- Ma un giorno o l’altro… addio, zio Asquer! Hai pensato a questo, Lia? Io feci male a non dirti subito che io non ero più svelto e pieno di salute come un giovinetto; ma avevo paura che tu credessi il mio invito dettato da un moribondo. D’altra parte, adesso, visto che tu ti affezioni troppo alla vita di città, ne provo rimorso… Lia, io non ho molti giorni da vivere, e non sono un egoista, come forse sembro…
- Perchè pensare all’avvenire? - disse Lia, pallida e turbata. - Voi state bene, e forse camperete più di me. Io, poi, sarò contenta dappertutto, basta che siate contento voi.
- Brava! Son le ragazze delle novelline educative che parlano così; ma quelle son ragazze che per lo più non esistono. Ragioniamo, invece, giacchè abbiamo cominciato; io non volli scriverti le mie intenzioni perchè tu non mi conoscevi nè io ti conoscevo, e quando due non si conoscono e fanno un progetto da eseguirsi assieme, sono entrambi o sciocchi o in mala fede. Io pensavo: lasciamola arrivare, lasciamo che ella giudichi da sè lo stato in cui io mi trovo e l’ambiente in cui ella dovrà vivere. Tu sei qui da tre settimane appena, Lia, ma credo che le cose ti sieno già apparse nel loro vero aspetto. Se io ti avessi veduto scontenta, non avrei esitato a dirti: riparti, e restiamo amici. Ma ti vedo tale e quale come quando sei arrivata, tutt’altro che pazzamente allegra, ma certo più allegra di quanto dovevi esserlo l-a-g-g-i-ù, nel deserto. Tu sei sempre eguale a te stessa, come un cielo sereno: talvolta qualche nuvola passa attraverso questa serenità un po’ melanconica, ma svanisce subito senza lasciare ombra. Tu sei diversa dalle altre donne, Lia, permettimi che te lo dica: se tu fossi stata come le altre, io non ti avrei parlato come ti parlo. Non so se il tuo carattere farà la tua felicità; certo farà quella delle persone che dovranno vivere con te. Io non godrò a lungo questa fortuna; ma finchè vivrò, se tu mi starai vicina, mi parrà di poter sperare ancora… E adesso devo dirti una cosa, Lia: io non sono ricco. So che non te ne importa niente, ma importa a me. Avrei potuto mettere da parte qualche cosa, ma non l’ho fatto; ho passato la vita da egoista, pensando sempre a me; e quando uno pensa molto a sè, di solito gli altri lo abbandonano, sicuri che egli basti a sè stesso. Allora egli finisce col credersi assolutamente solo, come un eremita nel deserto, e nulla più esiste per lui tranne che lui stesso. Io sono abbastanza ricco per me, Lia: io ho una buona pensione; ma morto io nulla rimarrà. Che farai tu, allora?
- Non pensate a me, zio! No… no… non ci pensate!…
- Possiedi qualche cosa?
Ella si meravigliò di questa domanda, e rispose sottovoce:
- Mi pare di avervi già detto che ho una casupola e una vigna. Ma adesso la vigna è distrutta e la casetta è quasi in rovina.
- Che cosa fa tua zia Gaina? Ricordo che parlava molto, ma concludeva poco.
- Fa il pane per venderlo. Vive di questo.
- Tu non hai avuto proposte di matrimonio?
- Sì (ella ricordò con ripugnanza i suoi pretendenti). Due… un giovane proprietario, abbastanza ricco ma ubbriacone, e il maestro di scuola… un uomo di cinquant’anni!
- Fosse stato giovane, si poteva ajutare: ma ad un uomo di cinquant’anni, che per di più pensa ad ammogliarsi, non c’è che da porgere una corda perchè si impicchi!
Lia si mise a ridere; ma lo zio Asquer parlava serio, quasi tragico.
- Non ti venga in mente di sposare un uomo vecchio o uno che non abbia una posizione sicura: il matrimonio è l’atto più tragico della vita, e sovente le donne, sposandosi, imitano la farfalla che la fiamma attira e brucia.
Lia, che sognava l’amore senza però sperare in un matrimonio ideale, approvò con un cenno del capo, ma non osò parlare dei suoi sogni. Che lo zio fosse povero o ricco non le importava: bastava ch’egli le volesse bene e si facesse voler bene da lei.
- La povertà non è da temersi, zio; quello che è insopportabile è la solitudine… L-a-g-g-i-ù io ero sola… sola, capite… E se sposavo uno di quei due sarei stata ancora più terribilmente sola…
Mentre qui, zio, la vostra bontà… il rendermi utile a voi… la vostra compagnia…
S’alzò, confusa, incapace di esprimere bene il suo pensiero.
- Bella compagnia! - gridò Costantina, che s’era arrampicata sul tumulo per cogliere una foglia d’acetosella.
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