È stato Nerval a organizzare la claque romantica; nelle prime file dell’ ‘esercito della libertà’, il fiammante gilet rosso indossato da Gautier: un vessillo entusiasta, un sonoro ceffone al buon gusto dei grigiastri borghesi. La battaglia, nella quale Nerval e Gautier hanno svolto un ruolo fondamentale, si risolve in una vittoria della nuova cultura romantica; e Gautier ottiene un riconoscimento importante: Victor Hugo lo presenta al principale editore del momento, Renduel.



«Poésies»

Nel luglio del 1830, proprio nei giorni della rivoluzione, viene stampata a spese di Gautier la sua prima raccolta di Poésies: una quarantina di testi (ballate, elegie, meditazioni, sonetti...) ispirati ai temi dominanti del gusto romantico: rievocazioni medievali, paesaggi tenebrosi, luoghi dell’anima... l’onnipresenza della morte, la caducità della bellezza. Eppure questi luoghi comuni della poesia romantica sono visitati dal poeta diciannovenne con intonazioni che appartengono a un suo registro personale: senza enfasi né languori conclamati, il giovane artista appare soprattutto impegnato in un tentativo stilistico di incontro tra la poesia e la pittura. Appaiono le prime di quelle trasposizioni d’arte in cui eccellerà l’«impeccabile» maestro di stile. Le tradizionali separazioni dei generi e delle tecniche vengono abilmente evitate. Gautier si presenta insomma come poeta innovatore, armato di una cultura già molto vasta e costruita su scelte decisamente personali; in un’epistola dedicata all’amico Eugène de Nully dichiara i propri debiti nei confronti di maestri presenti e passati: Victor Hugo, Sainte-Beuve, Vigny, e dietro a loro i grandi maestri della letteratura medievale, rinascimentale e barocca, da Guillaume de Lorris a Rutebeuf, da Villon a Rabelais, in un panorama che dalla Francia si estende all’Europa (Shakespeare, Byron, Goethe, i romanzieri ‘neri’ come Lewis, Maturin, Radcliffe...). È il retroterra di un letterato colto e molto libero nei suoi criteri di scelta, un dilettante di classe. Le Poésies, pubblicate in un momento decisamente non favorevole per la loro fortuna editoriale, non hanno una grande circolazione; Gautier le riproporrà nella sua seconda raccolta poetica, Albertus (1832).

Alla rivoluzione del luglio 1830, alle grandi speranze di libertà e di radicali trasformazioni, seguono ben presto le delusioni e le frustrazioni. La monarchia borghese di Luigi Filippo ristabilisce l’ordine; trionfano i «grigiastri». Gautier, la cui famiglia è stata rovinata economicamente dalla caduta dei Borboni, verso la fine dell’anno inizia a frequentare il Petit Cénacle che si riunisce nello studio del pittore Jehan Duseigneur; ne fanno parte tra gli altri Nerval, Borel, Philothée O’Neddy, Joseph Bouchardy e altri romantici della giovane generazione. È un laboratorio importante, un’isola di resistenza a tempi non più favorevoli, uno spazio libero. In questo clima di creatività e di attenzione alle esperienze d’avanguardia, avviene l’incontro tra Gautier e i racconti fantastici di Hoffmann.

La scoperta dello scrittore tedesco, morto nel 1822, risale – in Francia – agli anni 1828-1830: nel 1829 è iniziata la traduzione di molti suoi racconti, nel 1830 Sainte-Beuve e Nodier gli hanno dedicato saggi importanti. Nell’ambiente culturale parigino Hoffmann è diventato rapidamente un autore alla moda, in un momento di grande proliferazione della narrativa di gusto romantico. A Hoffmann Gautier dedica il suo primo articolo, destinato a restare inedito ma di grande interesse per capire la posizione del suo autore nel 1831. In polemica con quanto considerano Hoffmann un autore ‘assurdo e stravagante’, Gautier saluta con entusiasmo la sua proposta letteraria: «Come dice Madame de Staël a proposito del Faust, c’è tutto e perfino di più nelle concezioni di questo genio complesso e inesauribile: la vita esteriore, reale, riprodotta nei suoi dettagli più quotidiani [...], e la vita interiore, l’immaginario [...], il cielo e l’inferno, il sotto e il sopra, ciò che è e ciò che non è, e tutto questo con una forza di colore, un’intensità di poesia, una vivacità di esecuzione [...] ineguagliabili e nella grande tradizione di Callot e Rabelais». «Che varietà! che vita! che movimento!». «Dopo un volume di Hoffmann, mi sento come se avessi bevuto dieci bottiglie di Champagne; ho l’impressione che una ruota di mulino abbia preso il posto del cervello e giri tra le pareti del cranio; l’orizzonte danza davanti ai miei occhi e mi serve del tempo per smaltire la mia lettura e riuscire a riprendere la mia vita di tutti i giorni».



«La Cafetière»

Entusiasta di Hoffmann, nello stesso periodo Gautier scrive il suo primo racconto, La Cafetière, conte fantastique (La caffettiera, racconto fantastico) e lo pubblica su «Le Cabinet de lecture» (4 maggio 1831). Il racconto deve molto alla tecnica narrativa di Hoffmann, e i riferimenti al maestro tedesco sono del resto espliciti; eppure l’impiego degli elementi hoffmanniani (gli oggetti che si animano, i personaggi ritratti che escono dalle cornici...) avviene all’interno di un registro narrativo che illumina i frammenti del puzzle di una luce particolare: è il silenzio tragico con cui il fantastico irrompe in una situazione reale, quotidiana, per poi essere di nuovo abolito dal reale. Un’evasione limitata, seguita da una sconfitta amara. Alla morte non si sfugge. Nel racconto, in cui confluisce anche il ricordo di un episodio doloroso dell’adolescenza di Théophile, la morte precocissima dell’amica Helène, fa la sua prima apparizione un tema che è e rimarrà centrale nella concezione del mondo di Gautier: l’ossessione della morte e della distruzione, cui opporre spazi incontaminabili, eterni.

Nel corso del 1832 il Petit Cénacle comincia a essere investito dal clima di ritorno all’ordine che accompagna la normalizzazione della società francese. Di lì a un anno lo stesso Victor Hugo lancerà un appello alla serietà, contro gli eccessi del romanticismo bohémien: «Riformiamo, ma non deformiamo». Il gruppo del Petit Cénacle inizia a disgregarsi; Borel se ne va, su posizioni sempre più estremiste. Gautier si separa, in una posizione di estraneità alle stravaganze eccessive ma nello stesso tempo di fedeltà ai contenuti forti della cultura romantica. Due racconti pubblicati su rivista nel corso del 1832, Onuphrius Wphly e Elias Wilmanstadius ou L’homme Moyen Age (Elias Wilmanstadius ovvero L’uomo alla medioevo), segnano una presa di distanza di Gautier dagli atteggiamenti e dai luoghi comuni di un romanticismo di costume, folklorico e talvolta farsesco. Il giovane artista Onuphrius, proiezione autoironica dello stesso Gautier, impazzisce, vittima delle proprie ossessioni di giovane romantico «forsennato», della propria educazione libresca. Elias Wilmanstadius vive in un proprio universo fantastico, rigorosamente medievale, sentendosi «a disagio e fuori posto in questa società per la quale non era tagliato»; morirà nello stesso istante in cui un fulmine colpirà la cattedrale gotica di cui è totalmente innamorato. Storie patetiche, malinconicamente autoironiche: Gautier comincia a fare un bilancio personale di un’esperienza di cui avverte avvicinarsi la conclusione.



«Albertus»

Anche la raccolta poetica che Gautier pubblica nel 1832, Albertus ou l’âme et le péché, légende théologique (Alberto o l’anima e il peccato, leggenda teologica) porta i segni di un primo bilancio esistenziale e stilistico. La raccolta ripropone i quarantadue testi delle Poésies cui si aggiungono una ventina di nuovi testi e il racconto in versi Albertus.