Bene, bene!

E le sussurra qualcosa all’orecchio...

Con un’esile rete come questa

saprò ben impigliare un calabrone

come Cassio... Sì, sì, falle un sorriso!

E poi un altro... T’impastoierò

nei ceppi del tuo stesso corteggiare.

Hai detto bene, son come tu dici;

io, e se questi tuoi divertimenti

ti costeranno la luogotenenza

assai meglio per te sarebbe stato

che ti fossi baciato meno spesso

le punte delle tue tre dita unite,

come vedo che fai ancora adesso

per darti l’aria di bel damerino.

Ah bene!... Un baciamano ed un inchino!...

Eccellente! Così!... Bene davvero!

E ancora le tre dita sulle labbra...

Come vorrei, per il tuo stesso bene,

che fossero tre canne di clistere!

 

(Squillo di tromba da dentro)

Il Moro. Riconosco la sua tromba.

 

CASSIO -                                               Infatti.

 

DESDEMONA -                        Andiamo tutti ad incontrarlo.

 

CASSIO -                                               Non c’è bisogno: eccolo che viene.

 

Entra OTELLO con seguito

 

OTELLO -                                               (A Desdemona che gli corre incontro)

Oh, mia bella guerriera!

 

DESDEMONA -                                Otello caro!

 

OTELLO -                                               La meraviglia di trovarti qui

giunta prima di me, è tanto grande

quanto la mia lietezza, gioia mia!

Se seguono bonacce come questa

a una tempesta in mare,

soffino i venti da svegliar la morte,

e s’arrampichi la mia stracca nave

sulla cima delle spumose creste

alte quanto l’Olimpo,

per tuffarsi di nuovo nell’abisso,

per quanto dista il cielo dall’inferno!

Se morte ci cogliesse in questo istante,

sarebbe la felicità suprema,

perché mi sento l’anima pervasa

da un gaudio sì assoluto,

che più grande non potrà mai serbarmi

l’ignoto mio destino.

 

DESDEMONA -                                               Voglia il cielo che questo nostro amore

e questo nostro ineffabile gaudio

s’accrescano col volgere dei giorni!

 

OTELLO -                                               Così fate che sia, benigni dei!

Non so manifestar colle parole

quello che provo: mi fa nodo qui,

è troppo grande gioia!

(La bacia)

E questo...

(La bacia ancora)

... e questo…

sian sempre le maggiori discordanze

che possan far tra loro i nostri cuori!

 

JAGO -                                               (A parte)

Oh, intonàti lo siete adesso, e come!

Ma io, da quell’onest’uomo che sono,

saprò ben allentarvi tutti i bischeri

che producono questa bella musica!

 

OTELLO -                                               Vieni, avviamoci verso il castello.

Notizie, amici: la guerra è finita.

L’Ottomano è sepolto in fondo al mare.

Come vanno le vecchie conoscenze

mie di quest’isola?

(A Desdemona)

Mia cara, a Cipro,

vedrai, sarai da tutti benvoluta.

Ho ritrovato sempre un grande affetto

in mezzo a questa gente...

Ma m’accorgo che vo parlando troppo...

La grande gioia mi fa vaneggiare...

Jago, ti prego, rècati giù al porto

e fa’ portare a terra il mio bagaglio.

Poi accompagna il nostromo alla rocca.

S’è dimostrato un ottimo nocchiero:

la sua bravura merita rispetto.

Vieni Desdemona. Ancora una volta,

bene incontrata a Cipro, anima mia!

 

(Escono tutti, meno Jago e Roderigo)

 

JAGO -                                               Tra poco vieni a raggiungermi al porto.

Ascolta: se sei uomo di coraggio

- dacché, come si dice, anche i vigliacchi,

quando si dà che siano innamorati,

acquistano una nobiltà maggiore

di quella che si portan dalla nascita -

sentimi bene. Il suo luogotenente

stanotte veglia nel corpo di guardia.

Per prima cosa debbo dirti questo:

non c’è barba di dubbio che Desdemona

di lui è innamorata.

 

RODERIGO -                                Ma che dici!

Di lui! Di Cassio? No, non è possibile!

 

JAGO -                                               Metti il dito così,

(Gli prende la mano e gli mette un dito in su per le labbra,

come a chiudergli la bocca)

e lascia che istruisca la tua anima.

Guarda con che veemenza di passione

s’è di colpo invaghita di quel Moro,

sol perch’egli le ha fatto lo spaccone

dandole a bere fantasiose bubbole.

Credi che possa amarlo ancor per molto,

sol perché sa ciarlare?

Che non lo creda il tuo vigile cuore!

Di ben altra pastura devono pascersi

i suoi occhi! Che gusto le può dare

contemplare la faccia del demonio?

Una volta che il sangue sia acquietato,

intorpidito al gioco dell’amore,

quel che ci vuole a infiammarlo di nuovo

e ad accendere nuovo appetito

alla sua sazietà, è pari età

e leggiadria d’aspetto, equivalenza

di modi e di bellezza, tutte cose

di che è sprovvisto il Moro.

Ora, l’assenza di queste attrattive,

che pur nell’uomo sono necessarie,

farà sì che la sua delicatezza

finirà per sentirsi disillusa,

ella comincerà ad averne nausea,

e sarà poi la stessa sua natura

a disgustarla e farle odiare il Moro,

sospingendola verso un’altra scelta.

Ora, amico, se tutto ciò è sicuro

- ed il ragionamento mi par ovvio,

e non forzato - chi, meglio di Cassio,

è piazzato a toccar questa fortuna?

Un briccone che sa parlar fiorito,

dotato di quel tanto di coscienza

che basta a dargli un abito esteriore

di maniere civili e d’onestà,

per meglio secondar le sue tendenze

a salaci ed ipocrite lascivie...

Chi più adatto di lui? Nessuno al mondo.

Un viscido e sottile manigoldo,

uno ch’è sempre a caccia d’occasioni,

con l’occhio esperto a fabbricar vantaggi

per il suo tornaconto e a contraffarli

anche dove vantaggio non gli torni;

infine, un infernale lestofante.

E poi il briccone è giovane e belloccio

e ha tutti i requisiti ricercati

dalla stupidità e l’inesperienza:

un furfante pestilenziale, insomma.

E la donna l’ha già ben adocchiato.

 

RODERIGO -                                               Questo di lei non posso proprio crederlo,

piena com’è di sante qualità!

 

JAGO -                                               Sante un fico! Va’ là, ch’è fatto d’uva

anche il suo vino!... Fosse stata santa

mai si sarebbe invaghita del Moro!

Che bella santità, di latte e miele!([46])

 

RODERIGO -                                               Era un gesto di pura cortesia.

 

JAGO -                                               Libidine! Mi giocherei la vita!

Cominciamento, inizio, oscuro prologo

d’una storia d’osceni desideri!

Si sono avvicinati così a pelo

con le labbra, che i fiati s’abbracciavano.

Pensieri scellerati, Roderigo!

Quando scambievolezze di tal sorta

si fanno avanti a spianare la strada,

le segue a ruota l’atto principale,

la conclusione di due corpi uniti...

Che schifo!... Amico, lasciati guidare;

non t’ho condotto io, qui, da Venezia?

Stanotte veglierai, sarai di guardia;

ti farò avere l’ordine io stesso.

Cassio non ti conosce.

Io starò lì nei pressi, sottomano.

Trova un pretesto per farlo arrabbiare,

o coll’alzar con lui troppo la voce,

o contestando la sua disciplina,

o con altro pretesto che vorrai,

e che ti suggerisca l’occasione.

 

RODERIGO -                                               D’accordo.

 

JAGO -                        Bada, l’uomo è temerario

e facile alla collera e alle mani;

e potrà spingersi anche a colpirti;

ma proprio a tanto devi trascinarlo,

perch’io ne possa poi trarre motivo

per sollevargli contro questa gente

aizzandola col far loro intendere

che non potranno assaporar la pace

finché Cassio non sia tolto di mezzo.

Così potrai trovare raccorciata

la strada al viaggio dei tuoi desideri,

grazie ai mezzi ch’avrò io messo in opera

per secondarli, una volta abbattuto

l’impedimento che precluderebbe

ogni nostra speranza di successo.

 

RODERIGO -                                               Farò come tu dici,

se m’assicuri di poter condurre

a buon fine la cosa.

 

JAGO -                        Garantito.

Troviamoci più tardi su alla rocca.

Per il momento mi devo occupare

di scaricare a terra il suo bagaglio.

A più tardi.

 

RODERIGO -                        Va bene. Arrivederci.

 

(Esce)

 

JAGO -                                               Che Cassio sia di lei innamorato,

ne son convinto. Ch’ella lo ricambi,

è consonante, ed assai verosimile.

Il Moro, pur s’io non so sopportarlo,

è di natura nobile, costante,

affettuosa, e so già che per Desdemona

si scoprirà un carissimo marito.

Ma debbo confessare che anch’io l’amo,

e non per pura e semplice lussuria,

benché mi debba riconoscer reo

d’un non minor peccato, ma a ciò spinto

in parte per saziar la mia vendetta;

perché sospetto che l’ingordo Moro

sia montato a inforcare la mia sella:

un pensiero che mi corrode dentro

come un veleno, ed a placare il quale

altro non so che dargli il contraccambio

a pareggiar con lui moglie per moglie;

o, se ciò non dovesse riuscirmi,

iniettargli nell’animo

una dose talmente virulenta

di gelosia, che la ragione sua

non basti più a curare.

E a tal fine se questo straccio d’uomo

che mi porto al guinzaglio da Venezia

per frenarlo nell’affannosa caccia,

mi regge la battuta,([47]) questo Cassio

l’avrò completamente in mio potere

e lo diffamerò davanti al Moro

nel modo più garbato e suadente

(ché, tra l’altro, ho il sospetto che anche Cassio

abbia indossato la mia papalina),([48])

fino a ottener che il Moro, a conclusione,

mi ringrazi, mi prenda in simpatia

e mi compensi per averlo fatto

un alto e rispettabile somaro,

e per avergli tolto pace e quiete

fino a ridurlo pazzo.

Ecco, se pur ancora un po’ confusa,

la mia trama. Ma la ribalderia

mai non discopre la sua vera faccia

avanti ch’essa sia messa ad effetto.

 

(Esce)

 

 

SCENA II

 

Cipro, una strada

 

Entra l’ARALDO di Otello. Folla di popolani.

 

ARALDO -                                               È volontà di Otello,

nostro nobile e prode generale,

dopo notizie certe testé giunte

circa il disastro della flotta turca,

che ciascun abitante di quest’isola

si metta in festa: chi intrecciando danze,

chi accendendo falò,

si dia ciascuno

a quella sorta di divertimento

che gl’ispiri la propria condizione;

ché in più di queste felici notizie,

egli vuol festeggiare le sue nozze.

Tanto gli era gradito proclamare.

Tutti gli uffici([49]) sono aperti al pubblico,

con piena libertà di banchettare

dalla presente ora delle cinque

ai tocchi di campana delle undici.([50])

Iddio protegga l’isola di Cipro,

e Otello, nostro degno condottiero.

 

(Escono tutti)

 

 

SCENA III

 

Una sala del castello

 

Entrano OTELLO, DESDEMONA, CASSIO e altri

 

OTELLO -                                               (A Cassio)

Buon Michele, provvedi tu stanotte

al servizio di guardia: sarà bene

che insegniamo a noi stessi a contenerci

entro i limiti della discrezione,

onorevole freno per ciascuno.

 

CASSIO -                                               Jago ha avuto istruzioni sul da farsi;

ma, nonostante ciò, sarò io stesso

a vigilar su tutto coi miei occhi.

 

OTELLO -                                               Jago è persona quanto mai onesta.

Buona notte, Michele.

Domani passa da me di buon’ora.

Debbo parlarti.

(A Desdemona)

Andiamo amore mio.

Fatto l’acquisto, han da seguire i frutti;

e noi due non ne abbiamo ancora colti.([51])

 

(Escono Otello, Desdemona e seguito)

Entra JAGO

 

CASSIO -                                               Salve, Jago. Dobbiamo andar di guardia.

 

JAGO -                                               Non subito, però, luogotenente.

Le undici non sono ancor suonate.

Il generale ci ha lasciato prima

per correr tra le braccia di Desdemona;

né del resto possiamo biasimarlo,

dal momento che non s’è ancor goduto

una notte d’amore insieme a lei.

Ed ella è veramente un bocconcino

degno di Giove.

 

CASSIO -                        Un dama squisita.

 

JAGO -                                               Saporitissima, c’è da giurarlo.

 

CASSIO -                                               Una creatura fresca e delicata.

 

JAGO -                                               E che occhi! Par quasi che ti suonino

a parlamento, per provocazione.

 

CASSIO -                                               Occhi invitanti, sì,

e pur pieni di virginal pudore.

 

JAGO -                                               E quando parla!... Un richiamo all’amore!

 

CASSIO -                                               La perfezione stessa, in carne e ossa.

 

JAGO -                                               Bene, felicità alle lor lenzuola!

Qua, qua, luogotenente:

ho in serbo un bel boccale di buon vino,

e c’è qui fuori una coppia di giovani

della migliore società di Cipro

che vogliono brindare insieme a noi

al nero Otello.

 

CASSIO -                        No, non questa sera,

caro Jago. Non reggo molto il vino,

mi dà alla testa. Vorrei che dagli uomini

si potesse inventar qualche altra usanza

per trascorrere il tempo in compagnia.

Non è per scortesia.

 

JAGO -                        Ma sono amici!...

Solo un bicchiere. Berrò io per voi.

 

CASSIO -                                               Ne ho già bevuto un bicchiere stasera,

uno soltanto, e per giunta annacquato,

e guarda qui l’effetto che mi fa.([52])

Sono davvero assai mortificato

di questa specie di mia malattia,

ma non m’arrischio a mettere in pericolo

ulteriormente la mia debolezza.

 

JAGO -                                               Evvia, questa è una notte di baldoria!

Quei giovanotti ci tengono molto.

 

CASSIO -                                               Dove sono?

 

JAGO -                        Qui, fuori. Ve ne prego,

andate voi a dir loro di entrare.

 

CASSIO -                                               Vado; ma non ne ho proprio molta voglia.

 

(Esce)

 

JAGO -                                               Se arrivo ad appioppargli anche un bicchiere,

con l’altro che ha bevuto già stasera,

diventerà ringhioso e attaccabrighe

come il cagnetto della mia ragazza.([53])

Stasera quello stolido malato

di Roderigo, che par che l’amore

abbia voltato tutto sottosopra

come una fodera pel verso storto,

s’è tracannato un gotto dopo l’altro

per libare a Desdemona; e tra poco

dovrà venire a montare di guardia.

Ho provveduto intanto ad eccitare,

a forza di abbondanti libagioni,

tre altri baldanzosi giovinotti:

gente di Cipro: che tiene all’onore

come alla propria pelle,

la crema di quest’isola guerriera.

E anch’essi son di guardia questa notte.

Ora, fra questo branco d’ubriachi

sarà affar mio aizzare il nostro Cassio

a qualche gesto che suoni oltraggioso

per l’isola. Ma eccoli che arrivano.

 

Entrano CASSIO, MONTANO e alcuni GENTILUOMINI

Seguono servi recando vino

 

CASSIO -                                               Dio santo, già m’han dato una trincata!

 

MONTANO -                                               Sì, ma piccola; manco mezza pinta,

parola di soldato.

 

JAGO -                                Olà, del vino!

 

(Mentre i servi recano boccali di vino, canta)

“I boccali tintinnino, tin tin,

“Tintinni ogni boccale,

“un soldato è mortale

“e la vita è sì frale!

“Che ognuno vuoti dunque il suo boccale!”

 

Ragazzi, un po’ di vino!

 

CASSIO -                                               Una bella canzone, giuraddio.

 

JAGO -                                               L’ho imparata quand’ero in Inghilterra

dove sono davvero formidabili

quanto a reggere il vino; appetto a loro

i Danesi, i Tedeschi e gli Olandesi

coi lor pancioni... (Avanti, su, bevete),

son proprio niente.

 

CASSIO -                                Ah, sì, davvero, eh?

L’Inglese è così forte bevitore?

 

JAGO -                                               Eh, tracanna con tal disinvoltura

da ridurti il Danese morto fradicio

in due battute; né deve sudare

per far fuori il Tedesco; e l’Olandese

te lo fa vomitare prima ancora

di riempirsi il prossimo boccale.

 

CASSIO -                                               Propongo una bevuta alla salute

del nostro beneamato generale!

 

MONTANO -                                               Ed io sono con voi, luogotenente,

e volentieri onoro il vostro invito.

 

JAGO -                                               Oh, la dolce Inghilterra!...

(Canta)

“Re Stefano, degnissima persona,

“pagò per le sue braghe una corona;

“ma poi stimò che fosser troppo care

“per sei soldi; perciò mandò a chiamare

“il vile sarto e lo fe’ bastonare.

“Era uomo di grande potentato,

“ma di bassa statura.

“La boria è la rovina d’ogni stato;

“tu tieniti la tua vecchia montura”.

Ancora vino, ohé!...

 

CASSIO -                                E bravo Jago!

Questa canzone è meglio della prima.

 

JAGO -                                               Volete allora che ve la ricanti?

 

CASSIO -                                               No, no, che trovo indegno del suo rango

chi s’abbandona a fare queste cose.

Bene, Dio è lassù, sopra di noi;

ed anime ci sono da salvare,

ed anime ci son da non salvare.

 

JAGO -                                               Sacrosanto, mio buon luogotenente.

 

CASSIO -                                               Io senza offesa per il generale

e per i gentiluomini suoi pari,

spero d’esser di quelle da salvare.

 

JAGO -                                               E così spero anch’io, luogotenente.

 

CASSIO -                                               Sì, ma dopo di me, se non ti spiace:

prima il luogotenente, poi l’alfiere.

Basta, badiamo alle nostre faccende.

E dei peccati ci perdoni Iddio.

Signori, attenti a quel che s’ha da fare.

Non crediate ch’io sia avvinazzato.

Ecco, questo è il mio alfiere...

la mia mano... la destra... la sinistra...

Dunque, vedete, non sono ubriaco.

Mi reggo bene in piedi,

ed ho la lingua sciolta...

 

TUTTI -                                Anzi, scioltissima!

 

CASSIO -                                               Ecco, allora, vedete? Tutto a posto.

Ubriaco non sono. Non pensatelo.

 

(Esce)

 

MONTANO -                                               Ai bastioni, signori!

Venite, disponiamo per la guardia.

 

JAGO -                                               Ecco, vedete voi

questi ch’è appena uscito innanzi a noi?

È un ottimo soldato,

degno di stare a fianco a Giulio Cesare,

e di guidare qualsiasi campagna...

Peccato - avete visto - quel suo vizio:

è l’esatto equinozio, il parallelo

dei suoi meriti, lungo come loro.

Temo che la fiducia in lui riposta

da Otello non finisca per causare,

proprio a cagione di questo suo vizio,

qualche sconquasso in questa vostra isola.

 

MONTANO -                                               È spesso in quello stato?

 

JAGO -                                               È l’ordinario suo preludio al sonno;

e se l’ubriachezza non lo culla,

è capace di rimanere sveglio

per tutto un doppio giro del quadrante.([54])

 

MONTANO -                                               Sarebbe bene metter sull’avviso

il generale. Forse non lo vede,

e nella sua generosa natura

è portato piuttosto ad apprezzare

le pur pregiate qualità di Cassio,

che non porre attenzione ai suoi difetti.

Dico bene?

 

Entra RODERIGO. Jago gli va subito vicino e, senza rispondere a Montano, gli sussurra a parte:

 

JAGO -                        Ti prego, corri, va’,

segui il luogotenente. Presto! Fila!

 

(Esce Roderigo)

 

MONTANO -                                               È un peccato però che il degno Moro

metta a rischio un ufficio sì importante

affidandolo ad uno come lui,

così indurito in questo suo viziaccio.

Sarebbe azione onesta dirlo al Moro.

 

JAGO -                                               Non sarò certo io,

nemmeno in cambio di tutta quest’isola!

Voglio assai bene a Cassio

e sarei pronto a fare non so quanto

per curarlo da tale infermità.

 

(Grida da dentro: “Aiuto! Aiuto”)

Ma silenzio, che sono queste grida?

 

Entra di corsa CASSIO, con la spada in pugno inseguendo RODERIGO, che si va a riparare dietro a JAGO.

 

CASSIO -                                               Sangue di Cristo! Becero cialtrone!

Manigoldo!...

 

MONTANO -                                Che c’è, luogotenente?

 

CASSIO -                                               Questo fior di gaglioffo,

venirmi ad insegnare il mio dovere!

Ma io lo stritolo, fino a ridurlo

paglia per damigiane!

 

RODERIGO -                                A me?

 

CASSIO -                                Marrano!

Vigliacco! E ardisci pure alzar la voce?

 

(Lo percuote)

 

MONTANO -                                               (Intromettendosi per fermarlo)

No, no, luogotenente, ve ne prego,

cercate di tener le mani a freno.

 

CASSIO -                                               (Divincolandosi)

Niente affatto! Lasciatemi, signore,

o vi do sulla zucca pure a voi!

 

MONTANO -                                               Andiamo, calma, via, siete ubriaco!

 

CASSIO -                                               Io, ubriaco?

 

(Va con la spada contro Montano, che è costretto ad estrarre la sua e a difendersi)

 

JAGO -                                               (A parte a Roderigo)

Corri, via, va’ fuori

e grida alla sommossa... Presto, via!

 

(Esce Roderigo)

 

(Ai due contendenti)

No, non così, mio buon luogotenente!

Per carità di Dio, signori miei!

Aiuto, oh!...