Con la coda dell’occhio posso vedere Miranda che ha già scoperto di non essere stata affatto chiamata al telefono, ma, avendo anche udito la sparatoria, se ne sta nel corridoio a spiare l’andamento dello scontro.

Credetemi, quella ragazza è un tesoro; ha le guance arrossate, gli occhi celesti che sembrano turchini; e come sono lucidi e vivi! Una ciocca bionda le oscilla dolcemente sulla guancia coprendole un po’ l’occhio, e lei continua a ricacciarla indietro, per vederci bene. Chiunque direbbe che abbia pagato dieci dollari per assistere a una partita di baseball!

Ora le cose si mettono un po’ meglio. Qualcuno della gang di Lacassar, che si trovava di fuori del locale, ha aperto il fuoco sugli uomini di Frenchy, attaccandoli alle spalle, e la banda di Frenchy cerca di ritornare verso il punto dove ha lasciato le macchine. A me sembra che abbia la peggio, e penso che colui che ha ideato la spedizione è un imbecille perché Lacassar nel suo covo è bene organizzato.

Penso anche che questo sia il momento buono per muovermi, e così mi avvio verso il corridoio dove c’è Miranda. Giunto vicino, le dico: — Sentite, miss van Zelden, perché non ve la filate di qui? Non è il posto per una signorina di buona famiglia, questo!

— Ma come posso andarmene? — mi risponde sorridendo. — La mia macchina è nel garage. E quelli sparano adesso proprio da quella parte!

— Ma no, non è così, miss van Zelden — le dico. — La vostra macchina è in strada, un po’ avanti, dall’altro lato del ristorante. La troverete pronta, dietro quei tre alberi che fanno gruppo, quelli altissimi. E adesso date retta a me e filate!

— Bene — mi fa sgranando gli occhioni. — Siete gentile, forestiero. Vi sono grata, per il vostro aiuto.

— Lasciate correre, per il momento. Mi rivedrete fra non molto. Arrivederci, sorellina.

Lei fila lungo il corridoio. Io la seguo, e tre o quattro minuti dopo, dalla soglia del ristorante, posso vedere i fanali posteriori della fuoriserie che si allontana nell’oscurità.

Ora non vorrei che voi mi giudicaste male. Non dovete vedermi nei panni del magnanimo eroe che si preoccupa di salvare le donne sole, perché non lo sono. Ma vedete, non volevo che quella notte i dati anatomici della signorina van Zelden venissero alterati. Ho qualche idea particolare a proposito di quella ragazza!

Me ne sto là a guardare i fanalini rossi che scompaiono, e intanto, non so perché, mi sento sempre più fiacco. Depresso, anzi. Mi volto, e chi ti vedo proprio dietro a me, che fissa anche lui i fanalini lontani? Siegella.

Nel caso che non lo sapeste, Siegella è un uomo alto quanto me. Però è magro e ha un viso affilato con un naso pure affilato, a becco. Inoltre possiede due occhi a succhiello, e tutto ciò che vi è di più perfido e velenoso sulla terra sembra concentrato in quegli occhi.

Mi guarda e ghigna. Poi guarda di nuovo le luci posteriori della macchina lontana, torna a fissarmi e infine mi dice, calmo calmo:

— Una bella fuga, eh, piccolo?

Io casco dalle nuvole.