Per una donna stava invece cominciando a capire che le cose andavano forse in un modo diverso. La tentazione poteva essere maggiore e il costo considerevolmente più alto, la linea di demarcazione tra i « puoi » e i « non devi » più vaga e meno nitidamente tracciata. Susy, scagliata nel mondo a diciassette anni, con soltanto un padre debole e dissipatore a tracciarle tale insidiosa linea, mentre ogni altra circostanza la spingeva a superarla di slancio, sembrava essere stata salvata soprattutto da un intimo disprezzo per la grande maggioranza degli oggetti della follia umana. « Guarda per che spazzatura si è rovinato », era stato il suo secco commento alla morte del padre: quasi desse per scontata l’ineluttabilità di doversi rovinare per qualcosa ma fosse ben determinata a discriminare con fermezza tra che cosa ne valeva la pena e che cosa no.

Una filosofia che sulle prime lo aveva incantato ma che ora cominciava a suscitare in lui qualche vago timore. La delicata armatura della sua schizzinosità aveva messo Susy al riparo dal tipo di rischi a cui era stata fino a ora esposta, ma se altri, più sottili, vi avessero scoperto un punto debole? C’era, nelle delicate discriminazioni di sua moglie, qualcosa di equivalente alle regole che si era imposto lui? Oppure il motivo della sua distruzione non sarebbe potuto essere proprio il suo gusto per il meglio e per ciò che vi è di più raro; di fronte a qualcosa che non fosse « spazzatura », avrebbe esitato un solo istante a rovinarsi?

Lansing era ben deciso ad attenersi all’accordo secondo cui non avrebbero dovuto fare nulla per intromettersi in quella che entrambi definivano l’« opportunità » dell’altro; ma che fare se, quando si fosse presentata quella di Susy, lui non fosse stato convinto che lo fosse davvero? Per lei desiderava il meglio con la massima passione; ma il concetto che aveva di tale meglio, alla luce del primo mese che avevano vissuto insieme, si era andato via via trasformando in maniera quasi inavvertibile, con la più grande sottigliezza.

Le sue pigre bracciate lo stavano portando lentamente a riva, ma il momento era così squisito che a pochi metri dall’approdo si attaccò alla cima di ormeggio della barca di Streffy, rimanendo a galla nell’acqua a seguire i propri pensieri… Che fastidio doversene andare: era sicuramente questo a fargli rimuginare tutto in maniera così vana. Certo, Venezia sarebbe stata deliziosa, ma nulla sarebbe mai stato dolce come la situazione in cui si trovava in quel momento. Inoltre avevano davanti a sé soltanto un anno di sicurezza, e di quell’anno un mese se n’era già bell’e andato.

Tornò con riluttanza verso riva a nuoto, quindi salì in casa, dove aprì una finestra del salotto imbiancato di fresco. Si vedevano già i segni della partenza. Nell’atrio c’erano i bauli, sulle scale le racchette da tennis; sul pianerottolo la cuoca Giulietta stringeva con entrambe le braccia una sacca tipo hold-all che non voleva assolutamente lasciarsi chiudere con la cinghia. Tutto ciò gli diede un freddo senso della realtà, come se il mese appena trascorso fosse stato una recita il cui scenario veniva arrotolato e messo via per lasciare spazio a un’altra recita in cui Susy e lui non avevano alcuna parte.

Quando però ridiscese, vestito e affamato, sul terrazzo dove lo aspettava il caffè, aveva recuperato il suo usuale e gradevole senso di sicurezza. Susy era già lì, fresca e allegra, con un rosa sul seno e il sole tra i capelli: aveva la testa china sul suo Bradshaw, ma mosse la mano a indicargli la prima colazione imbandita, poi di punto in bianco alzò lo sguardo, annunciandogli: « Sì, credo che possiamo riuscirci ».

« A fare? »

« A prendere il treno a Milano, se partiamo in automobile alle dieci in punto. »

Lui la guardò con due occhi spalancati. «L’automobile? Quale? »

« Be’, quella dei nuovi, gli inquilini di Streffy. Non mi ha mai detto il loro cognome, e l’autista dice che non lo sa pronunciare. Lui in ogni caso si chiama Ottaviano; ho fatto amicizia. È qui da ieri sera e dice che il loro arrivo a Como non è previsto prima di questa sera. All’idea di accompagnarci a Milano ha semplicemente fatto un salto di gioia. »

« Buon Dio… », esclamò lui quando lei tacque.

Susy si alzò di scatto da tavola con una risata. « Sarà una bella battaglia, ma ci riuscirò, se ti alzi subito e ficchi le tue ultime cose nel baule. »

« Sì, ma senti… hai idea di quanto ci costerà? »

Lei inarcò gaiamente i sopraccigli. «Be’, molto meno dei biglietti ferroviari. A Milano Ottaviano ha una bella che non vede da sei mesi. Quando l’ho scoperto ho capito che ci sarebbe andato a qualsiasi prezzo »

Era stata in gamba; Nick si mise a ridere. Ma come mai si era abituato a ritrarsi a riccio persino davanti a manifestazioni così innocue di questo suo essere sempre in grado di « arrangiarsi »? « Oh, be’ », si disse, « ha ragione: quell’uomo andrebbe comunque a Milano. »

Di sopra, diretto al suo guardaroba, la trovò immersa in una nuvola di biancheria che con mani abili stava cercando di costringere a entrare nell’ultima valigia armadio. Non aveva mai visto nessuno così bravo a fare le valigie come Susy: il modo in cui convinceva gli oggetti riluttanti a starci in un baule era un simbolo del modo in cui nella propria vita sapeva far combaciare tanti fatti discordanti. «Quando diventerò ricca», diceva spesso, « la cosa che mi darà più fastidio sarà vedere una domestica idiota occuparsi dei miei bagagli. »

Mentre passava, lei gli gettò un’occhiata sopra la spalla, con il viso arrossato per la fatica, e recuperò il portasigari dai recessi del bagaglio. «Tesoro, mettiti in tasca un paio di sigari come mancia per Ottaviano. »

Lui la guardò con due occhi sbarrati.