«Non dica stupidaggini» aveva risposto Janice in tono di scherno. «Perché si occupa di cronaca nera, lei crede che il mondo sia popolato solo di delinquenti?»
«Ed è proprio così!» aveva concluso Michael.
Che l’ignoto corrispondente fosse giunto in Inghilterra, Michael lo seppe soltanto dieci giorni dopo. Janice gli telefonò e gli chiese di condurla a ce-na, dicendo di avere qualche cosa di molto importante da dirgli.
«Lei è uno dei miei più vecchi amici, Michael, e sento il bisogno di con-fidarmi con lei» disse Janice nervosamente.
La ragazza raccontò ed egli ascoltò, impietrito.
Janice avrebbe potuto accorgersi di quanto il giovane fosse divenuto pallido, ma, di proposito, non lo guardava e teneva gli occhi fissi sulle coppie che danzavano in mezzo alla sala.
«Desidero che lei lo conosca… non so se le farà una buona impressione; ma io sapevo… dalle lettere, naturalmente… ha passato momenti terribili nelle foreste africane; mi dispiace molto lasciare quel caro dottor Marford… dovrò dirgli, naturalmente…»
Era un po’ incoerente e agitatissima.
«Mi dica chiaramente come stanno le cose, Janice. Mi sforzerò di dimenticare che l’amo e che attendevo soltanto un aumento di stipendio per dirglielo.» La voce del giovane era ferma e non tradiva l’emozione, come se volesse incoraggiare la ragazza a guardarlo; tuttavia lei evitava ostina-tamente di incontrare il suo sguardo.
«Non è una cosa del tutto fuori del comune… ho già sentito parlare di casi simili. Una ragazza inizia uno scambio di lettere con un uomo che non ha mai veduto. La corrispondenza si fa più intima, più amichevole. La donna tesse attorno a lui trame di romanticismo. Finalmente si incontrano; due sono le cose che possono verificarsi a questo punto: o la ragazza prova una amara delusione… oppure si innamora di lui. Ho saputo di matrimoni felici, iniziati così… ho anche udito altri casi. Non posso capacitarmi che sia vero… eppure è proprio così e io non so che cosa dire o fare.»
In quel momento notò che qualche cosa mancava alla mano di lei… un rubino ovale che lei aveva sempre portato fin dai primi tempi della loro conoscenza.
Istantaneamente la ragazza comprese che cosa cercavano gli sguardi del giovane e istintivamente ritrasse la mano.
«Dov’è il suo anello?» domandò, d’impulso.
Janice era arrossita, la domanda era oziosa.
«L’ho… Non vedo perché lei mi interroghi in questo modo.»
Il giovane sospirò.
«La cosa non mi riguarda… lo so… ma sono curioso. Si tratta forse di uno scambio di pegni d’amore?»
Mancava di tatto, quella sera.
«L’anello era mio ed io rifiuto di lasciarmi interrogare da un… da uno che non ne ha il diritto. Lei è insopportabile.»
«Davvero? Forse ha ragione. So di non aver diritto di rendermi insopportabile. Non le chiederò di mostrarmi che cosa ha ricevuto in cambio.
Sarà una collana di perle…»
L’ipotesi era stata fatta a caso, ma Janice sussultò.
«Come fa a saperlo?»
Michael non rispose e guardò a lungo la ragazza con viso grave.
«Vorrei sottoporre quell’uomo ad una visita veterinaria, Janice.»
Vide la faccia della ragazza e fu preso da panico, non per sé, ma per lei.
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