Che cosa hai da dirmi? Nulla: ed io sono qui, tuo servo, e tu non devi temere più di nulla. Più di nulla, Marianna! Le cose tue saranno custodite da me come dalla giustizia stessa. Non temere di nulla. Se tuo padre venisse qui e mi sorprendesse, io mi lascerei uccidere da lui, lascerei cadere tutto il mio sangue sul tuo grembo senza un lamento. Ma cosa fai adesso, Marianna? Tu piangi?

tu piangi? Una donna che vuol bene a me non deve piangere.»

«E adesso penserai: “perché gli ho voluto bene subito?” perché hai veduto i miei occhi, Marianna, e dentro gli occhi l’anima. Così io a te. Non ci eravamo guardati mai; ecco perché non ci eravamo incontrati ancora. Adesso però ci conosciamo. E tu forse pensi: io faccio male ad amarlo perché lui ha preso la roba altrui e sparso sangue cristiano, ed è peccato volergli bene. Tu pensi 13

così, ma non ci credi; perché l’anima ti dice che proprio non è vero che io ho fatto tanto male.»

«È vero!», ella disse con impeto.

Allora egli si sollevò in ginocchio senza lasciarle le mani.

«Mi vedi? Sono inginocchiato davanti a te come davanti a Maria. Mi vedi, Marianna? Non mentisco. Io non sono vile: io non ho fatto mai tanto male che tu non possa amarmi.»

E sebbene i loro volti si sfiorassero non la baciò; tornò a piegarsi, le si accostò ancora di più, fino a stringerle i piedi fra le ginocchia, e per un poco stette a guardarla ansimando.

«Eppure, ascoltami», riprese dopo un momento. «Ho la speranza che sarò io a metterti l’anello da sposa nel dito. Se tu mi aspetterai sarò io il tuo sposo, Marianna Sirca, ricordatelo. Per questo, vedi, ho fatto voto di non baciarti neppure, perché ti rispetto come la donna che dovrà venire a me vergine e pura.

Promettimi che mi aspetterai; ma prima bada a quello che prometti, Marianna!»

«Quello che io prometto mantengo», disse lei, di nuovo quieta e grave. «Tu non mi conosci ancora, Simone!»

«Io ti conosco, donna!», egli protestò. «Ti conosco da molto, da appena ho messo piede in casa tua. Mi credevi un ragazzo, tu? Ero come vecchio di cento anni e leggevo nell’anima della gente attraverso gli occhi. Tu, vedi, mi facevi pietà e rabbia; ti odiavo ma ti conoscevo; tu eri quello che ero io, una serva e null’altro. Anche tu eri lì, serva, per pietà della tua famiglia, per non essere di carico a tuo padre e a tua madre; e la roba intorno a te non era tua, come non era mia. È questo, Marianna! Lungo tempo siamo stati stupidi; siamo stati come i ragazzini che non possono toccare nulla. Ma adesso siamo i padroni noi, e faremo quello che vorremo.»

Marianna sorrise, un po’ incredula; per nascondere il suo sorriso si chinò sino a sfiorargli con la bocca i capelli; e a quel contatto egli sentì di nuovo un brivido salirgli dai calcagni alla nuca, ma si vinse ancora.

«Ascoltami, Marianna, io non posso dirti bene quello che farò, ma tu devi aver fede in me. Verrò una notte da te, a Nuoro, non so dirti precisamente quando, ma certo prima di Natale: e tu aspettami; se non mi vedrai fino a quel giorno vuol dire che son morto! Se però verrò sarà con qualche buona notizia; tu non ti stancare, e se ti dicono male di me non credere: sopratutto non aver paura. E

adesso lasciami andare.»

Le abbandonò le mani, ma rimase ancora piegato, col viso sulle ginocchia di lei, e pareva si riposasse prima d’intraprendere il viaggio misterioso verso il bene che si era prefisso.

«Che cosa farà?», si domandava Marianna.