Nell’importante prefazione Gautier dichiara la propria posizione di romantico nel periodo del «ritorno all’ordine»: caduta ogni illusione di trasformazione sociale, soltanto nell’Arte una coscienza inquieta può trovare rifugio, in un’Arte epurata di ogni intento utilitaristico. L’autore non ha «alcun colore politico; non è rosso, né bianco, neppure tricolore; non è niente, si accorge delle rivoluzioni solo quando le pallottole infrangono i vetri». All’attivismo, al fare, preferisce l’indolenza e l’essere: «Fa dei versi per avere un pretesto per non fare niente, e non fa niente con il pretesto che fa dei versi». L’esagitato giovanotto che guidava l’armata dell’Hernani col suo gilet fiammante appare ora disincantato, meditativo. «Egli sa bene che il vento non è favorevole alla poesia» in una società conquistata dai valori dell’utile e del cosiddetto progresso sociale; ma sa ancora meglio che «in generale, appena una cosa diventa utile, cessa di essere bella». Con questa prefazione, assai ampia e articolata, Gautier prende distanza da alcune tematiche del suo romanticismo militante; avvicinatosi al sansimonismo nei primi mesi del 1832, ora dichiara un radicale disimpegno nei confronti della politica, allontanandosi in questo dalla concezione dell’«arte per il progresso» di Victor Hugo. D’ora in poi lo impegnerà soltanto l’«arte per l’arte», per la quale rivendica il principio della libertà assoluta. È una posizione che Gautier svilupperà ulteriormente nella prefazione di Mademoiselle de Maupin e che manterrà sostanzialmente inalterata per tutta la vita, ma il nucleo fondamentale del discorso è già ben chiaro al poeta di Albertus.
Nei versi della raccolta Gautier rivisita molti temi e luoghi della poesia romantica: meditazioni sulla morte, fantasticherie, sogni, paesaggi crepuscolari, ma con un’attenzione prevalente ai problemi di stile; l’ex pittore è alla ricerca di un linguaggio fortemente espressivo, tendenzialmente autosufficiente, autonomo. Prove di stile, ma anche messaggi ricchi di implicazioni che a un reale mediocre e ignobile (la società dei bottegai) oppone idee, opere, parole che vogliono costruire un universo a parte, separato. Ed è in un mondo a parte che vive Albertus, il protagonista del racconto fantastico in versi che dà il titolo all’intera raccolta. Appassionato d’arte, disilluso («a vent’anni si poteva inchiodarlo nella bara / cadavere privo di illusioni»), ossessionato dalla morte, pieno di disprezzo per una società in preda all’utile («una bisca infame»), tutt’altro che ripiegato in se stesso («con questo secolo infame è tempo di rompere»), Albertus si costruisce un proprio universo in cui coesistono le realtà e i linguaggi più diversi. Sul piano formale Gautier fa a pezzi le tradizionali fisionomie dei generi letterari, mescolando con allegra disinvoltura l’ironia e il frenetico, il realismo e il fantastico, l’erotismo e il comico. Il messaggio è ancora una volta disincantato: neppure l’universo artistico di Albertus può sottrarsi all’onnipotenza della morte, alla corruzione della bellezza, ma la possibilità di ricreare la vita attraverso la poesia – anche per un solo istante – e opporre alla morte la durata di un verso, di un’immagine, dà un significato – l’unico – all’esistenza. L’Arte è la sola alternativa a un quotidiano che non può non essere rifiutato. Ma Albertus è anche la parodia delle sue diavolerie frenetiche, delle ossessioni fantastiche, delle concessioni a mode che hanno fatto il loro tempo; in questo senso, anche in questo poema, Gautier sembra preoccupato di proseguire il suo bilancio autocritico, una sorta di volontaria epurazione di temi e atteggiamenti della sua formazione romantica.
«Les Jeunes-France»
Con Albertus Gautier ha creato un personaggio sostanzialmente autobiografico; non a caso da questo momento sarà soprannominato Albertus dagli amici e dallo stesso Victor Hugo. A Gautier viene riconosciuta la capacità di farsi interprete delle tensioni più vivaci che attraversano la cultura romantica, e la sua inquieta genialità lo fa apprezzare negli ambienti più diversi. Comincia ad essere stimato anche come narratore e critico letterario. Nel 1833 il prestigioso editore Renduel gli pubblica una raccolta di racconti, Les Jeunes-France, romans goguenards (I Jeunes-France, romanzi beffardi); sei racconti di cui due già pubblicati su rivista: Onuphrius Wphly che con piccole varianti diventa Onuphrius, ou les vexations fantastiques d’un admirateur d’Hoffmann (Onuphrius, o le fantastiche vessazioni di un ammiratore di Hoffmann) e Elias Wildmanstadius. I quattro nuovi racconti, tra cui il gustoso Daniel Jovard ou la conversion d’un classique (Daniel Jovard o la conversione di un classico), sono anch’essi dedicati all’ironica raffigurazione dei vizi e delle virtù dei giovani romantici, con una più evidente accentuazione della parodia. I tempi della bohème sembrano davvero molto lontani. Ma l’apparenza non deve ingannare. Quella stessa ironia con cui osserva dei fenomeni di costume, Gautier la riserva, e diventa polemica e disprezzo, a ben altri fenomeni; la prefazione della raccolta è un vero e proprio tiro al bersaglio: contro la seriosità delle prefazioni hughiane, contro la letteratura impegnata, contro il soggettivismo romantico, contro la non-vita della mediocrità borghese, contro l’utilitarismo. A tutto ciò comincia a essere contrapposta una teoria estetica ormai solida e articolata: il superamento del realismo («Preferisco il quadro all’oggetto che rappresenta»), l’arte come jonglerie, come abilissimo gioco; ma anche una concezione filosofica dei rapporti tra il fare artistico e la più generale condizione umana, e che considera l’arte l’unico strumento di resistenza (sia pure limitata) alla morte.
Come critico letterario Gautier, nel 1834, batte nuove piste della letteratura del passato; è attratto da poeti irregolari e intensi come Villon, Théophile de Viau, Saint-Amant... Contro il ‘buon gusto’ del classicismo borghese, il ‘cattivo gusto’ di autori dell’eccesso, del grottesco, del triviale. Il primo della vasta serie di studi che successivamente raccoglierà nei Grotesques (I grotteschi, 1844) è un appassionato ritratto di Villon. Pubblicato su «La France littéraire» nel gennaio del 1834, l’entusiasta riabilitazione del poeta-bandito crea scandalo. I critici del «Constitutionnel» insorgono contro quella che considerano una vera provocazione, in tempi di ritorno all’ordine. Ne segue un processo per immoralità, che vede condannata la rivista su cui Gautier ha osato scrivere di Villon.
Il 1834 è un anno importante. Gautier, che comincia a essere noto anche grazie alle sue disavventure giudiziarie, si impegna più che mai nel lavoro: pubblica un nuovo racconto fantastico, Omphale ou la tapisserie amoureuse (Onfale o l’arazzo innamorato), creativamente ispirato a Hoffmann; prosegue la serie dei Grotesques sottraendo all’oblio autori fondamentali del Seicento, e soprattutto si dedica alla scrittura di un romanzo concordato l’anno prima con Renduel, Mademoiselle de Maupin.
«Mademoiselle de Maupin»
È un romanzo geniale, la cui lenta e faticosa elaborazione impegna Gautier per più di due anni. Anche in questo caso, come nei precedenti racconti fantastici e in Albertus, Gautier fa deragliare – prima di tutto – il carro del tempo.
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