Queste persone cosmopolite, che all’estero vivevano in case grandi come alberghi o in alberghi dove gli ospiti erano internazionali come i camerieri, si erano inter-sposati, inter-amati e inter-divorziati tra loro su tutta la faccia dell’Europa e secondo tutti i codici che tentano di regolare i rapporti umani. Anche Strefford aveva una casa in quel mondo, ma soltanto una. L’altra, quella di cui parlava e a cui forse pensava il meno possibile, era una grande e torpida dimora di campagna inglese in una contea del nord, dove da generazioni scorreva una vita monotona e protetta dal riserbo quanto la sua era variegata e dispersa; era appunto il senso di quella dimora e di tutto ciò di cui essa era l’archetipo anche per il suo spirito vagabondo e per la sua irriverenza che, affiorando di quando in quando nei suoi discorsi o nei suoi atteggiamenti, gli conferiva un profilo più concreto e una consistenza maggiore rispetto alle altre marionette del ballo. Superficialmente così simile a esse e al tempo stesso così ansioso di superarle quanto a distacco e adattabilità, mettendo in ridicolo i pregiudizi che si era scrollato di dosso e il mondo a cui apparteneva, pure, sotto la sua tranquilla malleabilità manteneva salda la struttura di vecchie convinzioni e vecchi usi. « Parla ogni lingua come tutti noi », aveva detto lei di lui una volta, « ma ne parla almeno una meglio delle altre », e Strefford, venuto a saperlo, aveva riso, dandole della sciocca ma facendo capire di essere molto contento.

Mentre arrancava su per le scale tenendola sottobraccio, lei pensava a questa sua caratteristica, apprezzandone in un modo nuovo il valore. Anche lei e Nick, nonostante il loro schietto spirito americano, il loro sostanziale reticolo di antiquati cugini di New York e Philadelphia, avevano il distacco mentale proprio degli espositori di una qualsiasi mostra internazionale, e come loro si sentivano sempre in casa propria ovunque. Se venivano di norma identificati come americani era soltanto perché parlavano perfettamente il francese e perché Nick era troppo biondo per essere « straniero » e di lineamenti troppo marcati per essere inglese. Mentre Charlie Strefford era inglese con tutta la forza di un’abitudine inveterata; e nell’intimo di Susy si stava lentamente risvegliando la capacità di avvertire la bellezza dell’abitudine.

Comodamente allungato in poltrona sul terrazzo, dove l’aveva seguita senza preoccuparsi di stare a togliersi di dosso le stazzonature del viaggio, Strefford si mostrò immensamente interessato agli ultimi capitoli della sua vicenda, fortemente compiaciuto del fatto che essa fosse andata in scena sotto il suo tetto e immensamente e sfacciatamente divertito della fermezza con cui lei si rifiutò di fargli vedere Nick finché non avesse adempiuto fino in fondo al suo compito giornaliero.

« Sta scrivendo? Ma figurati! E che cosa starebbe scrivendo? Vi sta pigliando in giro, mia cara, ecco che cosa sta facendo; si sta creando un alibi. Quanto volete scommettere che è semplicemente di là seduto a leggere Le rire? Andiamo a vedere. »

Ma lei reagì con fermezza. « Mi ha letto il primo capitolo. È magnifico. Si tratta di un romanzo filosofico, più o meno come Marius, sapete. »

« Oh, sì, e come noi! ribatté Strefford, con una risata che lei considerò stupida.

Arrossì come una bambina. « Siete sciocco, Streffy. Dimenticate che Nick e io non abbiamo bisogno di alibi. Di tutte queste ipocrisie ci siamo liberati quando abbiamo convenuto di dare via libera all’altro quando uno qualsiasi di noi due decidesse di volere un cambiamento. Non ci siamo sposati per spiarci, dirci bugie e tormentarci a vicenda; abbiamo creato una società per il reciproco vantaggio. »

«Capisco; magnifico. Ma come potete essere sicura che se Nick decidesse di volere un cambiamento voi lo considerereste un fatto vantaggioso per lui? »

« Spero che avrò abbastanza buon senso… », attaccò lei.

« Oh, naturalmente: è il buon senso ciò su cui siete entrambi vincolati a basare le vostre discussioni, quale che possa essere l’argomento. »

Lampo di perspicacia che la sconcertò, tanto che ribatté in tono piuttosto irritato: « Che cosa fareste voi, invece, se doveste sposarvi? E abbassate la voce, Streffy! Vi proibisco di gridare in quel modo… tutte le gondole si stanno fermando a guardare! ».

« Come posso evitarlo? » replicò lui, dondolandosi avanti e indietro sulla poltrona. « ’Se doveste sposarvi’, dice questa signora. ’Streffy, che cosa avete deciso che fareste nel caso che di punto in bianco vi trasformaste in un pazzo furioso?’ »

« Non ho detto niente del genere. Se vostro zio e vostro cugino morissero, vi sposereste domani stesso; lo sapete benissimo. »

« Oh, adesso sì che parlate seriamente. » E Strefford incrociò le lunghe braccia sporgendosi dal balcone a guardare le strisce infuocate di luce sulle oscure increspature dell’acqua. « In quel caso direi: ’Susan, mia cara… Susan… adesso che per misericordiosa intercessione della Provvidenza sei diventata la contessa di Altringham, dei pari di Gran Bretagna, e la baronessa Dunsterville e d’Amblay, dei pari d’Irlanda e Scozia, ti sarò grato se vorrai ricordarti che appartieni a una delle più antiche casate del Regno Unito… e che non devi farti cogliere in fallo’. »

Susy rise. «Sappiamo quanto valgano simili avvertimenti! Ho compassione di questa mia omonima. »

Streffy si girò di scatto, scoccandole un rapido sguardo dei suoi brutti occhietti lustri.