— Ara: la stanga dell’aratro al giogo

lega dei bovi; ché tu n’hai, ben d’erbe

5

sazi, in capanna, o figlio di Laerte.

Fatti col cuoio d’un di loro, ucciso,

un paio d’uose, che difenda il freddo,

ma prima il dentro addenserai di feltro;

e cucirai coi tendini del bove

10

pelli de’ primi nati dalle capre,

che a te dall’acqua parino le spalle;

e su la testa ti porrai la testa

d’un vecchio lupo, che ti scaldi, e i denti bianchi digrigni tra il nevischio e i venti.

15

Arare il campo, non il mare, è tempo,

da che nel cielo non si fa vedere

più quel branchetto delle sette stelle.

Sessanta giorni dopo volto il sole,

quando ritorni il conduttor del Carro,

20

allor dolce è la brezza, il mare è calmo;

brilla Boote a sera, e sul mattino

tornata già la rondine cinguetta,

che il mare è calmo e che dolce è la brezza.

La brezza chiama a sé la vela, il mare

25

chiama a sé il remo; e resta qua canoro

il cuculo a parlare al vignaiolo. —

Questo era canto che mordeva il cuore

a chi non bovi e sol avea l’aratro;

ch’egli ha bel dire “Prestami il tuo paro!” 30

Son le faccende, ed ora ogni bifolco

semina, e poi, sicuro della fame,

ode venti fischiare, acque scrosciare,

ilare. E intanto esse, le gru, moveano

verso l’oceano, a guerra, in righe lunghe, 35

empiendo il cielo d’un clangor di trombe.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 40

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Poemi conviviali – L’ultimo viaggio Q

V

IL REMO CONFITTO

E per nove anni al focolar sedeva,

di sua casa, l’Eroe navigatore:

ché più non gli era alcuno error marino

dal fato ingiunto e alcuno error terrestre.

5

Sì, la vecchiaia gli ammollia le membra

a poco a poco. Ora dovea la morte

fuori del mare giungergli, soave,

molto soave, e né coi dolci strali

dovea ferirlo, ma fiatar leggiera

10

sopra la face cui già l’uragano

frustò, ma fece divampar più forte.

E i popoli felici erano intorno,

che il figlio, nato lungi alle battaglie,

savio reggeva in abbondevol pace.

15

Crescean nel chiuso del fedel porcaio

fioridi i verri dalle bianche zanne,

e nei ristretti pascoli più tanti

erano i bovi dalle larghe fronti,

e tante più dal Nerito le capre

20

pendean strappando irsuti pruni e stipe,

e molto sotto il tetto alto giaceva

oro, bronzo, olezzante olio d’oliva.

Ma raro nella casa era il convito,

né più sonava l’ilare tumulto

25

per il grande atrio umbratile; ché il vecchio più non bramava terghi di giovenco,

né coscie gonfie d’adipe, di verro;

amava, invano, la fioril vivanda,

il dolce loto, cui chi mangia, è pago,

30

né altro chiede che brucar del loto.

Così le soglie dell’eccelsa casa

or d’Odissèo dimenticò l’aedo

dai molti canti, e il lacero pitocco,

che l’un corrompe e l’altro orna il convito.

35

E il Laertiade ora vivea solingo

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 41

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Poemi conviviali – L’ultimo viaggio Q

fuori del mare, come il vecchio remo

scabro di salsa gromma, che piantato

lungi avea dalle salse aure nel suolo,

e strettolo, ala, tra le glebe gravi.

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E il grigio capo dell’Eroe tremava,

avanti al mormorare della fiamma,

come là, nella valle solitaria,

quel remo al soffio della tramontana.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 42

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Poemi conviviali – L’ultimo viaggio Q

VI

IL FUSO AL FUOCO

E per nove anni ogni anno udì la voce,

di su le nubi, delle gru raminghe

che diceano — Ara — che diceano — Dormi —; ed alternando squilli di battaglia

5

coi remi in lunghe righe battean l’aria:

— mentre noi guerreggiamo, ara, o villano; dormi, o nocchiero, noi veleggeremo. —

E il canto il cuore dell’Eroe mangiava,

chiuso alle genti come un aratore

10

cui per sementa mancano i due bovi.

Sedeva al fuoco, e la sua vecchia moglie,

la bene oprante, contro lui sedeva,

tacita. E per le fauci del camino

fuligginose, allo spirar de’ venti

15

umidi, ardeano fisse le faville;

ardean, lievi sbraciando, le faville

sul putre dorso dei lebeti neri.

Su quelle intento si perdea con gli occhi

avvezzi al cielo il corridor del mare.

20

E distingueva nel sereno cielo

le fuggitive Pleiadi e Boote

tardi cadente e l’Orsa, anche nomata

il Carro, che lì sempre si rivolge,

e sola è sempre del nocchier compagna.

25

E il fulgido Odisseo dava la vela

al vento uguale, e ferme avea le scotte,

e i buoni suoi remigatori stanchi

poneano i remi lungo le scalmiere.

La nave con uno schioccar di tela

30

correa da sé nella stellata notte,

e prendean sonno i marinai su i banchi,

e lei portava il vento e il timoniere.