberi, padroni di loro stessi, s’incontravano e si amavano appunto per vendicarsi dell’antica schiavitù.

«Marianna, sentimi; ho pensato sempre a te in questi giorni. Tu mi hai come legato col filo del tuo sguardo. E non credere che questo risalga a molto tempo, no; quando ero tuo servo non ti amavo; ti odiavo, anzi, come odiavo tutti; ti odiavo, ma avevo anche soggezione di te, di tuo zio coi suoi occhi severi nel viso di santo di legno, che mi seguivano, mi seguivano, e che io vedevo sempre e a volte vedo ancora. Eravate i padroni ed io odiavo i padroni. Qualche volta però pensavo: “sì, mi piacerebbe di sposare Marianna, ma non per la sua roba come la vogliono gli altri”. Altre volte, invece, dicevo a me stesso: “ah, se Marianna si innamorasse di me, e me lo facesse capire, come la rifiuterei per farla soffrire!”. Con tutto questo forse, sì, mi piacevi: mi ricordo un giorno noi due assieme si guardava dentro il pozzo ove era caduta qualche cosa, e ti sentivo vicino e vedevo i nostri due visi in fondo al pozzo. E così mi pareva fossimo assieme in un luogo lontano, fuori del mondo; e così è avvenuto. Così Dio mi aiuti, mi sentivo tremare: anche adesso provo impressione a ricordarlo. E

tu lo rammenti?»

«Sì», disse lei, ricordando a un tratto; e rabbrividì.

Simone le strinse più forte le mani, scuotendola un poco per richiamarla al presente.

«Io non ti potrò mai sposare, Marianna; ecco perché sono qui; così tu non crederai che io sia come gli altri. So che faccio male a essere qui… ma non ho potuto non venire; sono come stregato, Marianna, il Signore mi aiuti. Credi tu che non abbia tentato di allontanarmi, la prima sera, la seconda sera, e tutti i giorni, e oggi quando ti ho detto addio? Ho tentato, ma inutilmente. Le prime notti giravo intorno alla tua tanca come ci fosse un muro alto ed io non ne trovassi il varco: mi sono più volte avvicinato fino qui, e sentivo come il tuo alito e mi bastava. Hai veduto come i cani non si sono neppure mossi? Perché mi conoscono e sanno che ti voglio bene, Marianna. Ma tu taci, Marianna, e fai bene.