E dire che lavoro tanto con l’ago, sulla sua biancheria, e sulla bella biancheria della famiglia; senza contare che nel frattempo gli sto ricamando un panciotto. Ma, oh! il mio cuore č quasi spezzato; poiché che cosa sto per ricevere come ricompensa, se non vergogna e disonore, o come minimo parole cattive, e un duro trattamento! Presto vi racconterň tutto, e spero di ritrovare la mia lunga lettera.

La vostra afflittissima Figlia.

Forse dico lui e gli senza il dovuto rispetto: ma se lo faccio la colpa č sua. Perché ha perso tutta la sua dignitŕ con me?

LETTERA XI

Bene, mia cara madre, non riesco a trovare la mia lettera, perciň tenterň di ricostruirla per filo e per segno.

Tutto č andato abbastanza bene, generalmente parlando, per qualche tempo dopo la mia penultima. Alla fine perň ho avuto qualche motivo per insospettirmi. Infatti lui mi guardava, ogni volta che mi vedeva, in un modo tale, che non faceva un buon effetto: e un giorno mi č venuto vicino, mentre ero nel padiglione nel giardino piccolo, a lavorare d’ago, e la signora Jervis mi aveva appena lasciata. Io sarei voluta uscire, ma lui ha detto: ŤNon andare, Pamela. Devo dirti una cosa, e tu ogni volta che ti vengo vicino mi sfuggi, come se ti facessi paurať.

Sono rimasta molto sconcertata, come potete pensare, e mi sono messa a tremare, tanto piů quando mi ha presa per la mano; poiché non c’era un’anima accanto a noi.

ŤLady Daversť, ha detto lui (e mi č sembrato in difficoltŕ con le parole tanto quanto lo ero io), Ťvoleva che tu andassi a stare da lei; ma non avrebbe fatto per te quello che ho deciso di fare io, se continuerai a essere fedele e servizievole. Che cosa dici, ragazza mia?ť ha detto, infervorandosi un po’.

ŤNon preferisci stare con me che andare da lady Davers?ť Aveva un’espressione tale, che mi ha riempita di paura; non so come; esaltata, mi č parsa.

Io ho detto, quando sono riuscita a parlare: ŤPerdonatemi, eccellenza; ma dato che non avete una signora da farmi servire, e che la mia buona signora č morta ormai da dodici mesi, preferirei, se non vi dispiacesse, servire milady Davers, perché…ť Stavo per continuare, e lui ha detto un po’ in fretta: Ť…Perché sei una sciocchina, e non sai quello che č bene per te. Io ti dico che farň di te una gentildonna, se sarai servizievole, e non volterai le spalle alla tua buona sorteť. E cosě dicendo, mi ha abbracciata, e mi ha baciata.

Ora, direte voi, č apparsa con chiarezza tutta la sua perfidia.

Io mi sono dibattuta, e tremavo, ed ero talmente annebbiata dal terrore, che mi sono abbattuta, sia pure senza perdere la Conoscenza, e tuttavia senza potermi controllare; e mi sono trovata nelle sue braccia, del tutto priva di forze; e lui mi ha baciata due o tre volte con una paurosa aviditŕ. Alla fine mi sono svincolata, e stavo per uscire dal padiglione; ma lui mi ha trattenuta, e ha chiuso la porta.

Non avrei dato un centesimo per la mia vita. E lui ha detto: ŤNon ti farň del male, Pamela; non aver paura di meť.

Io ho detto: ŤQui non ci restoť.

ŤCome, sfrontatella! Ma lo sai con chi stai parlando?ť Io ho perso ogni paura e ogni rispetto, e ho detto: ŤSě, lo so, signore, anche troppo bene! Ma posso dimenticare di esservi serva, se voi dimenticate come si deve comportare un padroneť.

Piangevo e singhiozzavo col cuore spezzato. ŤChe sciocca sfrontatella sei!ť ha detto lui. ŤTi ho forse fatto del male?ť ŤSě, signoreť, ho detto io, Ťil piů gran male del mondo: mi avete insegnato a dimenticare il mio posto e la mia condizione; e avete accorciato la distanza che la sorte ha messo fra di noi con l’abbassarvi fino a prendervi delle libertŕ con una povera serva. Eppure, signore, mi azzardo a dire che sono onesta, seppur povera: e, foste anche un principe, non vorrei essere altro che onesta.ť

Lui si č adirato, e ha detto: ŤChi ha mai voluto che tu fossi altro, piccola sciocca? Smetti di blaterare. Mi sono abbassato, lo ammetto; ma č stato solo per saggiarti. Se riuscirai a mantenere il segreto su questa faccenda, mi farai apprezzare la tua prudenza; ed ecco qualcosať, ha aggiunto, mettendomi in mano dell’oro, Ťper risarcirti dello spavento che ti ho causato. Vai, va’ a fare due passi in giardino, e non rientrare finché non avrai smesso di balbettare. Ti ordino di non dire niente di quanto č successo, e tutto andrŕ a posto, e ti perdonerňť.

ŤDavvero il denaro non lo accetto, signoreť, ho detto io, Ťnon lo accetto.ť E cosě l’ho posato sulla panca. E poiché lui sembrava turbato e confuso da quello che aveva fatto, ho colto l’occasione per aprire la porta, e sono uscita in fretta dal padiglione.

Lui mi ha chiamata, e ha detto: ŤMantieni il segreto, te lo ordino, Pamela: e non rientrare ancorať.

Oh, come sono miserabili e vili queste azioni, e come fanno sembrare piccoli anche i migliori gentiluomini, quando si esibiscono in simili azioni indegne di loro, e danno modo ai loro inferiori di superarli in grandezza!

Ho fatto un paio di giri nel giardino, ma in vista della casa, per paura del peggio; e mi sono soffiata sulla mano per asciugarmi gli occhi, perché non volevo essere troppo disobbediente.

La mia prossima vi dirŕ di piů.

Pregate per me, miei cari padre e madre; e non vi adirate, se non sono ancora fuggita via da questa casa, fino a poco fa mia consolazione e delizia, ma ora mia angoscia e terrore.

Sono costretta a interrompermi in fretta.

La vostra obbediente e onesta Figliola.

LETTERA XII

Bene, mia cara madre, ora andrň avanti con la mia triste storia.

Dopo essermi asciugata gli occhi sono entrata, e mi sono messa a rimuginare fra me e me sul da farsi. A volte pensavo di venir via dalla casa, di andare nella cittŕ piů vicina e attendere lě un’occasione per raggiungervi; ma poi non riuscivo a decidere se portar via le cose che lui mi aveva dato o no, e come portarle via. A volte pensavo di lasciarmele dietro, e limitarmi a venir via coi vestiti che avevo addosso: d’altro canto per arrivare alla cittŕ avevo davanti a me due miglia e mezzo, e per un viottolo; ed essendo piuttosto benvestita, mi sarei potuta imbattere in qualche disavventura sgradevole quasi quanto quello da cui volevo fuggire. E poi, forse, pensavo, si sarebbe riferito che avevo rubato qualcosa, e che per quello ero stata costretta alla fuga; e riportare con me una cattiva reputazione dai miei cari genitori, sarebbe stata una cosa triste davvero! Oh, come avrei voluto riavere la mia mantella grigia di stoffa ruvida, e il mio vestito povero e onesto, col quale voi mi equipaggiaste per venire in questo luogo, quando non avevo ancora dodici anni, ai tempi della mia buona signora!

A volte pensavo di raccontare tutto alla signora Jervis, e farmi consigliare da lei; ma poi ho pensato all’ordine ricevuto, di mantenere il segreto; e chissŕ, pensavo, che egli non si possa vergognare delle sue azioni, e rinunciare a ritentare qualcosa di simile in futuro. E dato che la povera signora Jervis dipendeva da lui, per via delle disgrazie che le erano capitate, ho pensato che sarebbe stato brutto attirarle addosso il suo dispiacere per causa mia.

In queste perplessitŕ, ora riflettendo, ora piangendo, e senza sapere che cosa fare, ho trascorso in camera mia le ore fino a sera; quando, avendo mandato le mie scuse perché non scendevo a cena, la signora Jervis č salita da me e ha detto: ŤMa come, devo cenare senza di te, Pamela! Su, vedo che c’č qualcosa che ti turba; dimmi che c’čť.

Io l’ho pregata di concedermi di dormire con lei la notte, perché avevo paura degli spiriti, ma questi non avrebbero voluto nuocere a una persona buona come lei. ŤChe scusa scioccať, ha detto lei. ŤNon avevi mai avuto paura degli spiriti finora.ť [Davvero non ci avevo pensato.] ŤMa potrai dividere il mio letto, con tutto il cuoreť, aggiunse lei, Ťquali che siano i tuoi motivi; perň scendi a cena.ť L’ho pregata di scusarmi; perché, ho detto: ŤHo pianto tanto, che gli altri della servitů entrando e uscendo se ne accorgeranno; ma a voi, signora Jervis, non nasconderň nulla, quando saremo soleť.

Lei ha avuto la bontŕ di compatirmi, e anzi, si č affrettata a venire a letto, dicendo alle cameriere che avrei dormito con lei, perché lei non riusciva a prender sonno, e voleva che le leggessi fino a farla addormentare; poiché sapeva che io amavo leggere, ha detto.

Quando siamo state sole, le ho raccontato tutto l’accaduto; perché, rimuginando su ciascuna cosa, ho pensato che, anche se lui mi aveva ordinato di non farlo, se poi fosse venuto a sapere che lo avevo raccontato, le cose non sarebbero potute essere peggiori. Mantenere un segreto di tale natura sarebbe stato, temevo, un privarmi di buoni consigli di cui non avevo mai avuto maggior bisogno; e avrebbe potuto incoraggiare lui a pensare che la cosa non mi dispiaceva quanto avrebbe dovuto, e che avrei tenuto segreti peggiori, e cosě lo avrei incoraggiato a farmi di peggio. Non avevo ragione, cara madre?

La signora Jervis non ha potuto fare a meno di mescolare le sue lacrime alle mie; poiché io ho pianto tutto il tempo durante il quale le ho raccontato la mia storia, e l’ho pregata di consigliarmi sul da farsi; e le ho mostrato le due lettere del mio caro padre, e lei ne la lodato l’onestŕ e la maniera, e mi ha detto cose lusinghiere su entrambi voi.

Ma mi ha pregata di non pensare di lasciare il servizio: ŤPerchéť, ha detto, Ťcon ogni probabilitŕ, essendoti tu comportata cosě virtuosamente, egli si vergognerŕ di quello che ha fatto, e non ti proporrŕ mai piů nulla di simile. Anche se, mia cara Pamela, la tua avvenenza mi preoccupa piů di qualunque altra cosa: poiché il miglior uomo della nazione potrebbe innamorarsi di teť. Questo ha avuto la bontŕ di dire.