La sineddoche della identificazione del nome della persona con la terra era consueta anche nel linguaggio comune.

(2) Goffredo è il quarto figlio di Enrico II, Giovanni è il quinto. Alla morte di Enrico (1189), il trono era andato al suo terzo figlio Riccardo (detto Cuor-di-leone). Goffredo è morto prima (1186), ma ha lasciato un figlio maschio, Arturo, al quale, alla morte di Riccardo, sarebbe spettato il trono per diritto di rappresentazione osservato dalla regola dinastica. Se ne impadronisce invece Giovanni, col favore e la complicità della madre Eleonora d’Aquitania. Costei, moglie ripudiata di Luigi VII di Francia, aveva sposato Enrico due anni prima (1152) che questi ascendesse al trono dello zio Stefano. All’apertura del dramma (1200) Arturo ha 13 anni, Giovanni 33, Eleonora 78. Secondo alcuni storici, lo stesso Riccardo Cuor-di-leone, partendo per la crociata in Terrasanta (v. più sotto la nota 27) aveva esplicitamente istituito suo erede il giovane Arturo.

(3) Erano, salvo l’Irlanda, i possedimenti della corona inglese in terra di Francia.

(4) Costanza, figlia del duca di Bretagna Conan IV e moglie di Goffredo Plantageneto, alla morte di questi (1186) si era in realtà risposata, dopo aver vissuto con Goffredo meno di un anno. Ma qui Shakespeare, al quale serve di accentuare il suo stato di vedovanza ai fini del contrasto con la suocera Eleonora, finge di ignorarlo.

(5) “… or else it must go wrong with you and me”: “… o altrimenti le cose dovranno per forza andar male per te e per me”. Per intendere il senso implicito di questa riflessione di Eleonora - la quale dice, in sostanza: “Per fortuna tu hai il possesso, anche se non hai il titolo” - giova rifarsi alla controversia tra “possesso” e titolo formale in corso al tempo di Shakespeare a proposito della stessa regina Elisabetta. A questa si contestava la legittimità del titolo alla corona, che sarebbe spettata alla sorella Maria. Come Elisabetta, Eleonora sembra affermare il principio, non sancito da nessuna legge, che in materia di corona, il possesso vale titolo; principio che lo storico contemporaneo William Calden (1551-1623) nei suoi “Annales“ (B, 1, pag. l4) così enuncia: “… la corona, una volta posseduta, chiarisce e purifica tutte le colpe e le imperfezioni”.

(6) È lo sceriffo della Contea dell’Hamps, dove si trova Southampton. Lo sceriffo era il funzionario, di nomina regia, incaricato, nell’ambito della contea, delle funzioni giudiziarie (custodia delle carceri, preparazione delle liste dei giurati, esecuzione delle sentenze e altre incombenze). Il personaggio non parla.

(7) La spedizione in Francia, si capisce. È il primo accenno a quello che è il motivo ispiratore, l’impostazione ideologica del dramma: il contrasto tra la corona inglese e la chiesa di Roma; contrasto che ha inizio appunto col regno di Giovanni, da alcuni storici ritenuto precorritore della riforma protestante in Inghilterra, che prenderà corpo con Enrico VIII. Abilmente, il drammaturgo lo introduce quasi di sfuggita, come un pensiero che sfiora improvvisamente la mente di Giovanni mentre questo è intento ad altro.

(8)A good blunt fellow…”: ”blunt“ è qui nel senso di ”abrupt of speech and manner“ come in ”Enrico V“, IV, 7, l72:”By “his blunt bearing he will keep his word”: “A giudicare dai suoi modi spicci/ Manterrà certamente la parola”.

(9) “Con mia madre” non è nel testo, che ha semplicemente ”how he did prevail“, dove ”he did prevail ” ha il senso di ”he succeded in persuading (or inducing) (my mother)”.

(10) La legge inglese del tempo, fedele al principio del diritto romano: ”Pater est quem nuptiae demostrant“ (“Il padre è colui che tale è dichiarato dallo stato di coniuge”), prescriveva che il nato da donna sposata poteva essere dichiarato “bastardo” solo se fosse provato che il marito, al tempo del concepimento, si fosse trovato “lontano al di là dei quattro mari” (cfr. C. K. Davis, ”Law in Shakespeare“). Ciò spiega il riferimento alla “distanza di mari e spiagge” fatto poc’anzi da Roberto Faulconbridge.

(11) Veramente di “disturbo” ha parlato prima Filippo; Giovanni si diverte a dare una lezione di diritto di famiglia al sempliciotto Roberto per convincerlo della inanità della sua pretesa. Roberto sparirà dalla scena dopo questo dialogo.

Questi personaggi Faulconbridge - padre, madre, figlio Roberto e figlio bastardo Filippo - non hanno riscontro storico: sono inventati da Shakespeare, soprattutto il Bastardo, che ha una parte assai cospicua in tutto il dramma - all’evidente scopo di animare una vicenda altrimenti piuttosto confusa e scarsamente caratterizzata di questa sua ”history” di Giovanni Senzaterra.

Sulle inclinazioni lascive di Riccardo Cuor-di-leone gli storici G. Galibert e C. Pellé (“Storia d’Inghilterra“, I, pag. 350, Venezia 1845) così scrivono: “Era principe valoroso ma avido… un vero cavaliere dell’epoca che all’amore delle pugne univa quello della poesia e il gusto dei piaceri sensuali… Di passaggio per Cipro, durante la sua crociata in Terrasanta, rapì, oltre a un bottino considerevole, una bellissima principessa, che lo seguì nella sua spedizione”.

(12)Look where three-fanting goes!”: il ”fanting“ era la quarta parte di un penny; il termine ”three-fanting“ equivale al nostro “tre soldi”, poco più che niente.

(13) “… were heir of all this land“, “… fossi erede di tutta questa terra”: ”this land“ è qui chiaramente “questo paese”.

(14)I would not be Sir Nob in any case“: ”nob“ nel gioco della carte chiamato ”cribbage“ è la carta del mazzo di più basso valore nel conteggio dei punti; recava di solito la figura di un soldato o di un servo in livrea. È l’equivalente, quanto a significato spregiativo, del nostro “due di briscola”.

(15) Il “cavaliere senza terra” (“landless”) è lui stesso, Giovanni, che sa di essere così chiamato perché il suo diritto di succedere al fratello Riccardo è contestato dal giovane nipote Arturo, figlio di Goffredo; sicché si diceva che Giovanni regnava, ma era un re “senza terra”, la “terra” (l’Inghilterra) appartenendo di diritto ad Arturo.

(16)Well, now I can make any Joan a lady“: ”Joan“, femminile di ”John“ è, come questo, nome proprio generico per indicare una donna qualunque di bassa condizione; ”lady” è la dama dell’alta nobiltà, la nobildonna. Il Bastardo, ora che è divenuto nobile, può far diventar nobildonna qualunque donna, di qualunque condizione, sposandola.

(17) Stuzzicarsi i denti a fine pasto era segno di distinzione. S’usava all’uopo il calamo appuntito d’una penna d’oca.

(18) Shakespeare si diverte qui visibilmente a mettere in ridicolo per bocca del Bastardo la vanesia fatuità di certi nobili parvenus (lo farà in altre diverse occasioni, perfino nell‘“Amleto”). Il viaggio in Italia e, meno, in Spagna era una specie di status symbol. Perciò le Alpi, gli Appennini, il Po, i Pirenei.

(19)But this is worshipful society“: l’assenza dell’articolo dà a questa ”worshipful society“ il significato di qualcosa di immanente, di istituzionale al disopra degli uomini, la “società adorata che noi siamo e che non possiamo non essere essendo uomini”, ineluttabile.

(20)But who comes in such haste in riding-robes?”: ”in riding-robes” è “in veste di cavaliere”, ma s’è tradotto “in veste di cavallerizza” perché il Bastardo s’è accorto subito che è una donna, anche se non ha riconosciuto in lei sua madre; la chiama infatti “donna-postiglione” (“woman post“).