Io vi racconto, per finire, un fatto di cui sono stato testimonio or ora. Un rondone (è forse una femmina: certe bontà si suppongono meglio in una che fu o è per essere miei nidini di balestruccio. Vuol forse impadronirsene? cacciarne la famigliola che c’è già? No: egli porta ogni volta qualche cosa da mangiare; sta arrampicato un poco alla porticella o finestrella del nido, ed è subito sbarazzato della sua piccola preda. O caro buon rondone: tu non hai forse da fare oggi; tu non hai forse ancora compagno o compagna; e, tanto per non stare (ero per dire, con le mani in mano: ma non si tratta d’uomini, qui) per non stare in ozio, dài un po’ d’aiuto a una rondinella, a una d’altra nazione e razza, che ha forse troppi figliuoli e troppo da fare e poco da mangiare. Carità… internazionale!
O caso più pietoso ancora, si tratta d’orfanelli? e un altro povero li nutre e tira su alla meglio?
Uomini, dirò come in una favola per i bimbi: uomini, imitate quel rondone. Uomini, insomma contentatevi del poco (“assai” vuol dire sì abbastanza e
sì molto: filosofia della lingua!), e amatevi tra voi nell’ambito della famiglia,
della nazione e dell’umanità.
Ma io non parlo più a te, dolce Maria. Eccomi a te di nuovo… Ma c’è da
fare il pane. Oggi è sabato. Lasciamo la penna, e andiamo. Andiamo, buona
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ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
sorella, a fabbricarci il nostro pane quotidiano, o, a dir meglio, settimane, che ci
sembra poi così buono, né solo perché fatto a crocette, come è usanza della nostra
Romagna (qua li chiamano colombini , come quelli di Pasqua), ma perché
intriso, rimenato e foggiato dalle nostre proprie mani. Andiamo dunque a fare
opera… indovina, di che?… di emancipazione, figliuola mia!
Castelvecchio di Barga, 5 di giugno 1897.
Giovanni
Giovanni Pascoli Primi poemetti
– La sementa Q
La sementa
L’alba
I
Allor che Rosa dalle bianche braccia
aprì le imposte, piccola e lontana
dal cielo la garrì la cappellaccia.
Dalla Pieve a’ Cipressi la campana
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sonava l’alba: in alto, sul Mongiglio
erano bianchi bioccoli di lana.
Raspava una gallina sopra il ciglio
d’un fosso. Po s’alzò, scosse la brina,
scodinzolando, con uno sbadiglio.
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Ed al frizzar dell’aria mattutina,
nel comun letto si svegliò Viola,
all’improvviso, e mormorò: “Rosina!
Rosina!”. E già taceva la chiesuola
lasciando udire un canto di fringuello,
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e, per i campi ombrati di viola,
lo squillar de’ pennati sul marrello.
II
E Rosa in tanto, al davanzale, i semi
coglieva d’una spiga d’amorino,
e mondava dal secco i crisantemi.
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Si sfumò d’oro un bioccolo argentino:
oh! una mandra, tutta oro, tranquilla
pasceva in alto in mezzo al cilestrino.
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ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Primi poemetti
– La sementa Q
Corsero come guizzi di pupilla;
tutto via via razzava: un fil di paglia
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nel concio nero, un ciottolo, una stilla.
Ma il sole entrava come in una maglia
sottil di nubi d’un color d’opale,
e traspariva dalla nuvolaglia.
Rosa si ravviava al davanzale:
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or luce, or ombra si sentìa sul viso;
ché il sol montando per il cielo a scale
appariva e spariva all’improvviso.
III
Appariva e spariva; e venìa meno
la terra all’occhio, e poi, come in un fiato, 35
tutto balzava su verso il sereno.
A monte, a mare, ella guardò: guardato
ch’ebbe, ella disse (udiva sui marrelli
a quando a quando battere il pennato):
“Aria a scalelli, acqua a pozzatelli”.
Op.
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