VI
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Ma te non più porterò via, divino
eroe, sul carro, col rotondo scudo
ch’ha suon di tibie, e dolce canta, AI LINO: dall’altra parte tornerò del cielo,
a sera, e te con altri ignudi ignudo
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io parerò tenendo un aureo stelo;
un aureo stelo con in cima un astro;
e parerò le vostre esili vite,
come un pastore, con quel mio vincastro:
un gregge d’ombre, senza i folti velli
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color viola. E per le vie muffite
v’udrò stridere come vipistrelli.
La bianca Rupe tu vedrai, dov’ogni
luce tramonta, tu vedrai le Porte
del Sole e il muto popolo dei Sogni.
100 E giunto alfine sosterai nel Prato
sparso dei gialli fiori della morte,
immortalmente, Achille, affaticato.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 24
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali – Le Memnonidi Q
VII
Dove dirai: Fossi lassù garzone,
in terra altrui, di povero padrone;
105 ma pur godessi, al sole ed alla luna,
la dolce vita che ad ognuno è una;
e i miei cavalli fossero giovenchi,
che lustro il pelo, i passi hanno sbilenchi; e ritrovassi, nell’uscir dal tetto,
110 per asta dalla lunga ombra, il pungetto; e rimirassi, nell’uscir dal clatro,
per carro dal sonante asse, l’aratro:
l’aratro pio che cigola e lavora
nella penombra della nuova aurora! —
115 Diceva, e già nel cielo era appassita: venne il Sole, e s’alzò l’urlo di guerra.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 25
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Antìclo Q
Antìclo
I
E con un urlo rispondeva Antìclo,
dentro il cavallo, a quell’aerea voce;
se a lui la bocca non empìa col pugno
Odisseo, pronto, gli altri eroi salvando;
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e ognun chiamando tuttavia per nome
la voce alata dileguò lontano;
fin ch’all’orecchio degli eroi non giunse
che il loro corto anelito nel buio;
come già prima, quando già lì fuori
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impallidiva il vasto urlìo del giorno,
l’urlìo venato da virginei cori,
che udian dietro una nera ombra di sonno;
nel lungo giorno; e poi languì, ché forse
era già sera, e forse già sul mare
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tremolava la stella Espero, e forse
la luna piena già sorgea dai monti;
ed allora una voce ecco al cavallo
girare attorno, che sonava al cuore
come la voce dolce più che niuna,
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come ad ognuno suona al cuor sol una.
II
Era la donna amata, era la donna
lontana, accorsa, in quella ora di morte,
da molta ombra di monti, onda di mari:
sbalzò ciascuno quasi a porre il piede
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su l’inverdita soglia della casa.
Ma tutti un cenno di Odisseo contenne:
Antìclo, no. Poi ch’era forte Antìclo,
sì, ma per forza; e non avea la gloria
loquace a cuore, ma la casa e l’orto
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d’alberi lunghi e il solatìo vigneto
e la sua donna. E come udì la voce
della sua donna, egli sbalzò d’un tratto
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 26
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Antìclo Q
su molta onda di mari, ombra di monti;
udì lei nelle stanze alte il telaio
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spinger da sé, scendere l’ardue scale;
e schiuso il luminoso uscio chiamare
lui che la bocca aprì, tutta, e vi strinse il grave pugno di Odisseo Cent’arte;
e sentì nella conca dell’orecchio
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sibilar come raffica marina:
“Helena! Helena! è la Morte, infante!”
III
Ma quella voce gli restò nel cuore;
e quando uscì con gli altri eroi — la luna piena pendeva in mezzo della notte —
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gli nereggiava di grande ira il cuore;
e per tutto egli uccise, arse, distrusse.
Gittò nel fuoco i tripodi di bronzo,
spinse nel seno alle fanciulle il ferro;
ché non prede voleva; egli voleva
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udir, tra grida e gemiti e singulti,
la voce della sua donna lontana.
Ma era nella sacra Ilio il nemico
di gloria Antìclo, non in Arne ancora,
fertile d’uva, o in Aliarto erboso:
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e in un vortice rosso Ilio vaniva
a’ piè del plenilunio sereno.
Morti i guerrieri, giù nelle macerie
fumide i Danai ne battean gl’infanti,
alle lor navi ne rapian le donne:
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e d’Ilio in fiamme al cilestrino mare,
dalle Porte al Sigeo bianco di luna,
passavano con lunghi ululi i carri.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 27
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Poemi conviviali
– Antìclo Q
IV
Ma non ancora alle Sinistre Porte
Antìclo eroe dalla città giungeva.
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Lì l’auriga attendeva il suo guerriero
insanguinato; e oro e bronzo, il carro,
e la giovane schiava alto gemente.
Voto era il carro, solo era l’auriga:
legati con le briglie abili al tronco
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del caprifico, in cui fischiava il vento,
i due cavalli battean l’ugne a terra,
fiutando il sangue, sbalzando alle vampe.
Ma non giungeva Antìclo: egli giaceva
sul nero sangue, presso l’alta casa
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di Deifobo. E dentro eravi ancora
fremere d’ira, strepere di ferro:
poi che, intorno all’amante ultimo, ancora gli eroi venuti con le mille navi,
Locri, Etoli, Focei, Dolopi, Abanti,
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contendean ai Troiani Helena Argiva;
tutti per lei si percotean con l’aste
i vestiti di bronzo e i domatori
di cavalli; e le loro aste, stridendo,
rigavano di lunghe ombre le fiamme.
V
85
Ma pensava alla sua donna morendo
Antìclo, presso l’atrio sonoro
dell’alta casa. E divampò la casa
come un gran pino; ed al bagliore Antìclo
vide Lèito eroe sul limitare.
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Rapido a nome lo chiamò: gli disse:
“Lèito figlio d’Alectryone, trova
nell’alta casa il vincitore Atride,
di cui s’ode il feroce urlo di guerra.
Digli che fugge alle mie vene il sangue
Op.
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