«Finché starà con me non sarà mai preso.»

Tuttavia si mise a ridere, fra sé e sé, ricordando il compagno.

«Un piccolo frate, così Dio mi aiuti! E come crede in Dio quello! Prega sempre e tiene un mucchio di reliquie sul petto. Vista la chiesa, di lontano, s’inginocchia, e il bello, fratelli cari, è che prega per me, non per lui! Eppoi è ricco, figlio unico: la madre è la donna più benestante di Ottanta, e gli dà tutto quello che lui vuole. Ma egli vive come un povero, e digiuna fino a farsi venire la febbre.»

«Così Dio mi assista, a quanto tu racconti egli è un sagrista, non un bandito», disse Sebastiano, che guardava sempre Marianna, facendole dei cenni come per invitarla ad aiutarlo nella sua beffa; «e che ha fatto, di grazia, per uscire nel bosco? Ha ucciso un gatto?»

Simone non permetteva però che si burlassero del compagno; volse in giro gli occhi divenuti metallici e raccontò gravemente.

«Sua madre aveva una lite; doveva vincerla e la perdette; e non contenti di questo, gli avversari ogni notte andavano sotto le sue finestre a cantare canzoni oscene e la offendevano nel suo onore. Era vedova, non aveva nessuno che la difendesse, tranne Costantino, che era ancora un ragazzo, allora, e religioso, attaccato alla madre come una figlia femmina. E una notte si alzò e sparò un colpo di archibugio contro gli offensori di sua madre: uno di essi cadde morto. Il mio compagno voleva presentarsi alla giustizia; la madre lo consigliò a fuggire, a tenersi la sua libertà. Ed egli fuggì. Fece bene, perdio!»

Parlando, il petto gli si gonfiava, qualcosa di felino gli rendeva il viso più bello: gli uomini lo fissavano, approvando col capo.

Solo Marianna osò replicare.

«Dio solo ha il diritto di uccidere.»

Ma tosto fu di nuovo il servo a sviare la conversazione.

«Questa mattina, saranno state le cinque, ho veduto una donna a cavallo, giù verso Funtana ‘e litu: aveva un lungo cappotto d’uomo, era alta, bella: ma questo non importa. Era armata: e quando mi vide spronò il cavallo e si nascose.

Credi tu, Simone, che fosse Paska Devaddis, la donna che va coi banditi di Orgosolo? Tu, la conosci?»

Simone non la conosceva; non aveva mai fatto parte della banda Corraine, i banditi di Orgosolo, e poneva anzi una certa cura a vivere libero, solo col giovine compagno che gli si era attaccato come un cane fedele; tuttavia era amico e ammiratore dei Corraine, e cominciò a parlarne con rispetto; e fu allora un grave discutere sul fato tragico di questa famiglia divorata dall’odio: parenti contro parenti, vecchi che vivevano solo ancora per vendicarsi, donne e fanciulli travolti dal turbine fatale; madri che vigilavano il focolare aspettando nella notte il grido che annunziava la morte d’uno dei figli e all’alba il canto del gallo che apriva una nuova giornata di sangue.

«E perché tutto questo poi», disse Marianna con la sua voce placida; «per poche monete vili! La causa prima dell’inimicizia della famiglia è stata questa: pochi denari male partiti, una eredità divisa con ingiustizia. Ahi, eppure non sono i denari a far la gente felice!»

Simone ribatté irritato:

«Tu parli così perché stai comoda in casa tua e il bene lo hai, e tuo zio ti ha lasciato un letto di rose! Ma prova a sapere cos’è il bisogno; prova a sapere cos’è l’ingiustizia! Marianna, l’uomo ha diritto ad avere il suo: e l’uomo vero dice: il mio è mio, e guai a chi lo tocca!».

«Nulla è nostro sulla terra perché siamo di passaggio.»

Allora Sebastiano le riprese il lembo del grembiale e tirandolo e scuotendolo esclamò:

5

«Sembri il canonico quando predicava, Marianna, cugina mia! Allora, giacché siamo di passaggio dammi gratis il sughero della tua tanca di soveri! Ah, da quell’orecchio non ci senti, fiore mio bello!».

«Anche il canonico, buon’anima, predicava bene, ma le chiavi le teneva strette nel pugno», riprese Simone. «Sì, sì, Dio mi salvi, i ricchi siete tutti come i mercanti alle feste, che mettono la loro mercanzia per terra e pare la disprezzino, ma poi la vendono a più caro prezzo del solito.»

Che doveva rispondere, Marianna? Lasciò dire, ma di tanto in tanto guardava Simone e incontrava sempre gli occhi di lui come attenti ad aspettare il suo sguardo. Adesso egli raccontava di essere stato ultimamente a conferire appunto coi banditi di Orgosolo, per un affare che non spiegava quale; ma questo non importava; l’interessante era la narrazione del viaggio, su per il monte Santu Janne, per chine, borre, dirupi, labirinti, passaggi sotterranei, grotte e nascondigli misteriosi.

«Costantino mi seguiva ansando come un cane: ci trovammo in una caverna tutta bianca che pareva di marmo; la volta era bucata e il sole entrava dentro come in un vaglio; il bello è che c’è, in fondo, un altare, un vero altare, con una croce, e un Cristo di pietra naturale, così ben fatto che sembrava vero. Ebbene, Costantino s’inginocchiò; e anch’io, dico la verità, sentii freddo alle giunture. Più sopra si attraversò una gola con un torrente profondo che d’un tratto sparisce entro un burrone come un filo d’acqua dentro un bicchiere: lassù ci aspettava Corraine. Era venuto in fretta e aveva sete; si curvò a bere e, così Dio mi salvi, parve volesse bersi tutta l’acqua di quel bicchiere profondo.»

«Dicono che è molto bello, Corraine, com’è?», domandò Marianna, e Simone a sua volta parve un poco geloso.

«Bello?… È alto e serio. Quello piacerebbe a te, Marianna.»

«Perché? Non è la bellezza che fa l’uomo.»

Sebastiano cominciò a contare sulle dita.

«Ricchezza no, bellezza no, superbia no, che cosa vuoi dunque, tu, cugina? Così lasci cadere i tuoi giorni, come quel torrente, senza sapere dove finiscono.»

«E a te che importa? Seguita a raccontare, Simone: quando Corraine bevette…»

«Quando Corraine bevette si asciugò la bocca!»

«E Costantino aveva paura?»

«Costantino non aveva paura. Di che doveva aver paura?», disse vivamente Simone, sempre pronto a burlarsi del compagno ma più pronto ancora a difenderlo dalle beffe altrui.

«E allora bevi! Pare che tu, però, abbi paura più di questo piccolo che di quel grande bicchiere.