Sensazione che a Lansing era ben nota. Ne aveva avvertito qualche leggera fitta lui stesso e ne aveva spesso curato le conseguenti apprensioni in altri. Non era una sensazione più forte del vago morso allo stomaco che ricorda l’ora del tè a chi ha pranzato bene ed è sicuro che cenerà con uguale abbondanza; ma dava uno scopo a chi ne era privo ed era di aiuto per molti spiriti incerti nell’annuale difficoltà di decidere tra Deauville e St. Moritz, Biarritz e Capri.

Nick non si era sorpreso nell’apprendere che quell’estate stava diventando di moda fare un salto a Venezia per venirli a trovare. Streffy aveva dato l’esempio, e il suo esempio veniva sempre seguito. Inoltre il matrimonio di Susy continuava a costituire argomento di appassionati dibattiti. La gente sapeva la storia degli assegni di matrimonio ed era interessata a vedere quanto a lungo si sarebbe potuto farli durare. Stava diventando imperativo, quell’anno, dare un contributo ad allungare la luna di miele dell’avventurosa coppia costringendola ad accettare il prestito di una casa. Prima che giugno fosse terminato, una banda di amici già si stava crogiolando con loro al sole del Lido.

Nick si scoprì imprevedibilmente infastidito dal loro arrivo. Per evitare commenti e punzecchiature aveva messo da parte il libro, proibendo a Susy di parlarne e spiegandole che aveva bisogno di un periodo di riposo. Sua moglie si era immediatamente ed esageratamente adeguata, proteggendolo dalla tentazione di lavorare con lo stesso entusiasmo con cui lo aveva esortato a non sprecare il suo tempo, e lui stava ben attento a non lasciarle scoprire che il suo cambiamento di abitudini coincideva con il fatto che era arrivato a un punto difficile nella stesura del libro. Ma sebbene smettere di scrivere non gli fosse dispiaciuto, si era poi scoperto imprevedibilmente oppresso dal peso dell’ozio. Ai suoi occhi il reciproco trastullo aveva per la prima volta perso il proprio fascino; non perché i suoi compagni di trastulli gli fossero meno congeniali di quelli di una volta, ma perché nel frattempo aveva conosciuto qualcosa di incommensurabilmente meglio. Si era sempre sentito superiore a coloro che frequentava abitualmente, ma ora il vantaggio era eccessivo: in un certo senso era una cosa veramente poco corretta nei loro confronti.

Si era lusingato che Susy condividesse un simile sentimento, ma ora percepiva con fastidio che l’arrivo dei loro amici stava ulteriormente ravvivando la sua animazione. Sembrava che la luce intima che le aveva conferito una nuova bellezza ora venisse riflessa su di lei dalla gente che erano venuti a Venezia proprio per evitare.

Lansing era vagamente irritato; e quando chiese a Susy che effetto le facesse trovarsi di nuovo in compagnia della vecchia cerchia di amici, la sua irritazione venne esacerbata dalla risposta. Susy disse che sperava soltanto che i poveri cari non capissero troppo scopertamente quanto la annoiassero. La smaccata falsità della risposta lo aveva colpito come un pugno allo stomaco. Sapeva che Susy non si annoiava affatto e capiva che aveva semplicemente intuito i suoi sentimenti, facendoli istintivamente propri; che, di conseguenza, d’ora in avanti l’avrebbe pensata come lui. Per avere conferma del proprio timore buttò là un distratto: «Be’, comunque è abbastanza divertente farsela ancora un po’ con loro »; al che lei rispose immediatamente e con pari convinzione: «Sì, vero? Vecchi tesori… Sono sempre uguali! ».

Ma un altro timore per il futuro faceva incombere su di lui la sua fredda presa. Un tempo l’indipendenza e l’autosufficienza erano tra le principali attrattive di Susy; se si fosse ridotta a fargli eco, il loro delizioso duetto correva il rischio di diventare il più noioso dei monologhi. Dimenticò che cinque minuti prima era seccato che fosse così contenta di vedere i loro amici e per un attimo si trovò confusamente alle prese con l’insolubile dilemma della vita sentimentale: che dover affrontare il dissenso del partner è esasperante, ma trovarne l’accordo è monotono.

Ancora una volta cominciò a chiedersi se non fosse fondamentalmente inadatto per la condizione matrimoniale: si salvò dalla disperazione soltanto ricordando a se stesso che la sottomissione di Susy ai suoi umori non era probabile che durasse. Tuttavia non gli venne mai in mente di riflettere che le sue apprensioni erano superflue, dal momento che il loro legame era dichiaratamente di natura temporanea. Della particolare intesa su cui era basato il loro matrimonio non rimaneva traccia nei pensieri che aveva di lei; l’idea che uno di loro due potesse mai rinunciare all’altro per il reciproco bene si era da lungo tempo affievolita, riducendosi allo spettro di una vecchia battuta di spirito.

Comunque, dopo un paio di settimane di assidue frequentazioni dovette rendersi conto che tra tutti i suoi amici quelli che lo annoiavano di meno erano Mortimer Hicks e famiglia. Avevano lasciato l’Ibis per un appartamento in un vasto palazzo cadente nella zona di Cannaregio. Lo avevano affittato da un pittore (una delle loro nuove scoperte) e compensavano filosoficamente l’assenza degli agi moderni con l’esigenza di assicurarsi l’impagabile piacere dell’« atmosfera ». In tale privilegiata aria raccoglievano attorno a sé la solita compagnia mista di silenti eruditi e chiassosi esponenti di nuovi ismi, essi stessi inconsapevoli della disparità esistente tra i diversi ospiti e beatamente convinti di essere se non altro assisi alla fonte della sapienza.

Un tempo Lansing avrebbe goduto mezz’ora di spasso, seguita da una lunga serata di noia, alla vista della signora Hicks, vasta e ingioiellata, seduta tra un professore di archeologia dall’aria pacifica e un compositore dai sopraccigli folti, o il sacerdote supremo di un nuovo passo di danza, mentre il marito, raggiante sopra il suo ampio panciotto bianco, provvedeva a che lo champagne fluisse più abbondante ancora della conversazione e che i brillanti giovani segretari si tenessero industriosamente «aggiornati» rispetto a tutto quel vertiginoso incrociarsi di premonizione ed erudizione. Ma in Lansing era avvenuto un cambiamento. Fino ad ora era nel confronto con i suoi amici che gli Hicks gli erano apparsi quasi insopportabili; adesso invece il fatto che fossero diventati non soltanto simpatici ma addirittura interessanti rappresentava un modo per evitare questi stessi amici. Era tutto sommato piacevole trovarsi in compagnia di persone che non tenevano in considerazione Venezia semplicemente per le eccezionali opportunità che offriva di praticare i bagni e l’adulterio, ma che erano consapevoli, in un modo reverente seppure confuso, del fatto di trovarsi in presenza di qualcosa di unico e ineffabile, oltre che determinate a trarre il massimo da un tale privilegio.

« In definitiva », si disse una sera, mentre il suo sguardo vagava da una all’altra delle loro fiduciose facce da luna piena con qualcosa di simile alla semplice gioia di un convalescente, « in definitiva hanno una religione… ». E, mentre la formulava, la frase gli parve indicativa di una nuova componente del suo stato mentale, la vera e propria chiave di questo suo nuovo atteggiamento nei confronti degli Hicks.