Sebbene il cuore le tremasse gonfio di fede, non vedeva che un solo mezzo, sicuro, per andare dritti dal sogno alla realtà: allora ebbe la forza di dire intero il suo pensiero.
«Simone, sentimi, se tu non hai commesso delitti, come tu dici ed io credo, ebbene… Simone, perché non ti presenti al giudice? Sarai assolto o condannato ad una piccola pena: dopo verrà la nostra felicità. Sì, io ti aspetterò.»
E come dopo uno sforzo violento sentì le ginocchia tremarle; ebbe paura della sua promessa, ma non se ne pentì: lacrime di dolcezza e di angoscia tornarono a riempirle gli occhi; e attraverso il loro velo iridato le parve di vedere un arcobaleno curvarsi sopra di lei da un confine all’altro delle sue terre, e ricordò che da bambina andava in cerca dell’anello - l’anello della felicità -
sepolto dove comincia o dove finisce l’arcobaleno.
Così, era questo l’anello che Simone le prometteva. Egli però tornò a svegliarsi; le riprese una mano e se la passò sul viso, facendosi il segno della croce.
«Marianna», disse alzandosi, senza rispondere alla domanda di lei, «non piangere. Hai promesso di non piangere. Addio; e aspettami.»
III.
Camminò fino all’alba dirigendosi verso il monte Gonare del quale vedeva la cima in forma netta di piramide spiccare azzurra fra gli altri monti grigi alla luna.
14
Camminava agile, lieve, con la bocca del fucile sopra la spalla, scintillante come un anello d’argento.
Adesso, sì, gli pareva d’essere alto fino a toccare la luna - come sognava da ragazzetto quando guardava febbricitante e affamato le gregge altrui. Tutto gli passava sotto ed egli poteva afferrare tutto e atterrare tutto, giù ai suoi piedi, con un colpo del dito.
Era diventato padrone come anelava nel tempo della sua servitù. Marianna, la sua padrona di quel tempo, quella che neppure lo guardava in viso, Marianna lo amava e aveva promesso di aspettarlo. Come tutto questo era accaduto? Appena l’aveva riveduta lassù davanti alla casa colonica, nei luoghi ove era stato servo maltrattato dai servi, gli erano tornati tutti i suoi desideri violenti di quel tempo, tutti personificati in lei. Afferrare lei era afferrare tutte le cose che lei rappresentava: quindi era rimasto in agguato nel bosco intorno a lei, per darle la caccia. Ma nell’agguato pensava al come prenderla meglio; viva e non morta, in modo da possederla per sempre e non per un istante solo.
Così le era caduto ai piedi, invece di aggredirla, e adesso era contento di aver fatto così, di averla raggiunta come l’immagine in fondo al pozzo. Raggiunta?
D’un tratto si fermò, si volse, guardò lontano verso la macchia nera della Serra.
E un ansito gli gonfiò il petto.
Dapprima fu il desiderio della donna, poi il pentimento di non averla presa.
Raggiunta? Ma se invece era lontana, inafferrabile come l’immagine in fondo al pozzo? E si sentì destare dentro come una bestia feroce che gli dormiva in fondo alle viscere e d’un tratto svegliandosi lo squassava tutto e lo faceva balzare: un urlo di fame e di dolore gli risuonava dentro, gli riempiva di fragore le orecchie e di sangue gli occhi.
Si buttò giù convulso, premendo a terra il petto e le viscere per schiacciare la bestia e respingerla a fondo nel suo covo; per impedirle di costringerlo a tornare indietro e prendersi Marianna anche attraverso il sangue e la morte.
Passata la convulsione si sollevò; sudava e tremava ancora, ma stette sull’erba, lisciandosi forte i capelli con la palma delle mani; poi si fiutava le dita e sentiva l’odore di Marianna. Ricominciò a parlarle, con voce sommessa, col petto palpitante ancora della lotta feroce contro se stesso.
«Vedrai, non ti farò del male, Marianna, vedrai. Tu, sta tranquilla e ferma: io andrò, andrò come la sorte mi spinge, come Dio comanda, e troverò fortuna a tutti i costi, sì, dovessi andare dove finisce l’arcobaleno.»
Riprese a camminare. Non sapeva neppure lui cosa avrebbe fatto, dov’era la fortuna che cercava; per adesso andava verso il rifugio dove aveva lasciato il compagno, e più che altro voleva raccogliersi nel suo covo per meditare.
Cammina, cammina: conosceva i luoghi, le strade, i sentieri come la palma della sua mano. Prima dell’alba arrivò al rifugio, a mezza costa del monte Gonare verso le valli di Olzai.
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