-

 

61

Digli questo, e non altro; e se quel vuole

saper da te ch'io son, di' che nol sai. -

Quella rispose umana come suole:

- Non sarò; stanca in tuo servizio mai,

spender la vita, non che le parole;

che tu ancora per me così; fatto hai. -

Grazie le rende Bradamante, e piglia

Frontino, e le lo porge per la briglia.

 

62

Lungo il fiume le belle e pellegrine

giovani vanno a gran giornate insieme,

tanto che veggono Arli, e le vicine

rive odon risonar del mar che freme.

Bradamante si ferma alle confine

quasi de' borghi ed alle sbarre estreme,

per dare a Fiordiligi atto intervallo,

che condurre a Ruggier possa il cavallo.

 

63

Vien Fiordiligi, ed entra nel rastrello,

nel ponte e ne la porta; e seco prende

chi le fa compagnia fin all'ostello

ove abita Ruggiero, e quivi scende;

e, secondo il mandato, al damigello

fa l'imbasciata, e il buon Frontin gli rende:

indi va, che risposta non aspetta,

ad eseguire il suo bisogno in fretta.

 

64

Ruggier riman confuso e in pensier grande,

e non sa ritrovar capo né; via

di saper chi lo sfide, e chi gli mande

a dire oltraggio e a fargli cortesia.

Che costui senza fede lo domande,

o possa domandar uomo che sia,

non sa veder né; imaginare; e prima,

ch'ogn'altro sia che Bradamante, istima.

 

65

Che fosse Rodomonte, era più; presto

ad aver, che fosse altri, opinione;

e perché; ancor da lui debba udir questo,

pensa, né; imaginar può; la cagione.

Fuor che con lui, non sa di tutto 'l resto

del mondo, con chi lite abbia e tenzone.

Intanto la donzella di Dordona

chiede battaglia, e forte il corno suona.

 

66

Vien la nuova a Marsilio e ad Agramante,

ch'un cavallier di fuor chiede battaglia.

A caso Serpentin loro era avante,

ed impetrò; di vestir piastra e maglia,

e promesse pigliar questo arrogante.

Il popul venne sopra la muraglia;

né; fanciullo restò;, né; restò; veglio,

che non fosse a veder chi fêsse meglio.

 

67

Con ricca sopravesta e bello arnese

Serpentin da la Stella in giostra venne.

Al primo scontro in terra si distese:

il destrier aver parve a fuggir penne.

Dietro gli corse la donna cortese,

e per la briglia al Saracin lo tenne,

e disse: - Monta, e fa che 'l tuo signore

mi mandi un cavallier di te migliore. -

 

68

Il re african, ch'era con gran famiglia

sopra le mura alla giostra vicino,

del cortese atto assai si maraviglia,

ch'usato ha la donzella a Serpentino.

- Di ragion può; pigliarlo, e non lo piglia, -

diceva, udendo il popul saracino.

Serpentin giunge, e come ella commanda,

un miglior da sua parte al re domanda.

 

69

Grandonio di Volterna furibondo,

il più; superbo cavallier di Spagna,

pregando fece sì;, che fu il secondo,

ed uscì; con minacce alla campagna.

- Tua cortesia nulla ti vaglia al mondo;

che, quando da me vinto tu rimagna,

al mio signor menar preso ti voglio:

ma qui morrai, s'io posso, come soglio. -

 

70

La donna disse lui: - Tua villania

non vo' che men cortese far mi possa,

ch'io non ti dica che tu torni pria

che sul duro terren ti doglian l'ossa.

Ritorna, e di' al tuo re da parte mia,

che per simile a te non mi son mossa;

ma per trovar guerrier che 'l pregio vaglia,

son qui venuta a domandar battaglia. -

 

71

Il mordace parlare, acre ed acerbo,

gran fuoco al cor del Saracino attizza;

sì; che senza poter replicar verbo,

volta il destrier con colera e con stizza.

Volta la donna, e contra quel superbo

la lancia d'oro e Rabicano drizza.

Come l'asta fatal lo scudo tocca,

coi piedi al cielo il Saracin trabocca.

 

72

Il destrier la magnanima guerriera

gli prese, e disse: - Pur tel prediss'io,

che far la mia imbasciata meglio t'era,

che de la giostra aver tanto disio.

Di', al re, ti prego, che fuor de la schiera

elegga un cavallier che sia par mio;

né; voglia con voi altri affaticarme,

ch'avete poca esperienza d'arme. -

 

73

Quei da le mura, che stimar non sanno

chi sia il guerriero in su l'arcion sì; saldo,

quei più; famosi nominando vanno,

che tremar li fan spesso al maggior caldo.

Che Brandimarte sia, molti detto hanno:

la più; parte s'accorda esser Rinaldo:

molti su Orlando avrian fatto disegno;

ma il suo caso sapean di pietà; degno.

 

74

La terza giostra il figlio di Lanfusa

chiedendo, disse: - Non che vincer speri,

ma perché; di cader più; degna scusa

abbian, cadendo anch'io, questi guerrieri. -

E poi di tutto quel ch'in giostra s'usa

si messe in punto; e di cento destrieri

che tenea in stalla, d'un tolse l'eletta,

ch'avea il correre acconcio, e di gran fretta.

 

75

Contra la donna per giostrar si fece;

ma prima salutolla, ed ella lui.

Disse la donna: - Se saper mi lece,

ditemi in cortesia che siate vui. -

Di questo Ferraù; le satisfece,

ch'usò; di rado di celarsi altrui.

Ella soggiunse: - Voi già; non rifiuto,

ma avria più; volentieri altri voluto. -

 

76

- E chi? - Ferraù; disse. Ella rispose:

- Ruggiero; - e a pena il poté; proferire,

e sparse d'un color come di rose

la bellissima faccia in questo dire.

Soggiunse al detto poi: - Le cui famose

lode a tal prova m'han fatto venire.

Altro non bramo, e d'altro non mi cale,

che di provar come egli in giostra vale. -

 

77

Semplicemente disse le parole

che forse alcuno ha già; prese a malizia.

Rispose Ferraù;: - Prima si vuole

provar tra noi chi sa più; di milizia.

Se di me avvien quel che di molti suole,

poi verrà; ad emendar la mia tristizia

quel gentil cavallier che tu dimostri

aver tanto desio che teco giostri. -

 

78

Parlando tuttavolta la donzella

teneva la visiera alta dal viso.

Mirando Ferraù; la faccia bella,

si sente rimaner mezzo conquiso,

e taciturno dentro a sé; favella:

- Questo un angel mi par del paradiso;

e ancor che con la lancia non mi tocchi,

abbattuto son già; da' suoi begli occhi. -

 

79

Preson del campo; e come agli altri avvenne,

Ferraù; se n'uscì; di sella netto.

Bradamante il destrier suo gli ritenne,

e disse: - Torna, e serva quel c'hai detto. -

Ferraù; vergognoso se ne venne,

e ritrovò; Ruggier ch'era al cospetto

del re Agramante; e gli fece sapere

ch'alla battaglia il cavallier lo chere.

 

80

Ruggier non conoscendo ancor chi fosse

chi a sfidar lo mandava alla battaglia,

quasi certo di vincere, allegrosse;

e le piastre arrecar fece e la maglia:

né; l'aver visto alle gravi percosse,

che gli altri sian caduti, il cor gli smaglia.

Come s'armasse, e come uscisse, e quanto

poi ne seguì;, lo serbo all'altro canto.

 

Torna all'indice

CANTO TRENTASEIESIMO

 

 

1

Convien ch'ovunque sia, sempre cortese

sia un cor gentil, ch'esser non può; altrimente;

che per natura e per abito prese

quel che di mutar poi non è; possente.

Convien ch'ovunque sia, sempre palese

un cor villan si mostri similmente.

Natura inchina al male, e viene a farsi

l'abito poi difficile a mutarsi.

 

2

Di cortesia, di gentilezza esempi

fra gli antiqui guerrier si vider molti,

e pochi fra i moderni; ma degli empi

costumi avvien ch'assai ne vegga e ascolti

in quella guerra, Ippolito, che i tempi

di segni ornaste agli nimici tolti,

e che traeste lor galee captive

di preda carche alle paterne rive.

 

3

Tutti gli atti crudeli ed inumani

ch'usasse mai Tartaro o Turco o Moro,

(non già; con volontà; de' Veneziani,

che sempre esempio di giustizia foro),

usaron l'empie e scelerate mani

di rei soldati, mercenari loro.

Io non dico or di tanti accesi fuochi

ch'arson le ville e i nostri ameni lochi:

 

4

ben che fu quella ancor brutta vendetta,

massimamente contra voi, ch'appresso

Cesare essendo, mentre Padua stretta

era d'assedio, ben sapea che spesso

per voi più; d'una fiamma fu interdetta,

e spento il fuoco ancor, poi che fu messo,

da villaggi e da templi, come piacque,

all'alta cortesia che con voi nacque.

 

5

Io non parlo di questo né; di tanti

altri lor discortesi e crudeli atti;

ma sol di quel che trar dai sassi i pianti

debbe poter, qual volta se ne tratti:

quel dì;, Signor, che la famiglia inanti

vostra mandaste là; dove ritratti

dai legni lor con importuni auspici

s'erano in luogo forte gl'inimici.

 

6

Qual Ettorre ed Enea sin dentro ai flutti,

per abbruciar le navi greche, andaro;

un Ercol vidi e un Alessandro, indutti

da troppo ardir, partirsi a paro a paro,

e spronando i destrier, passarci tutti,

e i nemici turbar fin nel riparo,

e gir sì; inanzi, ch'al secondo molto

aspro fu il ritornare, e al primo tolto.

 

7

Salvossi il Ferruffin, restò; il Cantelmo.

Che cor, duca di Sora, che consiglio

fu allora il tuo, che trar vedesti l'elmo

fra mille spade al generoso figlio,

e menar preso a nave, e sopra un schelmo

troncargli il capo? Ben mi maraviglio

che darti morte lo spettacol solo

non poté;, quanto il ferro a tuo figliuolo.

 

8

Schiavon crudele, onde hai tu il modo appreso

de la milizia? In qual Scizia s'intende

ch'uccider si debba un, poi che gli è; preso,

che rende l'arme, e più; non si difende?

Dunque uccidesti lui, perché; ha difeso

la patria? Il sole a torto oggi risplende,

crudel seculo, poi che pieno sei

di Tiesti, di Tantali e di Atrei.

 

9

Festi, barbar crudel, del capo scemo

il più; ardito garzon che di sua etade

fosse da un polo e l'altro, e da l'estremo

lito degl'Indi a quello ove il sol cade.

Potea in Antropofà;go, in Polifemo

la beltà; e gli anni suoi trovar pietade;

ma non in te, più; crudo e più; fellone

d'ogni Ciclope e d'ogni Lestrigone.

 

10

Simile esempio non credo che sia

fra gli antiqui guerrier, di quai li studi

tutti fur gentilezza e cortesia;

né; dopo la vittoria erano crudi.

Bradamante non sol non era ria

a quei ch'avea, toccando lor gli scudi,

fatto uscir de la sella, ma tenea

loro i cavalli, e rimontar facea.

 

11

Di questa donna valorosa e bella

io vi dissi di sopra, che abbattuto

avea Serpentin quel da la Stella,

Grandonio di Volterra e Ferrauto,

e ciascun d'essi poi rimesso in sella;

e dissi ancor che 'l terzo era venuto,

da lei mandato a disfidar Ruggiero,

là; dove era stimata un cavalliero.

 

12

Ruggier tenne lo 'nvito allegramente,

e l'armatura sua fece venire.

Or mentre che s'armava al re presente,

tornaron quei signor di nuovo a dire

chi fosse il cavallier tanto eccellente,

che di lancia sapea sì; ben ferire;

e Ferraù;, che parlato gli avea,

fu domandato se lo conoscea.

 

13

Rispose Ferraù;: - Tenete certo

che non è; alcun di quei ch'avete detto.

A me parea, ch'il vidi a viso aperto,

il fratel di Rinaldo giovinetto:

ma poi ch'io n'ho l'alto valore esperto,

e so che non può; tanto Ricciardetto,

penso che sia la sua sorella, molto

(per quel ch'io n'odo) a lui simil di volto.

 

14

Ella ha ben fama d'esser forte a pare

del suo Rinaldo e d'ogni paladino;

ma, per quanto io ne veggo oggi, mi pare

che val più; del fratel, più; del cugino. -

Come Ruggier lei sente ricordare,

del vermiglio color che 'l matutino

sparge per l'aria, si dipinge in faccia,

e nel cor triema, e non sa che si faccia.

 

15

A questo annunzio, stimulato e punto

da l'amoroso stral, dentro infiammarse,

e per l'ossa sentì; tutto in un punto

correre un giaccio che 'l timor vi sparse,

timor ch'un nuovo sdegno abbia consunto

quel grande amor che già; per lui sì; l'arse.

Di ciò; confuso non si risolveva,

s'incontra uscirle, o pur restar doveva.

 

16

Or quivi ritrovandosi Marfisa,

che d'uscire alla giostra avea gran voglia,

ed era armata, perché; in altra guisa

è; raro, o notte o dì;, che tu la coglia;

sentendo che Ruggier s'arma, s'avisa

che di quella vittoria ella si spoglia

se lascia che Ruggiero esca fuor prima:

pensa ire inanzi, e averne il pregio stima.

 

17

Salta a cavallo, e vien spronando in fretta

ove nel campo la figlia d'Amone

con palpitante cor Ruggiero aspetta,

desiderosa farselo prigione,

e pensa solo ove la lancia metta,

perché; del colpo abbia minor lesione.

Marfisa se ne vien fuor de la porta,

e sopra l'elmo una fenice porta;

 

18

o sia per sua superbia, dinotando

se stessa unica al mondo in esser forte,

o pur sua casta intenzion lodando

di viver sempremai senza consorte.

La figliuola d'Amon la mira; e quando

le fattezze ch'amava non ha scorte,

come si nomi le domanda, ed ode

esser colei che del suo amor si gode;

 

19

o per dir meglio, esser colei che crede

che goda del suo amor, colei che tanto

ha in odio e in ira, che morir si vede,

se sopra lei non vendica il suo pianto.

Volta il cavallo, e con gran furia riede,

non per desir di porla in terra, quanto

di passarle con l'asta in mezzo il petto,

e libera restar d'ogni suspetto.

 

20

Forza è; a Marfisa ch'a quel colpo vada

a provar se 'l terreno è; duro o molle;

e cosa tanto insolita le accada,

ch'ella n'è; per venir di sdegno folle.

Fu in terra a pena, che trasse la spada,

e vendicar di quel cader si volle.

La figliuola d'Amon non meno altiera

gridò;: - Che fai? tu sei mia prigioniera.

 

21

Se bene uso con gli altri cortesia,

usar teco, Marfisa, non la voglio,

come a colei che d'ogni villania

odo che sei dotata e d'ogni orgoglio. -

Marfisa a quel parlar fremer s'udia

come un vento marino in uno scoglio.

Grida, ma sì; per rabbia si confonde,

che non può; esprimer fuor quel che risponde.

 

22

Mena la spada, e più; ferir non mira

lei, che 'l destrier, nel petto e ne la pancia:

ma Bradamante al suo la briglia gira,

e quel da parte subito si lancia;

e tutto a un tempo con isdegno ed ira

la figliuola d'Amon spinge la lancia,

e con quella Marfisa tocca a pena,

che la fa riversar sopra l'arena.

 

23

A pena ella fu in terra, che rizzosse,

cercando far con la spada mal'opra.

Di nuovo l'asta Bradamante mosse,

e Marfisa di nuovo andò; sozzopra.

Ben che possente Bradamante fosse,

non però; sì; a Marfisa era di sopra,

che l'avesse ogni colpo riversata;

ma tal virtù; ne l'asta era incantata.

 

24

Alcuni cavallieri in questo mezzo,

alcuni, dico, de la parte nostra,

se n'erano venuti dove, in mezzo

l'un campo e l'altro, si facea la giostra

(che non eran lontani un miglio e mezzo),

veduta la virtù; che 'l suo dimostra;

il suo che non conoscono altrimente

che per un cavallier de la lor gente.

 

25

Questi vedendo il generoso figlio

di Troiano alle mura approssimarsi,

per ogni caso, per ogni periglio

non volse sproveduto ritrovarsi;

e fe' che molti all'arme dier di piglio,

e che fuor dei ripari appresentarsi.

Tra questi fu Ruggiero, a cui la fretta

di Marfisa la giostra avea intercetta.

 

26

L'inamorato giovene mirando

stava il successo, e gli tremava il core,

de la sua cara moglie dubitando;

che di Marfisa ben sapea il valore.

Dubitò;, dico, nel principio, quando

si mosse l'una e l'altra con furore;

ma visto poi come successe il fatto,

restò; maraviglioso e stupefatto:

 

27

e poi che fin la lite lor non ebbe,

come avean l'altre avute, al primo incontro,

nel cor profundamente gli ne 'ncrebbe,

dubbioso pur di qualche strano incontro.

De l'una egli e de l'altra il ben vorrebbe;

ch'ama amendue: non che da porre incontro

sien questi amori: è; l'un fiamma e furore,

l'altro benivolenza più; ch'amore.

 

28

Partita volentier la pugna avria,

se con suo onor potuto avesse farlo.

Ma quei ch'egli avea seco in compagnia,

perché; non vinca la parte di Carlo,

che già; lor par che superior ne sia,

saltan nel campo, e vogliono turbarlo.

Da l'altra parte i cavallier cristiani

si fanno inanzi, e son quivi alle mani.

 

29

Di qua di là; gridar si sente all'arme,

come usati eran far quasi ogni giorno.

Monti chi è; a piè;, chi non è; armato s'arme,

alla bandiera ognun faccia ritorno!

dicea con chiaro e bellicoso carme

più; d'una tromba che scorrea d'intorno:

e come quelle svegliano i cavalli,

svegliano i fanti i timpani e i taballi.

 

30

La scaramuccia fiera e sanguinosa,

quanto si possa imaginar, si mesce.

La donna di Dordona valorosa,

a cui mirabilmente aggrava e incresce

che quel di ch'era tanto disiosa,

di por Marfisa a morte, non riesce;

di qua di là; si volge e si raggira,

se Ruggier può; veder, per cui sospira.

 

31

Lo riconosco all'aquila d'argento

c'ha nello scudo azzurro il giovinetto.

Ella con gli occhi e col pensiero intento

si ferma a contemplar le spalle e 'l petto,

le leggiadre fattezze, e 'l movimento

pieno di grazia; e poi con gran dispetto,

imaginando ch'altra ne gioisse,

da furore assalita così; disse:

 

32

- Dunque baciar sì; belle e dolce labbia

deve altra, se baciar non le poss'io?

Ah non sia vero già; ch'altra mai t'abbia;

che d'altra esser non dé;i, se non sei mio.

Più; tosto che morir sola di rabbia,

che meco di mia man mori, disio;

che se ben qui ti perdo, almen l'inferno

poi mi ti renda, e stii meco in eterno.

 

33

Se tu m'occidi, è; ben ragion che deggi

darmi de la vendetta anco conforto;

che voglion tutti gli ordini e le leggi,

che chi dà; morte altrui debba esser morto.

Né; par ch'anco il tuo danno il mio pareggi;

che tu mori a ragione, io moro a torto.

Farò; morir chi brama, ohimè;! ch'io muora;

ma tu, crudel, chi t'ama e chi t'adora.

 

34

Perché; non dé;i tu, mano, essere ardita

d'aprir col ferro al mio nimico il core?

che tante volte a morte m'ha ferita

sotto la pace in sicurtà; d'amore,

ed or può; consentir tormi la vita,

né; pur aver pietà; del mio dolore.

Contra questo empio ardisci, animo forte:

vendica mille mie con la sua morte. -

 

35

Gli sprona contra in questo dir, ma prima:

- Guardati (grida), perfido Ruggiero:

tu non andrai, s'io posso, de la opima

spoglia del cor d'una donzella altiero. -

Come Ruggiero ode il parlare, estima

che sia la moglie sua, com'era in vero,

la cui voce in memoria sì; bene ebbe,

ch'in mille riconoscer la potrebbe.

 

36

Ben pensa quel che le parole denno

volere inferir più;; ch'ella l'accusa

che la convenzion ch'insieme fenno,

non le osservava: onde per farne iscusa,

di volerle parlar le fece cenno:

ma quella già; con la visiera chiusa

venì;a dal dolor spinta e da la rabbia,

per porlo, e forse ove non era sabbia.

 

37

Quando Ruggier la vede tanto accesa,

si ristringe ne l'arme e ne la sella:

la lancia arresta; ma la tien sospesa,

piegata in parte ove non nuoccia a quella.

La donna, ch'a ferirlo e a fargli offesa

venì;a con mente di pietà; rubella,

non poté; sofferir, come fu appresso,

di porlo in terra e fargli oltraggio espresso.

 

38

Così; lor lance van d'effetto vote

a quello incontro; e basta ben s'Amore

con l'un giostra e con l'altro, e gli percuote

d'una amorosa lancia in mezzo il core.

Poi che la donna sofferir non puote

di far onta a Ruggier, volge il furore

che l'arde il petto, altrove; e vi fa cose

che saran, fin che giri il ciel, famose.

 

39

In poco spazio ne gittò; per terra

trecento e più; con quella lancia d'oro.

Ella sola quel dì; vinse la guerra,

messe ella sola in fuga il popul Moro.

Ruggier di qua di là; s'aggira ed erra

tanto, che se le accosta e dice: - Io moro,

s'io non ti parlo: ohimè;! che t'ho fatto io,

che mi debbi fuggire? Odi, per Dio! -

 

40

Come ai meridional tiepidi venti,

che spirano dal mare il fiato caldo,

le nievi si disciolveno e i torrenti,

e il ghiaccio che pur dianzi era sì; saldo;

così; a quei prieghi, a quei brevi lamenti

il cor de la sorella di Rinaldo

subito ritornò; pietoso e molle,

che l'ira, più; che marmo, indurar volle.

 

41

Non vuol dargli, o non puote, altra risposta;

ma da traverso sprona Rabicano,

e quanto può; dagli altri si discosta,

ed a Ruggiero accenna con la mano.

Fuor de la moltitudine in reposta

valle si trasse, ov'era un piccol piano

ch'in mezzo avea un boschetto di cipressi

che parean d'una stampa, tutti impressi.

 

42

In quel boschetto era di bianchi marmi

fatta di nuovo un'alta sepoltura.

Chi dentro giaccia, era con brevi carmi

notato a chi saperlo avesse cura.

Ma quivi giunta Bradamante, parmi

che gia non pose mente alla scrittura.

Ruggier dietro il cavallo affretta e punge

tanto, ch'al bosco e alla donzella giunge.

 

43

Ma ritorniamo a Marfisa che s'era

in questo mezzo in sul destrier rimessa,

e venì;a per trovar quella guerriera

che l'avea al primo scontro in terra messa:

e la vide partir fuor de la schiera,

e partir Ruggier vide e seguir essa;

né; si pensò; che per amor seguisse,

ma per finir con l'arme ingiurie e risse.

 

44

Urta il cavallo, e vien dietro alla pesta

tanto, ch'a un tempo con lor quasi arriva.

Quanto sua giunta ad ambi sia molesta,

chi vive amando, il sa, senza ch'io 'l scriva.

Ma Bradamante offesa più; ne resta,

che colei vede, onde il suo mal deriva.

Chi le può; tor che non creda esser vero

che l'amor ve la sproni di Ruggiero?

 

45

E perfido Ruggier di nuovo chiama.

- Non ti bastava, perfido (disse ella),

che tua perfidia sapessi per fama,

se non mi facevi anco veder quella?

Di cacciarmi da te veggo c'hai brama:

e per sbramar tua voglia iniqua e fella,

io vo' morir; ma sforzerommi ancora

che muora meco chi è; cagion ch'io mora. -

 

46

Sdegnosa più; che vipera, si spicca,

così; dicendo, e va contra Marfisa;

ed allo scudo l'asta sì; le appicca,

che la fa a dietro riversare in guisa,

che quasi mezzo l'elmo in terra ficca;

né; si può; dir che sia colta improvisa:

anzi fa incontra ciò; che far si puote;

e pure in terra del capo percuote.

 

47

La figliuola d'Amon, che vuol morire

o dar morte a Marfisa, è; in tanta rabbia,

che non ha mente di nuovo a ferire

con l'asta, onde a gittar di nuovo l'abbia;

ma le pensa dal busto dipartire

il capo mezzo fitto ne la sabbia:

getta da sé; la lancia d'oro, e prende

la spada, e del destrier subito scende.

 

48

Ma tarda è; la sua giunta; che si trova

Marfisa incontra, e di tanta ira piena

(poi che s'ha vista alla seconda prova

cader sì; facilmente su l'arena),

che pregar nulla, e nulla gridar giova

a Ruggier che di questo avea gran pena:

sì; l'odio e l'ira le guerriere abbaglia,

che fan da disperate la battaglia.

 

49

A mezzo spada vengono di botto;

e per la gran superbia che l'ha accese,

van pur inanzi, e si son già; sì; sotto,

ch'altro non puon che venire alle prese.

Le spade, il cui bisogno era interrotto,

lascian cadere, e cercan nuove offese.

Priega Ruggiero e supplica amendue,

ma poco frutto han le parole sue.

 

50

Quando pur vede che 'l pregar non vale,

di partirle per forza si dispone:

leva di mano ad amendua il pugnale,

ed al piè; d'un cipresso li ripone.

Poi che ferro non han più; da far male,

con prieghi e con minaccie s'interpone:

ma tutto è; invan; che la battaglia fanno

a pugni e a calci, poi ch'altro non hanno.

 

51

Ruggier non cessa: or l'una or l'altra prende

per le man, per le braccia, e la ritira;

e tanto fa, che di Marfisa accende

contra di sé;, quanto si può; più;, l'ira.

Quella che tutto il mondo vilipende,

alla amicizia di Ruggier non mira.

Poi che da Bradamante si distacca,

corre alla spada, e con Ruggier s'attacca.

 

52

- Tu fai da discortese e da villano,

Ruggiero, a disturbar la pugna altrui;

ma ti farò; pentir con questa mano

che vo' che basti a vincervi ambedui.

Cerca Ruggier con parlar molto umano

Marfisa mitigar; ma contra lui

la trova in modo disdegnosa e fiera,

ch'un perder tempo ogni parlar seco era.

 

53

All'ultimo Ruggier la spada trasse,

poi che l'ira anco lui fe' rubicondo.

Non credo che spettacolo mirasse

Atene o Roma o luogo altro del mondo,

che così; a' riguardanti dilettasse,

come dilettò; questo e fu giocondo

alla gelosa Bradamante, quando

questo le pose ogni sospetto in bando.

 

54

La sua spada avea tolta ella di terra,

e tratta s'era a riguardar da parte;

e le parea veder che 'l dio di guerra

fosse Ruggiero alla possanza e all'arte.

Una furia infernal quando si sferra

sembra Marfisa, se quel sembra Marte.

Vero è; ch'un pezzo il giovene gagliardo

di non far il potere ebbe riguardo.

 

55

Sapea ben la virtù; de la sua spada;

che tante esperienze n'ha già; fatto.

Ove giunge, convien che se ne vada

l'incanto, o nulla giovi, e stia di piatto:

sì; che ritien che 'l colpo suo non cada

di taglio o punta, ma sempre di piatto.

Ebbe a questo Ruggier lunga avvertenza:

ma perdé; pure un tratto la pazienza;

 

56

perché; Marfisa una percossa orrenda

gli mena per dividergli la testa.

Leva lo scudo che 'l capo difenda

Ruggiero, e 'l colpo in su l'aquila pesta.

Vieta lo 'ncanto che lo spezzi o fenda;

ma di stordir non però; il braccio resta:

e s'avea altr'arme che quelle d'Ettorre,

gli potea il fiero colpo il braccio torre:

 

57

e saria sceso indi alla testa, dove

disegnò; di ferir l'aspra donzella.

Ruggiero il braccio manco a pena muove,

a pena più; sostien l'aquila bella.

Per questo ogni pietà; da sé; rimuove;

par che negli occhi avampi una facella:

e quanto può; cacciar, caccia una punta.

Marfisa, mal per te, se n'eri giunta!

 

58

Io non vi so ben dir come si fosse:

la spada andò; a ferire in un cipresso,

e un palmo e più; ne l'arbore cacciosse:

in modo era piantato il luogo spesso.

In quel momento il monte e il piano scosse

un gran tremuoto; e si sentì; con esso

da quell'avel ch'in mezzo il bosco siede,

gran voce uscir, ch'ogni mortale eccede.

 

59

Grida la voce orribile: - Non sia

lite tra voi: gli è; ingiusto ed inumano

ch'alla sorella il fratel morte dia,

o la sorella uccida il suo germano.

Tu, mio Ruggiero, e tu, Marfisa mia,

credete al mio parlar che non è; vano:

in un medesimo utero d'un seme

foste concetti, e usciste al mondo insieme.

 

60

Concetti foste da Ruggier secondo:

vi fu Galaciella genitrice,

i cui fratelli avendole dal mondo

cacciato il genitor vostro infelice,

senza guardar ch'avesse in corpo il pondo

di voi, ch'usciste pur di lor radice,

la fer, perché; s'avesse ad affogare,

s'un debol legno porre in mezzo al mare.

 

61

Ma Fortuna che voi, ben che non nati,

avea già; eletti a gloriose imprese,

fece che 'l legno ai liti inabitati

sopra le Sirti a salvamento scese;

ove, poi che nel mondo v'ebbe dati,

l'anima eletta al paradiso ascese.

Come Dio volse e fu vostro destino,

a questo caso io mi trovai vicino.

 

62

Diedi alla madre sepoltura onesta,

qual potea darsi in sì; deserta arena;

e voi teneri avolti ne la vesta

meco portai sul monte di Carena;

e mansueta uscir de la foresta

fecie lasciare i figli una leena,

de le cui poppe dieci mesi e dieci

ambi nutrir con molto studio feci.

 

63

Un giorno che d'andar per la contrada

e da la stanza allontanar m'occorse,

vi sopravenne a caso una masnada

d'Arabi (e ricordarvene de' forse),

che te, Marfisa, tolser ne la strada,

ma non poter Ruggier, che meglio corse.

Restai de la tua perdita dolente,

e di Ruggier guardian più; diligente.

 

64

Ruggier, se ti guardò;, mentre che visse,

il tuo maestro Atlante, tu lo sai.

Di te senti' predir le stelle fisse,

che tra' cristiani a tradigion morrai;

e perché; il male influsso non seguisse,

tenertene lontan m'affaticai:

né; ostare al fin potendo alla tua voglia,

infermo caddi, e mi mori' di doglia.

 

65

Ma inanzi a morte, qui dove previdi

che con Marfisa aver pugna dovevi,

feci raccor con infernal sussidi

a formar questa tomba i sassi grevi;

ed a Caron dissi con alti gridi:

- Dopo morte non vo' lo spirto levi

di questo bosco, fin che non ci giugna

Ruggier con la sorella per far pugna. -

 

66

Così; lo spirto mio per le belle ombre

ha molti dì; aspettato il venir vostro:

sì; che mai gelosia più; non t'ingombre,

o Bradamante, ch'ami Ruggier nostro.

Ma tempo è; ormai che de la luce io sgombre,

e mi conduca al tenebroso chiostro. -

Qui si tacque; e a Marfisa ed alla figlia

d'Amon lasciò; e a Ruggier gran maraviglia.

 

67

Riconosce Marfisa per sorella

Ruggier con molto gaudio, ed ella lui;

e ad abbracciarsi, senza offender quella

che per Ruggiero ardea, vanno ambidui:

e rammentando de l'età; novella

alcune cose: i' feci, io dissi, io fui;

vengon trovando con più; certo effetto,

tutto esser ver quel c'ha lo spirto detto.

 

68

Ruggiero alla sorella non ascose

quanto avea nel cor fissa Bradamante;

e narrò; con parole affettuose

de le obligazion che le avea tante:

e non cessò;, ch'in grand'amor compose

le discordie ch'insieme ebbono avante;

e fe', per segno di pacificarsi,

ch'umanamente andaro ad abbracciarsi.

 

69

A domandar poi ritornò; Marfisa

chi stato fosse, e di che gente il padre;

e chi l'avesse morto, ed a che guisa,

s'in campo chiuso o fra l'armate squadre;

e chi commesso avea che fosse uccisa

dal mar atroce la misera madre:

che se già; l'avea udito da fanciulla,

or ne tenea poca memoria o nulla.

 

70

Ruggiero incominciò;, che da' Troiani

per la linea d'Ettorre erano scesi;

che poi che Astianatte de le mani

campò; d'Ulisse e da li aguati tesi,

avendo un de' fanciulli coetani

per lui lasciato, uscì; di quei paesi;

e dopo un lungo errar per la marina,

venne in Sicilia e dominò; Messina.

 

71

- I descendenti suoi di qua dal Faro

signoreggiar de la Calabria parte;

e dopo più; successioni andaro

ad abitar ne la città; di Marte.

Più; d'uno imperatore e re preclaro

fu di quel sangue in Roma e in altra parte,

cominciando a Costante e a Costantino,

sino a re Carlo figlio de Pipino.

 

72

Fu Ruggier primo e Gianbaron di questi,

Buovo, Rambaldo, al fin Ruggier secondo,

che fe', come d'Atlante udir potesti,

di nostra madre l'utero fecondo.

De la progenie nostra i chiari gesti

per l'istorie vedrai celebri al mondo. -

Seguì; poi, come venne il re Agolante

con Almonte e col padre d'Agramante;

 

73

e come menò; seco una donzella

ch'era sua figlia, tanto valorosa,

che molti paladin gittò; di sella;

e di Ruggiero al fin venne amorosa,

e per suo amor del padre fu ribella,

e battezzossi, e diventò;gli sposa.

Narrò; come Beltramo traditore

per la cognata arse d'incesto amore;

 

74

e che la patria e 'l padre e duo fratelli

tradì;, così; sperando acquistar lei;

aperse Risa agli nimici, e quelli

fer di lor tutti i portamenti rei;

come Agolante e i figli iniqui e felli

poser Galaciella, che di sei

mesi era grave, in mar senza governo,

quando fu tempestoso al maggior verno.

 

75

Stava Marfisa con serena fronte

fisa al parlar che 'l suo german facea:

ed esser scesa da la bella fonte

ch'avea sì; chiari rivi, si godea.

Quindi Mongrana e quindi Chiaramonte

le due progenie derivar sapea,

ch'al mondo fu molti e molt'anni e lustri

splendide, e senza par d'uomini illustri.

 

76

Poi che 'l fratello al fin le venne a dire

che 'l padre d'Agramante e l'avo e 'l zio

Ruggiero a tradigion feron morire,

e posero la moglie a caso rio;

non lo poté; più; la sorella udire,

che lo 'nterroppe, e disse: - Fratel mio

(salva tua grazia), avuto hai troppo torto

a non ti vendicar del padre morto.

 

77

Se in Almonte e in Troian non ti potevi

insanguinar, ch'erano morti inante,

dei figli vendicar tu ti dovevi.

Perché;, vivendo tu, vive Agramante?

Questa è; una macchia che mai non ti levi

dal viso; poi che dopo offese tante

non pur posto non hai questo re a morte,

ma vivi al soldo suo ne la sua corte.

 

78

Io fo ben voto a Dio (ch'adorar voglio

Cristo Dio vero, ch'adorò; mio padre)

che di questa armatura non mi spoglio,

fin che Ruggier non vendico e mia madre.

E vo' dolermi, e fin ora mi doglio,

di te, se più; ti veggo fra le squadre

del re Agramante o d'altro signor Moro,

se non col ferro in man per danno loro. -

 

79

Oh come a quel parlar leva la faccia

la bella Bradamante, e ne gioisce!

E conforta Ruggier che così; faccia

come Marfisa sua ben l'ammonisce;

e venga a Carlo, e conoscer si faccia,

che tanto onora, lauda e riverisce

del suo padre Ruggier la chiara fama,

ch'ancor guerrier senza alcun par lo chiama.

 

80

Ruggiero accortamente le rispose

che da principio questo far dovea;

ma per non bene aver note le cose,

come ebbe poi, tardato troppo avea.

Ora, essendo Agramante che gli pose

la spada al fianco, farebbe opra rea

dandogli morte, e saria traditore;

che già; tolto l'avea per suo signore.

 

81

Ben, come a Bradamante già; promesse,

promettea a lei di tentare ogni via,

tanto ch'occasione, onde potesse

levarsi con suo onor, nascer faria.

E se già; fatto non l'avea, non desse

la colpa a lui, m'al re di Tartaria,

dal qual ne la battaglia che seco ebbe,

lasciato fu, come saper si debbe.

 

82

Ed ella ch'ogni dì; gli venì;a al letto,

buon testimon, quanto alcun altro, n'era.

Fu sopra questo assai risposto e detto

da l'una e da l'altra inclita guerriera.

L'ultima conclusion, l'ultimo effetto

è; che Ruggier ritorni alla bandiera

del suo signor, fin che cagion gli accada,

che giustamente a Carlo se ne vada.

 

83

- Lascialo pur andar (dicea Marfisa

a Bradamante), e non aver timore:

fra pochi giorni io farò; bene in guisa

che non gli fia Agramante più; signore. -

Così; dice ella, né; però; devisa

quanto di voler fare abbia nel core.

Tolta da lor licenza, al fin Ruggiero

per tornare al suo re volgea il destriero;

 

84

quando un pianto s'udì; da le vicine

valli sonar, che li fe' tutti attenti.

A quella voce fan l'orecchie chine,

che di femina par che si lamenti.

Ma voglio questo canto abbia qui fine,

e di quel che voglio io, siate contenti;

che miglior cose vi prometto dire,

s'all'altro canto mi verrete a udire.

 

Torna all'indice

CANTO TRENTASETTESIMO

 

 

1

Se, come in acquistar qualch'altro dono

che senza industria non può; dar Natura,

affaticate notte e dì; si sono

con somma diligenza e lunga cura

le valorose donne, e se con buono

successo n'è; uscit'opra non oscura;

così; si fosson poste a quelli studi

ch'immortal fanno le mortal virtudi;

 

2

e che per sé; medesime potuto

avesson dar memoria alle sue lode,

non mendicar dagli scrittori aiuto,

ai quali astio ed invidia il cor sì; rode,

che 'l ben che ne puon dir, spesso è; taciuto,

e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode;

tanto il lor nome sorgeria, che forse

viril fama a tal grado unqua non sorse.

 

3

Non basta a molti di prestarsi l'opra

in far l'un l'altro glorioso al mondo,

ch'anco studian di far che si discuopra

ciò; che le donne hanno fra lor d'immondo.

Non le vorrian lasciar venir di sopra,

e quanto puon, fan per cacciarle al fondo:

dico gli antiqui; quasi l'onor debbia

d'esse il lor oscurar, come il sol nebbia.

 

4

Ma non ebbe e non ha mano né; lingua,

formando in voce o discrivendo in carte

(quantunque il mal, quanto può;, accresce e impingua,

e minuendo il ben va con ogni arte),

poter però;, che de le donne estingua

la gloria sì;, che non ne resti parte;

ma non già; tal, che presso al segno giunga,

né; ch'anco se gli accosti di gran lunga:

 

5

ch'Arpalice non fu, non fu Tomiri,

non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse;

non chi seguita da Sidoni e Tiri

andò; per lungo mare in Libia a porse;

non Zenobia, non quella che gli Assiri,

i Persi e gl'Indi con vittoria scorse:

non fur queste e poch'altre degne sole,

di cui per arme eterna fama vole.

 

6

E di fedeli e caste e sagge e forti

stato ne son, non pur in Grecia e in Roma,

ma in ogni parte ove fra gl'Indi e gli Orti

de le Esperide il Sol spiega la chioma:

de le quai sono i pregi agli onor morti,

sì; ch'a pena di mille una si noma;

e questo, perché; avuto hanno ai lor tempi

gli scrittori bugiardi, invidi ed empi.

 

7

Non restate però;, donne, a cui giova

il bene oprar, di seguir vostra via;

né; da vostra alta impresa vi rimuova

tema che degno onor non vi si dia:

che, come cosa buona non si trova

che duri sempre, così; ancor né; ria.

Se le carte sin qui state e gl'inchiostri

per voi non sono, or sono a' tempi nostri.

 

8

Dianzi Marullo ed il Pontan per vui

sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati:

c'è; il Bembo, c'è; il Capel, c'è; chi, qual lui

vediamo, ha tali i cortigian formati:

c'è; un Luigi Alaman: ce ne son dui,

di par da Marte e da le Muse amati,

ambi del sangue che regge la terra

che 'l Menzo fende e d'alti stagni serra.

 

9

Di questi l'uno, oltre che 'l proprio istinto

ad onorarvi e a riverirvi inchina,

e far Parnasso risonare e Cinto

di vostra laude, e porla al ciel vicina;

l'amor, la fede, il saldo e non mai vinto

per minacciar di strazi e di ruina,

animo ch'Issabella gli ha dimostro,

lo fa, assai più; che di se stesso, vostro:

 

10

sì; che non è; per mai trovarsi stanco

di farvi onor nei suoi vivaci carmi:

e s'altri vi dà; biasmo, non è; ch'anco

sia più; pronto di lui per pigliar l'armi:

e non ha il mondo cavallier che manco

la vita sua per la virtù; rispiarmi.

Dà; insieme egli materia ond'altri scriva,

e fa la gloria altrui, scrivendo, viva.

 

11

Ed è; ben degno che sì; ricca donna,

ricca di tutto quel valor che possa

esser fra quante al mondo portin gonna,

mai non si sia di sua costanza mossa;

e sia stata per lui vera colonna,

sprezzando di Fortuna ogni percossa:

di lei degno egli, e degna ella di lui;

né; meglio s'accoppiaro unque altri dui.

 

12

Nuovi trofei pon su la riva d'Oglio;

ch'in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote

ha sparso alcun tanto ben scritto foglio,

che 'l vicin fiume invidia aver gli puote.

Appresso a questo un Ercol Bentivoglio

fa chiaro il vostro onor con chiare note,

e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto,

e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto.

 

13

C'è; 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo

del duca mio, che spiega l'ali come

canoro cigno, e va cantando a volo,

e fin al cielo udir fa il vostro nome.

C'è; il mio signor del Vasto, a cui non solo

di dare a mille Atene e a mille Rome

di sé; materia basta, ch'anco accenna

volervi eterne far con la sua penna.

 

14

Ed oltre a questi ed altri ch'oggi avete,

che v'hanno dato gloria e ve la danno,

voi per voi stesse dar ve la potete;

poi che molte, lasciando l'ago e 'l panno,

son con le Muse a spegnersi la sete

al fonte d'Aganippe andate, e vanno;

e ne ritornan tai, che l'opra vostra

è; più; bisogno a noi, ch'a voi la nostra.

 

15

Se chi sian queste, e di ciascuna voglio

render buon conto, e degno pregio darle,

bisognerà; ch'io verghi più; d'un foglio,

e ch'oggi il canto mio d'altro non parle:

e s'a lodarne cinque o sei ne toglio,

io potrei l'altre offendere e sdegnarle.

Che farò; dunque? Ho da tacer d'ognuna,

o pur fra tante sceglierne sol una?

 

16

Sceglieronne una; e sceglierolla tale,

che superato avrà; l'invidia in modo,

che nessun'altra potrà; avere a male,

se l'altre taccio, e se lei sola lodo.

Quest'una ha non pur sé; fatta immortale

col dolce stil di che il meglior non odo;

ma può; qualunque di cui parli o scriva,

trar del sepolcro, e far ch'eterno viva.

 

17

Come Febo la candida sorella

fa più; di luce adorna, e più; la mira,

che Venere o che Maia o ch'altra stella

che va col cielo o che da sé; si gira:

così; facundia, più; ch'all'altre, a quella

di ch'io vi parlo, e più; dolcezza spira;

e dà; tal forza all'alte sue parole,

ch'orna a' dì; nostri il ciel d'un altro sole.

 

18

Vittoria è; 'l nome; e ben conviensi a nata

fra le vittorie, ed a chi, o vada o stanzi,

di trofei sempre e di trionfi ornata,

la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi.

Questa è; un'altra Artemisia, che lodata

fu di pietà; verso il suo Mausolo; anzi

tanto maggior, quanto è; più; assai bell'opra,

che por sotterra un uom, trarlo di sopra.

 

19

Se Laodamì;a se la moglier di Bruto,

s'Arria, s'Argia, s'Evadne, e s'altre molte

meritar laude per aver voluto,

morti i mariti, esser con lor sepolte;

quanto onore a Vittoria è; più; dovuto,

che di Lete e del rio che nove volte

l'ombre circonda, ha tratto il suo consorte,

mal grado de le Parche e de la Morte!

 

20

S'al fiero Achille invidia de la chiara

meonia tromba il Macedonico ebbe,

quanto, invitto Francesco di Pescara,

maggior a te, se vivesse or, l'avrebbe!

che sì; casta mogliere e a te sì; cara

canti l'eterno onor che ti si debbe,

e che per lei sì; 'l nome tuo rimbombe,

che da bramar non hai più; chiare trombe.

 

21

Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto

io n'ho desir, volessi porre in carte,

ne direi lungamente; ma non tanto,

ch'a dir non ne restasse anco gran parte:

e di Marfisa e dei compagni intanto

la bella istoria rimarria da parte,

la quale io vi promisi di seguire,

s'in questo canto mi verreste a udire.

 

22

Ora essendo voi qui per ascoltarmi,

ed io per non mancar de la promessa,

serberò; a maggior ozio di provarmi

ch'ogni laude di lei sia da me espressa;

non perch'io creda bisognar miei carmi

a chi se ne fa copia da se stessa;

ma sol per satisfare a questo mio.

c'ho d'onorarla e di lodar, disio.

 

23

Donne, io conchiudo in somma, ch'ogni etate

molte ha di voi degne d'istoria avute;

ma per invidia di scrittori state

non sete dopo morte conosciute:

il che più; non sarà;, poi che voi fate

per voi stesse immortal vostra virtute.

Se far le due cognate sapean questo,

si sapria meglio ogni lor degno gesto.

 

24

Di Bradamante e di Marfisa dico,

le cui vittoriose inclite prove

di ritornare in luce m'affatico;

ma de le diece mancanmi le nove.

Queste ch'io so, ben volentieri esplì;co;

sì; perché; ogni bell'opra si de', dove

occulta sia, scoprir, sì; perché; bramo

a voi, donne, aggradir, ch'onoro ed amo.

 

25

Stava Ruggier, com'io vi dissi, in atto

di partirsi, ed avea commiato preso,

e dall'arbore il brando già; ritratto,

che, come dianzi, non gli fu conteso;

quando un gran pianto, che non lungo tratto

era lontan, lo fe' restar sospeso;

e con le donne a quella via si mosse,

per aiutar, dove bisogno fosse.

 

26

Spingonsi inanzi, e via più; chiaro il suon ne

viene, e via più; son le parole intese.

Giunti ne la vallea, trovan tre donne

che fan quel duolo, assai strane in arnese;

che fin all'ombilico ha lor le gonne

scorciate non so chi poco cortese:

e per non saper meglio elle celarsi,

sedeano in terra, e non ardian levarsi.

 

27

Come quel figlio di Vulcan, che venne

fuor de la polve senza madre in vita,

e Pallade nutrir fe' con solenne

cura d'Aglauro, al veder troppo ardita,

sedendo, ascosi i brutti piedi tenne

su la quadriga da lui prima ordita;

così; quelle tre giovani le cose

secrete lor tenean, sedendo, ascose.

 

28

Lo spettacolo enorme e disonesto

l'una e l'altra magnanima guerriera

fe' del color che nei giardin di Pesto

esser la rosa suol da primavera.

Riguardò; Bradamante, e manifesto

tosto le fu ch'Ullania una d'esse era,

Ullania che da l'Isola Perduta

in Francia messaggera era venuta:

 

29

e riconobbe non men l'altre due;

che dove vide lei, vide esse ancora.

Ma se n'andaron le parole sue

a quella de le tre ch'ella più; onora;

e le domanda chi sì; iniquo fue,

e sì; di legge e di costumi fuora,

che quei segreti agli occhi altrui riveli,

che, quanto può;, par che Natura celi.

 

30

Ullania che conosce Bradamante,

non meno ch'alle insegne, alla favella,

esser colei che pochi giorni inante

avea gittati i tre guerrier di sella,

narra che ad un castel poco distante

una ria gente e di pietà; ribella,

oltre all'ingiuria di scorciarle i panni,

l'avea battuta e fattol'altri danni.

 

31

Né; le sa dir che de lo scudo sia,

né; dei tre re che per tanti paesi

fatto le avean sì; lunga compagnia:

non sa se morti, o sian restati presi;

e dice c'ha pigliata questa via,

ancor ch'andare a piè; molto le pesi,

per richiamarsi de l'oltraggio a Carlo,

sperando che non sia per tolerarlo.

 

32

Alle guerriere ed a Ruggier, che meno

non han pietosi i cor, ch'audaci e forti,

de' bei visi turbò; l'aer sereno

l'udire, e più; il veder sì; gravi torti:

et obliando ogn'altro affar che avieno,

e senza che li prieghi o che gli esorti

la donna afflitta a far la sua vendetta,

piglian la via verso quel luogo in fretta.

 

33

Di commune parer le sopraveste,

mosse da gran bontà;, s'aveano tratte,

cha' ricoprir le parti meno oneste

di quelle sventurate assai furo atte.

Bradamante non vuol ch'Ullania peste

le strade a piè;, ch'avea a piede anco fatte,

e se la leva in groppa del destriero;

l'altra Marfisa, l'altra il buon Ruggiero.

 

34

Ullania a Bradamante che la porta,

mostra la via che va al castel più; dritta:

Bradamante all'incontro lei conforta,

che la vendicherà; di chi l'ha afflitta.

Lascian la valle, e per via lunga e torta

sagliono un colle or a man manca or ritta;

e prima il sol fu dentro il mare ascoso,

che volesser tra via prender riposo.

 

35

Trovaro una villetta che la schena

d'un erto colle, aspro a salir, tenea;

ove ebbon buono albergo e buona cena,

quale avere in quel loco si potea.

Si mirano d'intorno, e quivi piena

ogni parte di donne si vedea,

quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo

faccia non v'apparia d'un uomo solo.

 

36

Non più; a Iason di maraviglia denno,

né; agli Argonauti che venian con lui,

le donne che i mariti morir fenno

e i figli e i padri coi fratelli sui,

sì; che per tutta l'isola di Lenno

di viril faccia non si vider dui;

che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era

maraviglia ebbe all'alloggiar la sera.

 

37

Fero ad Ullania ed alle damigelle

che venivan con lei, le due guerriere

la sera proveder di tre gonnelle,

se non così; polite, almeno intere.

A sé; chiama Ruggiero una di quelle

donne ch'abitan quivi, e vuol sapere

ove gli uomini sian, ch'un non ne vede;

ed ella a lui questa risposta diede:

 

38

- Questa che forse è; maraviglia a voi,

che tante donne senza uomini siamo,

è; grave e intolerabil pena a noi,

che qui bandite misere viviamo.

E perché; il duro esilio più; ci annoi,

padri, figli e mariti, che sì; amiamo,

aspro e lungo divorzio da noi fanno,

come piace al crudel nostro tiranno.

 

39

Da le sue terre, le quai son vicine

a noi due leghe, e dove noi sià;n nate,

qui ci ha mandato il barbaro in confine,

prima di mille scorni ingiuriate;

ed ha gli uomini nostri e noi meschine

di morte e d'ogni strazio minacciate,

se quelli a noi verranno, o gli fia detto

che noi dià;n lor, venendoci, ricetto.

 

40

Nimico è; sì; costui del nostro nome,

che non ci vuol, più; ch'io vi dico, appresso,

né; ch'a noi venga alcun de' nostri, come

l'odor l'ammorbi del femineo sesso.

Già; due volte l'onor de le lor chiome

s'hanno spogliato gli alberi e rimesso,

da indi in qua che 'l rio signor vaneggia

in furor tanto: e non è; chi 'l correggia;

 

41

che 'l populo ha di lui quella paura

che maggior aver può; l'uom de la morte;

ch'aggiunto al mal voler gli ha la natura

una possanza fuor d'umana sorte.

Il corpo suo di gigantea statura

è; più;, che di cent'altri insieme, forte.

Né; pure a noi sue suddite è; molesto,

ma fa alle strane ancor peggio di questo.

 

42

Se l'onor vostro, e queste tre vi sono

punto care, ch'avete in compagnia,

più; vi sarà; sicuro, utile e buono

non gir più; inanzi, e trovar altra via.

Questa al castel de l'uom di ch'io ragiono,

a provar mena la costuma ria

che v'ha posta il crudel con scorno e danno

di donne e di guerrier che di là; vanno.

 

43

Marganor il fellon (così; si chiama

il signore, il tiran di quel castello),

del qual Nerone, o s'altri è; ch'abbia fama

di crudeltà;, non fu più; iniquo e fello,

il sangue uman, ma 'l feminil più; brama,

che 'l lupo non lo brama de l'agnello.

Fa con onta scacciar le donne tutte

da lor ria sorte a quel castel condutte. -

 

44

Perché; quell'empio in tal furor venisse,

volson le donne intendere e Ruggiero:

pregar colei, ch'in cortesia seguisse,

anzi che cominciasse il conto intero.

- Fu il signor del castel (la donna disse)

sempre crudel, sempre inumano e fiero;

ma tenne un tempo il cor maligno ascosto,

né; si lasciò; conoscer così; tosto:

 

45

che mentre duo suoi figli erano vivi,

molto diversi dai paterni stili,

ch'amavan forestieri, ed eran schivi

di crudeltade e degli altri atti vili;

quivi le cortesie fiorivan, quivi

i bei costumi e l'opere gentili:

che 'l padre mai, quantunque avaro fosse,

da quel che lor piacea non li rimosse.

 

46

Le donne e i cavallier che questa via

facean talor, venian sì; ben raccolti,

che si partian de l'alta cortesia

dei duo germani inamorati molti.

Amendui questi di cavalleria

parimente i santi ordini avean tolti:

Cilandro l'un, l'altro Tanacro detto,

gagliardi, arditi e di reale aspetto.

 

47

Ed eran veramente, e sarian stati

sempre di laude degni e d'ogni onore,

s'in preda non si fossino sì; dati

a quel desir che nominiamo amore;

per cui dal buon sentier fur traviati

al labirinto ed al camin d'errore;

e ciò; che mai di buono aveano fatto,

restò; contaminato e brutto a un tratto.

 

48

Capitò; quivi un cavallier di corte

del greco imperator, che seco avea

una sua donna di maniere accorte,

bella quanto bramar più; si potea.

Cilandro in lei s'inamorò; sì; forte,

che morir, non l'avendo, gli parea:

gli parea che dovesse, alla partita

di lei, partire insieme la sua vita.

 

49

E perché; i prieghi non v'avriano loco,

di volerla per forza si dispose.

Armossi, e dal castel lontano un poco,

ove passar dovean, cheto s'ascose.

L'usata audacia e l'amoroso fuoco

non gli lasciò; pensar troppo le cose:

sì; che vedendo il cavallier venire,

l'andò; lancia per lancia ad assalire.

 

50

Al primo incontro credea porlo in terra,

portar la donna e la vittoria indietro:

ma 'l cavallier, che mastro era di guerra,

l'osbergo gli spezzò; come di vetro.

Venne la nuova al padre ne la terra,

che lo fe' riportar sopra un ferè;tro;

e ritrovandol morto, con gran pianto

gli diè; sepulcro agli antiqui avi a canto.

 

51

Né; più; però; né; manco si contese

l'albergo e l'accoglienza a questo e a quello,

perché; non men Tanacro era cortese,

né; meno era gentil di suo fratello.

L'anno medesmo di lontan paese

con la moglie un baron venne al castello,

a maraviglia egli gagliardo, ed ella,

quanto si possa dir, leggiadra e bella;

 

52

né; men che bella, onesta e valorosa,

e degna veramente d'ogni loda:

il cavallier, di stirpe generosa,

di tanto ardir, quanto più; d'altri s'oda.

E ben conviensi a tal valor, che cosa

di tanto prezzo e sì; eccellente goda.

Olindro il cavallier da Lungavilla,

la donna nominata era Drusilla.

 

53

Non men di questa il giovene Tanacro

arse, che 'l suo fratel di quella ardesse,

che gli fe' gustar fine acerbo ed acro

del desiderio ingiusto ch'in lei messe.

Non men di lui di violar del sacro

e santo ospizio ogni ragione ellesse,

più; tosto che patir che 'l duro e forte

nuovo desir lo conducesse a morte.

 

54

Ma perch'avea dinanzi agli occhi il tema

del suo fratel che n'era stato morto,

pensa di torla in guisa, che non tema

ch'Olindro s'abbia a vendicar del torto.

Tosto s'estingue in lui, non pur si scema

quella virtù; su che solea star sorto;

ché; non lo sommergean dei vizi l'acque,

de le quai sempre al fondo il padre giacque.

 

55

Con gran silenzio fece quella notte

seco raccor da vent'uomini armati;

e lontan dal castel, fra certe grotte

che si trovan tra via, messe gli aguati.

Quivi ad Olindro il dì; le strade rotte,

e chiusi i passi fur da tutti i lati;

e ben che fe' lunga difesa e molta,

pur la moglie e la vita gli fu tolta.

 

56

Ucciso Olindro, ne menò; captiva

la bella donna, addolorata in guisa,

ch'a patto alcun restar non volea viva,

e di grazia chiedea d'essere uccisa.

Per morir si gittò; giù; d'una riva

che vi trovò; sopra un vallone assisa;

e non poté; morir, ma con la testa

rotta rimase, e tutta fiacca e pesta.

 

57

Altrimente Tanacro riportarla

a casa non poté; che s'una bara.

Fece con diligenza medicarla;

che perder non volea preda sì; cara.

E mentre che s'indugia a risanarla,

di celebrar le nozze si prepara:

ch'aver sì; bella donna e sì; pudica

debbe nome di moglie, e non d'amica.

 

58

Non pensa altro Tanacro, altro non brama,

d'altro non cura, e d'altro mai non parla.

Si vede averla offesa, e se ne chiama

in colpa, e ciò; che può;, fa d'emendarla.

Ma tutto è; invano: quanto egli più; l'ama,

quanto più; s'affatica di placarla,

tant'ella odia più; lui, tanto è; più; forte,

tanto è; più; ferma in voler porlo a morte.

 

59

Ma non però; quest'odio così; ammorza

la conoscenza in lei, che non comprenda

che, se vuol far quanto disegna, è; forza

che simuli, ed occulte insidie tenda;

e che 'l desir sotto contraria scorza

(il quale è; sol come Tanacro offenda)

veder gli faccia; e che si mostri tolta

dal primo amore, e tutto a lui rivolta.

 

60

Simula il viso pace; ma vendetta

chiama il cor dentro, e ad altro non attende.

Molte cose rivolge, alcune accetta,

altre ne lascia, ed altre in dubbio appende.

Le par che quando essa a morir si metta,

avrà; il suo intento; e quivi al fin s'apprende.

E dove meglio può; morire, o quando,

che 'l suo caro marito vendicando?

 

61

Ella si mostra tutta lieta, e finge

di queste nozze aver sommo disio;

e ciò; che può; indugiarle, a dietro spinge,

non ch'ella mostri averne il cor restio.

Più; de l'altre s'adorna e si dipinge:

Olindro al tutto par messo in oblio.

Ma che sian fatte queste nozze vuole,

come ne la sua patria far si suole.

 

62

Non era però; ver che questa usanza

che dir volea, ne la sua patria fosse:

ma, perché; in lei pensier mai non avanza,

che spender possa altrove, imaginosse

una bugia, la qual le diè; speranza

di far morir chi 'l suo signor percosse:

e disse di voler le nozze a guisa

de la sua patria, e 'l modo gli devisa.

 

63

- La vedovella che marito prende,

deve, prima (dicea) ch'a lui s'appresse,

placar l'alma del morto ch'ella offende,

facendo celebrargli offici e messe,

in remission de le passate mende,

nel tempio ove di quel son l'ossa messe;

e dato fin ch'al sacrificio sia,

alla sposa l'annel lo sposo dia:

 

64

ma ch'abbia in questo mezzo il sacerdote

sul vino ivi portato a tale effetto

appropriate orazion devote,

sempre il liquor benedicendo, detto;

indi che 'l fiasco in una coppa vote,

e dia alli sposi il vino benedetto:

ma portare alla sposa il vino tocca,

ed esser prima a porvi su la bocca. -

 

65

Tanacro, che non mira quanto importe

ch'ella le nozze alla sua usanza faccia,

le dice: - Pur che 'l termine si scorte

d'essere insieme, in questo si compiaccia. -

Né; s'avede il meschin ch'essa la morte

d'Olindro vendicar così; procaccia,

e sì; la voglia ha in uno oggetto intensa,

che sol di quello, e mai d'altro non pensa.

 

66

Avea seco Drusilla una sua vecchia,

che seco presa, seco era rimasa.

A sé; chiamolla, e le disse all'orecchia,

sì; che non poté; udire uomo di casa:

- Un subitano tosco m'apparecchia,

qual so che sai comporre, e me lo invasa;

c'ho trovato la via di vita torre

il traditor figliuol di Marganorre.

 

67

E me so come, e te salvar non meno:

ma diferisco a dirtelo più; ad agio. -

Andò; la vecchia, e apparecchiò; il veneno,

ed acconciollo, e ritornò; al palagio.

Di vin dolce di Candia un fiasco pieno

trovò; da por con quel succo malvagio,

e lo serbò; pel giorno de le nozze;

ch'omai tutte l'indugie erano mozze.

 

68

Lo statuito giorno al tempio venne,

di gemme ornata e di leggiadre gonne,

ove d'Olindro, come gli convenne,

fatto avea l'arca alzar su due colonne.

Quivi l'officio si cantò; solenne:

trasseno a udirlo tutti, uomini e donne,

e lieto Marganor più; de l'usato,

venne col figlio e con gli amici a lato.

 

69

Tosto ch'al fin le sante esequie foro,

e fu col tosco il vino benedetto,

il sacerdote in una coppa d'oro

lo versò;, come avea Drusilla detto.

Ella ne bebbe quanto al suo decoro

si conveniva, e potea far l'effetto:

poi diè; allo sposo con viso giocondo

il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo.

 

70

Renduto il nappo al sacerdote, lieto

per abbracciar Drusilla apre le braccia.

Or quivi il dolce stile e mansueto

in lei si cangia e quella gran bonaccia.

Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto,

e par ch'arda negli occhi e ne la faccia;

e con voce terribile e incomposta

gli grida: - Traditor, da me ti scosta!

 

71

Tu dunque avrai da me solazzo e gioia,

io lagrime da te, martì;ri e guai?

Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia:

questo è; stato venen, se tu nol sai.

Ben mi duol c'hai troppo onorato boia,

che troppo lieve e facil morte fai;

che mani e pene io non so sì; nefande,

che fosson pari al tuo peccato grande.

 

72

Mi duol di non vedere in questa morte

il sacrificio mio tutto perfetto:

che s'io 'l poteva far di quella sorte

ch'era il disio, non avria alcun difetto.

Di ciò; mi scusi il dolce mio consorte:

riguardi al buon volere, e l'abbia accetto;

che non potendo come avrei voluto,

io t'ho fatto morir come ho potuto.

 

73

E la punizion che qui, secondo

il desiderio mio, non posso darti,

spero l'anima tua ne l'altro mondo

veder patire; ed io starò; a mirarti. -

Poi disse, alzando con viso giocondo

i turbidi occhi alle superne parti:

- Questa vittima, Olindro, in tua vendetta

col buon voler de la tua moglie accetta;

 

74

ed impetra per me dal Signor nostro

grazia, ch'in paradiso oggi io sia teco.

Se ti dirà; che senza merto al vostro

regno anima non vien, di' ch'io l'ho meco;

che di questo empio e scelerato mostro

le spoglie opime al santo tempio arreco.

E che merti esser puon maggior di questi,

spegner sì; brutte e abominose pesti? -

 

75

Finì; il parlare insieme con la vita;

e morta anco parea lieta nel volto

d'aver la crudeltà; così; punita

di chi il caro marito le avea tolto.

Non so se prevenuta, o se seguita

fu da lo spirto di Tanacro sciolto:

fu prevenuta, credo; ch'effetto ebbe

prima il veneno in lui, perché; più; bebbe.

 

76

Marganor che cader vede il figliuolo,

e poi restar ne le sue braccia estinto,

fu per morir con lui, dal grave duolo

ch'alla sprovista lo trafisse, vinto.

Duo n'ebbe un tempo, or si ritrova solo:

due femine a quel termine l'han spinto.

La morte a l'un da l'una fu causata;

e l'altra all'altro di sua man l'ha data.

 

77

Amor, pietà;, sdegno, dolore ed ira,

disio di morte e di vendetta insieme

quell'infelice ed orbo padre aggira,

che, come il mar che turbi il vento, freme.

Per vendicarsi va a Drusilla, e mira

che di sua vita ha chiuse l'ore estreme;

e come il punge e sferza l'odio ardente,

cerca offendere il corpo che non sente.

 

78

Qual serpe che ne l'asta ch'alla sabbia

la tenga fissa, indarno i denti metta;

o qual mastin ch'al ciottolo che gli abbia

gittato il viandante, corra in fretta,

e morda invano con stizza e con rabbia,

né; se ne voglia andar senza vendetta:

tal Marganor d'ogni mastin, d'ogni angue

via più; crudel, fa contra il corpo esangue.

 

79

E poi che per stracciarlo e farne scempio

non si sfoga il fellon né; disacerba,

vien fra le donne di che è; pieno il tempio,

né; più; l'una de l'altra ci riserba;

ma di noi fa col brando crudo ed empio

quel che fa con la falce il villan d'erba.

Non vi fu alcun ripar, ch'in un momento

trenta n'uccise, e ne ferì; ben cento.

 

80

Egli da la sua gente è; sì; temuto,

ch'uomo non fu ch'ardisse alzar la testa.

Fuggon le donne col popul minuto

fuor de la chiesa, e chi può; uscir, non resta.

Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto

dagli amici con prieghi e forza onesta,

e lasciando ogni cosa in pianto al basso,

fatto entrar ne la rocca in cima al sasso.

 

81

E tuttavia la colera durando,

di cacciar tutte per partito prese;

poi che gli amici e 'l populo pregando,

che non ci uccise a fatto, gli contese:

e quel medesmo dì; fe' andare un bando,

che tutte gli sgombrassimo il paese;

e darci qui gli piacque le confine.

Misera chi al castel più; s'avvicine!

 

82

Da le mogli così; furo i mariti,

da le madri così; i figli divisi.

S'alcuni sono a noi venire arditi,

nol sappia già; chi Marganor n'avisi;

che di multe gravissime puniti

n'ha molti, e molti crudelmente uccisi.

Al suo castello ha poi fatto una legge,

di cui peggior non s'ode né; si legge.

 

83

Ogni donna che trovin ne la valle,

la legge vuol (ch'alcuna pur vi cade)

che percuotan con vimini alle spalle,

e la faccian sgombrar queste contrade:

ma scorciar prima i panni, e mostrar falle

quel che Natura asconde ed Onestade;

e s'alcuna vi va, ch'armata scorta

abbia di cavallier, vi resta morta.

 

84

Quelle c'hanno per scorta cavallieri,

son da questo nimico di pietate,

come vittime, tratte ai cimiteri

dei morti figli, e di sua man scannate.

Leva con ignominia arme e destrieri,

e poi caccia in prigion chi l'ha guidate:

e lo può; far; che sempre notte e giorno

si trova più; di mille uomini intorno.

 

85

E dir di più; vi voglio ancora, ch'esso,

s'alcun ne lascia, vuol che prima giuri

su l'ostia sacra, che 'l femineo sesso

in odio avrà; fin che la vita duri.

Se perder queste donne e voi appresso

dunque vi pare, ite a veder quei muri

ove alberga il fellone, e fate prova

s'in lui più; forza o crudeltà; si trova.