Uno schianto di tuono si infranse sul mio capo nel momento in cui, con un cozzo terribile, lo scafo si abbatté sul suo invisibile nemico. In breve tempo fu ridotto in pezzi. Io me ne stavo lì sano e salvo; e lì c’erano creature umane come me, intente a lottare, con ben scarse possibilità, contro l’annientamento. Mi parve di vederli dibattersi - anche troppo vividamente udii le loro grida, sovrastanti i latrati dei flutti nella loro stridula agonia. Gli scuri frangenti sparsero qua e là i frammenti del relitto: ben presto questo scomparve. Io ero rimasto a guardare affascinato fino all’ultimo; infine caddi in ginocchio - mi coprii il viso con le mani: guardai ancora; qualcosa galleggiava sulle onde verso la riva. Si avvicinava sempre di più. Era una forma umana? -Si fece più distinta; e infine un’onda possente, sollevando tutto il carico, la posò sopra uno scoglio. Un essere umano a cavalcioni di un baule marino! Un essere umano! Ma era poi tale? Certo non ne era mai esistito uno simile prima di allora -un nano deforme, dagli occhi strabici, i lineamenti distorti, e un corpo dissestato, fino a diventare uno spettacolo orrendo. Il mio sangue che poco prima si era riscaldato verso un altro essere umano così sottratto a una tomba acquatica, mi si gelò nel petto. Il nano scese dal suo baule; si scansò dal viso odioso i capelli lisci, sciolti.

«Per san Belzebù!» esclamò. «Sono stato proprio sopraffatto.» Si guardò intorno e mi vide. «Oh, per il demonio! Ecco un altro alleato dell’Onnipossente. A quale santo ti sei raccomandato, diavolo - se non al mio? Eppure non ti ricordo a bordo!»

Mi ritrassi dal mostro e dalle sue bestemmie. Di nuovo mi interrogò, e io mormorai qualche risposta impercettibile. Quello continuò: «La tua voce annega in questo rombo dissonante. Che baccano fa il grande oceano! Gli scolaretti liberati dalla loro prigione non fanno più chiasso di queste onde lasciate libere di giocare. Mi disturbano. Non voglio saperne più del loro frastuono inopportuno. Silenzio, testa canuta! Venti, avanti! - tornate a casa vostra! Nubi, volate agli antipodi, e lasciate libero il nostro cielo!»

Parlando tese due lunghe braccia allampanate simili a zampe di ragno, che parvero abbracciare lo spazio davanti a lui. Fu un miracolo? Le nuvole si frantumarono e fuggirono; il cielo azzurro prima si affacciò, poi si distese su di noi come un calmo campo azzurro; la tempesta si trasformò in un morbido alito di vento dell’ovest; il mare si placò; le onde si ridussero fino a diventare increspature.

«Mi piace l’obbedienza anche da parte di questi stupidi elementi», disse il nano.

«Ma quanto più da parte dell’indomito animo dell’uomo! È stata una tempesta bene organizzata, me ne darai atto - e tutta opera mia!»

Discorrere con questo mago era un tentare la provvidenza. Ma il potere, in ogni sua forma, è venerabile per l’uomo. Il terrore religioso, la curiosità, un fascino irresistibile, mi spinsero verso di lui.

«Vieni, vieni, non aver paura, amico», disse lo sciagurato: «sono bonario quando sono contento; e anche se sembri un po’ afflitto, nel tuo corpo ben proporzionato e nel tuo bel viso c’è qualcosa che mi piace. Tu hai vissuto un naufragio terrestre - io, uno marino. Forse potrò calmare la tempesta delle tue fortune così come ho calmato la mia. Vogliamo essere amici?» E tese la mano; io non potei toccarla.