Ha rimpianto di non poter vivere indipendentemente, che avrebbe preso una piccola casa privata, e sarei vissuta con lei come una figlia.
E cosě (poiché mi avete ordinato di farmi consigliare da lei), ho deciso di restare per vedere come andranno le cose, sempre che non sia lui ad allontanarmi. Cosě, miei cari padre e madre, non č disobbedienza, spero, se rimango; poiché non potrei aspettarmi una benedizione, o i buoni frutti delle vostre preghiere per me, se fossi disobbediente.
Tutto il giorno dopo sono stata molto triste, e ho iniziato la mia lunga lettera. Lui mi ha vista scrivere, e ha detto (come ho accennato) alla signora Jervis: ŤQuella ragazza non fa che scribacchiare; mi sembra che potrebbe-trovarsi qualche altra occupazioneť; o qualcosa del genere. E quando ho terminato la mia lettera, l’ho messa sotto il tavolino della toletta, nel vestibolo della mia defunta signora, dove non entra mai nessun altro che io stessa e la signora Jervis, oltre al mio padrone; ma quando sono risalita per sigillarla, con mia grande afflizione, non c’era piů; e la signora Jervis non ne sapeva nulla; e nessuno sapeva che il mio padrone fosse stato da quelle parti in quell’intervallo di tempo. Cosě sono stata infelice e preoccupata in proposito, ma la signora Jervis, come me del resto, pensa che l’abbia lui, in qualche maniera; ed egli appare contrariato e adirato, e sembra evitarmi, tanto quanto io avevo detto che evitavo lui. Meglio cosě che qualcosa di peggio!
D’altro canto ha ordinato alla signora Jervis di dirmi di non passare tanto tempo a scrivere; questione ben meschina perché un signore come lui ci si soffermi, se non avesse motivo di temere l’argomento su cui scrivevo, dato che per il resto non sto certo con le mani in mano. E questo non fa una buona impressione.
Ma sono molto piů a mio agio da quando dormo con la signora Jervis; benché, dopotutto, i timori in cui vivo da un lato, e il malumore di lui per quello che faccio dall’altro, mi rendano ben piů infelice di quanto sia necessario.
Oh, non avessi mai lasciato il mio lettuccio nella vostra soffitta!
Essere cosě esposta a tentazioni da una parte, o a cose spregevoli dall’altra! Com’ero felice poco fa! E come non lo sono ora! Compatite e pregate per
La vostra afflitta PAMELA
LETTERA XIII
Mia carissima Figlia,
I nostri cuori sanguinano per il tuo disagio e per le tentazioni alle quali sei esposta. Hai le nostre preghiere ogni ora; e noi vorremmo che tu fuggissi da questa grande casa malvagia e da questo perfido grand’uomo, se lo trovassi minimamente incline a rinnovare le sue libertŕ. Avresti dovuto farlo subito, se non avessi avuto la signora Jervis con cui consigliarti.
É vero che ci consoliamo assai quando riflettiamo sulla tua condotta passata, e sul fatto che sei stata allevata a vergognarti di piů della disonestŕ che della povertŕ: ma poiché non vediamo come la vita non possa esserti che di peso, per le grandi apprensioni che hai sempre addosso; e poiché consideriamo che possa essere presuntuoso fidarti troppo delle tue forze; e che sei ancora molto giovane; e che il diavolo potrebbe mettere in testa a costui di adoperare qualche stratagemma, di cui i grandi uomini sono pieni, per ingannarti: io penso che faresti meglio a tornare a casa a condividere la nostra povertŕ in sicurezza, che vivere con tanto scontento in un’abbondanza che di per sé puň essere pericolosa.
Dio ti diriga per il meglio! Finché tu hai la signora Jervis come consigliera e compagna di letto (e oh, mia cara bambina, in questo ti sei comportata con prudenza! ), noi siamo piů tranquilli di quanto saremmo stati altrimenti. E cosě, affidandoti alla Divina Protezione, rimaniamo
I tuoi sinceramente affettuosi
e solleciti, Padre e Madre.
LETTERA XIV
Sono due settimane, miei cari padre e madre, che con la signora Jervis ce la passiamo molto comoda, perché il mio padrone č stato durante tutto questo tempo nella sua tenuta nel Lincolnshire, e da lady Davers. Ieri perň č rincasato. Quasi subito ha parlato per un po’ con la signora Jervis, e soprattutto su di me. Le ha detto, a quanto pare: ŤBene, signora Jervis, so che Pamela č nelle vostre buone grazie; ma la ritenete di qualche utilitŕ in questa famiglia?ť Lei mi ha detto che la domanda l’ha sorpresa; in ogni caso, ha risposto che ero una delle creature piů virtuose e industriose che avesse mai conosciuto.
ŤPerché usate questa parola, virtuosa?ť ha detto lui. ŤC’era forse motivo di supporla diversa? O qualcuno si č messo in testa di tentarla?ť ŤChi, signoreť, ha detto lei, Ťoserebbe proporle una cosa simile in una casa disciplinata e ben governata come la vostra, e sotto un padrone di cosě buona indole?ť ŤServo vostro, signora Jervis; ma di grazia, se qualcuno lo facesse, credete che Pamela lo verrebbe a riferire a voi?ť ŤPamelať, ha risposto lei, Ťč una creatura giovane e innocente, e credo che riponga tanta fiducia in me, che ascolterebbe i miei consigli come fossero di sua madre.ť ŤInnocente! di nuovo; e virtuosa, immagino! Bene, signora Jervis, siete generosa di aggettivi!
Ma vi dirň che cosa penso di lei: non credo che questa vostra favorita sia una ragazza cosě candida come voi immaginate.ť ŤNon voglio contraddire vostra eccellenzať, ha risposto la signora Jervis, Ťma sono certa che se gli uomini la lasceranno in pace, lei non si darŕ mai pensiero di loro.ť ŤPerché, signora Jervisť, ha detto lui, Ťvi risulta dunque che ci siano degli uomini che non vogliono lasciarla in pace?ť ŤNo davvero, signore; lei sta molto per conto suo, e tuttavia si comporta con tanta prudenza, che tutti la stimano, e non le mostrano meno rispetto che se fosse gentildonna per nascita.ť ŤSěť, dice lui, Ťquesto č proprio il candore di cui parlavo: ma lasciate che ve lo dica, la ragazza ha vanitŕ e presunzione, e orgoglio, anche, se non mi sbaglio di grosso; e puň darsi che possa darvene un esempio.ť ŤSignoreť, ha detto lei, Ťvoi vedete certo piů lontano di una povera ignorante come me; ma io in lei non ho mai visto altro che innocenza.ť ŤE virtů anche, ci scommettoť, ha detto lui. ŤMa fate conto che io vi possa dare un esempio in cui lei abbia parlato un po’ troppo arditamente delle gentilezze che le sono state rivolte da una certa parte; e che abbia avuto la vanitŕ di attribuire a poche parole gentili, pronunciate per pura compassione della sua giovinezza e delle sue condizioni, a cattive intenzioni nei suoi confronti, e che abbia addirittura osato fare senza ritegno nomi che non dovrebbe mai pronunciare se non con riverenza e gratitudine; che direste di questo?ť ŤChe direi, signore!ť ha risposto lei, Ťnon so dire che direi. Ma mi auguro che Pamela sia incapace di tanta ingratitudine.ť
ŤBene, basta su questa sciocchinať, ha detto lui, Ťpotete solo consigliarla, dato che le siete amica, di non prendersi troppa licenza per i favori che ottiene; e se rimane qui, di non scrivere le cose della mia famiglia tanto per esercitare la penna e la fantasia. Io vi dico che č una furbetta subdola e piena di risorse, e il tempo ve la mostrerŕ per tale.ť Si sono mai sentite cose simili, miei cari padre e madre? É
chiaro che non si aspettava di incontrare un simile rifiuto, e non si fida di quel che posso aver detto alla signora Jervis, e ha anche quella mia lunga lettera, che destinavo a voi; e cosě si č infuriato. Io perň non so che farci. Preferisco essere creduta subdola e piena di risorse, che esserlo, nel senso che vuole lui; e per quanto si prenda gioco delle parole virtů e innocenza al mio riguardo, le avrebbe interpretate in modo meno stizzoso, se io avessi meritato meno che lui lo facesse; poiché allora, forse, il mio delitto sarebbe stato virtů per lui: perfido gentiluomo che non č altro!
Vi scriverň ancora presto; ma adesso devo terminare dicendo che sono, e sempre resterň,
La vostra onesta Figliola.
LETTERA XV
Mia cara Madre,
Ho interrotto di colpo la mia ultima lettera perché temevo che lui stesse arrivando; e cosě č successo. Mi sono messa la lettera in seno, e ho preso in mano il lavoro che avevo accanto; ma sono stata cosě poco piena di risorse, come ha detto lui, che avevo una faccia confusa come se avessi commesso chissŕ che.
ŤResta seduta, Pamelať, ha detto lui, Ťe continua il tuo lavoro, anche se ci sono io. Non mi hai dato il benvenuto a casa dopo il mio viaggio nel Lincolnshire.ť ŤSarebbe brutto, signoreť, ho detto io, Ťse voi non foste sempre il benvenuto nella casa di vostra eccellenza.ť
Sarei andata via; ma lui ha detto: ŤNon scappare, ti dico.
Ho da dirti una o due parolineť. Oh, come mi ha palpitato il cuore! ŤQuando sono stato un po’ gentile con teť, ha detto, Ťnel padiglione, e tu in cambio ti sei comportata cosě scioccamente, come se avessi voluto farti chissŕ che, non ti ho detto di non parlarne con nessuno? E invece hai messo in giro dappertutto quella storia, senza considerare né la mia reputazione, né la tua.ť ŤIo metterlo in giro, signore!ť ho detto io.
ŤNon ho nessuno con cui parlare, quasi…ť
Lui mi ha interrotta: ŤQuasi! piccola cavillatrice! che cosa vuoi dire con quel quasi? Voglio chiederti, non lo hai detto alla signora Jervis, tanto per fare un nome?ť ŤEccellenza, vi pregoť, ho detto io, tutta agitata, Ťlasciatemi andare; perché non fa per me discutere con l’eccellenza vostra.ť ŤCavillatrice un’altra volta!ť e mi ha preso la mano, Ťperché dici discutere?
Sarebbe discutere con me, rispondere a una domanda molto chiara? Rispondimi a quello che ho chiesto.ť ŤO buon signoreť, ho detto io, Ťlasciate che vi preghi di non insistere oltre, non vorrei perdere un’altra volta il controllo, ed essere impertinente.ť
ŤRispondimi allora, te lo ordino, lo hai detto alla signora Jervis, sě o no? Sarebbe impertinente da parte tua non rispondere subito alla mia domanda.ť ŤSignoreť, ho detto io (e ben volentieri avrei strappato la mano dalla sua), Ťforse lo sarei se vi rispondessi con un’altra domanda, e questo non sarebbe opportuno da parte mia.ť ŤChe vuoi dire?ť ha ribattuto lui, Ťparla.ť
ŤQuand’č cosě, signoreť, ho detto io, Ťperché la vostra eccellenza ’
dovrebbe adirarsi tanto che io abbia raccontato alla signora Jervis, o a chiunque altro, quello che č accaduto, se non aveva cattive intenzioni?ť
ŤBen detto, bella innocentina nonché candida, come ti definisce la signora Jervis!ť ha detto lui, Ťguardati, insolente che non sei altro! mi rispondi e mi rimproveri! Perň io continuo a volere una risposta diretta alla mia domanda.ť ŤIn tal caso, signoreť, ho detto io, Ťnon direi una menzogna per tutto l’oro del mondo: sě, l’ho raccontato alla signora Jervis; poiché avevo il cuore quasi spezzato; ma non ho aperto bocca con nessun altro.ť ŤBenissimo, sfacciatellať, ha detto lui, Ťe cavillatrice di nuovo! Non hai aperto bocca con nessun altro; ma non hai scritto a qualcun altro ancora?ť ŤBe’, adesso, e con licenza di vostra eccellenzať, ho detto io (poiché a quel punto mi ero un po’ rinfrancata), Ťnon avreste potuto farmi questa domanda se non mi aveste sottratto la mia lettera a mio padre e a mia madre, nella quale (lo riconosco) mi ero liberamente confidata con loro, e avevo chiesto consiglio, e avevo sfogato i miei crucci!ť
ŤE cosě devo essere denunciato, a quanto pareť, ha detto lui, Ťdentro casa mia, e fuori di casa mia, a tutto il mondo, da una sfacciatella simile?ť ŤNo, buon signoreť, ho detto io, Ť e prego la vostra eccellenza di non adirarsi con me; non sono io che denuncio voi, se non dico altro che la veritŕ.ť Allora si č adirato assai, e mi ha dato della temeraria; e mi ha ingiunto di ricordare con chi stavo parlando.
ŤVi prego, signoreť, ho detto io, Ťda chi puň ricevere consigli una povera ragazza, se non da suo padre e da sua madre, e da una brava donna come la signora Jervis, che per solidarietŕ femminile me ne da quando gliene chiedo?ť ŤInsolente!ť mi ha detto allora, e ha battuto il piede in terra. Io sono caduta in ginocchio, e ho detto: ŤPer amore del cielo, eccellenza, compatite una povera creatura che non sa niente, se non coltivare la sua virtů e il suo buon nome: io non ho altro cui affidarmi; e per quanto povera e senza amici qui, pure mi č stato sempre insegnato a mettere l’onestŕ al di sopra della mia stessa vitať. ŤQuale onestŕ, sciocca!ť ha detto lui. ŤNon fa forse parte dell’onestŕ l’obbedienza e la gratitudine al tuo padrone?ť ŤCerto, signoreť, ho detto io, Ťč impossibile che io sia ingrata verso la vostra eccellenza, o anche disobbediente, o meritevole di quegli epiteti di ardita e insolente, che vi siete compiaciuto di attribuirmi, se non quando i vostri comandi sono contrari a quel primo dovere, che sarŕ sempre il principio della mia vita!ť
Lui č parso scosso, e si č alzato, ed č andato nella camera grande dove ha fatto due o tre giri, lasciandomi lě in ginocchio; e io mi sono gettata il grembiule sul viso, e ho posato la testa su una sedia, e ho pianto come se mi si fosse spezzato il cuore, ma non ho avuto la forza di andar via da quel luogo.
Da ultimo lui č rientrato, ma con la perfidia nel cuore! e rialzandomi in piedi ha detto: ŤAlzati, Pamela, alzati; tu sei la nemica di te stessa. La tua perversa follia sarŕ la tua rovina: io sono dispiaciutissimo delle libertŕ che ti sei presa col mio nome con la mia governante, e anche con tuo padre e tua madre; e se vuoi danneggiare il mio nome per cause immaginarie, tanto vale che tu ne abbia di autenticheť. E, cosě dicendo, mi ha sollevata di peso, e ha fatto per posarmi sul suo ginocchio.
Oh, come mi sono spaventata! Ho detto, come avevo letto in un libro un paio di sere prima: ŤAngeli e santi, e tutte le schiere celesti, difendetemi! E possa io non sopravvivere di un momento a quello fatale in cui perderň la mia innocenza!ť ŤGraziosa sciocchina!ť ha detto lui, Ťcome vuoi perdere la tua innocenza, se sei costretta a cedere a una forza superiore?
Non mettere troppi ostacoli, perché, anche se succedesse il peggio, tu ne usciresti con il merito, e io con la colpa; e sarŕ un buon argomento per lettere a tuo padre e a tua madre, nonché una buona storia da raccontare alla signora Jervis.ť Poi, benché io lottassi contro di lui, mi ha baciata, e ha detto: ŤChi ha mai biasimato Lucrezia? La vergogna č andata solo al violentatore: e io accetto di assumermi tutto il biasimo, dato che ne ho giŕ sopportato una porzione troppo grande rispetto a quanto mi meritavoť. ŤE io potrňť, ho detto io, Ťcome Lucrezia, giustificarmi con la morte, se sarň trattata in modo barbaro?ť ŤOh, mia brava ragazza!ť ha replicato lui, canzonandomi, Ťvedo che hai fatto buone letture; fra tutti e due prima di aver finito metteremo insieme una bella trama per un romanzo.ť
Quindi ha fatto per baciarmi sul collo. L’indignazione ha raddoppiato le mie forze, mi sono svincolata da lui con un balzo improvviso, e sono corsa fuori dalla stanza; e essendo aperta la porta della camera adiacente, mi ci sono precipitata, e sbattendo la porta, me la sono chiusa dietro a chiave.
Lui perň mi seguiva cosě da vicino, che mi ha preso la sottana, e ne ha strappato un lembo, che č rimasto appeso fuori della porta; poiché la chiave era dal lato interno.
Ricordo appena di essere entrata in quella stanza. Non ho saputo altro fino a qualche tempo dopo, essendo caduta in preda a uno svenimento; e lě sono rimasta immobile finché lui, immagino, guardando dal buco della serratura mi ha vista distesa in terra, e allora ha chiamato la signora Jervis, e quando questa ha aperto a forza la porta, aiutata da lui, se n’č andato, avendomi vista rinvenire; e le ha ordinato di non dir nulla della faccenda, se avesse avuto cervello.
La povera signora Jervis aveva pensato al peggio, e ha pianto su di me come se fosse stata mia madre; e io ho impiegato due ore a riprendere i sensi; e proprio quando mi stavo rialzando in piedi, entrando lui nella stanza, sono svenuta un’altra volta; e cosě lui si č ritirato; ma č rimasto nella stanza accanto per impedire a chicchessia di venirci vicino, affinchč non si risapesse della sua vile condotta.
La signora Jervis mi ha fatto annusare i suoi sali, e prima mi aveva tagliato i lacci del corsetto, e mi ha messa a sedere in una poltrona.
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