Tutto è chiuso, senza forme,

senza colori, senza vita. Brilla,

sola nel mezzo alla città che dorme,

una finestra, come una pupilla

 

II

UN GATTO NERO

 

aperta. Uomo che vegli nella stanza

illuminata, chi ti fa vegliare?

dolore antico o giovine speranza?

 

Tu cerchi un Vero. Il tuo pensier somiglia

un mare immenso: nell’immenso mare,

una conchiglia; dentro la conchiglia,

 

una perla: la vuoi. Vecchio, un gran bosco

nevato, ai primi languidi scirocchi,

per la tua faccia. Un gatto nero, un fosco

viso di sfinge, t’apre i suoi verdi occhi...

 

III

DOPO?

 

Forse è una buona vedova. . . Quand’ella

facea l’imbastitura e il sopramano,

venne il suo bimbo e chiese la novella.

 

Venne ai suoi piedi: ella contò del Topo,

del Mago . . . Alla costura, egli, pian piano,

l’ultima volta le sussurrò, Dopo?

 

Dopo tanto, c’è sempre qualche occhiello.

Il topo è morto, s’è smarrito il mago.

Il bimbo dorme sopra lo sgabello,

tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago.

 

IV

UN RUMORE . . .

 

Una fanciulla. . . La tua mano vola

sopra la carta stridula: s’impenna:

gli occhi cercano intorno una parola.

 

E la parola te la dà la muta

lampada che sussulta: onde la penna

la via riprende scricchiolando arguta.

 

St! un rumore . . . ai labbri ti si porta

la penna, un piede dondola . . . Che cosa?

Nulla: un tarlo, un brandir lieve di porta . .

Oh! mamma dorme, e sogna . . . che sei sposa.

 

V

POVERO DONO

 

Getta quell’arma che t’incanta. Spera

l’ultima volta. Aspetta ancora, aspetta

che il gallo canti per la città nera.

 

Il gallo canta, fuggono le larve.

Fuggirà, fuggirà la maledetta

maga che con fatali occhi t’apparve.

 

Verrà tua madre morta, col suo mesto

viso, col mormorìo della sua prece. .