Solo, appena finito di mangiare, egli si alzò premuroso e la costrinse a ritirarsi e a riposarsi ancora.

- Va, va, cara; dopo usciremo.

Ella si chiuse nella sua gabbia dorata ma non si coricò: era stanca ma il sangue le batteva forte nelle tempie e un’inquietudine nervosa la agitava. Le pareva che i rumori della città rombassero entro di lei; e si sentiva di nuovo vivere nella vita della moltitudine e di nuovo s’abbandonava a un senso di gioia puerile.

Nel pomeriggio uscirono; lo zio Asquer zoppicava, ma era instancabile; si fermava brontolando davanti a tutte le vetrine, mentre Lia sempre assalita da un senso di ebbrezza guardava i ninnoli, i gioielli, i fiori, tentata di domandare se quelle grandi cose in colore del sole al tramonto, e quei garofani che pareva avessero preso parte a una tragedia, tanto erano schizzati di sangue, e i giaggioli in colore del mare lontano e le orchidee simili a fantastiche conchiglie, fossero fiori veri o artificiali.

Sì, tutto era vero e tutto sembrava fantastico, in quel luogo di meraviglie: anche le cose piccole ed inutili destavano piacere a guardarle.

- Tutti imbrogli, tutta roba inutile, - brontolava lo zio Asquer; ma intanto guardava anche lui, e gli anelli d’oro e i brillanti della sua mano sinistra morta e adorna come un cadavere, e i bottoni della sua camicia, e i ciondoli e il pomo del bastone brillavano riflettendo lo splendore delle vetrine.

Del resto Lia osservò che molte persone si fermavano a guardare con attenzione religiosa tutti quei fragili oggetti esposti come reliquie: un altro vecchio signore fissava col monocolo una cravatta violacea delicata come un fiore: alcune donne s’aggruppavano davanti a un ombrello dal manico d’oro; e un raggio di adorazione, più che di desiderio, brillava negli occhi di tutti.

- Un tempo - disse a un tratto lo zio Asquer - io spendevo i denari in queste sciocchezze.

Visto l’oggetto e comprato; ma quando lo avevo in mano mi domandavo: perchè l’ho preso? Che devo farne? Ma, vedi, - proseguì, mentre Lia lo guardava con ingenua meraviglia, - le piccole tentazioni sono più forti delle grandi. Molta gente si rovina per il superfluo. Vedi tu tutte queste cosettine messe in fila, carine, graziose? Sai che cosa sono? Te lo devo dire? Tanti piccoli nemici. E

le donne specialmente, ah, le donne, come si lasciano vincere da questi piccoli nemici! Ma anche gli uomini, non dico! Uomini e donne siamo tutti e sempre bambini; abbiamo bisogno di giocattoli, e a furia di usarne consideriamo tali anche le cose serie e persino le persone. L’amico, per esempio, l’amante ed il parente, che sono? Giocattoli, oggetti inutili, o tutto al più salvadanai graziosi, buoni a spezzarsi al momento opportuno… perciò ti dico e ti ripeto: facciamone a meno.

Ella non rispose. Che poteva dire? Non s’intendeva di certe cose; solo le dispiaceva l’accenno ai «parenti salvadanai».

Arrivati in fondo a via Nazionale sedettero avanti a un caffè, e lo zio tese di nuovo il bastone e indicò una torre e raccontò la leggenda di Nerone.

- Era un ometto che aveva buoni rognoni, direbbe un nostro compaesano. Oh, dimmi un poco, tua zia Gaina è sempre pazzerella?

Oh, egli finalmente si ricordava! Lia stanca ma beata succhiava con voluttà il suo gelato, e guardava la torre, oscura sul cielo di raso azzurro, mentre dai giardini pensili della Villa Aldobrandini il vento faceva piovere petali di rose e di glicine, e le sembrava, parlando del paese e dei parenti, di raccontare un sogno.

- Sì, ella fa il pane per vivere… È tanto buona, ma ha le sue idee… Sì, io volevo studiare per diventar maestra come Pasqua Desortes, ma la fortuna non mi ha aiutato… La casa cade in rovina; c’è molta miseria in tutto il paese… Ah, come son poveri, se sapeste…

- Lo vogliono loro! - egli disse, quasi minaccioso. - Indolenti, asini! Si meritano la loro sorte…

Convinta dell’inutilità di controbattere l’odio tenace dello zio contro i suoi compaesani, Lia non li difese: in fondo anche lei li considerava miseri, infelici, esiliati in un deserto ben lontano dal mondo civile: mondo per lei, in quel momento, rappresentato dalle vetrine, i caffè, i marciapiedi innaffiati di via Nazionale: la Sardegna era al di là di ogni orizzonte, faceva parte dell’Africa…

Ma ad un tratto lo zio Asquer s’alzò, e riprese a camminare, a guardar monumenti e vetrine; e quando ella si trovò in mezzo alla folla in una via stretta ove le donne eran vestite a festa e spandevan profumi, e gli uomini camminavano indolenti come chi non ha più nulla a fare, provò di nuovo un senso di solitudine e d’abbandono: le pareva di aver intorno una muraglia fatta di corpi umani insensibili, e sollevava gli occhi per vedere il cielo, come un prigioniero dalla sua cella. Ma dopo lungo andare si trovò improvvisamente libera in un grande spazio chiaro rallegrato da un rumore d’acque, e chiuso in alto da una fila d’alberi e da un orizzonte vaporoso.

- Piazza del Popolo: il Pincio, - annunziò lo zio Asquer.

Salirono, lenti e stanchi, e sedettero su una pietra sporgente da una nicchia, davanti a un paesaggio orientale con palme e alberi violetti su uno sfondo di cielo argenteo.

Lia sentiva un lieve capogiro; ma la gioia di muoversi, di veder ad ogni istante cose nuove, vinceva ogni altra impressione. Rientrata a casa si buttò stanca morta sul suo lettuccio, con gli occhi ancora abbagliati dallo splendore del crepuscolo e dei lumi, e le parve di essere tornata bambina, quando sognava di trovarsi galleggiante sul mare, col viso rivolto in su: era lo stesso terrore, lo stesso piacere; una ebbrezza di luce e di spazio, la sensazione di pericolo, della solitudine infinita, e la speranza di un aiuto sovrumano.

III.

Ella si alzò presto la mattina dopo; sentì che anche lo zio si era alzato e che Costantina lo aiutava a vestirsi e gli lava i piedi e gli tagliava le unghie.

- Lo faccio perchè anche Gesù Cristo lavò i piedi agli Apostoli; se no, in verità, v-o-s-t-è non se lo meriterebbe, - diceva la serva con ironia, mentre egli non cessava di lamentarsi. - Fosse stato almeno giovane, lei!

- Quando ero giovane avevo cameriere autentiche, belle, grasse ed eleganti, e non straccione come te!…

- Si vede che sono tutte scappate, tanto vostè è insopportabile.