- Ho dovuto correr tanto per raggiungerla! - Oh, ma guarda! ha creduto davvero ch'io fuggissi? S'inganna, caro signore, e gliene do subito la prova. Lei forse sospetta ch'io abbia avuto qualche parte nella prossima venuta di qualcuno che le dà ombra? - Nessuna ombra! - Tanto meglio. Per codesto sospetto, ha potuto credere ch'io fuggissi? - So che lei è stato amico d'un certo pittore che s'uccise a Napoli. - Sì. Ebbene? - Ebbene, lei che s'è trovato in mezzo a questa faccenda... - Io? Ma nient'affatto! chi gliel'ha detto? io ne so quanto lei; forse meno di lei. - Ma conoscerà questo signor Nuti! - Nient'affatto! Lo vidi, parecchi anni fa, giovanotto, una o due volte, non più. Non ho mai parlato con lui. - Cosicché... - Cosicché, caro signore, non conoscendo questo signor Nuti, e seccato di vedermi da alcuni giorni guardato male da lei per il sospetto ch'io mi sia immischiato o voglia immischiarmi in codesta faccenda; poco fa, non volevo che lei mi raggiungesse e ho accelerato il passo. Eccole spiegata "la mia fuga". È contento? Con subitaneo cangiamento Carlo Ferro mi tese la mano, commosso: - Posso aver l'onore e il piacere d'essere suo amico? Gli strinsi la mano e risposi: - Lei sa bene, che sono di fronte a lei così poca cosa, che l'onore sarà mio. Carlo Ferro si scrollò come un orso: - Non dica! Non dica! Lei è uno che sa il fatto suo, a preferenza di tutti gli altri; sa, vede e non parla... Che mondaccio, signor Gubbio, che mondaccio è questo! che schifo! Ma pajono tutti... che so! Ma perché si dev'essere così? Mascherati! Mascherati! Mascherati! Me lo dica lei! Perché, appena insieme, l'uno di fronte all'altro, diventiamo tutti tanti pagliacci? Scusi, no, anch'io, anch'io; mi ci metto anch'io; tutti! Mascherati! Questo, un'aria così; quello, un'aria cosà... E dentro siamo diversi! Abbiamo il cuore, dentro, come... come un bambino rincantucciato, offeso, che piange e si vergogna! Sissignore, creda: il cuore si vergogna! Io smanio, smanio, signor Gubbio, per un poco di sincerità... d'essere con gli altri come sono tante volte con me stesso, dentro di me; una creatura, glielo giuro, una creaturina che piagnucola perché la mamma santa, sgridandola, le ha detto che non le vuole più bene! Sempre io, sempre, quando mi sento salire il sangue agli occhi, penso a quella mia vecchierella, laggiù in Sicilia, sa? Ma guaj se mi metto a piangere! Quelle che sono lagrime per i miei occhi, se qualcuno non le capisce e crede che siano per paura, possono diventar subito sangue nelle mie mani; io lo so, e perciò ho una gran paura, quando mi sento pungere il pianto negli occhi! Le dita, guardi,mi diventano così! Nell'oscurità del grande viale deserto, mi vidi porre davanti agli occhi due manacce poderose, ferocemente contratte e artigliate. Dissimulando con molto sforzo il turbamento che questa inattesa effusione di sincerità mi suscitava, per non esacerbargli il dolore segreto al quale senza dubbio era in preda e che, certamente suo malgrado, aveva trovato in quell'effusione uno sfogo di cui già si pentiva; trattenni la voce, finché non mi parve di poter parlare in modo ch'egli, pur intendendo la mia simpatia per la sua sincerità, fosse tratto più a pensare che a sentire: e dissi: - Ha ragione; è proprio così, signor Ferro! Ma inevitabilmente, veda, noi ci costruiamo, vivendo in società... Già, la società per se stessa non è più il mondo naturale. È mondo costruito, anche materialmente! La natura non ha altra casa, che la tana o la grotta. - Allude a me? - Come, a lei? No. - Sono della tana o della grotta? - Ma no! Volevo spiegarle perché, a mio modo di vedere, si mentisce inevitabilmente. E dico che mentre la natura non conosce altra casa che la tana o la grotta, la società costruisce le case; e l'uomo, quando esce da una casa costruita, dove già non vive più naturalmente, entrando in relazione co' suoi simili, si costruisce anch'esso, ecco; si presenta, non qual è, ma come crede di dover essere o di poter essere, cioè in una costruzione adatta ai rapporti, che ciascuno crede di poter contrarre con l'altro. In fondo, poi, cioè dentro queste nostre costruzioni, messe così di fronte, restano ben nascosti, dietro le gelosie e le imposte, i nostri pensieri più intimi, i nostri più segreti sentimenti. Ma ogni tanto, ecco, ci sentiamo soffocare; ci vince il bisogno prepotente di spalancare gelosie e imposte per gridar fuori, in faccia a tutti, i nostri pensieri, i nostri sentimenti tenuti per tanto tempo nascosti e segreti. - Già... già... già... - approvò parecchie volte Carlo Ferro, ridivenuto fosco.
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