-
42
Bradamante ode, e par ch'assai le prema
questa novella, e molto il cor l'annoi;
né; par che men per quel dannato tema,
che se fosse uno dei fratelli suoi.
Né; certo la paura in tutto scema
era di causa, come io dirò; poi.
Si volse ella a Ruggiero, e disse: - Parme
ch'in favor di costui sien le nostr'arme. -
43
E disse a quella mesta: - Io ti conforto
che tu vegga di porci entro alle mura,
che se 'l giovine ancor non avran morto,
più; non l'uccideran, stanne sicura. -
Ruggiero, avendo il cor benigno scorto
de la sua donna e la pietosa cura,
sentì; tutto infiammarsi di desire
di non lasciare il giovine morire.
44
Ed alla donna, a cui dagli occhi cade
un rio di pianto, dice: - Or che s'aspetta?
Soccorrer qui, non lacrimare accade:
fa ch'ove è; questo tuo, pur tu ci metta.
Di mille lance trar, di mille spade
tel promettian, pur che ci meni in fretta:
ma studia il passo più; che puoi, che tarda
non sia l'aita, e intanto il fuoco l'arda. -
45
L'alto parlare e la fiera sembianza
di quella coppia a maraviglia ardita,
ebbon di tornar forza la speranza
colà; dond'era già; tutta fuggita;
ma perch'ancor, più; che la lontananza,
temeva il ritrovar la via impedita,
e che saria per questo indarno presa,
stava la donna in sé; tutta sospesa.
46
Poi disse lor: - Facendo noi la via
che dritta e piana va fin a quel loco,
credo ch'a tempo vi si giungeria,
che non sarebbe ancora acceso il fuoco:
ma gir convien per così; torta e ria,
che 'l termine d'un giorno saria poco
a riuscirne; e quando vi saremo,
che troviam morto il giovine mi temo. -
47
- E perché; non andian (disse Ruggiero)
per la più; corta? - E la donna rispose:
- Perché; un castel de' conti da Pontiero
tra via si trova, ove un costume pose,
non son tre giorni ancora, iniquo e fiero
a cavallieri e a donne aventurose,
Pinabello, il peggior uomo che viva,
figliuol del conte Anselmo d'Altariva.
48
Quindi né; cavallier né; donna passa,
che se ne vada senza ingiuria e danni:
l'uno e l'altro a piè; resta; ma vi lassa
il guerrier l'arme, e la donzella i panni.
Miglior cavallier lancia non abbassa,
e non abbassò; in Francia già; molt'anni,
di quattro che giurato hanno al castello
la legge mantener di Pinabello.
49
Come l'usanza (che non è; più; antiqua
di tre dì;) cominciò;, vi vo' narrare;
e sentirete se fu dritta o obliqua
cagion che i cavallier fece giurare.
Pinabello ha una donna così; iniqua,
così; bestial, ch'al mondo è; senza pare;
che con lui, non so dove, andando un giorno,
ritrovò; un cavallier che le fe' scorno.
50
Il cavallier, perché; da lei beffato
fu d'una vecchia che portava in groppa,
giostrò; con Pinabel ch'era dotato
di poca forza e di superbia troppa;
ed abbattello, e lei smontar nel prato
fece, e provò; s'andava dritta o zoppa:
lasciolla a piede, e fe' de la gonella
di lei vestir l'antiqua damigella.
51
Quella ch'a piè; rimase, dispettosa,
e di vendetta ingorda e sitibonda,
congiunta a Pinabel che d'ogni cosa
dove sia da mal far, ben la seconda,
né; giorno mai, né; notte mai riposa,
e dice che non fia mai più; gioconda,
se mille cavallieri e mille donne
non mette a piedi, e lor tolle arme e gonne.
52
Giunsero il dì; medesmo, come accade,
quattro gran cavallieri ad un suo loco,
li quai di rimotissime contrade
venuti a queste parti eran di poco;
di tal valor, che non ha nostra etade
tant'altri buoni al bellicoso gioco:
Aquilante, Grifone e Sansonetto,
ed un Guidon Selvaggio giovinetto.
53
Pinabel con sembiante assai cortese
al castel ch'io v'ho detto gli raccolse.
La notte poi tutti nel letto prese,
e presi tenne; e prima non li sciolse,
che li fece giurar ch'un anno e un mese
(questo fu a punto il termine che tolse)
stariano quivi, e spogliarebbon quanti
vi capitasson cavallieri erranti;
54
e le donzelle ch'avesson con loro
porriano a piedi, e torrian lor le vesti.
Così; giurar, così; costretti foro
ad osservar, ben che turbati e mesti.
Non par che fin a qui contra costoro
alcun possa giostrar, ch'a piè; non resti:
e capitati vi sono infiniti,
ch'a piè; e senz'arme se ne son partiti.
55
è; ordine tra lor, che chi per sorte
esce fuor prima, vada a correr solo:
ma se trova il nimico così; forte,
che resti in sella, e getti lui nel suolo,
sono ubligati gli altri infin a morte
pigliar l'impresa tutti in uno stuolo.
Vedi or, se ciascun d'essi è; così; buono,
quel ch'esser de', se tutti insieme sono.
56
Poi non conviene all'importanza nostra
che ne vieta ogni indugio, ogni dimora,
che punto vi fermiate a quella giostra;
e presuppongo che vinciate ancora,
che vostra alta presenza lo dimostra,
ma non è; cosa da fare in un'ora;
ed è; gran dubbio che 'l giovine s'arda,
se tutto oggi a soccorrerlo si tarda. -
57
Disse Ruggier: - Non riguardiamo a questo:
faccià;n nui quel che si può; far per nui;
abbia chi regge il ciel cura del resto,
o la Fortuna, se non tocca a lui.
Ti fia per questa giostra manifesto,
se buoni siamo d'aiutar colui
che per cagion sì; debole e sì; lieve,
come n'hai detto, oggi bruciar si deve. -
58
Senza risponder altro, la donzella
si messe per la via ch'era più; corta.
Più; di tre miglia non andar per quella,
che si trovaro al ponte ed alla porta
dove si perdon l'arme e la gonnella,
e de la vita gran dubbio si porta.
Al primo apparir lor, di su la rocca
è; chi duo botti la campana tocca.
59
Ed ecco de la porta con gran fretta,
trottando s'un ronzino, un vecchio uscì;o;
e quel venì;a gridando: - Aspetta aspetta:
restate olà;, che qui si paga il fio:
e se l'usanza non v'è; stata detta,
che qui si tiene, or ve la vo' dir io. -
E contar loro incominciò; di quello
costume, che servar fa Pinabello.
60
Poi seguitò;, volendo dar consigli,
com'era usato agli altri cavallieri:
- Fate spogliar la donna (dicea), figli,
e voi l'arme lasciateci e i destrieri;
e non vogliate mettervi a perigli
d'andare incontra a tai quattro guerrieri.
Per tutto vesti, arme e cavalli s'hanno:
la vita sol mai non ripara il danno. -
61
- Non più; (disse Ruggier), non più;; ch'io sono
del tutto informatissimo, e qui venni
per far prova di me, se così; buono
in fatti son, come nel cor mi tenni.
Arme, vesti e cavallo altrui non dono,
s'altro non sento che minacce e cenni;
e son ben certo ancor, che per parole
il mio compagno le sue dar non vuole.
62
Ma, per Dio, fa ch'io vegga tosto in fronte
quei che ne voglion torre arme e cavallo;
ch'abbiamo da passar anco quel monte,
e qui non si può; far troppo intervallo. -
Rispose il vecchio: - Eccoti fuor del ponte
chi vien per farlo: - e non lo disse in fallo;
ch'un cavallier n'uscì;, che sopraveste
vermiglie avea, di bianchi fior conteste.
63
Bradamante pregò; molto Ruggiero
che le lasciasse in cortesia l'assunto
di gittar de la sella il cavalliero,
ch'avea di fiori il bel vestir trapunto;
ma non poté; impetrarlo, e fu mestiero
a lei far ciò; che Ruggier volse a punto.
Egli volse l'impresa tutta avere,
e Bradamante si stesse a vedere.
64
Ruggiero al vecchio domandò; chi fosse
questo primo ch'uscia fuor de la porta.
- è; Sansonetto (disse); che le rosse
veste conosco e i bianchi fior che porta. -
L'uno di qua, l'altro di là; si mosse
senza parlarsi, e fu l'indugia corta;
che s'andaro a trovar coi ferri bassi,
molto affrettando i lor destrieri i passi.
65
In questo mezzo de la rocca usciti
eran con Pinabel molti pedoni,
presti per levar l'arme ed espediti
ai cavallier ch'uscian fuor degli arcioni.
Veniansi incontra i cavallieri arditi,
fermando in su le reste i gran lancioni,
grossi duo palmi, di nativo cerro,
che quasi erano uguali insino al ferro.
66
Di tali n'avea più; d'una decina
fatto tagliar di su lor ceppi vivi
Sansonetto a una selva indi vicina,
e portatone duo per giostrar quivi.
Aver scudo e corazza adamantina
bisogna ben, che le percosse schivi.
Aveane fatto dar, tosto che venne,
l'uno a Ruggier, l'altro per sé; ritenne.
67
Con questi, che passar dovean gl'incudi
(sì; ben ferrate avean le punte estreme),
di qua e di là; fermandoli agli scudi,
a mezzo il corso si scontraro insieme.
Quel di Ruggiero, che i demò;ni ignudi
fece sudar, poco del colpo teme:
de lo scudo vo' dir che fece Atlante,
de le cui forze io v'ho già; detto inante.
68
Io v'ho già; detto che con tanta forza
l'incantato splendor negli occhi fere,
ch'al discoprirsi ogni veduta ammorza,
e tramortito l'uom fa rimanere:
perciò;, s'un gran bisogno non lo sforza,
d'un vel coperto lo solea tenere.
Si crede ch'anco impenetrabil fosse,
poi ch'a questo incontrar nulla si mosse.
69
L'altro, ch'ebbe l'artefice men dotto,
il gravissimo colpo non sofferse.
Come tocco da fulmine, di botto
diè; loco al ferro, e pel mezzo s'aperse;
diè; loco al ferro, e quel trovò; di sotto
il braccio ch'assai mal si ricoperse;
sì; che ne fu ferito Sansonetto,
e de la sella tratto al suo dispetto.
70
E questo il primo fu di quei compagni
che quivi mantenean l'usanza fella,
che de le spoglie altrui non fe' guadagni,
e ch'alla giostra uscì; fuor de la sella.
Convien chi ride, anco talor si lagni,
e Fortuna talor trovi ribella.
Quel da la rocca, replicando il botto,
ne fece agli altri cavallieri motto.
71
S'era accostato Pinabello intanto
a Bradamante, per saper chi fusse
colui che con prodezza e valor tanto
il cavallier del suo castel percusse.
La giustizia di Dio, per dargli quanto
era il merito suo, vi lo condusse
su quel destrier medesimo ch'inante
tolto avea per inganno a Bradamante.
72
Fornito a punto era l'ottavo mese
che, con lei ritrovandosi a camino,
(se 'l vi raccorda) questo Maganzese
la gittò; ne la tomba di Merlino,
quando da morte un ramo la difese,
che seco cadde, anzi il suo buon destino;
e trassene, credendo ne lo speco
ch'ella fosse sepolta, il destrier seco.
73
Bradamante conosce il suo cavallo,
e conosce per lui l'iniquo conte;
e poi ch'ode la voce, e vicino hallo
con maggiore attenzion mirato in fronte:
- Questo è; il traditor (disse), senza fallo,
che procacciò; di farmi oltraggio ed onte:
ecco il peccato suo, che l'ha condutto
ove avrà; de' suoi merti il premio tutto. -
74
Il minacciare e il por mano alla spada
fu tutto a un tempo, e lo aventarsi a quello;
ma inanzi tratto gli levò; la strada,
che non poté; fuggir verso il castello.
Tolta è; la speme ch'a salvar si vada,
come volpe alla tana, Pinabello.
Egli gridando e senza mai far testa,
fuggendo si cacciò; ne la foresta.
75
Pallido e sbigottito il miser sprona,
che posto ha nel fuggir l'ultima speme.
L'animosa donzella di Dordona
gli ha il ferro ai fianchi, e lo percuote e preme:
vien con lui sempre, e mai non l'abbandona.
Grande è; il rumore, e il bosco intorno geme.
Nulla al castel di questo ancor s'intende,
però; ch'ognuno a Ruggier solo attende.
76
Gli altri tre cavallier de la fortezza
intanto erano usciti in su la via;
ed avean seco quella male avezza
che v'avea posta la costuma ria.
A ciascun di lor tre, che 'l morir prezza
più; ch'aver vita che con biasmo sia,
di vergogna arde il viso, e il cor di duolo,
che tanti ad assalir vadano un solo.
77
La crudel meretrice ch'avea fatto
por quella iniqua usanza ed osservarla,
il giuramento lor ricorda e il patto
ch'essi fatti l'avean, di vendicarla.
- Se sol con questa lancia te gli abbatto,
perché; mi vò;i con altre accompagnarla?
(dicea Guidon Selvaggio): e s'io ne mento,
levami il capo poi, ch'io son contento. -
78
Così; dicea Grifon, così; Aquilante.
Giostrar da sol a sol volea ciascuno,
e preso e morto rimanere inante
ch'incontra un sol volere andar più; d'uno.
La donna dicea loro: - A che far tante
parole qui senza profitto alcuno?
Per torre a colui l'arme io v'ho qui tratti,
non per far nuove leggi e nuovi patti.
79
Quando io v'avea in prigione, era da farme
queste escuse, e non ora, che son tarde.
Voi dovete il preso ordine servarme,
non vostre lingue far vane e bugiarde. -
Ruggier gridava lor: - Eccovi l'arme,
ecco il destrier c'ha nuovo e sella e barde;
i panni de la donna eccovi ancora:
se li volete, a che più; far dimora? -
80
La donna del castel da un lato preme,
Ruggier da l'altro li chiama e rampogna,
tanto ch'a forza si spiccaro insieme,
ma nel viso infiammati di vergogna.
Dinanzi apparve l'uno e l'altro seme
del marchese onorato di Borgogna;
ma Guidon, che più; grave ebbe il cavallo,
venì;a lor dietro con poco intervallo.
81
Con la medesima asta con che avea
Sansonetto abbattuto, Ruggier viene,
coperto da lo scudo che solea
Atlante aver sui monti di Pirene:
dico quello incantato, che splendea
tanto, ch'umana vista nol sostiene;
a cui Ruggier per l'ultimo soccorso
nei più; gravi perigli avea ricorso.
82
Ben che sol tre fiate bisognolli,
e certo in gran perigli, usarne il lume:
le prime due, quando dai regni molli
si trasse a più; lodevole costume;
la terza, quando i denti mal satolli
lasciò; de l'orca alle marine spume,
che dovean devorar la bella nuda
che fu a chi la campò; poi così; cruda.
83
Fuor che queste tre volte, tutto 'l resto
lo tenea sotto un velo in modo ascoso,
ch'a discoprirlo esser potea ben presto,
che del suo aiuto fosse bisognoso.
Quivi alla giostra ne venì;a con questo,
come io v'ho detto ancora, sì; animoso,
che quei tre cavallier che vedea inanti,
manco temea che pargoletti infanti.
84
Ruggier scontra Grifone, ove la penna
de lo scudo alla vista si congiunge.
Quel di cader da ciascun lato accenna,
ed al fin cade, e resta al destrier lunge.
Mette allo scudo a lui Grifon l'antenna;
ma pel traverso e non pel dritto giunge:
e perché; lo trovò; forbito e netto,
l'andò; strisciando, e fe' contrario effetto.
85
Roppe il velo e squarciò;, che gli copria
lo spaventoso ed incantato lampo,
al cui splendor cader si convenia
con gli occhi ciechi, e non vi s'ha alcun scampo.
Aquilante, ch'a par seco venì;a,
stracciò; l'avanzo, e fe' lo scudo vampo.
Lo splendor ferì; gli occhi ai duo fratelli
ed a Guidon, che correa dopo quelli.
86
Chi di qua, chi di là; cade per terra:
lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia,
ma fa che ogn'altro senso attonito erra.
Ruggier, che non sa il fin de la battaglia,
volta il cavallo; e nel voltare afferra
la spada sua che sì; ben punge e taglia:
e nessun vede che gli sia all'incontro,
che tutti eran caduti a quello scontro.
87
I cavallieri e insieme quei ch'a piede
erano usciti, e così; le donne anco,
e non meno i destrieri in guisa vede,
che par che per morir battano il fianco.
Prima si maraviglia, e poi s'avvede
che 'l velo ne pendea dal lato manco:
dico il velo di seta, in che solea
chiuder la luce di quel caso rea.
88
Presto si volge, e nel voltar, cercando
con gli occhi va l'amata sua guerriera;
e vien là; dove era rimasa, quando
la prima giostra cominciata s'era.
Pensa ch'andata sia (non la trovando)
a vietar che quel giovine non pera,
per dubbio ch'ella ha forse che non s'arda
in questo mezzo ch'a giostrar si tarda.
89
Fra gli altri che giacean vede la donna,
la donna che l'avea quivi guidato.
Dinanzi se la pon, sì; come assonna,
e via cavalca tutto conturbato.
D'un manto ch'essa avea sopra la gonna,
poi ricoperse lo scudo incantato;
e i sensi riaver le fece, tosto
che 'l nocivo splendore ebbe nascosto.
90
Via se ne va Ruggier con faccia rossa
che, per vergogna, di levar non osa:
gli par ch'ognuno improverar gli possa
quella vittoria poco gloriosa.
- Ch'emenda poss'io fare, onde rimossa
mi sia una colpa tanto obbrobriosa?
che ciò; ch'io vinsi mai, fu per favore,
diran, d'incanti, e non per mio valore. -
91
Mentre così; pensando seco giva,
venne in quel che cercava a dar di cozzo;
che 'n mezzo de la strada soprarriva
dove profondo era cavato un pozzo.
Quivi l'armento alla calda ora estiva
si ritraea, poi ch'avea pieno il gozzo.
Disse Ruggiero: - Or proveder bisogna,
che non mi facci, o scudo, più; vergogna.
92
Più; non starai tu meco; e questo sia
l'ultimo biasmo c'ho d'averne al mondo. -
Così; dicendo, smonta ne la via:
piglia una grossa pietra e di gran pondo,
e la lega allo scudo, ed ambi invia
per l'alto pozzo a ritrovarne il fondo;
e dice: - Costà; giù; statti sepulto,
e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. -
93
Il pozzo è; cavo, e pieno al sommo d'acque:
grieve è; lo scudo, e quella pietra grieve.
Non si fermò; fin che nel fondo giacque:
sopra si chiuse il liquor molle e lieve.
Il nobil atto e di splendor non tacque
la vaga Fama, e divulgollo in breve;
e di rumor n'empì;, suonando il corno,
e Francia e Spagna e le province intorno.
94
Poi che di voce in voce si fe' questa
strana aventura in tutto il mondo nota,
molti guerrier si missero all'inchiesta
e di parte vicina e di remota:
ma non sapean qual fosse la foresta
dove nel pozzo il sacro scudo nuota;
che la donna che fe' l'atto palese,
dir mai non volse il pozzo né; il paese.
95
Al partir che Ruggier fe' dal castello,
dove avea vinto con poca battaglia;
che i quattro gran campion di Pinabello
fece restar come uomini di paglia;
tolto lo scudo, avea levato quello
lume che gli occhi e gli animi abbarbaglia:
e quei che giaciuti eran come morti,
pieni di meraviglia eran risorti.
96
Né; per tutto quel giorno si favella
altro fra lor, che de lo strano caso,
e come fu che ciascun d'essi a quella
orribil luce vinto era rimaso.
Mentre parlan di questo, la novella
vien lor di Pinabel giunto all'occaso:
che Pinabello è; morto hanno l'aviso,
ma non sanno però; chi l'abbia ucciso.
97
L'ardita Bradamante in questo mezzo
giunto avea Pinabello a un passo stretto;
e cento volte gli avea fin a mezzo
messo il brando pei fianchi e per lo petto.
Tolto ch'ebbe dal mondo il puzzo e 'l lezzo
che tutto intorno avea il paese infetto,
le spalle al bosco testimonio volse
con quel destrier che già; il fellon le tolse.
98
Volse tornar dove lasciato avea
Ruggier; né; seppe mai trovar la strada.
Or per valle or per monte s'avvolgea:
tutta quasi cercò; quella contrada.
Non volse mai la sua fortuna rea,
che via trovasse onde a Ruggier si vada.
Questo altro canto ad ascoltare aspetto
chi de l'istoria mia prende diletto.
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CANTO VENTITREESIMO
1
Studisi ognun giovare altrui; che rade
volte il ben far senza il suo premio fia:
e se pur senza, almen non te ne accade
morte né; danno né; ignominia ria.
Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade
il debito a scontar, che non s'oblia.
Dice il proverbio, ch'a trovar si vanno
gli uomini spesso, e i monti fermi stanno.
2
Or vedi quel ch'a Pinabello avviene
per essersi portato iniquamente:
è; giunto in somma alle dovute pene,
dovute e giuste alla sua ingiusta mente.
E Dio, che le più; volte non sostiene
veder patire a torto uno innocente,
salvò; la donna; e salverà; ciascuno
che d'ogni fellonia viva digiuno.
3
Credette Pinabel questa donzella
già; d'aver morta, e colà; giù; sepulta;
né; la pensava mai veder, non ch'ella
gli avesse a tor degli error suoi la multa.
Né; il ritrovarsi in mezzo le castella
del padre, in alcun util gli risulta.
Quivi Altaripa era tra monti fieri
vicina al tenitorio di Pontieri.
4
Tenea quell'Altaripa il vecchio conte
Anselmo, di ch'uscì; questo malvagio,
che, per fuggir la man di Chiaramonte,
d'amici e di soccorso ebbe disagio.
La donna al traditore a piè; d'un monte
tolse l'indegna vita a suo grande agio;
che d'altro aiuto quel non si provede,
che d'alti gridi e di chiamar mercede.
5
Morto ch'ella ebbe il falso cavalliero
che lei voluto avea già; porre a morte,
volse tornare ove lasciò; Ruggiero;
ma non lo consentì; sua dura sorte,
che la fe' traviar per un sentiero
che la portò; dov'era spesso e forte,
dove più; strano e più; solingo il bosco,
lasciando il sol già; il mondo all'aer fosco.
6
Né; sappiendo ella ove potersi altrove
la notte riparar, si fermò; quivi
sotto le frasche in su l'erbette nuove,
parte dormendo, fin che 'l giorno arrivi,
parte mirando ora Saturno or Giove,
Venere e Marte e gli altri erranti divi;
ma sempre, o vegli o dorma, con la mente
contemplando Ruggier come presente.
7
Spesso di cor profondo ella sospira,
di pentimento e di dolor compunta,
ch'abbia in lei, più; ch'amor, potuto l'ira.
- L'ira (dicea) m'ha dal mio amor disgiunta:
almen ci avessi io posta alcuna mira,
poi ch'avea pur la mala impresa assunta,
di saper ritornar donde io veniva;
che ben fui d'occhi e di memoria priva. -
8
Queste ed altre parole ella non tacque,
e molto più; ne ragionò; col core.
Il vento intanto di sospiri, e l'acque
di pianto facean pioggia di dolore.
Dopo una lunga aspettazion pur nacque
in oriente il disiato albore:
ed ella prese il suo destrier ch'intorno
giva pascendo, ed andò; contra il giorno.
9
Né; molto andò;, che si trovò; all'uscita
del bosco, ove pur dianzi era il palagio,
là; dove molti dì; l'avea schernita
con tanto error l'incantator malvagio.
Ritrovò; quivi Astolfo, che fornita
la briglia all'ippogrifo avea a grande agio,
e stava in gran pensier di Rabicano,
per non sapere a chi lasciarlo in mano.
10
A caso si trovò; che fuor di testa
l'elmo allor s'avea tratto il paladino;
sì; che tosto ch'uscì; de la foresta,
Bradamante conobbe il suo cugino.
Di lontan salutollo, e con gran festa
gli corse, e l'abbracciò; poi più; vicino;
e nominossi, ed alzò; la visiera,
e chiaramente fe' veder ch'ell'era.
11
Non potea Astolfo ritrovar persona
a chi il suo Rabican meglio lasciasse,
perché; dovesse averne guardia buona
e renderglielo poi come tornasse,
de la figlia del duca di Dordona;
e parvegli che Dio gli la mandasse.
Vederla volentier sempre solea,
ma pel bisogno or più; ch'egli n'avea.
12
Da poi che due o tre volte ritornati
fraternamente ad abbracciar si foro,
e si for l'uno a l'altro domandati
con molta affezion de l'esser loro,
Astolfo disse: - Ormai, se dei pennati
vo' 'l paese cercar, troppo dimoro: -
ed aprendo alla donna il suo pensiero,
veder le fece il volator destriero.
13
A lei non fu di molta maraviglia
veder spiegare a quel destrier le penne;
ch'altra volta, reggendogli la briglia
Atlante incantator, contra le venne;
e le fece doler gli occhi e le ciglia:
sì; fisse dietro a quel volar le tenne
quel giorno, che da lei Ruggier lontano
portato fu per camin lungo e strano.
14
Astolfo disse a lei, che le volea
dar Rabican, che sì; nel corso affretta,
che, se scoccando l'arco si movea,
si solea lasciar dietro la saetta;
e tutte l'arme ancor, quante n'avea,
che vuol che a Montalban gli le rimetta,
e gli le serbi fin al suo ritorno;
che non gli fanno or di bisogno intorno.
15
Volendosene andar per l'aria a volo,
aveasi a far quanto potea più; lieve.
Tiensi la spada e 'l corno, ancor che solo
bastargli il corno ad ogni risco deve.
Bradamante la lancia che 'l figliuolo
portò; di Galafrone, anco riceve;
la lancia che di quanti ne percuote
fa le selle restar subito vote.
16
Salito Astolfo sul destrier volante,
lo fa mover per l'aria lento lento;
indi lo caccia sì;, che Bradamante
ogni vista ne perde in un momento.
Così; si parte col pilota inante
il nochier che gli scogli teme e 'l vento;
e poi che 'l porto e i liti a dietro lassa,
spiega ogni vela e inanzi ai venti passa.
17
La donna, poi che fu partito il duca,
rimase in gran travaglio de la mente;
che non sa come a Montalban conduca
l'armatura e il destrier del suo parente;
però; che 'l cuor le cuoce e le manuca
l'ingorda voglia e il desiderio ardente
di riveder Ruggier, che, se non prima,
a Vallombrosa ritrovar lo stima.
18
Stando quivi suspesa, per ventura
si vede inanzi giungere un villano,
dal qual fa rassettar quella armatura,
come si puote, e por su Rabicano;
poi di menarsi dietro gli diè; cura
i duo cavalli, un carco e l'altro a mano:
ella n'avea duo prima; ch'avea quello
sopra il qual levò; l'altro a Pinabello.
19
Di Vallombrosa pensò; far la strada,
che trovar quivi il suo Ruggier ha speme;
ma qual più; breve o qual miglior vi vada,
poco discerne, e d'ire errando teme.
Il villan non avea de la contrada
pratica molta; ed erreranno insieme.
Pur andare a ventura ella si messe,
dove pensò; che 'l loco esser dovesse.
20
Di qua di là; si volse, né; persona
incontrò; mai da domandar la via.
Si trovò; uscir del bosco in su la nona
dove un castel poco lontan scoprì;a,
il qual la cima a un monticel corona.
Lo mira, e Montalban le par che sia:
ed era certo Montalbano; e in quello
avea la matre ed alcun suo fratello.
21
Come la donna conosciuto ha il loco,
nel cor s'attrista, e più; ch'i' non so dire:
sarà; scoperta, se si ferma un poco,
né; più; le sarà; lecito a partire;
se non si parte, l'amoroso foco
l'arderà; sì;, che la farà; morire:
non vedrà; più; Ruggier, né; farà; cosa
di quel ch'era ordinato a Vallombrosa.
22
Stette alquanto a pensar; poi si risolse
di voler dar a Montalban le spalle:
e verso la badia pur si rivolse,
che quindi ben sapea qual era il calle.
Ma sua fortuna, o buona o trista, volse
che prima ch'ella uscisse de la valle,
scontrasse Alardo, un de' fratelli sui;
né; tempo di celarsi ebbe da lui.
23
Veniva da partir gli alloggiamenti
per quel contado a cavallieri e a fanti;
ch'ad istanza di Carlo nuove genti
fatto avea de le terre circostanti.
I saluti e i fraterni abbracciamenti
con le grate accoglienze andaro inanti;
e poi, di molte cose a paro a paro
tra lor parlando, in Montalban tornaro.
24
Entrò; la bella donna in Montalbano,
dove l'avea con lacrimosa guancia
Beatrice molto desiata invano,
e fattone cercar per tutta Francia.
Or quivi i baci e il giunger mano a mano
di matre e di fratelli estimò; ciancia
verso gli avuti con Ruggier complessi,
ch'avrà; ne l'alma eternamente impressi.
25
Non potendo ella andar, fece pensiero
ch'a Vallombrosa altri in suo nome andasse
immantinente ad avisar Ruggiero
de la cagion ch'andar lei non lasciasse;
e lui pregar (s'era pregar mestiero)
che quivi per suo amor si battezzasse,
e poi venisse a far quanto era detto,
sì; che si desse al matrimonio effetto.
26
Pel medesimo messo fe' disegno
di mandar a Ruggiero il suo cavallo,
che gli solea tanto esser caro: e degno
d'essergli caro era ben senza fallo;
che non s'avria trovato in tutto 'l regno
dei Saracin, né; sotto il signor Gallo,
più; bel destrier di questo o più; gagliardo,
eccetti Brigliador, soli, e Baiardo.
27
Ruggier, quel dì; che troppo audace ascese
su l'ippogrifo, e verso il ciel levosse,
lasciò; Frontino, e Bradamante il prese
(Frontino, che 'l destrier così; nomosse);
mandollo a Montalbano, e a buone spese
tener lo fece, e mai non cavalcosse,
se non per breve spazio e a picciol passo;
sì; ch'era più; che mai lucido e grasso.
28
Ogni sua donna tosto, ogni donzella
pon seco in opra, e con suttil lavoro
fa sopra seta candida e morella
tesser ricamo di finissimo oro;
e di quel cuopre ed orna briglia e sella
del buon destrier: poi sceglie una di loro
figlia di Callitrefia sua nutrice,
d'ogni secreto suo fida uditrice.
29
Quanto Ruggier l'era nel core impresso,
mille volte narrato avea a costei;
la beltà;, la virtude, i modi d'esso
esaltato l'avea fin sopra i dei.
A sé; chiamolla, e disse: - Miglior messo
a tal bisogno elegger non potrei;
che di te né; più; fido né; più; saggio
imbasciator, Ippalca mia, non aggio. -
30
Ippalca la donzella era nomata.
- Va, - le dice, e l'insegna ove de' gire;
e pienamente poi l'ebbe informata
di quanto avesse al suo signore a dire;
e far la scusa se non era andata
al monaster: che non fu per mentire;
ma che Fortuna, che di noi potea
più; che noi stessi, da imputar s'avea.
31
Montar la fece s'un ronzino, e in mano
la ricca briglia di Frontin le messe:
e se sì; pazzo alcuno o sì; villano
trovasse, che levar le lo volesse;
per fargli a una parola il cervel sano,
di chi fosse il destrier sol gli dicesse;
che non sapea sì; ardito cavalliero,
che non tremasse al nome di Ruggiero.
32
Di molte cose l'ammonisce e molte,
che trattar con Ruggier abbia in sua vece;
le qual poi ch'ebbe Ippalca ben raccolte,
si pose in via, né; più; dimora fece.
Per strade e campi e selve oscure e folte
cavalcò; de le miglia più; di diece;
che non fu a darle noia chi venisse,
né; a domandarla pur dove ne gisse.
33
A mezzo il giorno, nel calar d'un monte,
in una stretta e malagevol via
si venne ad incontrar con Rodomonte,
ch'armato un piccol nano e a piè; seguia.
Il Moro alzò; vêr lei 1'altiera fronte,
e bestemmiò; l'eterna Ierarchia,
poi che sì; bel destrier, sì; bene ornato,
non avea in man d'un cavallier trovato.
34
Avea giurato che 'l primo cavallo
torria per forza, che tra via incontrasse.
Or questo è; stato il primo; e trovato hallo
più; bello e più; per lui, che mai trovasse:
ma torlo a una donzella gli par fallo;
e pur agogna averlo, e in dubbio stasse.
Lo mira, lo contempla, e dice spesso:
- Deh perché; il suo signor non è; con esso! -
35
- Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca)
che ti faria cangiar forse pensiero.
Assai più; di te val chi lo cavalca,
né; lo pareggia al mondo altro guerriero. -
- Chi è; (le disse il Moro) che sì; calca
l'onore altrui? - Rispose ella: - Ruggiero. -
E quel suggiunse: - Adunque il destrier voglio,
poi ch'a Ruggier, sì; gran campion, lo toglio.
36
Il qual, se sarà; ver, come tu parli,
che sia sì; forte, e più; d'ogn'altro vaglia,
non che il destrier, ma la vettura darli
converrammi, e in suo albitrio fia la taglia.
Che Rodomonte io sono, hai da narrarli,
e che, se pur vorrà; meco battaglia,
mi troverà;; ch'ovunque io vada o stia,
mi fa sempre apparir la luce mia.
37
Dovunque io vo, sì; gran vestigio resta,
che non lo lascia il fulmine maggiore. -
Così; dicendo, avea tornate in testa
le redine dorate al corridore:
sopra gli salta; e lacrimosa e mesta
rimane Ippalca, e spinta dal dolore
minaccia Rodomonte e gli dice onta:
non l'ascolta egli, e su pel poggio monta.
38
Per quella via dove lo guida il nano
per trovar Mandricardo e Doralice,
gli viene Ippalca dietro di lontano,
e lo bestemmia sempre e maledice.
Ciò; che di questo avvenne, altrove è; piano.
Turpin, che tutta questa istoria dice,
fa qui digresso, e torna in quel paese
dove fu dianzi morto il Maganzese.
39
Dato avea a pena a quel loco le spalle
la figliuola d'Amon, ch'in fretta gì;a,
che v'arrivò; Zerbin per altro calle
con la fallace vecchia in compagnia:
e giacer vide il corpo ne la valle
del cavallier, che non sa già; chi sia;
ma, come quel ch'era cortese e pio,
ebbe pietà; del caso acerbo e rio.
40
Giaceva Pinabello in terra spento,
versando il sangue per tante ferite,
ch'esser doveano assai, se più; di cento
spade in sua morte si fossero unite.
Il cavallier di Scozia non fu lento
per l'orme che di fresco eran scolpite
a porsi in avventura, se potea
saper chi l'omicidio fatto avea.
41
Ed a Gabrina dice che l'aspette;
che senza indugio a lei farà; ritorno.
Ella presso al cadavero si mette,
e fissamente vi pon gli occhi intorno;
perché;, se cosa v'ha che le dilette,
non vuol ch'un morto invan più; ne sia adorno,
come colei che fu, tra l'altre note,
quanto avara esser più; femina puote.
42
Se di portarne il furto ascosamente
avesse avuto modo o alcuna speme,
la sopravesta fatta riccamente
gli avrebbe tolta, e le bell'arme insieme.
Ma quel che può; celarsi agevolmente,
si piglia, e 'l resto fin al cor le preme.
Fra l'altre spoglie un bel cinto levonne,
e se ne legò; i fianchi infra due gonne.
43
Poco dopo arrivò; Zerbin, ch'avea
seguito invan di Bradamante i passi,
perché; trovò; il sentier che si torcea
in molti rami ch'ivano alti e bassi:
e poco ormai del giorno rimanea,
né; volea al buio star fra quelli sassi;
e per trovare albergo diè; le spalle
con l'empia vecchia alla funesta valle.
44
Quindi presso a dua miglia ritrovaro
un gran castel che fu detto Altariva,
dove per star la notte si fermaro,
che già; a gran volo inverso il ciel saliva.
Non vi ster molto, ch'un lamento amaro
l'orecchie d'ogni parte lor feriva;
e veggon lacrimar da tutti gli occhi,
come la cosa a tutto il popul tocchi.
45
Zerbino dimandonne, e gli fu detto
che venut'era al cont'Anselmo aviso,
che fra duo monti in un sentiero istretto
giacea il suo figlio Pinabello ucciso.
Zerbin, per non ne dar di sé; sospetto,
di ciò; si finge nuovo, e abbassa il viso;
ma pensa ben, che senza dubbio sia
quel ch'egli trovò; morto in su la via.
46
Dopo non molto la bara funè;bre
giunse, a splendor di torchi e di facelle,
là; dove fece le strida più; crebre
con un batter di man gire alle stelle,
e con più; vena fuor de le palpè;bre
le lacrime inundar per le mascelle:
ma più; de l'altre nubilose ed atre
era la faccia del misero patre.
47
Mentre apparecchio si facea solenne
di grandi esequie e di funè;bri pompe,
secondo il modo ed ordine che tenne
l'usanza antiqua e ch'ogni età; corrompe;
da parte del signore un bando venne,
che tosto il popular strepito rompe,
e promette gran premio a chi dia aviso
chi stato sia che gli abbia il figlio ucciso.
48
Di voce in voce e d'una in altra orecchia
il grido e 'l bando per la terra scorse,
fin che l'udì; la scelerata vecchia
che di rabbia avanzò; le tigri e l'orse;
e quindi alla ruina s'apparecchia
di Zerbino, o per l'odio che gli ha forse,
o per vantarsi pur, che sola priva
d'umanitade in uman corpo viva;
49
o fosse pur per guadagnarsi il premio:
a ritrovar n'andò; quel signor mesto;
e dopo un verisimil suo proemio,
gli disse che Zerbin fatto avea questo:
e quel bel cinto si levò; di gremio,
che 'l miser padre a riconoscer presto,
appresso il testimonio e tristo uffizio
de l'empia vecchia, ebbe per chiaro indizio.
50
E lacrimando al ciel leva le mani,
che 'l figliuol non sarà; senza vendetta.
Fa circundar l'albergo ai terrazzani;
che tutto 'l popul s'è; levato in fretta.
Zerbin che gli nimici aver lontani
si crede, e questa ingiuria non aspetta,
dal conte Anselmo, che si chiama offeso
tanto da lui, nel primo sonno è; preso;
51
e quella notte in tenebrosa parte
incatenato, e in gravi ceppi messo.
Il sole ancor non ha le luci sparte,
che l'ingiusto supplicio è; già; commesso;
che nel loco medesimo si squarte,
dove fu il mal c'hanno imputato ad esso.
Altra esamina in ciò; non si facea:
bastava che 'l signor così; credea.
52
Poi che l'altro matin la bella Aurora
l'aer seren fe' bianco e rosso e giallo,
tutto 'l popul gridando: - Mora, mora, -
vien per punir Zerbin del non suo fallo.
Lo sciocco vulgo l'accompagna fuora,
senz'ordine, chi a piede e chi a cavallo,
e 'l cavallier di Scozia a capo chino
ne vien legato in s'un piccol ronzino.
53
Ma Dio, che spesso gl'innocenti aiuta,
né; lascia mai ch'in sua bontà; si fida,
tal difesa gli avea già; proveduta,
che non v'è; dubbio più; ch'oggi s'uccida.
Quivi Orlando arrivò;, la cui venuta
alla via del suo scampo gli fu guida.
Orlando giù; nel pian vide la gente
che trae a morte il cavallier dolente.
54
Era con lui quella fanciulla, quella
che ritrovò; ne la selvaggia grotta,
del re galego la figlia lssabella,
in poter già; de' malandrin condotta,
poi che lasciato avea ne la procella
del truculento mar la nave rotta:
quella che più; vicino al core avea
questo Zerbin, che l'alma onde vivea.
55
Orlando se l'avea fatta compagna,
poi che de la caverna la riscosse.
Quando costei li vide alla campagna,
domandò; Orlando, chi la turba fosse.
- Non so, - diss'egli; e poi su la montagna
lasciolla, e verso il pian ratto si mosse.
Guardò; Zerbino, ed alla vista prima
lo giudicò; baron di molta stima.
56
E fattosegli appresso, domandollo
per che cagione e dove il menin preso.
Levò; il dolente cavalliero il collo,
e meglio avendo il paladino inteso,
rispose il vero; e così; ben narrollo,
che meritò; dal conte esser difeso.
Bene avea il conte alle parole scorto
ch'era innocente, e che moriva a torto.
57
E poi che 'ntese che commesso questo
era dal conte Anselmo d'Altariva,
fu certo ch'era torto manifesto;
ch'altro da quel fellon mai non deriva.
Ed oltre a ciò;, l'uno era all'altro infesto
per l'antiquissimo odio che bolliva
tra il sangue di Maganza e di Chiarmonte;
e tra lor eran morti e danni ed onte.
58
- Slegate il cavallier (gridò;), canaglia,
(il conte a' masnadieri), o ch'io v'uccido. -
- Chi è; costui che sì; gran colpi taglia?
(rispose un che parer volle il più; fido).
Se di cera noi fussimo o di paglia,
e di fuoco egli, assai fôra quel grido. -
E venne contra il paladin di Francia:
Orlando contra lui chinò; la lancia.
59
La lucente armatura il Maganzese,
che levata la notte avea a Zerbino,
e postasela indosso, non difese
contro l'aspro incontrar del paladino.
Sopra la destra guancia il ferro prese:
l'elmo non passò; già;, perch'era fino;
ma tanto fu de la percossa il crollo,
che la vita gli tolse e roppe il collo.
60
Tutto in un corso, senza tor di resta
la lancia, passò; un altro in mezzo 'l petto:
quivi lasciolla, e la mano ebbe presta
a Durindana; e nel drappel più; stretto
a chi fece due parti de la testa,
a chi levò; dal busto il capo netto;
forò; la gola a molti; e in un momento
n'uccise e messe in rotta più; di cento.
61
Più; del terzo n'ha morto, e 'l resto caccia
e taglia e fende e fiere e fora e tronca.
Chi lo scudo, e chi l'elmo che lo 'mpaccia,
e chi lascia lo spiedo e chi la ronca;
chi al lungo, chi al traverso il camin spaccia;
altri s'appiatta in bosco, altri in spelonca.
Orlando, di pietà; questo dì; privo,
a suo poter non vuol lasciarne un vivo.
62
Di cento venti (che Turpin sottrasse
il conto), ottanta ne periro almeno.
Orlando finalmente si ritrasse
dove a Zerbin tremava il cor nel seno.
S'al ritornar d'Orlando s'allegrasse,
non si potria contare in versi a pieno.
Se gli saria per onorar prostrato;
ma si trovò; sopra il ronzin legato.
63
Mentre ch'Orlando, poi che lo disciolse,
l'aiutava a ripor l'arme sue intorno,
ch'al capitan de la sbirraglia tolse,
che per suo mal se n'era fatto adorno;
Zerbino gli occhi ad Issabella volse,
che sopra il colle avea fatto soggiorno,
e poi che de la pugna vide il fine,
portò; le sue bellezze più; vicine.
64
Quando apparir Zerbin si vide appresso
la donna che da lui fu amata tanto,
la bella donna che per falso messo
credea sommersa, e n'ha più; volte pianto;
com'un ghiaccio nel petto gli sia messo,
sente dentro aggelarsi, e triema alquanto:
ma tosto il freddo manca, ed in quel loco
tutto s'avampa d'amoroso fuoco.
65
Di non tosto abbracciarla lo ritiene
la riverenza del signor d'Anglante;
perché; si pensa, e senza dubbio tiene
ch'Orlando sia de la donzella amante.
Così; cadendo va di pene in pene,
e poco dura il gaudio ch'ebbe inante:
il vederla d'altrui peggio sopporta,
che non fe' quando udì; ch'ella era morta.
66
E molto più; gli duol che sia in podesta
del cavalliero a cui cotanto debbe;
perché; volerla a lui levar né; onesta
né; forse impresa facile sarebbe.
Nessuno altro da sé; lassar con questa
preda partir senza romor vorrebbe:
ma verso il conte il suo debito chiede
che se lo lasci por sul collo il piede.
67
Giunsero taciturni ad una fonte,
dove smontaro e fer qualche dimora.
Trassesi l'elmo il travagliato conte,
ed a Zerbin lo fece trarre ancora.
Vede la donna il suo amatore in fronte,
e di subito gaudio si scolora;
poi torna come fiore umido suole
dopo gran pioggia all'apparir del sole.
68
E senza indugio e senza altro rispetto
corre al suo caro amante, e il collo abbraccia;
e non può; trar parola fuor del petto,
ma di lacrime il sen bagna e la faccia.
Orlando attento all'amoroso affetto,
senza che più; chiarezza se gli faccia,
vide a tutti gl'indizi manifesto
ch'altri esser, che Zerbin, non potea questo.
69
Come la voce aver poté; Issabella,
non bene asciutta ancor l'umida guancia,
sol de la molta cortesia favella,
che l'avea usata il paladin di Francia.
Zerbino, che tenea questa donzella
con la sua vita pare a una bilancia,
si getta a' piè; del conte, e quello adora
come a chi gli ha due vite date a un'ora.
70
Molti ringraziamenti e molte offerte
erano per seguir tra i cavallieri,
se non udian sonar le vie coperte
dagli arbori di frondi oscuri e neri.
Presti alle teste lor, ch'eran scoperte,
posero gli elmi, e presero i destrieri:
ed ecco un cavalliero e una donzella
lor sopravien, ch'a pena erano in sella.
71
Era questo guerrier quel Mandricardo
che dietro Orlando in fretta si condusse
per vendicar Alzirdo e Manilardo,
che 'l paladin con gran valor percusse:
quantunque poi lo seguitò; più; tardo;
che Doralice in suo poter ridusse,
la quale avea con un troncon di cerro
tolta a cento guerrier carchi di ferro.
72
Non sapea il Saracin però;, che questo,
ch'egli seguia, fosse il signor d'Anglante:
ben n'avea indizio e segno manifesto
ch'esser dovea gran cavalliero errante.
A lui mirò; più; ch'a Zerbino, e presto
gli andò; con gli occhi dal capo alle piante;
e i dati contrasegni ritrovando,
disse: - Tu se' colui ch'io vo cercando.
73
Sono omai dieci giorni (gli soggiunse)
che di cercar non lascio i tuo' vestigi:
tanto la fama stimolommi e punse,
che di te venne al campo di Parigi,
quando a fatica un vivo sol vi giunse
di mille che mandasti ai regni stigi;
e la strage contò;, che da te venne
sopra i Norizi e quei di Tremisenne.
74
Non fui, come lo seppi, a seguir lento,
e per vederti e per provarti appresso:
e perché; m'informai del guernimento
c'hai sopra l'arme, io so che tu sei desso;
e se non l'avessi anco, e che fra cento
per celarti da me ti fossi messo,
il tuo fiero sembiante mi faria
chiaramente veder che tu quel sia. -
75
- Non si può; (gli rispose Orlando) dire
che cavallier non sii d'alto valore;
però; che sì; magnanimo desire
non mi credo albergasse in umil core.
Se 'l volermi veder ti fa venire,
vo' che mi veggi dentro, come fuore:
mi leverò; questo elmo da le tempie,
acciò; ch'a punto il tuo desire adempie.
76
Ma poi che ben m'avrai veduto in faccia,
all'altro desiderio ancora attendi:
resta ch'alla cagion tu satisfaccia,
che fa che dietro questa via mi prendi;
che veggi se 'l valor mio si confaccia
a quel sembiante fier che sì; commendi. -
- Orsù; (disse il pagano), al rimanente;
ch'al primo ho satisfatto interamente. -
77
Il conte tuttavia dal capo al piede
va cercando il pagan tutto con gli occhi:
mira ambi i fianchi, indi l'arcion; né; vede
pender né; qua né; là; mazze né; stocchi.
Gli domanda di ch'arme si provede,
s'avvien che con la lancia in fallo tocchi.
Rispose quel: - Non ne pigliar tu cura:
così; a molt'altri ho ancor fatto paura.
78
Ho sacramento di non cinger spada,
fin ch'io non tolgo Durindana al conte;
e cercando lo vo per ogni strada,
acciò; più; d'una posta meco sconte.
Lo giurai (se d'intenderlo t'aggrada)
quando mi posi quest'elmo alla fronte,
il qual con tutte l'altr'arme ch'io porto,
era d'Ettò;r, che già; mill'anni è; morto.
79
La spada sola manca alle buone arme:
come rubata fu, non ti so dire.
Or che la porti il paladino, parme;
e di qui vien ch'egli ha sì; grande ardire.
Ben penso, se con lui posso accozzarme,
fargli il mal tolto ormai ristituire.
Cercolo ancor, che vendicar disio
il famoso Agrican genitor mio.
80
Orlando a tradimento gli diè; morte:
ben so che non potea farlo altrimente. -
Il conte più; non tacque, e gridò; forte:
- E tu e qualunque il dice, se ne mente.
Ma quel che cerchi t'è; venuto in sorte:
io sono Orlando, e uccisil giustamente;
e questa è; quella spada che tu cerchi,
che tua sarà;, se con virtù; la merchi.
81
Quantunque sia debitamente mia,
tra noi per gentilezza si contenda:
né; voglio in questa pugna ch'ella sia
più; tua che mia; ma a un arbore s'appenda.
Levala tu liberamente via,
s'avvien che tu m'uccida o che mi prenda. -
Così; dicendo, Durindana prese,
e 'n mezzo il campo a un arbuscel l'appese.
82
Già; l'un da l'altro è; dipartito lunge,
quanto sarebbe un mezzo tratto d'arco:
già; l'uno contra l'altro il destrier punge,
né; de le lente redine gli è; parco:
già; l'uno e l'altro di gran colpo aggiunge
dove per l'elmo la veduta ha varco.
Parveno l'aste, al rompersi, di gielo;
e in mille schegge andar volando al cielo.
83
L'una e l'altra asta è; forza che si spezzi;
che non voglion piegarsi i cavallieri,
i cavallier che tornano coi pezzi
che son restati appresso i calci interi.
Quelli, che sempre fur nel ferro avezzi,
or, come duo villan per sdegno fieri
nel partir acque o termini de prati,
fan crudel zuffa di duo pali armati.
84
Non stanno l'aste a quattro colpi salde,
e mancan nel furor di quella pugna.
Di qua e di là; si fan l'ire più; calde;
né; da ferir lor resta altro che pugna.
Schiodano piastre, e straccian maglie e falde,
pur che la man, dove s'aggraffi, giugna.
Non desideri alcun, perché; più; vaglia,
martel più; grave o più; dura tanaglia.
85
Come può; il Saracin ritrovar sesto
di finir con suo onore il fiero invito?
Pazzia sarebbe il perder tempo in questo,
che nuoce al feritor più; ch'al ferito.
Andò; alle strette l'uno e l'altro, e presto
il re pagano Orlando ebbe ghermito:
lo strigne al petto; e crede far le prove
che sopra Anteo fe' già; il figliol di Giove.
86
Lo piglia con molto impeto a traverso:
quando lo spinge, e quando a sé; lo tira;
ed è; ne la gran colera sì; immerso,
ch'ove resti la briglia poco mira.
Sta in sé; raccolto Orlando, e ne va verso
il suo vantaggio, e alla vittoria aspira:
gli pon la cauta man sopra le ciglia
del cavallo, e cader ne fa la briglia.
87
Il Saracino ogni poter vi mette,
che lo soffoghi, o de l'arcion lo svella:
negli urti il conte ha le ginocchia strette;
né; in questa parte vuol piegar né; in quella.
Per quel tirar che fa il pagan, costrette
le cingie son d'abandonar la sella.
Orlando è; in terra, e a pena sel conosce:
ch'i piedi ha in staffa, e stringe ancor le cosce.
88
Con quel rumor ch'un sacco d'arme cade,
risuona il conte, come il campo tocca.
Il destrier c'ha la testa in libertade,
quello a chi tolto il freno era di bocca,
non più; mirando i boschi che le strade,
con ruinoso corso si trabocca,
spinto di qua e di là; dal timor cieco;
e Mandricardo se ne porta seco.
89
Doralice che vede la sua guida
uscir dal campo e torlesi d'appresso,
e mal restarne senza si confida,
dietro, correndo, il suo ronzin gli ha messo.
Il pagan per orgoglio al destrier grida,
e con mani e con piedi il batte spesso;
e, come non sia bestia, lo minaccia
perché; si fermi, e tuttavia più; il caccia.
90
La bestia, ch'era spaventosa e poltra,
sanza guardarsi ai piè;, corre a traverso.
Già; corso avea tre miglia, e seguiva oltra,
s'un fosso a quel desir non era avverso;
che, sanza aver nel fondo o letto o coltra,
riceve l'uno e l'altro in sé; riverso.
Diè; Mandricardo in terra aspra percossa;
né; però; si fiaccò; né; si roppe ossa.
91
Quivi si ferma il corridore al fine,
ma non si può; guidar, che non ha freno.
Il Tartaro lo tien preso nel crine,
e tutto è; di furore e d'ira pieno.
Pensa, e non sa quel che di far destine.
- Pongli la briglia del mio palafreno
(la donna gli dicea); che non è; molto
il mio feroce, o sia col freno o sciolto. -
92
Al Saracin parea discortesia
la proferta accettar di Doralice;
ma fren gli farà; aver per altra via
Fortuna a' suoi disii molto fautrice.
Quivi Gabrina scelerata invia,
che, poi che di Zerbin fu traditrice,
fuggia, come la lupa che lontani
oda venire i cacciatori e i cani.
93
Ella avea ancora indosso la gonnella,
e quei medesimi giovenili ornati
che furo alla vezzosa damigella
di Pinabel, per lei vestir, levati;
ed avea il palafreno anco di quella,
dei buon del mondo e degli avantaggiati.
La vecchia sopra il Tartaro trovosse,
ch'ancor non s'era accorta che vi fosse.
94
L'abito giovenil mosse la figlia
di Stordilano, e Mandricardo a riso,
vedendolo a colei che rassimiglia
a un babuino, a un bertuccione in viso.
Disegna il Saracin torle la briglia
pel suo destriero, e riuscì; l'aviso.
Toltogli il morso, il palafren minaccia,
gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia.
95
Quel fugge per la selva, e seco porta
la quasi morta vecchia di paura
per valli e monti e per via dritta e torta,
per fossi e per pendici alla ventura.
Ma il parlar di costei sì; non m'importa,
ch'io non debba d'Orlando aver più; cura,
ch'alla sua sella ciò; ch'era di guasto,
tutto ben racconciò; sanza contrasto.
96
Rimontò; sul destriero, e ste' gran pezzo
a riguardar che 'l Saracin tornasse.
Nol vedendo apparir, volse da sezzo
egli esser quel ch'a ritrovarlo andasse;
ma, come costumato e bene avezzo,
non prima il paladin quindi si trasse,
che con dolce parlar grato e cortese
buona licenza dagli amanti prese.
97
Zerbin di quel partir molto si dolse;
di tenerezza ne piangea Issabella:
voleano ir seco, ma il conte non volse
lor compagnia, ben ch'era e buona e bella;
e con questa ragion se ne disciolse,
ch'a guerrier non è; infamia sopra quella
che, quando cerchi un suo nimico, prenda
compagno che l'aiuti e che 'l difenda.
98
Li pregò; poi, che quando il Saracino,
prima ch'in lui, si riscontrasse in loro,
gli dicesser ch'Orlando avria vicino
ancor tre giorni per quel tenitoro;
ma dopo, che sarebbe il suo camino
verso le 'nsegne dei bei gigli d'oro,
per esser con l'esercito di Carlo,
acciò;, volendol, sappia onde chiamarlo.
99
Quelli promiser farlo volentieri,
e questa e ogn'altra cosa al suo comando.
Feron camin diverso i cavallieri,
di qua Zerbino, e di là; il conte Orlando.
Prima che pigli il conte altri sentieri,
all'arbor tolse, e a sé; ripose il brando;
e dove meglio col pagan pensosse
di potersi incontrare, il destrier mosse.
100
Lo strano corso che tenne il cavallo
del Saracin pel bosco senza via,
fece ch'Orlando andò; duo giorni in fallo,
né; lo trovò;, né; poté; averne spia.
Giunse ad un rivo che parea cristallo,
ne le cui sponde un bel pratel fioria,
di nativo color vago e dipinto,
e di molti e belli arbori distinto.
101
Il merigge facea grato l'orezzo
al duro armento ed al pastore ignudo;
sì; che né; Orlando sentia alcun ribrezzo,
che la corazza avea, l'elmo e lo scudo.
Quivi egli entrò; per riposarvi in mezzo;
e v'ebbe travaglioso albergo e crudo,
e più; che dir si possa empio soggiorno,
quell'infelice e sfortunato giorno.
102
Volgendosi ivi intorno, vide scritti
molti arbuscelli in su l'ombrosa riva.
Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti,
fu certo esser di man de la sua diva.
Questo era un di quei lochi già; descritti,
ove sovente con Medor veniva
da casa del pastore indi vicina
la bella donna del Catai regina.
103
Angelica e Medor con cento nodi
legati insieme, e in cento lochi vede.
Quante lettere son, tanti son chiodi
coi quali Amore il cor gli punge e fiede.
Va col pensier cercando in mille modi
non creder quel ch'al suo dispetto crede:
ch'altra Angelica sia, creder si sforza,
ch'abbia scritto il suo nome in quella scorza.
104
Poi dice: - Conosco io pur queste note:
di tal'io n'ho tante vedute e lette.
Finger questo Medoro ella si puote:
forse ch'a me questo cognome mette.
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