«Visita veterinaria?… Non comprendo che cosa voglia dire.»
Lui tentò, con un sorriso, di volgere in scherzo la frase offensiva che si era lasciato sfuggire.
«Voglio dire, fare delle indagini su di lui. Un cavallo si passa alla visita veterinaria, prima di comperarlo…»
«Non lo compero… è ricco… ha due fattorie. «Aveva assunto un tono gelido e risentito. «Delle indagini! Lei scoprirà che è un delinquente, senza dubbio; se non riuscirà a scoprire questo, la sua fertile immaginazione sa-prà inventare qualche cosa. Forse che è Maschera Bianca! È una delle sue specialità, non è vero?»
Michael gemette tristemente. Tuttavia non lasciò sfuggire l’occasione di abbandonare un argomento scabroso.
«Non è un’invenzione, ma un personaggio reale. Lo domandi a Gasso.»
Gasso, il maitre d’hotel, si trovava vicino al loro tavolo e Michael gli fe-ce un cenno.
«Ah! Maschera Bianca! Dov’è, dunque, la vostra così detta polizia? Il ristorante del mio povero amico Bussini è stato rovinato dalla visita di quell’individuo.»
Al ristorante Bussini, Maschera Bianca era apparso nelle prime ore di una mattina, e avvicinatosi alla signorina Angela Hillingcote, l’aveva al-leggerita di gioielli per un valore di seimila sterline, prima che i presenti potessero rendersi conto che l’uomo mascherato, apparso da non si sa do-ve, non era un cliente in maschera. Un paio di secondi dopo, era scomparso. Un agente all’angolo di Leicester Square aveva veduto un uomo passare velocemente in motocicletta. La motocicletta era poi stata vista sul viale che costeggia il Tamigi, diretta verso est. Era la terza e la più spettacolare delle apparizioni di Maschera Bianca nel West End di Londra.
«I miei clienti sono nervosi. Chi non lo sarebbe?» fece Gasso, il quale evidentemente condivideva le loro ansie. - Per fortuna si tratta di gente raf-finata… - Si fermò di colpo fissando lo sguardo verso l’ingresso. «Non doveva venire!» strillò e corse ad incontrare l’ospite poco desiderata.
Era una signorina bionda, di nome Dolly de Val. Quel nome le era stato trovato da un fantasioso impresario teatrale che aveva pensato suonasse più pretenzioso di quello di Annie Gootch, che lei portava ai tempi in cui era povera. Non era una buona attrice, poiché non riusciva mai a ricordare quello che il direttore di scena le diceva, ed assai spesso era l’unica, in una fila di ballerine, che alzava la gamba destra quando avrebbe dovuto alzare la sinistra.
Tuttavia molti uomini l’avevano trovata attraente, e nel corso degli anni era divenuta ricca. Aveva immobilizzato un considerevole capitale in gioielli, e nei night club più eleganti di Londra era nota col soprannome di
«Dolly dei Diamanti».
I direttori di quei locali erano in continua apprensione, dopo l’affare Hillingcote, e quando Dolly fissava una tavola, telefonavano a Scotland Yard; l’ispettore capo Mason (che controllava l’area «C», ma aveva una carica esecutiva alla Direzione Generale) delegava allora un paio di agenti, ai quali l’abito da sera non bastava a togliere l’aria professionale, a sorvegliare il ristorante onorato dalla presenza della donna troppo ingioiellata. Co-storo si vedevano generalmente passeggiare nel vestibolo, oppure si ritira-vano nello studio del direttore, a bere furtivamente enormi boccali di birra.
Però, qualche volta, Dolly non preannunciava la sua venuta, e compariva all’improvviso circondata da giovanotti eleganti; in questi casi si trovava il modo di incastrare un tavolino tra gli altri che erano già stipati, ed i camerieri lo apparecchiavano con entusiasmo cercando di dare l’impressione che quella era proprio una posizione di favore.
Dolly arrivò dunque, senza preavviso, all’Howdah Club, e Gasso, alzando le mani verso il soffitto ornato di immagini di Cupido, disse in italiano cose che suonarono molto romantiche a coloro che capivano solo l’inglese.
«Non c’è posto? Non faccia lo stupido, Gasso! Per me ci dev’essere, il posto. Qualunque angolo va bene, non è vero, ragazzi?»
Così fu sistemata una tavola presso l’ingresso e Dolly ordinò un con-sommé Julienne e del pollo alla Maryland.
«Mi preoccupa vederla qui, signorina» le disse Gasso timidamente «con tanti bei gioielli… Signorina Hillingcote… Ah! Che disastro! Quell’individuo dalla maschera bianca…»
«Oh, basta, Gasso!» scattò Dolly.
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