Ma Pel di Carota è fiero della sua zappa e lavora di buzzo buono gareggiando con Felice, restando al suo fianco, in linea retta, per dimostrare che il suo solco non resta indietro da quello che sta tracciando il fratello.

Ad un tratto, chissà come e chissà perché, un colpo di zappa di Felice prende Pel di Carota in piena fronte.

Il sangue sgorga copioso e, alle sue grida, tutti accorrono per portare soc-corso a Felice che è svenuto alla vista del sangue.

Con molte cautele Felice viene trasportato in casa e coricato sul letto mentre tutti si affannano a cercare i sali, l’aceto, e lo spruzzano d’acqua fresca perché rinvenga.

In quel trambusto si sono dimenticati di Pel di Carota, che si è bendato al-la meglio la sua ferita mentre il sangue continua a inzuppare la fasciatura.

Il signor Lepic, al vederlo così conciato, ha commentato:

— Ti sei fatto aggiustar per le feste …

E la sorella Ernestina, che finalmente si è decisa a fasciarlo in modo ac-concio, al veder la ferita ha esclamato:

— La zappa t’è penetrata nella fronte come nel burro …

Ma Pel di Carota non ha strillato, nemmeno quando lo hanno medicato con qualche cosa che, sul taglio, frigge e brucia come un tizzone acceso. Gli uomini non piangono, si dice, mentre gli altri osservano che quel minuzzolo d’uomo è fatto in modo che non avverte neppure il dolore fisico.

Intanto, Felice ha aperto un occhio, poi l’altro e va ripigliando lentamente colore e tutti se ne rallegrano ed una gran pena esce dal loro cuore.

Mamma Lepic, che fino a quel momento non ha aperto bocca, presa dallo spavento, mentre rincuora il figlio maggiore si duole che sia così sensibile e impreparato ad affrontare le avversità della vita e guardando Pel di Carota che, ai piedi del letto, assiste alla lenta ripresa del fratello, non può far a meno di esplodere, con quel suo tono stizzoso e insofferente:

— Ma non potevi star attento, ed evitare questo guaio?

E Pel di Carota si chiede come poteva stare attento se ha sentito quel colpo senza neppur vedere la zappa nel suo improvviso balzo verso la sua povera fronte.

E si chiede ancora come ha potuto, Felice, che era alla sua destra, in linea parallela con lui, deviare la traiettoria del suo arnese, fino a colpirlo.

E tante altre cose si chiede ancora, ma rinuncia a risolvere tutti quei problemi che si affacciano alla sua piccola mente. Gli sembrano sproporzionati alla sua capacità di intendere il perché certe cose capitino proprio e soltanto a lui.

La testa gli duole, la fasciatura è troppo stretta. Si passa una mano su quel turbante che la sorella gli ha arrotolato attorno alla testa continuando a dichiarare che lo rende oltremodo buffo. Sente che la superficie della fasciatura è asciutta ed è certo che presto guarirà e, forse, una cicatrice resterà a solcare la sua fronte, come una di quelle indelebili tracce di cruenti duelli di cui si ornano i cavalieri di cappa e spada dei suoi romanzi preferiti.

* * *

Un giorno, il signor Lepic ha portato a casa una carabina. È una bellissima carabina di precisione, lucente e di fattura accurata, una carabina che Pel di Carota ha lungamente sognato di possedere.

Il signor Lepic ha presentato la carabina ai figlioli dicendo loro:

— Una carabina basta ad entrambi. I fratelli, quando si vogliono bene, sanno dividere ogni cosa.

— Certo, papà — è pronto ad affermare Felice. — Anzi, basta che Pel di Carota me la presti ogni tanto. Puoi consegnarla a lui.

Pel di Carota ha la gola asciutta ma non dice né si né no; ha imparato a non fidarsi delle premure del fratello e teme sempre che nascondano qualche secondo fine.

Il signor Lepic mostra la carabina in ogni sua parte, ne elogia la perfezione e la funzionalità e si affretta a dimostrare come calzi a pennello nel suo fodero di panno verde, raccomandando di non trascurare mai questa necessaria previdenza, perché la polvere e la ruggine non la deteriorino.

— Chi la porterà per primo? — chiede soddisfatto dell’interesse con cui i figli seguono ogni suo movimento.

— Cedo l’onore a Pel di Carota — risponde Felice.

Pel di Carota fa un passo avanti, emozionatissimo. Il padre accomoda la carabina sulla spalla del figlio e rivolto a Felice gli dice:

— Bravo. Mi piace che tu sia gentile con il tuo fratellino. Mi ricorderò di questa tua buona disposizione verso di lui.