«Avanti, march! divisione, testa, armata!». Proprio come Bonaparte che sta morendo a Sant’Elena! Sembra che il numero sette si sia mutato in scettro di ferro, e lo scialle di vimini in mantello imperiale. Ora ossequia l’armata. La battaglia è vinta, ma la giornata è stata calda. Passa a cavallo sotto archi di trionfo. Il suo cuore esulta. Ascolta con voluttà le acclamazioni di un mondo entusiasta. Fra poco detterà un codice superiore a tutti i codici conosciuti. Giura solennemente che darà la felicità ai suoi popoli. La miseria e il vizio sono scomparsi dall’umanità.
Eppure ha schiena e reni scorticati dal peso della gerla. È logorato dalle angustie domestiche. Porta la traccia di quarant’anni di dispiaceri e di sfinimenti. L’età lo tormenta. Ma il vino, come un novello Pactolo, fa scorrere attraverso l’umanità sofferente un oro intellettuale. Come i buoni re, regna con i suoi benefici e canta le sue imprese con l’ugola dei suoi sudditi.
C’è sulla sfera terrestre un’innumerevole folla senza nome, le cui sofferenze il sonno non placherebbe abbastanza. Il vino compone per lei canti e poemi.
Molti mi troveranno senz’altro troppo indulgente, «Voi rendete innocente l’ubriachezza, idealizzate la crapula». Ammetto che di fronte ai benefici non ho il coraggio di calcolare i torti. D’altra parte ho detto che il vino era assimilabile all’uomo, ed ho concesso la parità ai loro crimini e alle loro virtù. Posso far meglio? D’altronde ho un’altra idea. Se il vino scomparisse dai prodotti umani, credo che nella salute e nell’intelletto del pianeta si creerebbe un vuoto, un’assenza, un difetto molto più terribile che tutti gli eccessi e le deviazioni di cui il vino è accusato. Non è ragionevole pensare che chi non beve mai vino, ingenuo o abitudinario, sia imbecille, o ipocrita; imbecille, ovvero chi non conosce né l’umanità né la natura, un artista che respinge i mezzi tradizionali dell’arte; un operaio che bestemmia la macchina; ipocrita, ovvero goloso che si vergogna, millantatore della sua sobrietà, che beve in segreto e che ha qualche vino nascosto? Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere ai propri simili.
Giudicate voi: alcuni anni fa, a una mostra di pittura, la folla degli imbecilli si commosse davanti a un quadro levigato, lustro, verniciato come un oggetto d’industria. Era l’antitesi assoluta dell’arte; stava alla Cucina di Drolling come la follia all’imbecillità, i seguaci all’imitatore. In questa pittura microscopica si vedevano volare le mosche. Come tutti, ero attirato da questo mostruoso oggetto; ma mi vergognavo di questa singolare debolezza, perché era l’irresistibile attrazione per l’orrido. Alla fine, mi accorsi che a mia insaputa ero attirato da una curiosità filosofica, l’immenso desiderio di sapere quale poteva essere il carattere morale dell’uomo che aveva partorito una tanto criminale stravaganza. Scommisi con me stesso che doveva essere profondamente malvagio. Feci prendere informazioni, e il mio istinto ebbe il piacere di vincere questa scommessa psicologica. Seppi che il mostro si alzava regolarmente all’alba, che aveva rovinato la sua domestica, e che non beveva altro che latte!
Ancora uno o due aneddoti, e potremo stabilire un dogma. Un giorno, su un marciapiede, vedo un capannello di persone; riesco a sollevare gli occhi sopra le spalle dei curiosi ed ecco cosa vedo: un uomo steso per terra, sulla schiena, gli occhi spalancati e fissi al cielo, un altro uomo, in piedi davanti a lui, che t gli parla solo con i gesti, mentre l’uomo a terra gli risponde solo con gli occhi, tutti e due animati da meraviglioso affetto. I gesti dell’uomo in piedi dicevano all’intelligenza di quello disteso: «Vieni, vieni ancora, la felicità è qui a due passi, vieni all’angolo della strada.
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