Il malato, con l’estasi negli occhi, lo guarda con sprezzo indicibile; è il suo orgoglio che lo salva dalle ingiurie più gravi. Difatti, cosa c’è di più adatto a esasperare un malato di gioia se non volerlo guarire?

Ecco, secondo me, un fenomeno estremamente curioso: una domestica, incaricata di portare tabacco e bibite fresche a persone ebbre di hascisc, vedendosi circondata da gente bizzarra, da pupille smisuratamente dilatate, e come circuita da un’atmosfera malsana, da una follia collettiva, presa da un insensato scoppio di risa, lascia cadere il vassoio che si rompe con tutte le tazze e i bicchieri, e fugge spaventata a gambe levate. Tutti si mettono a ridere. Il giorno dopo, ha confessato di aver provato per parecchie ore qualcosa di singolare, d’essersi sentita tutta strana, tutta non so come. Eppure non aveva assunto hascisc.

La seconda fase si preannunzia con una sensazione di freddo alle estremità, una grande debolezza; avete, come si dice, mani di pasta, una pesantezza di testa e uno stordimento generale in tutto il vostro essere. Gli occhi si dilatano, sono come afferrati, in tutti i sensi, da un’estasi implacabile. Il volto si riempie di pallore, e diviene livido e verdastro. Le labbra si contraggono, si accorciano e sembrano voler ritirarsi all’interno. Vi sfuggono dal petto sospiri rochi e profondi, come se la vostra antica natura non potesse sopportare il peso di quella nuova. I sensi acquistano un’acutezza e un’intensità straordinarie. Gli occhi squarciano l’infinito. L’orecchio coglie i suoni più impercettibili in mezzo ai rumori più acuti.

Le allucinazioni cominciano. Gli oggetti esterni assumono apparenze mostruose. Vi si rivelano sotto forme prima sconosciute. Poi si deformano, si trasformano, e infine entrano nel vostro essere, o meglio voi entrate in loro. Si compiono le più singolari ambiguità, le più inesplicabili trasposizioni di idee. I suoni hanno un colore, i colori una musica. Le note musicali sono numeri e risolvete con rapidità fulminea via via che la musica fluisce nel vostro orecchio calcoli aritmetici che hanno del prodigio. Siete seduti e fumate; credete di essere seduti sulla vostra pipa, e siete voi che la vostra pipa fuma; siete voi che vi esalate sotto forma di nuvole azzurrognole.

Vi trovate bene, una sola cosa vi preoccupa e vi inquieta. Come farete ad uscire dalla vostra pipa? Questa fantasia dura un’eternità. Con grande sforzo un intervallo di lucidità vi permette di guardare il pendolo. L’eternità è durata un minuto. Siete presi in un’altra corrente di idee; sarete presi per un minuto nel suo vivente gorgo, e questo minuto sarà ancora una eternità. Le proporzioni del tempo e dell’essere sono disturbate dall’innumerevole moltitudine e dall’intensità delle sensazioni e delle idee. Si vivono parecchie vite d’uomo nello spazio di un’ora. È proprio questo il soggetto di La peau de chagrin. Non c’è più equazione tra organi e godimento.

Di tanto in tanto la personalità scompare. L’oggettività che rende panteistici certi poeti e i grandi attori diviene tale che vi confondete con gli esseri esterni. Eccovi albero mugghiante al vento, mentre racconta alla natura melodie vegetali. Ora vi librate nell’azzurro del cielo immensamente dilatato.