Ne divergeva, ne ripugnava, di modo che il libro, scritto con una strana scrittura prosciugata, e qua e là basato su ricordi autobiografici, rischia per il lettore un certo ermetismo, dovuto al rifarsi dell'autrice a un suo codice privato, significante e pieno di risonanze per lei, ma non già per il lettore.

Mentre la guerra civile spagnola continuava e il secondo conflitto mondiale si preparava all'orizzonte, Virginia scrisse un libro in parte femminista, in parte pacifista: Tre ghinee.

In Tre ghinee si trovano almeno due fondamentali idee portanti: l’idea che, a causa della millenaria esclusione sociale femminile, esista una cultura delle donne letteralmente «estraniata» dalla maschile, «estranea» sia al potere patriarcale che alla cultura della violenza, della violenza, della dittatura, della guerra, da lui generata; che tale estraneità vada dichiarata e difesa; che esista, dunque, una cultura diversa e separata delle donne. In secondo luogo, l’idea che questa «diversità» vada dalle donne stesse commutata da negativa in positiva: l’esclusione sociale le ha salvate dal collaborare agli orrori della cultura della violenza. Capovolgendo questa «diversità» da negativa in positiva, da condanna in rivalsa, da subita in agita, le donne devono adottare «parole» loro e «metodi» loro. E tuttavia negli anni Trenta il fascismo, maschilista, aggressivo e guerrafondaio, intese cancellare ogni ricordo di femminismo in Europa - di modo che sull'aspetto femminista della Woolf cadde il buio e non tornò più luce - dall'America all'Europa - che dopo l'ondata femminista del Settanta, cioè a dire non molto tempo fa.

L'ultimo libro che Virginia scrisse fu Fra gli atti.

Pointz Hall è, in un 'Inghilterra rurale ricca di storia, la residenza di campagna di raffinati signori nella cui proprietà, nel giugno '39, mentre l'Europa è sull'orlo della guerra, la gente del villaggio mette in scena all'aperto la annuale rappresentazione teatrale, una parodia diretta da una regista dilettante presuntuosa e lesbica, Miss La Trobe (doveva restare l'ultimo ritratto di una donna artista tracciato dalla Woolf).

La rappresentazione lascia più perplessi che soddisfatti gli spettatori, che cercano di ricavarne un senso.

Con questo libro Virginia, che aveva un tempo denunciato la tirannia delle strutture romanzesche che un Bennett, un Wells, un Galsworthy avevano imposto sull'esperienza, sposta ora ironicamente il suo tiro sul pubblico, che reclama intrecci, certezze, significati tangibili, messaggi. Anche il pubblico è dunque colpevole, non solo lo scrittore.

Il libro è ispirato a una sorta di nostalgia: al desiderio che possa perdurare, dinanzi alla barbarie avanzante - nel cielo sopra Rodmell, dove Virginia abitava e scriveva, veniva frattanto combattuta a colpi d'aerei la battaglia d'Inghilterra - la grande, antichissima, splendida civiltà rurale dell'Inghilterra legata alla fioritura della civiltà borghese; e sottintende una angoscia per gli inevitabili radicali futuri mutamenti della vita dopo la guerra.

Il 28 marzo del 41, completato questo romanzo cui mancava solo la rifinitura finale, Virginia uscì una mattina quietamente da casa e andò ad annegarsi, zavorrandosi di pietre le tasche della giacca, nel fiume Ouse. Si suicidò perché amava tanto la lucidità. Alla sorella Vanessa lasciò scritto: «Non faccio che udire voci e so che questa volta non ne uscirò. Ho lottato ma non ce la faccio più».

Si può legittimamente parlare di due femminismi, a proposito di Virginia Woolf: il suo, storicamente fissato negli anni dal 1910 al '20, e alle lotte infuocate delle donne inglesi per ottenere il voto politico l’accesso alle Università e alle carriere.

E quello di riporto e inteso a ottenere diritti civili fin qui negati, che fu la grande ondata femminista del Settanta in Europa. Furono le giovani donne cresciute nella curva di quest'ondata, sia in America che in Italia, a strappare via i veli neri che gli anni Trenta fascisti avevano gettato sul volto della Woolf femminista. Si riscoprì, con entusiasmo e con meraviglia, che, scrittrice di gran qualità, la Woolf era stata un'antesignana anche nel campo del femminismo, e così quest'aspetto obliterato della grande scrittrice venne riportato a nuovi onori e glorie. Una camera tutta per sé diventò una piccola bibbia, incentivante le giovani aspiranti scrittrici e, da una quindicina di anni a questa parte, ha messo in onda tutta una serie di interrogazioni, confronti e dibattiti sulla «specificità» femminile nella letteratura, problematica tuttora aperta e molto coinvolgente.

Infine, il femminismo di Virginia Woolf è stato adottato e adattato, piegato a nuove esigenze, innestato nei bisogni del presente, in poche parole elaborato, rivissuto; ed esiste perfino il rischio che certi lineamenti storici della Woolf risultino incredibili, se non indifferenti, tanto ci siamo appropriate di lei, tanto ne abbiamo fatto la nostra madre spirituale. Per esempio, il suo enorme investimento nella lotta per l'istruzione superiore femminile, posta dell'indipendenza economica, posta, a sua volta, della libertà di pensiero, e il suo legame, fino a ieri sconosciuto, con le pioniere di questa lotta in Inghilterra. Sì, come fece Virginia a rompere il suo bozzolo dorato? La domanda m'intrigava tanto che ho finito per scrivere una biografia, in tal senso finora inesistente, di Virginia Woolf (Virginia e l'angelo, Longanesi, 1991). Un modo come un altro, fra quelli in gioco, per mantenere viva fra il suo tempo storico e il nostro questa scrittrice grande e coraggiosa, giustamente definita «la madre spirituale» del-l'odierno movimento delle donne colte.

 

Armanda Guiducci


Nota biobibliografica

 

 

 

 

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

 

 

1882. Virginia Adeline Stephen nasce a Londra, il 13 gennaio. Sia il padre – il celebre critico e saggista vittoriano Leslie Stephen – che la madre, Julia Jackson Duckworth, sono al secondo matrimonio. Maggiori di lei sono la sorella Vanessa e il fratello Thoby. L’altro fratello, Adrian, nasce un anno dopo. Resteranno profondamente impresse nella memoria evocativa le estati trascorse a St. Ives, in Cornovaglia.

1895. Muore la madre. Prime crisi nervose, in relazione anche con le ambigue attenzioni a lei rivolte dal fratellastro George.

1897. Intense letture. La casa è vivacemente frequentata dagli amici del padre, spesso personaggi della cultura del tempo.

1899. Il fratello Thoby si iscrive all’Università di Cambridge, entrando in amicizia con Lytton Strachey, Leonard Woolf, Clive Bell, e altri che costituiranno, più tardi, il raffinato “Bloomsbury Group” (dal nome del quartiere londinese, tra l’Università e il British Museum).

1904-1906. Muore il padre. Nuovo collasso nervoso, tentativo di suicidio. Appare, sul «Guardian», il suo primo articolo. Viaggia in Italia con la sorella Vanessa e con l’amica Violet Dickinson. “Riunioni del giovedì” del “gruppo di Bloomsbury” (ne faranno parte, via via, anche lo scrittore E.M.