Lui l’ha chiamata in disparte: ŤCome sta la ragazza?ť ha detto, Ťnon ho mai visto una sciocca simile in vita mia. Non le ho fatto assolutamente nienteť.

La signora Jervis non poteva parlare per le lacrime. Cosě lui ha detto: ŤA quanto pare vi ha raccontato che ho avuto delle premure per lei nel padiglione, anche se vi assicuro che fui innocente quella volta non meno che adesso, e desidero che teniate questa storia per voi, e che non lasciate che il mio nome corra per le boccheť.

ŤOh, signoreť, ha detto lei, Ťper amore di vostra eccellenza, e per amore di Gesů…ť Ma lui non l’ha voluta ascoltare, e ha detto: ŤPer amor vostro, vi dico, signora Jervis, di non aggiungere una sola parola. Non le ho fatto alcun male. E non voglio che resti in casa mia; sciocca chiacchierona testarda che non č altro! Ma dal momento che č cosě pronta a questi svenimenti, o almeno a fingere di esserlo, preparatela a venire da me domani dopo cena nello stanzino di mia madre, e siate con lei come testimone di quanto si svolgerŕ fra di noiť E cosě č andato via esasperato, e si č fatto preparare il carrozzino, ed č andato a fare qualche visita.

Allora la signora Jervis mi č venuta accanto. Io le ho raccontato tutto l’accaduto, e ho detto che ero decisa a non rimanere in quella casa: e quando mi ha risposto che lui sembrava minacciare di non trattenermici, Ťne sono lietať, ho detto, Ťallora mi sentirň tranquilla.ť Cosě lei mi ha raccontato tutto quello che lui le aveva detto, come sopra.

Alla signora Jervis dispiace molto che io vada; d’altro canto, povera donna! comincia a temere per se stessa; ma non vorrebbe vedermi rovinata per tutto l’oro del mondo. Dice che di sicuro lui non ha buone intenzioni; perň puň darsi che ora, avendomi vista cosě determinata, abbandonerŕ ogni tentativo: e che io saprň meglio che cosa fare dopo essere comparsa, domani, davanti a un giudice temo molto cattivo.

Che paura ho di questa apparizione di domani! Volesse il cielo che sapessi come uscirne prima di quell’ora! Ma voi state pur sicuri, miei cari genitori, dell’onestŕ della vostra povera figliola, cosě come io lo sono delle vostre preghiere per La vostra obbediente figliola.

Oh, questo pauroso domani! come lo temo!

LETTERA XVI

So, miei cari genitori, che non vedevate l’ora di avere mie notizie; e ve le ho mandate appena ho potuto.

Bene! potete immaginare l’imbarazzo in cui ho passato il tempo fino all’arrivo dell’ora fissata da lui. Ogni minuto, via via che si avvicinava, i miei terrori aumentavano; e a volte avevo molto coraggio, e a volte non ne avevo affatto; e pensavo che sarei svenuta, quando fosse giunto il momento della fine della cena del mio padrone. Non potevo mangiare né bere; e malgrado tutti i miei sforzi, avevo gli occhi gonfi di pianto.

Da ultimo egli č salito nello stanzino che era stato il vestibolo della mia buona signora; una camera che una volta avevo amato, ma poi temuto.

Non vi fa male il cuore per me? Io sono certa che il mio svolazzava qua e lŕ come un uccellino appena rinchiuso nella gabbia. O Pamela, mi dicevo, perché hai tanta paura? Non hai fatto niente di male! Ma se temi un giudice ingiusto quando sei innocente, che cosa faresti davanti a uno giusto, se fossi colpevole? Fatti coraggio, Pamela, tu conosci il peggio!

E quanto č piů felice la scelta della povertŕ con onestŕ, che quella dell’abbondanza con perfidia!

Cosě mi rianimavo; ma lo stesso il mio povero cuore sprofondava, e i miei spiriti erano del tutto fiaccati. Qualunque cosa si muoveva, mi sembrava che fosse per chiamarmi al mio rendiconto. Lo temevo, e tuttavia desideravo che venisse.

Ebbene, alla fine egli ha suonato il campanello; oh, ho pensato, ecco il campanello del mio funerale!

La signora Jervis č andata su, col cuore abbastanza gonfio, povera buona donna! Lui ha detto: ŤDov’č Pamela? Che salga, e voi salite con leiť.

Lei č venuta da me; coi piedi io ero pronta ad andare, ma il mio cuore era con i miei cari padre e madre, desideroso di condividere la vostra povertŕ e la vostra contentezza. Nondimeno, sono salita.

Oh, come fanno gli uomini malvagi ad apparire cosě fermi e superiori mentre hanno il cuore cosě nero, e i poveri innocenti gli stanno davanti in piedi come malfattori!

Lui aveva un aspetto cosě severo che il cuore mi č venuto meno, e avrei voluto trovarmi dovunque salvo che lě, anche se in precedenza avevo chiamato a raccolta tutto il mio coraggio.

Buon Dio, mi sono detta, dammi il coraggio di affrontare questo cattivo padrone! Oh, addolcisci lui, o indurisci me!

ŤEntra, scioccať, ha detto lui, con stizza, non appena mi ha vista (e mi ha afferrata la mano con uno strattone), Ťfai bene a vergognarti di vedermi, dopo tutto il tuo chiasso e le tue sciocchezze, e dopo avermi messo in mostra come hai fatto.ť Io vergognarmi di vedere voi! ho pensato: buona questa!

Ma non ho detto nulla.

ŤSignora Jervisť, ha detto, Ťeccovi qui tutte e due: voi sedetevi; ma che lei stia in piedi, se vuoleť (sě, ho pensato io, se posso; perché i ginocchi mi battevano uno contro l’altro).

ŤNon avete pensato, quando avete visto la ragazza nello stato in cui l’avete trovata, che le avevo dato il piů grave motivo di rimostranza che donna possa ricevere; e anzi, che l’avessi autenticamente rovinata, secondo quanto lei dice? Ditemi, avete potuto pensare a qualcosa di meno?ť ŤPer la veritŕť, ha detto lei, Ťquesto ho temuto a prima vista.ť ŤVi ha raccontato quello che le ho fatto, e tutto quello che le ho fatto, cosě da dare occasione a quella follia, grazie alla quale la mia reputazione avrebbe potuto essere danneggiata nell’opinione vostra, e in quella di tutta la famiglia? Informatemi, che cosa vi ha raccontato?ť

Lei si č spaventata un po’ troppo, come ha ammesso in seguito, davanti al suo piglio severo; e ha detto: ŤVeramente mi ha raccontato che voi ve l’eravate soltanto tirata sulle ginocchia, e l’avevate baciatať.

A quel punto io ho chiamato un po’ a raccolta i miei spiriti.

ŤSoltanto! Signora Jervisť, ho detto, Ť e questo non era sufficiente a mostrarmi che cosa avevo da temere? Quando un padrone del rango di sua eccellenza si abbassa a prendersi delle libertŕ simili con una povera serva come me, che cosa non si deve temere? E la vostra eccellenza č andata oltre; e ha parlato di Lucrezia, e del suo triste destino. Vostra eccellenza sa di essersi spinta troppo avanti per un padrone con una serva, o anche con una pari grado; eť, scoppiando il lacrime, Ťio non lo sopporto.ť

La signora Jervis si č messa a chiedere scusa per me, e a pregarlo di compatire una povera fanciulla, che attribuiva tanto valore alla sua reputazione. Lui ha detto: ŤIo glielo dico in faccia, la trovo graziosa, e la credevo umile, e tale da non farsi montare la testa dai miei favori, o dall’attenzione che le prestavo; ma aborro l’idea di costringerla a fare alcunché.

So anche troppo bene che cos’č che mi si addice; ma ero stato stregato da lei, credo, fino a prendermi delle libertŕ superiori a quanto mi si sarebbe confatto; anche se non avevo intenzione di spingere oltre lo scherzoť.

Che miseria č stato tutto questo, mia cara madre, da parte di un uomo della sua intelligenza! Ma guardate fino a che punto una cattiva causa, e cattive azioni, confondono i maggiori cervelli! A me ha dato un po’ piů di coraggio, allora; poiché, come ho visto, l’innocenza in una fortuna modesta, e non l’intelletto robusto, ha molti vantaggi sulla colpa, con tutte le sue ricchezze e la sua saggezza.

ŤLa vostra eccellenzať, ho detto, Ťpuň chiamarlo scherzo o passatempo, o quello che le piace; ma certo, signore, non č uno scherzo adatto alla distanza fra un padrone e una serva.ť ŤSentite, signora Jervis?ť ha detto lui, Ťsentite l’impertinenza di questa creatura? Di cose di questo tenore ne ho ascoltate un bel po’ nel padiglione, non piů tardi di ieri, il che mi ha reso piů scorbutico con lei di quanto forse diversamente sarei stato.ť

ŤPamela, non essere impertinente con sua eccellenzať, ha detto la signora Jervis, Ťdovresti saper mantenere le distanze; lo vedi che sua eccellenza scherzava soltanto.ť ŤOh, cara signora Jervisť, ho detto io, Ťnon biasimatemi anche voi. É

molto difficile per una serva mantenere le distanze dal suo padrone, quando il suo padrone abbandona la sua dignitŕ con lei.ť

ŤAvete visto, di nuovo?ť ha detto lui, Ťlo avreste potuto credere questo da parte della giovane sfacciata, se non lo aveste sentito?ť ŤSiate buono, eccellenzať, ha detto quella benintenzionata gentildonna, Ťcompatite e perdonate la poveretta: non č che una ragazzina, e tiene molto alla sua virtů; e io sono pronta a rispondere con la vita, che non sarŕ mai piů impertinente con la vostra eccellenza, se ella avrŕ la bontŕ di non molestarla piů, né di spaventarla un’altra volta. Avete visto, signore, dai suoi svenimenti, il terrore in cui era piombata; č piů forte di lei; e benché vostra eccellenza non intendesse farle nulla di male, pure il timore le č stato quasi mortale; e ho dovuto adoperarmi parecchio per farla rientrare in sé.ť ŤOh, la piccola ipocrita!ť ha detto lui, Ťha tutte le arti del suo sesso; sono nate con lei. Ve l’avevo giŕ detto poco fa, che non la conoscevate. Ma non č questa la ragione principale se vi ho convocate insieme alla mia presenza. Vedo che rischio di soffrire nella reputazione per la testardaggine e la follia di questa ragazza. Lei vi ha raccontato ogni cosa, e forse anche di piů; anzi, non ho dubbi in proposito; e ha scritto lettere (poiché vedo che č una copiosa epistolografa!) a suo padre e a sua madre, e anche ad altri, a quanto mi risulta; nelle quali, rappresentandosi come un angelo della luce, fa del suo gentile padrone e benefattore un diavolo incarnato.ť (Oh, ho pensato, come a volte le persone si applicano da sole i nomi giusti!) ŤE tutto questoť, ha aggiunto, Ťnon lo tollero; e cosě ho deciso che torni alla condizione da cui era stata sottratta; e che badi bene alla disinvoltura con cui userŕ il mio nome una volta che si sia allontanata da me.ť

Mi sono illuminata di colpo a queste parole benvenute: mi sono gettata in ginocchio ai suoi piedi, con cuore sincerissimamente lieto, e ho detto: ŤPossa la vostra eccellenza essere benedetta per sempre per la sua decisione! Ora sarň felice. E

consentitemi, in ginocchio, di ringraziarvi per tutti i benefici e i favori che avete accumulato’su di me; per le occasioni che ho avuto di migliorare e di imparare, tramite i buoni uffici della mia signora, e vostri. Adesso dimenticherň tutto quanto la vostra eccellenza mi ha proposto, e vi prometto che non lascerň mai che il vostro nome mi passi sulla bocca se non con reverenza e gratitudine; e cosě Iddio Onnipotente benedica in eterno vostra eccellenza!ť

Dopodiché mi sono alzata e sono venuta via con un cuore molto piů leggero di quello con cui ero andata alla sua presenza: e mi sono messa a scrivere questa lettera.

E cosě tutto č felicemente finito.

E ora, miei carissimi padre e madre, aspettatevi di veder presto la vostra povera figlia, con animo umile e obbediente, di ritorno da voi. E non temete che io non sappia essere felice con voi come lo sono sempre stata. Perché me ne starň in soffitta, come una volta; e vi prego, preparatemi il mio lettuccio; e ho una sommettina con cui comperarmi abiti piů adatti alla mia condizione di quelli che ho adesso; e mi farň aiutare dalla signora Munford in qualche lavoro di ricamo; e non temiate che vi sia di peso, se la mia salute reggerŕ. So che sarň premiata, se non per merito mio, per merito di voi due, che in tutte le vostre dure prove e disgrazie avete conservato tanta integritŕ, che tutti parlano bene di voi. Ma spero che lui consentirŕ alla buona signora Jervis di darmi buone credenziali, per paura che si pensi che sono stata licenziata per disonestŕ.

E cosě, miei cari genitori, siate benedetti per me, e io per voi! E io pregherň sempre per il mio padrone e per la signora Jervis. Buonanotte, dunque; poiché č tardi, e presto mi chiameranno per andare a letto.

Spero che la signora Jervis non sia adirata con me. Non mi ha chiamata per la cena; anche se non avrei potuto mangiare nulla, qualora lo avesse fatto. Ma non dubito che dormirň lietamente questa notte, e sognerň di essere con voi, nella mia cara, cara, gaia soffitta ancora una volta.

E cosě buonanotte di nuovo, miei cari padre e madre, dice La vostra onesta, benché povera Figliola,

Forse non verrň questa settimana, perché devo raccogliere la biancheria, e lasciare in ordine tutto quello che riguarda le mie mansioni.