-

 

8

Parmi veder ch'alcun saper desia

il nome di costui, che quivi giunto

a Ruggiero e a' compagni si offeria

compagno d'arme al periglioso punto.

Costei (non più; costui detto vi sia)

era Marfisa che diede l'assunto

al misero Zerbin de la ribalda

vecchia Gabrina ad ogni mal sì; calda.

 

9

I duo di Chiaramonte e il buon Ruggiero

l'accettar volentier ne la lor schiera,

ch'esser credeano certo un cavalliero,

e non donzella, e non quella ch'ella era.

Non molto dopo scoperse Aldigiero

e veder fe' ai compagni una bandiera

che facea l'aura tremolare in volta,

e molta gente intorno avea raccolta.

 

10

E poi che più; lor fur fatti vicini,

e che meglio notar l'abito moro,

conobbero che gli eran Saracini,

e videro i prigioni in mezzo a loro

legati e tratti su piccol ronzini

a' Maganzesi, per cambiarli in oro.

Disse Marfisa agli altri: - Ora che resta,

poi che son qui, di cominciar la festa? -

 

11

Ruggier rispose: - Gl'invitati ancora

non ci son tutti, e manca una gran parte.

Gran ballo s'apparecchia di fare ora;

e perché; sia solenne, usiamo ogn'arte:

ma far non ponno omai lunga dimora. -

Così; dicendo, veggono in disparte

venire i traditori di Maganza:

sì; ch'eran presso a cominciar la danza.

 

12

Giungean da l'una parte i Maganzesi,

e conducean con loro i muli carchi

d'oro e di vesti e d'altri ricchi arnesi;

da l'altra in mezzo a lance, spade ed archi,

venian dolenti i duo germani presi,

che si vedeano essere attesi ai varchi:

e Bertolagi, empio inimico loro,

udian parlar col capitano Moro.

 

13

Né; di Buovo il figliuol né; quel d'Amone,

veduto il Maganzese, indugiar puote:

la lancia in resta l'uno e l'altro pone,

e l'uno e l'altro il traditor percuote.

L'un gli passa la pancia e 'l primo arcione,

e l'altro il viso per mezzo le gote.

Così; n'andasser pur tutti i malvagi,

come a quei colpi n'andò; Bertolagi.

 

14

Marfisa con Ruggiero a questo segno

si muove, e non aspetta altra trombetta;

né; prima rompe l'arrestato legno,

che tre, l'un dopo l'altro, in terra getta.

De l'asta di Ruggier fu il pagan degno,

che guidò; gli altri, e uscì; di vita in fretta;

e per quella medesima con lui

uno ed un altro andò; nei regni bui.

 

15

Di qui nacque un error tra gli assaliti,

che lor causò; lor ultima ruina.

Da un lato i Maganzesi esser traditi

credeansi da la squadra saracina;

da l'altro i Mori in tal modo feriti,

l'altra schiera chiamavano assassina:

e tra lor cominciar con fiera clade

a tirare archi e a menar lance e spade.

 

16

Salta ora in questa squadra ed ora in quella

Ruggiero, e via ne toglie or dieci or venti:

altritanti per man de la donzella

di qua e di là; ne son scemati e spenti.

Tanti si veggon gir morti di sella,

quanti ne toccan le spade taglienti,

a cui dan gli elmi e le corazze loco,

come nel bosco i secchi legni al fuoco.

 

17

Se mai d'aver veduto vi raccorda,

o rapportato v'ha fama all'orecchie,

come, allor che 'l collegio si discorda,

e vansi in aria a far guerra le pecchie,

entri fra lor la rondinella ingorda,

e mangi e uccida e guastine parecchie;

dovete imaginar che similmente

Ruggier fosse e Marfisa in quella gente.

 

18

Non così; Ricciardetto e il suo cugino

tra le due genti variavan danza,

perché;, lasciando il campo saracino,

sol tenean l'occhio all'altro di Maganza.

Il fratel di Rinaldo paladino

con molto animo avea molta possanza,

e quivi raddoppiar glie la facea

l'odio che contra ai Maganzesi avea.

 

19

Facea parer questa medesma causa

un leon fiero il bastardo di Buovo,

che con la spada senza indugio e pausa

fende ogn'elmo, o lo schiaccia come un ovo.

E qual persona non saria stata ausa,

non saria comparita un Ettor nuovo,

Marfisa avendo in compagnia e Ruggiero,

ch'eran la scelta e 'l fior d'ogni guerriero?

 

20

Marfisa tuttavolta combattendo,

spesso ai compagni gli occhi rivoltava;

e di lor forza paragon vedendo,

con maraviglia tutti li lodava:

ma di Ruggier pur il valor stupendo

e senza pari al mondo le sembrava;

e talor si credea che fosse Marte

sceso dal quinto cielo in quella parte.

 

21

Mirava quelle orribili percosse,

miravale non mai calare in fallo:

parea che contra Balisarda fosse

il ferro carta e non duro metallo.

Gli elmi tagliava e le corazze grosse,

e gli uomini fendea fin sul cavallo,

e li mandava in parte uguali al prato,

tanto da l'un quanto da l'altro lato.

 

22

Continuando la medesma botta,

uccidea col signore il cavallo anche.

I capi dalle spalle alzava in frotta,

e spesso i busti dipartia da l'anche.

Cinque e più; a un colpo ne tagliò; talotta:

e se non che pur dubito che manche

credenza al ver c'ha faccia di menzogna,

di più; direi; ma di men dir bisogna.

 

23

Il buon Turpin, che sa che dice il vero,

e lascia creder poi quel ch'a l'uom piace,

narra mirabil cose di Ruggiero,

ch'udendolo, il direste voi mendace.

Così; parea di ghiaccio ogni guerriero

contra Marfisa, ed ella ardente face;

e non men di Ruggier gli occhi a sé; trasse,

ch'ella di lui l'alto valor mirasse.

 

24

E s'ella lui Marte stimato avea,

stimato egli avria lei forse Bellona,

se per donna così; la conoscea,

come parea il contrario alla persona.

E forse emulazion tra lor nascea

per quella gente misera, non buona,

ne la cui carne e sangue e nervi ed ossa

fan prova chi di loro abbia più; possa.

 

25

Bastò; di quattro l'animo e il valore

a far ch'un campo e l'altro andasse rotto.

Non restava arme, a chi fuggia, migliore

che quella che si porta più; di sotto.

Beato chi il cavallo ha corridore,

ch'in prezzo non è; quivi ambio né; trotto;

e chi non ha destrier, quivi s'avede,

quanto il mestier de l'arme è; tristo a piede.

 

26

Riman la preda e 'l campo ai vincitori

che non è; fante o mulatier che resti.

Là; Maganzesi, e qua fuggono i Mori:

quei lasciano i prigion, le some questi.

Furon, con lieti visi e più; coi cori,

Malagigi e Viviano a scioglier presti;

non fur men diligenti a sciorre i paggi,

e por le some in terra e i carriaggi.

 

27

Oltre una buona quantità; d'argento

ch'in diverse vasella era formato,

ed alcun muliebre vestimento

di lavoro bellissimo fregiato,

e per stanze reali un paramento

d'oro e di seta in Fiandra lavorato,

ed altre cose ricche in copia grande;

fiaschi di vin trovar, pane e vivande.

 

28

Al trar degli elmi, tutti vider come

avea lor dato aiuto una donzella:

fu conosciuta all'auree crespe chiome

ed alla faccia delicata e bella.

L'onoran molto, e pregano che 'l nome

di gloria degno non asconda; ed ella,

che sempre tra gli amici era cortese,

a dar di sé; notizia non contese.

 

29

Non si ponno saziar di riguardarla;

che tal vista l'avean ne la battaglia.

Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla:

altri non prezza, altri non par che vaglia.

Vengono i servi intanto ad invitarla

coi compagni a goder la vettovaglia,

ch'apparecchiata avean sopra una fonte

che difendea dal raggio estivo un monte.

 

30

Era una de le fonti di Merlino,

de le quattro di Francia da lui fatte,

d'intorno cinta di bel marmo fino,

lucido e terso, e bianco più; che latte.

Quivi d'intaglio con lavor divino

avea Merlino imagini ritratte:

direste che spiravano, e, se prive

non fossero di voce, ch'eran vive.

 

31

Quivi una bestia uscir de la foresta

parea, di crudel vista, odiosa e brutta,

ch'avea l'orecchie d'asino, e la testa

di lupo e i denti, e per gran fame asciutta;

branche avea di leon; l'altro che resta,

tutto era volpe: e parea scorrer tutta

e Francia e Italia e Spagna ed Inghelterra,

l'Europa e l'Asia, e al fin tutta la terra.

 

32

Per tutto avea genti ferite e morte,

la bassa plebe e i più; superbi capi:

anzi nuocer parea molto più; forte

a re, a signori, a principi, a satrapi.

Peggio facea ne la romana corte,

che v'avea uccisi cardinali e papi:

contaminato avea la bella sede

di Pietro e messo scandol ne la fede.

 

33

Par che dinanzi a questa bestia orrenda

cada ogni muro, ogni ripar che tocca.

Non si vede città; che si difenda:

se l'apre incontra ogni castello e rocca.

Par che agli onor divini anco s'estenda,

e sia adorata da la gente sciocca,

e che le chiavi s'arroghi d'avere

del cielo e de l'abisso in suo potere.

 

34

Poi si vedea d'imperiale alloro

cinto le chiome un cavallier venire

con tre giovini a par, che i gigli d'oro

tessuti avean nel lor real vestire;

e, con insegna simile, con loro

parea un leon contra quel mostro uscire:

avean lor nomi chi sopra la testa,

e chi nel lembo scritto de la vesta.

 

35

L'un ch'avea fin a l'elsa ne la pancia

la spada immersa alla maligna fera,

Francesco primo, avea scritto, di Francia;

Massimigliano d'Austria a par seco era;

e Carlo quinto imperator, di lancia

avea passato il mostro alla gorgiera;

e l'altro, che di stral gli fige il petto,

l'ottavo Enrigo d'Inghilterra è; detto.

 

36

Decimo ha quel Leon scritto sul dosso,

ch'al brutto mostro i denti ha ne l'orecchi;

e tanto l'ha già; travagliato e scosso,

che vi sono arrivati altri parecchi.

Parea del mondo ogni timor rimosso;

ed in emenda degli errori vecchi

nobil gente accorrea, non però; molta,

onde alla belva era la vita tolta.

 

37

I cavallieri stavano e Marfisa

con desiderio di conoscer questi

per le cui mani era la bestia uccisa,

che fatti avea tanti luoghi atri e mesti.

Avenga che la pietra fosse incisa

dei nomi lor, non eran manifesti.

Si pregavan tra lor, che se sapesse

l'istoria alcuno, agli altri la dicesse.

 

38

Voltò; Viviano a Malagigi gli occhi,

che stava a udire, e non facea lor motto:

- A te (disse) narrar l'istoria tocchi,

ch'esser ne dé;i, per quel ch'io vegga, dotto.

Chi son costor che con saette e stocchi

e lance a morte han l'animal condotto? -

Rispose Malagigi: - Non è; istoria

di ch'abbia autor fin qui fatto memoria.

 

39

Sappiate che costor che qui scritto hanno

nel marmo i nomi, al mondo mai non furo;

ma fra settecento anni vi saranno,

con grande onor del secolo futuro.

Merlino, il savio incantator britanno,

fe' far la fonte al tempo del re Arturo;

e di cose ch'al mondo hanno a venire,

la fe' da buoni artefici scolpire.

 

40

Questa bestia crudele uscì; del fondo

de lo 'nferno a quel tempo che fur fatti

alle campagne i termini, e fu il pondo

trovato e la misura, e scritti i patti.

Ma non andò; a principio in tutto 'l mondo:

di sé; lasciò; molti paesi intatti.

Al tempo nostro in molti lochi sturba;

ma i populari offende e la vil turba.

 

41

Dal suo principio infin al secol nostro

sempre è; cresciuto, e sempre andrà; crescendo:

sempre crescendo, al lungo andar fia il mostro

il maggior che mai fosse e lo più; orrendo.

Quel Fiton che per carte e per inchiostro

s'ode che fu sì; orribile e stupendo,

alla metà; di questo non fu tutto,

né; tanto abominevol né; sì; brutto.

 

42

Farà; strage crudel, né; sarà; loco

che non guasti, contamini ed infetti:

e quanto mostra la scultura, è; poco

de' suoi nefandi e abominosi effetti.

Al mondo, di gridar mercé; già; roco,

questi, dei quali i nomi abbiamo letti,

che chiari splenderan più; che piropo,

verranno a dare aiuto al maggior uopo.

 

43

Alla fera crudele il più; molesto

non sarà; di Francesco il re de' Franchi:

e ben convien che molti ecceda in questo,

e nessun prima e pochi n'abbia a' fianchi;

quando in splendor real, quando nel resto

di virtù; farà; molti parer manchi,

che già; parver compiuti; come cede

tosto ogn'altro splendor, che 'l sol si vede.

 

44

L'anno primier del fortunato regno,

non ferma ancor ben la corona in fronte,

passerà; l'Alpe, e romperà; il disegno

di chi all'incontro avrà; occupato il monte,

da giusto spinto e generoso sdegno,

che vendicate ancor non sieno l'onte

che dal furor da paschi e mandre uscito

l'esercito di Francia avrà; patito.

 

45

E quindi scenderà; nel ricco piano

di Lombardia, col fior di Francia intorno,

e sì; l'Elvezio spezzerà;, ch'invano

farà; mai più; pensier d'alzare il corno.

Con grande e de la Chiesa e de l'ispano

campo e del fiorentin vergogna e scorno

espugnerà; il castel che prima stato

sarà; non espugnabile stimato.

 

46

Sopra ogn'altr'arme, ad espugnarlo, molto

più; gli varrà; quella onorata spada

con la qual prima avrà; di vita tolto

il mostro corruttor d'ogni contrada.

Convien ch'inanzi a quella sia rivolto

in fuga ogni stendardo, o a terra vada;

né; fossa, né; ripar, né; grosse mura

possan da lei tener città; sicura.

 

47

Questo principe avrà; quanta eccellenza

aver felice imperator mai debbia:

l'animo del gran Cesar, la prudenza

di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia,

con la fortuna d'Alessandro, senza

cui saria fumo ogni disegno, e nebbia.

Sarà; sì; liberal, ch'io lo contemplo

qui non aver né; paragon né; esemplo. -

 

48

Così; diceva Malagigi, e messe

desire a' cavallier d'aver contezza

del nome d'alcun altro ch'uccidesse

l'infernal bestia, uccider gli altri avezza.

Quivi un Bernardo tra' primi si lesse,

che Merlin molto nel suo scritto apprezza.

- Fia nota per costui (dicea) Bibiena,

quanto Fiorenza sua vicina e Siena. -

 

49

Non mette piede inanzi ivi persona

a Sismondo, a Giovanni, a Ludovico:

un Gonzaga, un Salviati, un d'Aragona,

ciascuno al brutto mostro aspro nimico.

V'è; Francesco Gonzaga, né; abandona

le sue vestigie il figlio Federico;

ed ha il cognato e il genero vicino,

quel di Ferrara, e quel duca d'Urbino.

 

50

De l'un di questi il figlio Guidobaldo

non vuol che 'l padre o ch'altri a dietro il metta.

Con Otobon dal Flisco, Sinibaldo

caccia la fera, e van di pari in fretta.

Luigi da Gazolo il ferro caldo

fatto nel collo le ha d'una saetta,

che con l'arco gli diè; Febo, quando anco

Marte la spada sua gli messe al fianco.

 

51

Duo Erculi, duo Ippoliti da Este,

un altro Ercule, un altro Ippolito anco,

da Gonzaga, de' Medici, le peste

seguon del mostro, e l'han, cacciando, stanco.

Né; Giuliano al figliuol, né; par che reste

Ferrante al fratel dietro; né; che manco

Andrea Doria sia pronto; né; che lassi

Francesco Sforza, ch'ivi uomo lo passi.

 

52

Del generoso, illustre e chiaro sangue

d'Avalo vi son dui ch'han per insegna

lo scoglio, che dal capo ai piedi d'angue

par che l'empio Tifeo sotto si tegna.

Non è; di questi duo, per fare esangue

l'orribil mostro, che più; inanzi vegna:

l'uno Francesco di Pescara invitto,

l'altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto.

 

53

Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato,

l'ispano onor, ch'in tanto pregio v'era,

che fu da Malagigi sì; lodato,

che pochi il pareggiar di quella schiera?

Guglielmo si vedea di Monferrato

fra quei che morto avean la brutta fera;

ed eran pochi verso gl'infiniti

ch'ella v'avea chi morti e chi feriti.

 

54

In giuochi onesti e parlamenti lieti,

dopo mangiar, spesero il caldo giorno,

corcati su finissimi tapeti

tra gli arbuscelli ond'era il rivo adorno.

Malagigi e Vivian, perché; quieti

più; fosser gli altri, tenean l'arme intorno;

quando una donna senza compagnia

vider, che verso lor ratto venì;a.

 

55

Questa era quella Ippalca a cui fu tolto

Frontino, il bon destrier, da Rodomonte.

L'avea il dì; inanzi ella seguito molto,

pregandolo ora, ora dicendogli onte;

ma non giovando, avea il camin rivolto

per ritrovar Ruggiero in Agrismonte.

Tra via le fu (non so già; come) detto

che quivi il troveria con Ricciardetto.

 

56

E perché; il luogo ben sapea (che v'era

stata altre volte), se ne venne al dritto

alla fontana; ed in quella maniera

ve lo trovò;, ch'io v'ho di sopra scritto.

Ma come buona e cauta messaggera

che sa meglio esequir che non l'è; ditto,

quando vide il fratel di Bradamante,

non conoscer Ruggier fece sembiante.

 

57

A Ricciardetto tutta rivoltosse,

sì; come drittamente a lui venisse;

e quel che la conobbe, se le mosse

incontra, e domandò; dove ne gisse.

Ella ch'ancora avea le luci rosse

del pianger lungo, sospirando disse;

ma disse forte, acciò; che fosse espresso

a Ruggiero il suo dir, che gli era presso.

 

58

- Mi traea dietro (disse) per la briglia,

come imposto m'avea la tua sorella,

un bel cavallo e buono a maraviglia,

ch'ella molto ama e che Frontino appella;

e l'avea tratto più; di trenta miglia

verso Marsilia, ove venir debbe ella

fra pochi giorni, e dove ella mi disse

ch'io l'aspettassi fin che vi venisse.

 

59

Era sì; baldanzoso il creder mio,

ch'io non stimava alcun di cor sì; saldo,

che me l'avesse a tor, dicendogli io

ch'era de la sorella di Rinaldo.

Ma vano il mio disegno ieri m'uscì;o,

che me lo tolse un Saracin ribaldo;

né; per udir di chi Frontino fusse,

a volermelo rendere s'indusse.

 

60

Tutto ieri ed oggi l'ho pregato; e quando

ho visto uscir prieghi e minacce invano,

maledicendol molto e bestemmiando,

l'ho lasciato di qui poco lontano,

dove il cavallo e sé; molto affannando,

s'aiuta, quanto può;, con l'arme in mano

contra un guerrier ch'in tal travaglio il mette,

che spero ch'abbia a far le mie vendette. -

 

61

Ruggiero a quel parlar salito in piede,

ch'avea potuto a pena il tutto udire,

si volta a Ricciardetto, e per mercede

e premio e guidardon del ben servire

(prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede

che con la donna solo il lasci gire

tanto che 'l Saracin gli sia mostrato,

ch'a lei di mano ha il buon destrier levato.

 

62

A Ricciardetto, ancor che discortese

il concedere altrui troppo paresse

di terminar le a sé; debite imprese,

al voler di Ruggier pur si rimesse:

e quel licenza dai compagni prese,

e con Ippalca a ritornar si messe,

lasciando a quei che rimanean, stupore,

con maraviglia pur del suo valore.

 

63

Poi che dagli altri allontanato alquanto

Ippalca l'ebbe, gli narrò; ch'ad esso

era mandata da colei che tanto

avea nel core il suo valore impresso;

e senza finger più;, seguitò; quanto

la sua donna al partir le avea commesso,

e che se dianzi avea altrimente detto,

per la presenza fu di Ricciardetto.

 

64

Disse, che chi le avea tolto il destriero,

ancor detto l'avea con molto orgoglio:

- Perché; so che 'l cavallo è; di Ruggiero,

più; volontier per questo te lo toglio.

S'egli di racquistarlo avrà; pensiero,

fagli saper (ch'asconder non gli voglio)

ch'io son quel Rodomonte il cui valore

mostra per tutto 'l mondo il suo splendore. -

 

65

Ascoltando, Ruggier mostra nel volto,

di quanto sdegno acceso il cor gli sia,

sì; perché; caro avria Frontino molto,

sì; perché; venì;a il dono onde venì;a

sì; perché; in suo dispregio gli par tolto;

vede che biasmo e disonor gli fia,

se torlo a Rodomonte non s'affretta,

e sopra lui non fa degna vendetta.

 

66

La donna Ruggier guida, e non soggiorna,

che por lo brama col Pagano a fronte;

e giunge ove la strada fa dua corna:

l'un va giù; al piano, e l'altro va su al monte;

e questo e quel ne la vallea ritorna,

dov'ella avea lasciato Rodomonte.

Aspra, ma breve era la via del colle;

l'altra più; lunga assai, ma piana e molle.

 

67

Il desiderio che conduce Ippalca

d'aver Frontino e vendicar l'oltraggio,

fa che 'l sentier de la montagna calca,

onde molto più; corto era il viaggio.

Per l'altra intanto il re d'Algier cavalca

col Tartaro e cogli altri che detto aggio;

e giù; nel pian la via più; facil tiene,

né; con Ruggier ad incontrar si viene.

 

68

Già; son le lor querele differite

fin che soccorso ad Agramante sia

(questo sapete); ed han d'ogni lor lite

la cagion, Doralice, in compagnia.

Ora il successo de l'istoria udite.

Alla fontana è; la lor dritta via,

ove Aldigier, Marfisa, Ricciardetto,

Malagigi e Vivian stanno a diletto.

 

69

Marfisa a' prieghi de' compagni avea

veste da donna ed ornamenti presi,

di quelli ch'a Lanfusa si credea

mandare il traditor de' Maganzesi;

e ben che veder raro si solea

senza l'osbergo e gli altri buoni arnesi,

pur quel dì; se li trasse; e come donna,

a' prieghi lor lasciò; vedersi in gonna.

 

70

Tosto che vede il Tartaro Marfisa,

per la credenza c'ha di guadagnarla,

in ricompensa e in cambio ugual s'avisa

di Doralice, a Rodomonte darla;

sì; come Amor si regga a questa guisa,

che vender la sua donna o permutarla

possa l'amante, né; a ragion s'attrista,

se quando una ne perde, una n'acquista.

 

71

Per dunque provedergli di donzella,

acciò; per sé; quest'altra si ritegna,

Marfisa, che gli par leggiadra e bella,

e d'ogni cavallier femina degna,

come abbia ad aver questa, come quella,

subito cara, a lui donar disegna;

e tutti i cavallier che con lei vede,

a giostra seco ed a battaglia chiede.

 

72

Malagigi e Vivian, che l'arme aveano

come per guardia e sicurtà; del resto,

si mossero dal luogo ove sedeano,

l'un come l'altro alla battaglia presto,

perché; giostrar con amenduo credeano;

ma l'African che non venì;a per questo,

non ne fe' segno o movimento alcuno:

sì; che la giostra restò; lor contra uno.

 

73

Viviano è; il primo, e con gran cor si muove,

e nel venire abbassa un'asta grossa:

e 'l re pagan da le famose pruove

da l'altra parte vien con maggior possa.

Dirizza l'uno e l'altro, e segna dove

crede meglio fermar l'aspra percossa.

Viviano indarno a l'elmo il pagan fere;

che non lo fa piegar, non che cadere.

 

74

Il re pagan, ch'avea più; l'asta dura,

fe' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio;

e fuor di sella in mezzo alla verdura,

all'erbe e ai fiori il fe' cadere in braccio.

Vien Malagigi, e ponsi in aventura

di vendicare il suo fratello avaccio;

ma poi d'andargli appresso ebbe tal fretta,

che gli fe' compagnia più; che vendetta.

 

75

L'altro fratel fu prima del cugino

coll'arme indosso, e sul destrier salito;

e disfidato contra il Saracino

venne a scontrarlo a tutta briglia ardito.

Risonò; il colpo in mezzo a l'elmo fino

di quel pagan sotto la vista un dito:

volò; al ciel l'asta in quattro tronchi rotta;

ma non mosse il pagan per quella botta.

 

76

Il pagan ferì; lui dal lato manco;

e perché; il colpo fu con troppa forza,

poco lo scudo, e la corazza manco

gli valse, che s'aprir come una scorza.

Passò; il ferro crudel l'omero bianco:

piegò; Aldigier ferito a poggia e ad orza;

tra fiori ed erbe al fin si vide avolto,

rosso su l'arme, e pallido nel volto.

 

77

Con molto ardir vien Ricciardetto appresso;

e nel venire arresta sì; gran lancia,

che mostra ben, come ha mostrato spesso,

che degnamente è; paladin di Francia:

ed al pagan ne facea segno espresso,

se fosse stato pari alla bilancia;

ma sozzopra n'andò;, perché; il cavallo

gli cadde adosso, e non già; per suo fallo.

 

78

Poi ch'altro cavallier non si dimostra,

ch'al pagan per giostrar volti la fronte,

pensa aver guadagnato de la giostra

la donna, e venne a lei presso alla fonte;

e disse: - Damigella, sè;te nostra,

s'altri non è; per voi ch'in sella monte.

Nol potete negar, né; farne iscusa;

che di ragion di guerra così; s'usa. -

 

79

Marfisa, alzando con un viso altiero

la faccia, disse: - Il tuo parer molto erra.

Io ti concedo che diresti il vero,

ch'io sarei tua per la ragion di guerra,

quando mio signor fosse o cavalliero

alcun di questi ch'hai gittato in terra.

Io sua non son, né; d'altri son che mia:

dunque me tolga a me chi mi desia.

 

80

So scudo e lancia adoperare anch'io,

e più; d'un cavalliero in terra ho posto. -

- Datemi l'arme, disse, e il destrier mio, -

agli scudier che l'ubbidiron tosto.

Trasse la gonna, ed in farsetto uscì;o;

e le belle fattezze e il ben disposto

corpo mostrò;, ch'in ciascuna sua parte,

fuor che nel viso, assimigliava a Marte.

 

81

Poi che fu armata, la spada si cinse

e sul destrier montò; d'un leggier salto;

e qua e là; tre volte e più; lo spinse,

e quinci e quindi fe' girare in alto;

e poi, sfidando il Saracino, strinse

la grossa lancia e cominciò; l'assalto.

Tal nel campo troian Pentesilea

contra il tessalo Achille esser dovea.

 

82

Le lance infin al calce si fiaccaro

a quel superbo scontro, come vetro;

né; pero chi le corsero, piegaro,

che si notasse, un dito solo a dietro.

Marfisa che volea conoscer chiaro

s'a più; stretta battaglia simil metro

le serverebbe contra il fier pagano,

se gli rivolse con la spada in mano.

 

83

Bestemmiò; il cielo e gli elementi il crudo

pagan, poi che restar la vide in sella:

ella, che gli pensò; romper lo scudo,

non men sdegnosa contra il ciel favella.

Già; l'uno e l'altro ha in mano il ferro nudo

e su le fatal arme si martella:

l'arme fatali han parimente intorno,

che mai non bisognar più; di quel giorno.

 

84

Sì; buona è; quella piastra e quella maglia,

che spada o lancia non le taglia o fora;

sì; che potea seguir l'aspra battaglia

tutto quel giorno e l'altro appresso ancora.

Ma Rodomonte in mezzo lor si scaglia,

e riprende il rival de la dimora,

dicendo: - Se battaglia pur far vuoi,

finià;n la cominciata oggi fra noi.

 

85

Facemmo, come sai, triegua con patto

di dar soccorso alla milizia nostra.

Non debbià;n, prima che sia questo fatto,

incominciare altra battaglia o giostra. -

Indi a Marfisa, riverente in atto

si volta, e quel messaggio le dimostra;

e le racconta come era venuto

a chieder lor per Agramante aiuto.

 

86

La priega poi che le piaccia non solo

lasciar quella battaglia o differire,

ma che voglia in aiuto del figliuolo

del re Troian con essi lor venire;

onde la fama sua con maggior volo

potrà; far meglio infin al ciel salire,

che, per querela di poco momento,

dando a tanto disegno impedimento.

 

87

Marfisa, che fu sempre disiosa

di provar quei di Carlo a spada e a lancia,

né; l'avea indotta a venire altra cosa

di sì; lontana regione in Francia,

se non per esser certa se famosa

lor nominanza era per vero o ciancia,

tosto d'andar con lor partito prese,

che d'Agramante il gran bisogno intese.

 

88

Ruggiero in questo mezzo avea seguito

indarno Ippalca per la via del monte;

e trovò;, giunto al loco, che partito

per altra via se n'era Rodomonte:

e pensando che lungi non era ito,

e che 'l sentier tenea dritto alla fonte,

trottando in fretta dietro gli venì;a

per l'orme ch'eran fresche in su la via.

 

89

Volse che Ippalca a Montalban pigliasse

la via, ch'una giornata era vicino;

perché; s'alla fontana ritornasse,

si torria troppo dal dritto camino.

E disse a lei, che già; non dubitasse

che non s'avesse a ricovrar Frontino:

ben le farebbe a Montalbano, o dove

ella si trovi, udir tosto le nuove.

 

90

E le diede la lettera che scrisse

in Agrismonte, e che si portò; in seno;

e molte cose a bocca anco le disse,

e la pregò; che l'escusasse a pieno.

Ne la memoria Ippalca il tutto fisse,

prese licenza e voltò; il palafreno;

e non cessò; la buona messaggera,

ch'in Montalban si ritrovò; la sera.

 

91

Seguia Ruggiero in fretta il Saracino

per l'orme ch'apparian ne la via piana,

ma non lo giunse prima che vicino

con Mandricardo il vide alla fontana.

Già; promesso s'avean che per camino

l'un non farebbe all'altro cosa strana,

né; fin ch'al campo si fosse soccorso,

a cui Carlo era appresso a porre il morso.

 

92

Quivi giunto Ruggier, Frontin conobbe,

e conobbe per lui chi adosso gli era;

e su la lancia fe' le spalle gobbe,

e sfidò; l'African con voce altiera.

Rodomonte quel dì; fe' più; che Iobbe,

poi che domò; la sua superbia fiera;

e ricusò; la pugna ch'avea usanza

di sempre egli cercar con ogni istanza.

 

93

Il primo giorno e l'ultimo, che pugna

mai ricusasse il re d'Algier, fu questo;

ma tanto il desiderio che si giugna,

in soccorso al suo re gli pare onesto,

che se credesse aver Ruggier ne l'ugna

più; che mai lepre il pardo isnello e presto,

non se vorria fermar tanto con lui,

che fêsse un colpo de la spada o dui.

 

94

Aggiungi che sapea ch'era Ruggiero

che seco per Frontin facea battaglia,

tanto famoso, ch'altro cavalliero

non è; ch'a par di lui di gloria saglia,

l'uom che bramato ha di saper per vero

esperimento quanto in arme vaglia;

e pur non vuol seco accettar l'impresa:

tanto l'assedio del suo re gli pesa.

 

95

Trecento miglia sarebbe ito e mille,

se ciò; non fosse, a comperar tal lite;

ma se l'avesse oggi sfidato Achille,

più; fatto non avria di quel ch'udite:

tanto a quel punto sotto le faville

le fiamme avea del suo furor sopite.

Narra a Ruggier perché; pugna rifiuti;

ed anco il priega che l'impresa aiuti:

 

96

che facendol, farà; quel che far deve

al suo signore un cavallier fedele.

Sempre che questo assedio poi si leve,

avran ben tempo da finir querele.

Ruggier rispose a lui: - Mi sarà; lieve

differir questa pugna, fin che de le

forze di Carlo si traggia Agramante,

pur che mi rendi il mio Frontino inante.

 

97

Se di provarti c'hai fatto gran fallo,

e fatto hai cosa indegna ad un uom forte,

d'aver tolto a una donna il mio cavallo,

vuoi ch'io prolunghi fin che siamo in corte,

lascia Frontino, e nel mio arbitrio dà;llo.

Non pensare altrimente ch'io sopporte

che la battaglia qui tra noi non segua,

o ch'io ti faccia sol d'un'ora triegua. -

 

98

Mentre Ruggiero all'African domanda

o Frontino o battaglia allora allora,

e quello in lungo e l'uno e l'altro manda,

né; vuol dare il destrier, né; far dimora;

Mandricardo ne vien da un'altra banda,

e mette in campo un'altra lite ancora,

poi che vede Ruggier che per insegna

porta l'augel che sopra gli altri regna.

 

99

Nel campo azzur l'aquila bianca avea,

che de' Troiani fu l'insegna bella:

perché; Ruggier l'origine traea

dal fortissimo Ettò;r, portava quella.

Ma questo Mandricardo non sapea;

né; vuol patire, e grande ingiuria appella,

che ne lo scudo un altro debba porre

l'aquila bianca del famoso Ettorre.

 

100

Portava Mandricardo similmente

l'augel che rapì; in Ida Ganimede.

Come l'ebbe quel dì; che fu vincente

al castel periglioso, per mercede,

credo vi sia con l'altre istorie a mente,

e come quella fata gli lo diede

con tutte le bell'arme che Vulcano

avea già; date al cavallier troiano.

 

101

Altra volta a battaglia erano stati

Mandricardo e Ruggier solo per questo;

e per che caso fosser distornati,

io nol dirò;, che già; v'è; manifesto.

Dopo non s'eran mai più; raccozzati,

se non quivi ora; e Mandricardo presto,

visto lo scudo alzò; il superbo grido

minacciando, e a Ruggier disse: - Io ti sfido.

 

102

Tu la mia insegna, temerario, porti;

né; questo è; il primo dì; ch'io te l'ho detto.

E credi, pazzo, ancor ch'io tel comporti,

per una volta ch'io t'ebbi rispetto?

Ma poi che né; minacce né; conforti

ti pôn questa follia levar del petto,

ti mostrerò; quanto miglior partito

t'era d'avermi subito ubbidito.

 

103

Come ben riscaldato arrido legno

a piccol soffio subito s'accende,

così; s'avampa di Ruggier lo sdegno

al primo motto che di questo intende.

- Ti pensi (disse) farmi stare al segno,

perché; quest'altro ancor meco contende?

Ma mostrerotti ch'io son buon per torre

Frontino a lui, lo scudo a te d'Ettorre.

 

104

Un'altra volta pur per questo venni

teco a battaglia, e non è; gran tempo anco;

ma d'ucciderti allora mi contenni,

perché; tu non avevi spada al fianco.

Questi fatti saran, quelli fur cenni;

e mal sarà; per te quell'augel bianco,

ch'antiqua insegna è; stata di mia gente:

tu te l'usurpi, io 'l porto giustamente. -

 

105

- Anzi t'usurpi tu l'insegna mia! -

rispose Mandricardo; e trasse il brando,

quello che poco inanzi per follia

avea gittato alla foresta Orlando.

Il buon Ruggier, che di sua cortesia

non può; non sempre ricordarsi, quando

vide il Pagan ch'avea tratta la spada,

lasciò; cader la lancia ne la strada.

 

106

E tutto a un tempo Balisarda stringe,

la buona spada, e me' lo scudo imbraccia:

ma l'Africano in mezzo il destrier spinge,

e Marfisa con lui presta si caccia;

e l'uno questo, e l'altro quel respinge,

e priegano amendui che non si faccia.

Rodomonte si duol che rotto il patto

due volte ha Mandricardo, che fu fatto.

 

107

Prima, credendo d'acquistar Marfisa,

fermato s'era a far più; d'una giostra;

or per privar Ruggier d'una divisa,

di curar poco il re Agramante mostra.

- Se pur (dicea) dé;i fare a questa guisa,

finià;n prima tra noi la lite nostra,

conveniente e più; debita assai,

ch'alcuna di quest'altre che prese hai.

 

108

Con tal condizion fu stabilita

la triegua e questo accordo ch'è; fra nui.

Come la pugna teco avrò; finita,

poi del destrier risponderò; a costui.

Tu del tuo scudo, rimanendo in vita,

la lite avrai da terminar con lui;

ma ti darò; da far tanto, mi spero,

che non n'avanzarà; troppo a Ruggiero. -

 

109

- La parte che ti pensi, non n'avrai

(rispose Mandricardo a Rodomonte):

io te ne darò; più; che non vorrai,

e ti farò; sudar dal piè; alla fronte:

e me ne rimarrà; per darne assai

(come non manca mai l'acqua del fonte)

ed a Ruggiero ed a mill'altri seco,

e a tutto il mondo che la voglia meco. -

 

110

Moltiplicavan l'ire e le parole

quando da questo e quando da quel lato:

con Rodomonte e con Ruggier la vuole

tutto in un tempo Mandricardo irato;

Ruggier, ch'oltraggio sopportar non suole,

non vuol più; accordo, anzi litigio e piato.

Marfisa or va da questo or da quel canto

per riparar, ma non può; sola tanto.

 

111

Come il villan, se fuor per l'alte sponde

trapela il fiume e cerca nuova strada,

frettoloso a vietar che non affonde

i verdi paschi e la sperata biada,

chiude una via ed un'altra, e si confonde;

che se ripara quinci che non cada,

quindi vede lassar gli argini molli,

e fuor l'acqua spicciar con più; rampolli:

 

112

così;, mentre Ruggiero e Mandricardo

e Rodomonte son tutti sozzopra,

ch'ognun vuol dimostrarsi più; gagliardo,

ed ai compagni rimaner di sopra,

Marfisa ad acchetarli have riguardo,

e s'affatica, e perde il tempo e l'opra;

che, come ne spicca uno e lo ritira,

gli altri duo risalir vede con ira.

 

113

Marfisa, che volea porgli d'accordo,

dicea: - Signori, udite il mio consiglio:

differire ogni lite è; buon ricordo

fin ch'Agramante sia fuor di periglio.

S'ognun vuole al suo fatto essere ingordo,

anch'io con Mandricardo mi ripiglio;

e vo' vedere al fin se guadagnarme,

come egli ha detto, è; buon per forza d'arme.

 

114

Ma se si de' soccorrere Agramante,

soccorrasi, e tra noi non si contenda. -

- Per me non si starà; d'andare inante

(disse Ruggier), pur che 'l destrier si renda.

O che mi dia il cavallo, a far di tante

una parola, o che da me il difenda:

o che qui morto ho da restare, o ch'io

in campo ho da tornar sul destrier mio. -

 

115

Rispose Rodomonte: - Ottener questo

non fia così;, come quell'altro, lieve.-

E seguitò; dicendo: - Io ti protesto

che, s'alcun danno il nostro re riceve,

fia per tua colpa; ch'io per me non resto

di fare a tempo quel che far si deve.-

Ruggiero a quel protesto poco bada;

ma stretto dal furor stringe la spada.

 

116

Al re d'Algier come cingial si scaglia,

e l'urta con lo scudo e con la spalla;

e in modo lo disordina e sbarraglia,

che fa che d'una staffa il piè; gli falla.

Mandricardo gli grida: - O la battaglia

differisci, Ruggiero, o meco falla; -

e crudele e fellon più; che mai fosse,

Ruggier su l'elmo in questo dir percosse.

 

117

Fin sul collo al destrier Ruggier s'inchina,

né;, quando vuolsi rilevar, si puote;

perché; gli sopragiunge la ruina

del figlio d'Ulien che lo percuote.

Se non era di tempra adamantina,

fesso l'elmo gli avria fin tra le gote.

Apre Ruggier le mani per l'ambascia,

e l'una il fren, l'altra la spada lascia.

 

118

Se lo porta il destrier per la campagna:

dietro gli resta in terra Balisarda.

Marfisa che quel dì; fatta compagna

se gli era d'arme, par ch'avampi ed arda,

che solo fra que' duo così; rimagna:

e come era magnanima e gagliarda,

si drizza a Mandricardo, e col potere

ch'avea maggior, sopra la testa il fiere.

 

119

Rodomonte a Ruggier dietro si spinge:

vinto è; Frontin, s'un'altra gli n'appicca;

ma Ricciardetto con Vivian si stringe,

e tra Ruggiero e 'l Saracin si ficca.

L'uno urta Rodomonte e lo rispinge,

e da Ruggier per forza lo dispicca;

l'altro la spada sua, che fu Viviano,

pone a Ruggier, già; risentito, in mano.

 

120

Tosto che 'l buon Ruggiero in sé; ritorna,

e che Vivian la spada gli appresenta,

a vendicar l'ingiuria non soggiorna,

e verso il re d'Algier ratto s'aventa,

come il leon che tolto su le corna

dal bue sia stato, e che 'l dolor non senta:

sì; sdegno ed ira ed impeto l'affretta,

stimula e sferza a far la sua vendetta.

 

121

Ruggier sul capo al Saracin tempesta:

e se la spada sua si ritrovasse,

che, come ho detto, al comminciar di questa

pugna, di man gran fellonia gli trasse,

mi credo ch'a difendere la testa

di Rodomonte l'elmo non bastasse,

l'elmo che fece il re far di Babelle

quando muover pensò; guerra alle stelle.

 

122

La Discordia, credendo non potere

altro esser quivi che contese e risse,

né; vi dovesse mai più; luogo avere

o pace o triegua, alla sorella disse

ch'omai sicuramente a rivedere

i monachetti suoi seco venisse.

Lascià;nle andare, e stià;n noi dove in fronte

Ruggiero avea ferito Rodomonte.

 

123

Fu il colpo di Ruggier di sì; gran forza,

che fece in su la groppa di Frontino

percuoter l'elmo e quella dura scorza

di ch'avea armato il dosso il Saracino,

e lui tre volte e quattro a poggia e ad orza

piegar per gire in terra a capo chino;

e la spada egli ancora avria perduta,

se legata alla man non fosse suta.

 

124

Avea Marfisa a Mandricardo intanto

fatto sudar la fronte, il viso e il petto,

ed egli aveva a lei fatto altretanto;

ma sì; l'osbergo d'ambi era perfetto,

che mai poter falsarlo in nessun canto,

e stati eran sin qui pari in effetto:

ma in un voltar che fece il suo destriero,

bisogno ebbe Marfisa di Ruggiero.

 

125

Il destrier di Marfisa in un voltarsi

che fece stretto, ov'era molle il prato,

sdrucciolò; in guisa, che non poté; aitarsi

di non tutto cader sul destro lato;

e nel volere in fretta rilevarsi,

da Brigliador fu pel traverso urtato,

con che il pagan poco cortese venne;

sì; che cader di nuovo gli convenne.

 

126

Ruggier che la donzella a mal partito

vide giacer, non differì; il soccorso,

or che l'agio n'avea, poi che stordito

da sé; lontan quell'altro era trascorso:

ferì; su l'elmo il Tartaro; e partito

quel colpo gli avria il capo, come un torso,

se Ruggier Balisarda avesse avuta,

o Mandricardo in capo altra barbuta.

 

127

Il re d'Algier che si risente in questo,

si volge intorno, e Ricciardetto vede;

e si ricorda che gli fu molesto

dianzi, quando soccorso a Ruggier diede.

A lui si drizza, e saria stato presto

a darli del ben fare aspra mercede,

se con grande arte e nuovo incanto tosto

non se gli fosse Malagigi opposto.

 

128

Malagigi, che sa d'ogni malia

quel che ne sappia alcun mago eccellente,

ancor che 'l libro suo seco non sia,

con che fermare il sole era possente,

pur la scongiurazione onde solia

commandare ai demoni aveva a mente:

tosto in corpo al ronzino un ne costringe

di Doralice, ed in furor lo spinge.

 

129

Nel mansueto ubino che sul dosso

avea la figlia del re Stordilano,

fece entrar un degli angel di Minosso

sol con parole il frate di Viviano:

e quel che dianzi mai non s'era mosso,

se non quanto ubidito avea alla mano,

or d'improviso spiccò; in aria un salto,

che trenta piè; fu lungo e sedeci alto.

 

130

Fu grande il salto, non però; di sorte

che ne dovesse alcun perder la sella.

Quando si vide in alto, gridò; forte

(che si tenne per morta) la donzella.

Quel ronzin, come il diavol se lo porte,

dopo un gran salto se ne va con quella,

che pur grida soccorso, in tanta fretta,

che non l'avrebbe giunto una saetta.

 

131

Da la battaglia il figlio d'Ulieno

si levò; al primo suon di quella voce;

e dove furiava il palafreno,

per la donna aiutar n'andò; veloce.

Mandricardo di lui non fece meno,

né; più; a Ruggier, né; più; a Marfisa nò;ce;

ma, senza chieder loro o paci o tregue,

e Rodomonte e Doralice segue.

 

132

Marfisa intanto si levò; di terra,

e tutta ardendo di disdegno e d'ira,

credesi far la sua vendetta, ed erra;

che troppo lungi il suo nimico mira.

Ruggier, ch'aver tal fin vede la guerra,

rugge come un leon, non che sospira.

Ben sanno che Frontino e Brigliadoro

giunger non ponno coi cavalli loro.

 

133

Ruggier non vuol cessar fin che decisa

col re d'Algier non l'abbia del cavallo:

non vuol quietar il Tartaro Marfisa,

che provato a suo senno anco non hallo.

Lasciar la sua querela a questa guisa

parrebbe all'uno e all'altro troppo fallo.

Di commune parer disegno fassi

di chi offesi gli avea seguire i passi.

 

134

Nel campo saracin li troveranno,

quando non possan ritrovarli prima;

che per levar l'assedio iti seranno,

prima che 'l re di Francia il tutto opprima.

Così; dirittamente se ne vanno

dove averli a man salva fanno stima.

Già; non andò; Ruggier così; di botto,

che non facesse ai suoi compagni motto.

 

135

Ruggier se ne ritorna ove in disparte

era il fratel de la sua donna bella,

e se gli proferisce in ogni parte

amico, per fortuna e buona e fella:

indi lo priega (e lo fa con bella arte)

che saluti in suo nome la sorella;

e questo così; ben gli venne detto,

che né; a lui diè; né; agli altri alcun sospetto.

 

136

E da lui, da Vivian, da Malagigi,

dal ferito Aldigier tolse commiato.

Si proferiro anch'essi alli servigi

di lui, debitor sempre in ogni lato.

Marfisa avea sì; il cor d'ire a Parigi,

che 'l salutar gli amici avea scordato;

ma Malagigi andò; tanto e Viviano,

che pur la salutaron di lontano;

 

137

e così; Ricciardetto; ma Aldigiero

giace, e convien che suo malgrado resti.

Verso Parigi avean preso il sentiero

quelli duo prima, ed or lo piglian questi.

Dirvi, Signor, ne l'altro canto spero

miracolosi e sopraumani gesti,

che con danno degli uomini di Carlo

ambe le coppie fer, di ch'io vi parlo.

 

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CANTO VENTISETTESIMO

 

 

1

Molti consigli de le donne sono

meglio improviso, ch'a pensarvi, usciti;

che questo è; speziale e proprio dono

fra tanti e tanti lor dal ciel largiti.

Ma può; mal quel degli uomini esser buono,

che maturo discorso non aiti,

ove non s'abbia a ruminarvi sopra

speso alcun tempo e molto studio ed opra.

 

2

Parve, e non fu però; buono il consiglio

di Malagigi, ancor che (come ho detto)

per questo di grandissimo periglio

liberassi il cugin suo Ricciardetto.

A levare indi Rodomonte e il figlio

del re Agrican, lo spirto avea costretto,

non avvertendo che sarebbon tratti

dove i cristian ne rimarrian disfatti.

 

3

Ma se spazio a pensarvi avesse avuto,

creder si può; che dato similmente

al suo cugino avria debito aiuto,

né; fatto danno alla cristiana gente.

Commandare allo spirto avria potuto,

ch'alla via di levante o di ponente

sì; dilungata avesse la donzella,

che non n'udisse Francia più; novella.

 

4

Così; gli amanti suoi l'avrian seguì;ta,

come a Parigi, anco in ogn'altro loco;

ma fu questa avvertenza inavvertita

da Malagigi, per pensarvi poco:

e la Malignità; dal ciel bandita,

che sempre vorria sangue e strage e fuoco,

prese la via donde più; Carlo afflisse,

poi che nessuna il mastro gli prescrisse.

 

5

Il palafren ch'avea il demonio al fianco,

portò; la spaventata Doralice,

che non poté; arrestarla fiume, e manco

fossa, bosco, palude, erta o pendice;

fin che per mezzo il campo inglese e franco,

e l'altra moltitudine fautrice

de l'insegne di Cristo, rassegnata

non l'ebbe al padre suo re di Granata.

 

6

Rodomonte col figlio d'Agricane

la seguitaro il primo giorno un pezzo,

che le vedean le spalle, ma lontane:

di vista poi perderonla da sezzo,

e venner per la traccia, come il cane

la lepre o il capriol trovare avezzo;

né; si fermar, che furo in parte, dove

di lei ch'era col padre ebbono nuove.

 

7

Guardati, Carlo, che 'l ti viene addosso

tanto furor, ch'io non ti veggo scampo:

né; questi pur, ma 'l re Gradasso è; mosso

con Sacripante a danno del tuo campo.

Fortuna, per toccarti fin all'osso,

ti tolle a un tempo l'uno e l'altro lampo

di forza e di saper, che vivea teco;

e tu rimaso in tenebre sei cieco.

 

8

Io ti dico d'Orlando e di Rinaldo;

che l'uno al tutto furioso e folle,

al sereno, alla pioggia, al freddo, al caldo,

nudo va discorrendo il piano e 'l colle:

l'altro, con senno non troppo più; saldo,

d'appresso al gran bisogno ti si tolle;

che non trovando Angelica in Parigi,

si parte, e va cercandone vestigi.

 

9

Un fraudolente vecchio incantatore

gli fe' (come a principio vi si disse)

creder per un fantastico suo errore,

che con Orlando Angelica venisse:

ondè; di gelosia tocco nel core,

de la maggior ch'amante mai sentisse,

venne a Parigi, e come apparve in corte,

d'ire in Bretagna gli toccò; per sorte.

 

10

Or fatta la battaglia onde portonne

egli l'onor d'aver chiuso Agramante,

tornò; a Parigi, e monister di donne

e case e rocche cercò; tutte quante.

Se murata non è; tra le colonne,

l'avria trovata il curioso amante.

Vedendo al fin ch'ella non v'è; né; Orlando,

amenduo va con gran disio cercando.

 

11

Pensò; che dentro Anglante o dentro a Brava

se la godesse Orlando in festa e in giuoco;

e qua e là; per ritrovarla andava,

né; in quel la ritrovò; né; in questo loco.

A Parigi di nuovo ritornava,

pensando che tardar dovesse poco

di capitare il paladino al varco;

che 'l suo star fuor non era senza incarco.

 

12

Un giorno o duo ne la città; soggiorna

Rinaldo; e poi ch'Orlando non arriva,

or verso Anglante, or verso Brava torna,

cercando se di lui novella udiva.

Cavalca e quando annotta e quando aggiorna,

alla fresca alba e all'ardente ora estiva;

e fa al lume del sole e de la luna

dugento volte questa via, non ch'una.

 

13

Ma l'antiquo aversario, il qual fece Eva

all'interdetto pome alzar la mano,

a Carlo un giorno i lividi occhi leva,

che 'l buon Rinaldo era da lui lontano;

e vedendo la rotta che poteva

darsi in quel punto al populo cristiano,

quanta eccellenza d'arme al mondo fusse

fra tutti i Saracini, ivi condusse.

 

14

Al re Gradasso e al buon re Sacripante,

ch'eran fatti compagni all'uscir fuore

de la piena d'error casa d'Atlante,

di venire in soccorso messe in core

alle genti assediate d'Agramante,

e a distruzion di Carlo imperatore:

ed egli per l'incognite contrade

fe' lor la scorta e agevolò; le strade.

 

15

Ed ad un altro suo diede negozio

d'affrettar Rodomonte e Mandricardo

per le vestigie donde l'altro sozio

a condur Doralice non è; tardo.

Ne manda ancora un altro, perché; in ozio

non stia Marfisa né; Ruggier gagliardo;

ma chi guidò; l'ultima coppia tenne

la briglia più;, né; quando gli altri venne.

 

16

La coppia di Marfisa e di Ruggiero

di mezza ora più; tarda si condusse;

però; ch'astutamente l'angel nero,

volendo agli cristian dar de le busse,

provide che la lite del destriero

per impedire il suo desir non fusse,

che rinovata si saria, se giunto

fosse Ruggiero e Rodomonte a un punto.

 

17

I quattro primi si trovaro insieme

onde potean veder gli alloggiamenti

de l'esercito oppresso e di chi 'l preme,

e le bandiere in che feriano i venti.

Si consigliaro alquanto; e fur l'estreme

conclusion dei lor ragionamenti

di dare aiuto, mal grado di Carlo,

al re Agramante, e de l'assedio trarlo.

 

18

Stringonsi insieme, e prendono la via

per mezzo ove s'alloggiano i cristiani,

gridando Africa e Spagna tuttavia;

e si scopriro in tutto esser pagani.

Pel campo, arme, arme risonar s'udia;

ma menar si sentir prima le mani:

e de la retroguardia una gran frotta,

non ch'assalita sia, ma fugge in rotta.

 

19

L'esercito cristian mosso a tumulto

sozzopra va senza sapere il fatto.

Estima alcun che sia un usato insulto

che Svizzari o Guasconi abbino fatto.

Ma perch'alla più; parte è; il caso occulto,

s'aduna insieme ogni nazion di fatto,

altri a suon di tamburo, altri di tromba:

grande è; 'l rumore, e fin al ciel rimbomba.

 

20

Il magno imperator, fuor che la testa,

è; tutto armato, e i paladini ha presso;

e domandando vien che cosa è; questa

che le squadre in disordine gli ha messo;

e minacciando, or questi or quelli arresta;

e vede a molti il viso o il petto fesso,

ad altri insanguinare o il capo o il gozzo,

alcun tornar con mano o braccio mozzo.

 

21

Giunge più; inanzi, e ne ritrova molti

giacere in terra, anzi in vermiglio lago

nel proprio sangue orribilmente involti,

né; giovar lor può; medico né; mago;

e vede dagli busti i capi sciolti

e braccia e gambe con crudele imago;

e ritrova dai primi alloggiamenti

agli ultimi per tutto uomini spenti.

 

22

Dove passato era il piccol drappello,

di chiara fama eternamente degno,

per lunga riga era rimaso quello

al mondo sempre memorabil segno.

Carlo mirando va il crudel macello,

maraviglioso, e pien d'ira e di sdegno,

come alcun, in cui danno il fulgur venne,

cerca per casa ogni sentier che tenne.

 

23

Non era agli ripari anco arrivato

del re african questo primiero aiuto,

che con Marfisa fu da un altro lato

l'animoso Ruggier sopravenuto.

Poi ch'una volta o due l'occhio aggirato

ebbe la degna coppia, e ben veduto

qual via più; breve per soccorrer fosse

l'assediato signor, ratto si mosse.

 

24

Come quando si dà; fuoco alla mina,

pel lungo solco de la negra polve

licenziosa fiamma arde e camina

sì; ch'occhio a dietro a pena se le volve;

e qual si sente poi l'alta ruina

che 'l duro sasso o il grosso muro solve:

così; Ruggiero e Marfisa veniro,

e tai ne la battaglia si sentiro.

 

25

Per lungo e per traverso a fender teste

incominciaro, e tagliar braccia e spalle

de le turbe che male erano preste

ad espedire e sgombrar loro il calle.

C'ha notato il passar de le tempeste,

ch'una parte d'un monte o d'una valle

offende, e l'altra lascia, s'appresenti

la via di questi duo fra quelle genti.

 

26

Molti che dal furor di Rodomonte

e di quegli altri primi eran fuggiti,

Dio ringraziavan ch'avea lor sì; pronte

gambe concesse, e piedi sì; spediti;

e poi, dando del petto e de la fronte

in Marfisa e in Ruggier, vedean scherniti,

come l'uom né; per star né; per fuggire,

al suo fisso destin può; contradire.

 

27

Chi fugge l'un pericolo, rimane

ne l'altro, e paga il fio d'ossa e di polpe.

Così; cader coi figli in bocca al cane

suol, sperando fuggir, timida volpe,

poi che la caccia de l'antique tane

il suo vicin che le dà; mille colpe,

e cautamente con fumo e con fuoco

turbata l'ha da non temuto loco.

 

28

Negli ripari entrò; de' Saracini

Marfisa con Ruggiero a salvamento.

Quivi tutti con gli occhi al ciel supini

Dio ringraziar del buono avvenimento.

Or non v'è; più; timor de' paladini:

il più; tristo pagan ne sfida cento;

ed è; concluso che senza riposo

si torni a fare il campo sanguinoso.

 

29

Corni, bussoni, timpani moreschi

empieno il ciel di formidabil suoni:

ne l'aria tremolare ai venti freschi

si veggon le bandiere e i gonfaloni.

Da l'altra parte i capitan carleschi

stringon con Alamanni e con Britoni

quei di Francia, d'Italia e d'Inghilterra;

e si mesce aspra e sanguinosa guerra.

 

30

La forza del terribil Rodomonte,

quella di Mandricardo furibondo,

quella del buon Ruggier, di virtù; fonte,

del re Gradasso, sì; famoso al mondo,

e di Marfisa l'intrepida fronte,

col re circasso a nessun mai secondo,

feron chiamar san Gianni e san Dionigi

al re di Francia, e ritrovar Parigi.

 

31

Di questi cavallieri e di Marfisa

l'ardire invitto e la mirabil possa

non fu, Signor, di sorte, non fu in guisa

ch'imaginar, non che descriver possa.

Quindi si può; stimar che gente uccisa

fosse quel giorno, e che crudel percossa

avesse Carlo. Arroge poi con loro,

con Ferraù; più; d'un famoso Moro.

 

32

Molti per fretta s'affogaro in Senna

(che 'l ponte non potea supplire a tanti),

e desiar, come Icaro, la penna,

perché; la morte avean dietro e davanti.

Eccetto Uggieri e il marchese di Vienna,

i paladin fur presi tutti quanti.

Olivier ritornò; ferito sotto

la spalla destra, Uggier col capo rotto.

 

33

E se, come Rinaldo e come Orlando,

lasciato Brandimarte avesse il giuoco,

Carlo n'andava di Parigi in bando,

se potea vivo uscir di sì; gran fuoco.

Ciò; che poté;, fe' Brandimarte, e quando

non poté; più;, diede alla furia loco.

Così; Fortuna ad Agramante arrise,

ch'un'altra volta a Carlo assedio mise.

 

34

Di vedovelle i gridi e le querele,

e d'orfani fanciulli e di vecchi orbi,

ne l'eterno seren dove Michele

sedea, salir fuor di questi aer torbi;

e gli fecion veder come il fedele

popul preda de' lupi era e de' corbi,

di Francia, d'Inghilterra e di Lamagna,

che tutta avea coperta la campagna.

 

35

Nel viso s'arrossì; l'angel beato,

parendogli che mal fosse ubidito

al Creatore, e si chiamò; ingannato

da la Discordia perfida e tradito.

D'accender liti tra i pagani dato

le avea l'assunto, e mal era esequito;

anzi tutto il contrario al suo disegno

parea aver fatto, a chi guardava al segno.

 

36

Come servo fedel, che più; d'amore

che di memoria abondi, e che s'aveggia

aver messo in oblio cosa ch'a core

quanto la vita e l'anima aver deggia,

studia con fretta d'emendar l'errore,

né; vuol che prima il suo signor lo veggia:

così; l'angelo a Dio salir non volse,

se de l'obligo prima non si sciolse.

 

37

Al monister, dove altre volte avea

la Discordia veduta, drizzò; l'ali.

Trovolla ch'in capitulo sedea

a nuova elezion degli ufficiali;

e di veder diletto si prendea,

volar pel capo a' frati i breviali.

Le man le pose l'angelo nel crine,

e pugna e calci le diè; senza fine.

 

38

Indi le roppe un manico di croce

per la testa, pel dosso e per le braccia.

Mercé; grida la misera a gran voce,

e le genocchia al divin nunzio abbraccia.

Michel non l'abandona, che veloce

nel campo del re d'Africa la caccia;

e poi le dice: - Aspettati aver peggio,

se fuor di questo campo più; ti veggio. -

 

39

Come che la Discordia avesse rotto

tutto il dosso e le braccia, pur temendo

un'altra volta ritrovarsi sotto

a quei gran colpi, a quel furor tremendo,

corre a pigliare i mantici di botto,

ed agli accesi fuochi esca aggiungendo,

ed accendendone altri, fa salire

da molti cori un alto incendio d'ire.

 

40

E Rodomonte e Mandricardo e insieme

Ruggier n'infiamma sì;, che inanzi al Moro

li fa tutti venire, or che non preme

Carlo i pagani, anzi il vantaggio è; loro.

Le differenze narrano, ed il seme

fanno saper, da cui produtte foro;

poi del re si rimettono al parere,

chi di lor prima il campo debba avere.

 

41

Marfisa del suo caso anco favella,

e dice che la pugna vuol finire,

che cominciò; col Tartaro; perch'ella

provocata da lui vi fu a venire:

né;, per dar loco all'altre, volea quella

un'ora, non che un giorno, differire;

ma d'esser prima fa l'instanza grande,

ch'alla battaglia il Tartaro domande.

 

42

Non men vuol Rodomonte il primo campo

da terminar col suo rival l'impresa,

che per soccorrer l'africano campo

ha già; interrotta, e fin a qui sospesa.

Mette Ruggier le sue parole a campo,

e dice che patir troppo gli pesa

che Rodomonte il suo destrier gli tenga,

e ch'a pugna con lui prima non venga.

 

43

Per più; intricarla il Tartaro viene anche,

e niega che Ruggiero ad alcun patto

debba l'aquila aver da l'ale bianche;

e d'ira e di furore è; così; matto,

che vuol, quando dagli altri tre non manche,

combatter tutte le querele a un tratto.

Né; più; dagli altri ancor saria mancato,

se 'l consenso del re vi fosse stato.

 

44

Con prieghi il re Agramante e buon ricordi

fa quanto può;, perché; la pace segua;

e quando al fin tutti li vede sordi

non volere assentire a pace o a triegua,

va discorrendo come almen gli accordi

sì;, che l'un dopo l'altro il campo assegua:

e pel miglior partito al fin gli occorre

ch'ognuno a sorte il campo s'abbia a torre.

 

45

Fe' quattro brevi porre: un Mandricardo

e Rodomonte insieme scritto avea;

ne l'altro era Ruggiero e Mandricardo.

Rodomonte e Ruggier l'altro dicea;

dicea l'altro Marfisa e Mandricardo.

Indi all'arbitrio de l'instabil dea

li fece trarre: e 'l primo fu il signore

di Sarza a uscir con Mandricardo fuore.

 

46

Mandricardo e Ruggier fu nel secondo;

nel terzo fu Ruggiero e Rodomonte;

restò; Marfisa e Mandricardo in fondo,

di che la donna ebbe turbata fronte.

Né; Ruggier più; di lei parve giocondo:

sa che le forze dei duo primi pronte

han tra lor da finir le liti in guisa,

che non ne fia per sé; né; per Marfisa.

 

47

Giacea non lungi da Parigi un loco,

che volgea un miglio o poco meno intorno:

lo cingea tutto un argine non poco

sublime, a guisa d'un teatro adorno.

Un castel già; vi fu, ma a ferro e a fuoco

le mura e i tetti ed a ruina andorno.

Un simil può; vederne in su la strada,

qual volta a Borgo il Parmigiano vada.

 

48

In questo loco fu la lizza fatta,

di brevi legni d'ogn'intorno chiusa,

per giusto spazio quadra, al bisogno atta,

con due capaci porte, come s'usa.

Giunto il dì; ch'al re par che si combatta

tra i cavallier che non ricercan scusa,

furo appresso alle sbarre in ambi i lati

contra i rastrelli i padiglion tirati.

 

49

Nel padiglion ch'è; più; verso ponente

sta il re d'Algier, c'ha membra di gigante.

Gli pon lo scoglio indosso del serpente

l'ardito Ferraù; con Sacripante.

Il re Gradasso e Falsiron possente

sono in quell'altro al lato di levante,

e metton di sua man l'arme troiane

indosso al successor del re Agricane.

 

50

Sedeva in tribunale amplo e sublime

il re d'Africa, e seco era l'Ispano;

poi Stordilano, e l'altre genti prime

che riveria l'esercito pagano.

Beato a chi pôn dare argini e cime

d'arbori stanza che gli alzi dal piano!

Grande è; la calca, e grande in ogni lato

populo ondeggia intorno al gran steccato.

 

51

Eran con la regina di Castiglia

regine e principesse e nobil donne

d'Aragon, di Granata e di Siviglia,

e fin di presso all'atlantee colonne:

tra quai di Stordilan sedea la figlia,

che di duo drappi avea le ricche gonne,

l'un d'un rosso mal tinto, e l'altro verde;

ma 'l primo quasi imbianca e il color perde.

 

52

In abito succinta era Marfisa,

qual si convenne a donna ed a guerriera.

Termoodonte forse a quella guisa

vide Ippolita ornarsi e la sua schiera.

Già;, con la cotta d'arme alla divisa

del re Agramante, in campo venut'era

l'araldo a far divieto e metter leggi,

che né; in fatto né; in detto alcun parteggi.

 

53

La spessa turba aspetta disiando

la pugna, e spesso incolpa il venir tardo

dei duo famosi cavallieri; quando

s'ode dal padiglion di Mandricardo

alto rumor che vien moltiplicando.

Or sappiate, Signor, che 'l re gagliardo

di Sericana e 'l Tartaro possente

fanno il tumulto e 'l grido che si sente.

 

54

Avendo armato il re di Sericana

di sua man tutto il re di Tartaria,

per porgli al fianco la spada soprana

che già; d'Orlando fu, se ne venì;a;

quando nel pome scritto Durindana

vide, e 'l quartier ch'Almonte aver solia,

ch'a quel meschin fu tolto ad una fonte

dal giovenetto Orlando in Aspramonte.

 

55

Vedendola, fu certo ch'era quella

tanto famosa del signor d'Anglante,

per cui con grande armata, e la più; bella

che giamai si partisse di Levante,

soggiogato avea il regno di Castella,

e Francia vinta esso pochi anni inante:

ma non può; imaginarsi come avenga

ch'or Mandricardo in suo poter la tenga.

 

56

E dimandò;gli se per forza o patto

l'avesse tolta al conte, e dove e quando.

E Mandricardo disse ch'avea fatto

gran battaglia per essa con Orlando;

e come finto quel s'era poi matto,

così; coprire il suo timor sperando,

ch'era d'aver continua guerra meco,

fin che la buona spada avesse seco.

 

57

E dicea ch'imitato avea il castore,

il qual si strappa i genitali sui,

vedendosi alle spalle il cacciatore,

che sa che non ricerca altro da lui.

Gradasso non udì; tutto il tenore,

che disse: - Non vo' darla a te né; altrui:

tanto oro, tanto affanno e tanta gente

ci ho speso, che è; ben mia debitamente.

 

58

Cercati pur fornir d'un'altra spada,

ch'io voglio questa, e non ti paia nuovo.

Pazzo o saggio ch'Orlando se ne vada,

averla intendo, ovunque io la ritrovo.

Tu senza testimoni in su la strada

te l'usurpasti: io qui lite ne muovo.

La mia ragion dirà; mia scimitarra,

e faremo il giudicio ne la sbarra.

 

59

Prima, di guadagnarla t'apparecchia,

che tu l'adopri contra a Rodomonte.

Di comprar prima l'arme è; usanza vecchia,

ch'alla battaglia il cavallier s'affronte. -

- Più; dolce suon non mi viene all'orecchia

(rispose alzando il Tartaro la fronte),

che quando di battaglia alcun mi tenta;

ma fa che Rodomonte lo consenta.

 

60

Fa che sia tua la prima, e che si tolga

il re di Sarza la tenzon seconda:

e non ti dubitar ch'io non mi volga,

e ch'a te ed ad ogni altro io non risponda. -

Ruggier gridò;: - Non vo' che si disciolga

il patto, o più; la sorte si confonda:

o Rodomonte in campo prima saglia,

o sia la sua dopo la mia battaglia.

 

61

Se di Gradasso la ragion prevale,

prima acquistar che porre in opra l'arme;

né; tu l'aquila mia da le bianche ale

prima usar dé;i, che non me ne disarme:

ma poi ch'è; stato il mio voler già; tale,

di mia sentenza non voglio appellarme,

che sia seconda la battaglia mia,

quando del re d'Algier la prima sia.

 

62

Se turbarete voi l'ordine in parte,

io totalmente turbarollo ancora.

Io non intendo il mio scudo lasciarte,

se contra me non lo combatti or ora. -

- Se l'uno e l'altro di voi fosse Marte

(rispose Mandricardo irato allora),

non saria l'un né; l'altro atto a vietarme

la buona spada o quelle nobili arme. -

 

63

E tratto da la colera, aventosse

col pugno chiuso al re di Sericana;

e la man destra in modo gli percosse,

ch'abandonar gli fece Durindana.

Gradasso, non credendo ch'egli fosse

di così; folle audacia e così; insana,

colto improviso fu, che stava a bada,

e tolta si trovò; la buona spada.

 

64

Così; scornato, di vergogna e d'ira

nel viso avampa, e par che getti fuoco;

e più; l'affligge il caso e lo martira,

poi che gli accade in sì; palese loco.

Bramoso di vendetta si ritira,

a trar la scimitarra, a dietro un poco.

Mandricardo in sé; tanto si confida,

che Ruggiero anco alla battaglia sfida.

 

65

- Venite pure inanzi amenduo insieme,

e vengane pel terzo Rodomonte,

Africa e Spagna e tutto l'uman seme;

ch'io son per sempremai volger la fronte. -

Così; dicendo, quel che nulla teme,

mena d'intorno la spada d'Almonte;

lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero,

contra Gradasso e contra il buon Ruggiero.

 

66

- Lascia la cura a me (dicea Gradasso),

ch'io guarisca costui de la pazzia. -

- Per Dio (dicea Ruggier), non te la lasso,

ch'esser convien questa battaglia mia. -

- Va indietro tu! - Vavvi pur tu! - né; passo

però; tornando, gridan tuttavia;

ed attaccossi la battaglia in terzo,

ed era per uscirne un strano scherzo,

 

67

se molti non si fossero interposti

a quel furor, non con troppo consiglio;

ch'a spese lor quasi imparar che costi

voler altri salvar con suo periglio.

Né; tutto 'l mondo mai gli avria composti,

se non venia col re d'Ispagna il figlio

del famoso Troiano, al cui cospetto

tutti ebbon riverenza e gran rispetto.

 

68

Si fe' Agramante la cagione esporre

di questa nuova lite così; ardente:

poi molto affaticossi per disporre

che per quella giornata solamente

a Mandricardo la spada d'Ettorre

concedesse Gradasso umanamente,

tanto ch'avesse fin l'aspra contesa

ch'avea già; incontra a Rodomonte presa.

 

69

Mentre studia placarli il re Agramante,

ed or con questo ed or con quel ragiona;

da l'altro padiglion tra Sacripante

e Rodomonte un'altra lite suona.

Il re circasso (come è; detto inante)

stava di Rodomonte alla persona,

ed egli e Ferraù; gli aveano indotte

l'arme del suo progenitor Nembrotte.

 

70

Ed eran poi venuti ove il destriero

facea, mordendo, il ricco fren spumoso;

io dico il buon Frontin, per cui Ruggiero

stava iracondo e più; che mai sdegnoso.

Sacripante ch'a por tal cavalliero

in campo avea, mirava curioso

se ben ferrato e ben guernito e in punto

era il destrier, come doveasi a punto.

 

71

E venendo a guardargli più; a minuto

i segni, le fattezze isnelle ed atte,

ebbe, fuor d'ogni dubbio, conosciuto

che questo era il destrier suo Frontalatte,

che tanto caro già; s'avea tenuto,

per cui già; avea mille querele fatte;

e poi che gli fu tolto, un tempo volse

sempre ire a piedi: in modo gliene dolse.

 

72

Inanzi Albracca glie l'avea Brunello

tolto di sotto quel medesmo giorno

ch'ad Angelica ancor tolse l'annello,

al conte Orlando Balisarda e 'l corno,

e la spada a Marfisa: ed avea quello,

dopo che fece in Africa ritorno,

con Balisarda insieme a Ruggier dato,

il qual l'avea Frontin poi nominato.

 

73

Quando conobbe non si apporre in fallo,

disse il Circasso, al re d'Algier rivolto:

- Sappi, signor, che questo è; mio cavallo,

ch'ad Albracca di furto mi fu tolto.

Bene avrei testimoni da provallo;

ma perché; son da noi lontani molto,

s'alcun lo niega, io gli vo' sostenere

con l'arme in man le mie parole vere.

 

74

Ben son contento, per la compagnia

in questi pochi dì; stata fra noi,

che prestato il cavallo oggi ti sia,

ch'io veggo ben che senza far non puoi;

però; con patto, se per cosa mia

e prestata da me conoscer vuoi:

altrimente d'averlo non far stima,

o se non lo combatti meco prima. -

 

75

Rodomonte, del quale un più; orgoglioso

non ebbe mai tutto il mestier de l'arme;

al quale in esser forte e coraggioso

alcuno antico d'uguagliar non parme;

rispose: - Sacripante, ogn'altro ch'oso,

fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme,

con suo mal si saria tosto avveduto

che meglio era per lui di nascer muto.

 

76

Ma per la compagnia che, come hai detto,

novellamente insieme abbiamo presa,

ti son contento aver tanto rispetto,

ch'io t'ammonisca a tardar questa impresa,

fin che de la battaglia veggi effetto,

che fra il Tartaro e me tosto fia accesa:

dove porti uno esempio inanzi spero,

ch'avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero. -

 

77

Gli è; teco cortesia l'esser villano

(disse il Circasso pien d'ira e di isdegno);

ma più; chiaro ti dico ora e più; piano,

che tu non faccia in quel destrier disegno:

che te lo defendo io, tanto ch'in mano

questa vindice mia spada sostegno;

e metterò;vi insino l'ugna e il dente,

se non potrò; difenderlo altrimente. -

 

78

Venner da le parole alle contese,

ai gridi, alle minacce, alla battaglia,

che per molt'ira in più; fretta s'accese,

che s'accendesse mai per fuoco paglia.

Rodomonte ha l'osbergo ed ogni arnese,

Sacripante non ha piastra né; maglia;

ma par (sì; ben con lo schermir s'adopra)

che tutto con la spada si ricuopra.

 

79

Non era la possanza e la fierezza

di Rodomonte, ancor ch'era infinita,

più; che la providenza e la destrezza

con che sue forze Sacripante aita.

Non voltò; ruota mai con più; prestezza

il macigno sovran che 'l grano trita,

che faccia Sacripante or mano or piede

di qua di là;, dove il bisogno vede.

 

80

Ma Ferraù;, ma Serpentino arditi

trasson le spade, e si cacciar tra loro,

dal re Grandonio, da Isolier seguiti,

da molt'altri signor del popul Moro.

Questi erano i romori, i quali uditi

ne l'altro padiglion fur da costoro,

quivi per accordar venuti invano

col Tartaro, Ruggiero e 'l Sericano.

 

81

Venne chi la novella al re Agramante

riportò; certa, come pel destriero

avea con Rodomonte Sacripante

incominciato un aspro assalto e fiero.

Il re, confuso di discordie tante,

disse a Marsilio: - Abbi tu qui pensiero

che fra questi guerrier non segua peggio,

mentre all'altro disordine io proveggio. -

 

82

Rodomonte, che 'l re, suo signor, mira,

frena l'orgoglio, e torna indietro il passo;

né; con minor rispetto si ritira

al venir d'Agramante il re circasso.

Quel domanda la causa di tant'ira

con real viso e parlar grave e basso:

e cerca, poi che n'ha compreso il tutto,

porli d'accordo; e non vi fa alcun frutto.

 

83

Il re circasso il suo destrier non vuole

ch'al re d'Algier più; lungamente resti,

se non s'umilia tanto di parole,

che lo venga a pregar che glie lo presti.

Rodomonte, superbo come suole,

gli risponde: - Né; 'l ciel, né; tu faresti

che cosa che per forza aver potessi,

da altri, che da me, mai conoscessi. -

 

84

Il re chiede al Circasso, che ragione

ha nel cavallo, e come gli fu tolto:

e quel di parte in parte il tutto espone,

ed esponendo s'arrossisce in volto,

quando gli narra che 'l sottil ladrone,

ch'in un alto pensier l'aveva colto,

la sella su quattro aste gli suffolse,

e di sotto il destrier nudo gli tolse.

 

85

Marfisa che tra gli altri al grido venne,

tosto che 'l furto del cavallo udì;,

in viso si turbò;, che le sovenne

che perdé; la sua spada ella quel dì;:

e quel destrier che parve aver le penne

da lei fuggendo, riconobbe qui:

riconobbe anco il buon re Sacripante,

che non avea riconosciuto inante.

 

86

Gli altri ch'erano intorno, e che vantarsi

Brunel di questo aveano udito spesso,

verso lui cominciaro a rivoltarsi,

e far palesi cenni ch'era desso;

Marfisa sospettando, ad informarsi

da questo e da quell'altro ch'avea appresso,

tanto che venne a ritrovar che quello

che le tolse la spada era Brunello:

 

87

e seppe che pel furto onde era degno

che gli annodasse il collo un capestro unto,

dal re Agramante al tingitano regno

fu, con esempio inusitato, assunto.

Marfisa, rinfrescando il vecchio sdegno,

disegnò; vendicarsene a quel punto,

e punir scherni e scorni che per strada

fatti l'avea sopra la tolta spada.

 

88

Dal suo scudier l'elmo allacciar si fece;

che del resto de l'arme era guernita.

Senza osbergo io non trovo che mai diece

volte fosse veduta alla sua vita,

dal giorno ch'a portarlo assuefece

la sua persona, oltre ogni fede ardita.

Con l'elmo in capo andò; dove fra i primi

Brunel sedea negli argini sublimi.

 

89

Gli diede a prima giunta ella di piglio

in mezzo il petto, e da terra levollo,

come levar suol col falcato artiglio

talvolta la rapace aquila il pollo;

e là; dove la lite inanzi al figlio

era del re Troian, così; portollo.

Brunel, che giunto in male man si vede,

pianger non cessa e domandar mercede.

 

90

Sopra tutti i rumor, strepiti e gridi,

di che 'l campo era pien quasi ugualmente,

Brunel, ch'ora pietade ora sussidi

domandando venì;a, così; si sente,

ch'al suono de' ramarichi e de' stridi

si fa d'intorno accor tutta la gente.

Giunta inanzi al re d'Africa, Marfisa

con viso altier gli dice in questa guisa:

 

91

- Io voglio questo ladro tuo vasallo

con le mie mani impender per la gola,

perché; il giorno medesmo che 'l cavallo

a costui tolle, a me la spada invola.

Ma se gli è; alcun che voglia dir ch'io fallo,

facciasi inanzi e dica una parola;

ch'in tua presenza gli vo' sostenere

che se ne mente, e ch'io fo il mio dovere.

 

92

Ma perché; si potria forse imputarme

c'ho atteso a farlo in mezzo a tante liti,

mentre che questi più; famosi in arme

d'altre querele son tutti impediti;

tre giorni ad impiccarlo io vo' indugiarme:

intanto o vieni, o manda chi l'aiti;

che dopo, se non fia chi me lo vieti,

farò; di lui mille uccellacci lieti.

 

93

Di qui presso a tre leghe a quella torre

che siede inanzi ad un piccol boschetto,

senza più; compagnia mi vado a porre,

che d'una mia donzella e d'un valletto.

S'alcuno ardisce di venirmi a torre

questo ladron, là; venga, ch'io l'aspetto. -

Così; disse ella; e dove disse, prese

tosto la via, né; più; risposta attese.

 

94

Sul collo inanzi del destrier si pone

Brunel, che tuttavia tien per le chiome.

Piange il misero e grida, e le persone,

in che sperar solì;a, chiama per nome.

Resta Agramante in tal confusione

di questi intrichi, che non vede come

poterli sciorre; e gli par via più; greve

che Marfisa Brunel così; gli leve.

 

95

Non che l'apprezzi o che gli porti amore,

anzi più; giorni son che l'odia molto;

e spesso ha d'impiccarlo avuto in core,

dopo che gli era stato l'annel tolto.

Ma questo atto gli par contra il suo onore,

sì; che n'avampa di vergogna in volto.

Vuole in persona egli seguirla in fretta,

e a tutto suo poter farne vendetta.

 

96

Ma il re Sobrino, il quale era presente,

da questa impresa molto il dissuade,

dicendogli che mal conveniente

era all'altezza di sua maestade,

se ben avesse d'esserne vincente

ferma speranza e certa sicurtade:

più; ch'onor, gli fia biasmo, che si dica

ch'abbia vinta una femina a fatica.

 

97

Poco l'onore, e molto era il periglio

d'ogni battaglia che con lei pigliasse;

e che gli dava per miglior consiglio,

che Brunello alle forche aver lasciasse;

e se credesse ch'uno alzar di ciglio

a torlo dal capestro gli bastasse,

non dovea alzarlo, per non contradire

che s'abbia la giustizia ad esequire.

 

98

- Potrai mandare un che Marfisa prieghi

(dicea) ch'in questo giudice ti faccia,

con promission ch'al ladroncel si leghi

il laccio al collo, e a lei si sodisfaccia;

e quando anco ostinata te lo nieghi,

se l'abbia, e il suo desir tutto compiaccia:

pur che da tua amicizia non si spicchi,

Brunello e gli altri ladri tutti impicchi.