Grande biblioteca della letteratura italiana 28
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Antìclo Q
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sì come il vino ad un cratere infranto.
E digli che per lui muoio e che muoio
per la sua donna, ed ho la mia nel cuore.
Che venga la divina Helena, e parli
a me la voce della mia lontana:
100 parli la voce dolce più che niuna,
come ad ognuno suona al cuor sol una”.
VI
Disse, e la casa entrò Lèito, e seguiva
tra le fiamme il feroce urlo di guerra,
che come tacque, egli trovò l’Atride
105 poggiato all’asta dalla rossa punta,
dritto, col piede sopra il suo nemico.
E contro gli sedeva Helena Argiva,
tacita, sopra l’alto trono d’oro;
e lo sgabello aveva sotto i piedi.
110 E Lèito disse al vincitore Atride:
“Uno mi manda, da cui fugge il sangue
sì come il vino da cratere infranto:
Antìclo, che muore per te, che muore
per la tua donna, ed ha la sua nel cuore.
115 Oh! vada la divina Helena, e parli
a lui la voce della sua lontana,
la voce dolce forse più che niuna,
e come suona forse al cuor sol una”.
VII
E così, mentre già moriva Antìclo,
120 veniva a lui con mute orme di sogno
Helena. Ardeva intorno a lei l’incendio,
su l’incendio brillava il plenilunio.
Ella passava tacita e serena,
come la luna, sopra il fuoco e il sangue.
125 Le fiamme, un guizzo, al suo passar, più alto; Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 29
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Antìclo Q
spremeano un rivo più sottil le vene.
E scrosciavano l’ultime muraglie,
e sonavano gli ultimi singulti.
Stette sul capo al moribondo Antìclo
130 pensoso della sua donna lontana.
Tacquero allora intorno a lei gli eroi
rauchi di strage, e le discinte schiave.
E già la bocca apriva ella a chiamarlo
con la voce lontana, con la voce
135 della sua donna, che per sempre seco
egli nell’infinito Hade portasse;
la rosea bocca apriva già; quand’egli
“No” disse: “voglio ricordar te sola”.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 30
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Il sonno di Odisseo Q
Il sonno d’Odisseo
I
Per nove giorni, e notte e dì, la nave
nera filò, ché la portava il vento
e il timoniere, e ne reggeva accorta
la grande mano d’Odisseo le scotte;
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né, lasso, ad altri le cedea, ché verso
la cara patria lo portava il vento.
Per nove giorni, e notte e dì, la nera
nave filò, né l’occhio mai distolse
l’eroe, cercando l’isola rupestre
10
tra il cilestrino tremolìo del mare;
pago se prima di morir vedesse
balzarne in aria i vortici del fumo.
Nel decimo, là dove era vanito
il nono sole in un barbaglio d’oro,
15
ora gli apparse non sapea che nero:
nuvola o terra? E gli balenò vinto
dall’alba dolce il grave occhio: e lontano s’immerse il cuore d’Odisseo nel sonno.
II
E venne incontro al volo della nave,
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ecco, una terra, e veleggiava azzurra
tra il cilestrino tremolìo del mare;
e con un monte ella prendea del cielo,
e giù dal monte spumeggiando i botri
scendean tra i ciuffi dell’irsute stipe;
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e ne’ suoi poggi apparvero i filari
lunghi di viti, ed a’ suoi piedi i campi
vellosi della nuova erba del grano:
e tutta apparve un’isola rupestre,
dura, non buona a pascere polledri,
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ma sì di capre e sì di buoi nutrice:
e qua e là sopra gli aerei picchi
morian nel chiaro dell’aurora i fuochi
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 31
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Il sonno di Odisseo Q
de’ mandriani; e qua e là sbalzava
il mattutino vortice del fumo,
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d’Itaca, alfine: ma non già lo vide
notando il cuore d’Odisseo nel sonno.
III
Ed ecco a prua dell’incavata nave
volar parole, simili ad uccelli,
con fuggevoli sibili. La nave
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radeva allora il picco alto del Corvo
e il ben cerchiato fonte; e se n’udiva
un grufolare fragile di verri;
ed ampio un chiuso si scorgea, di grandi
massi ricinto ed assiepato intorno
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di salvatico pero e di prunalbo;
ed il divino mandrian dei verri,
presso la spiaggia, della nera scorza
spogliava con l’aguzza ascia un querciolo, e grandi pali a rinforzare il chiuso
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poi ne tagliò coi morsi aspri dell’ascia;
e sì e no tra lo sciacquìo dell’onde
giungeva al mare il roco ansar dei colpi,
d’Eumeo fedele: ma non già li udiva
tuffato il cuore d’Odisseo nel sonno.
IV
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E già da prua, sopra la nave, a poppa,
simili a freccie, andavano parole
con fuggevoli fremiti. La nave
era di faccia al porto di Forkyne;
e in capo ad esso si vedea l’olivo,
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grande, fronzuto, e presso quello un antro: l’antro d’affaccendate api sonoro,
quando in crateri ed anfore di pietra
filano la soave opra del miele:
Op.
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