I postiglioni vestivano gli stivali e usavano annunciare il loro arrivo con la diligenza ai luoghi di posta con un corno; qui, trattandosi di Lady Faulconbridge, c’è, nella menzione del marito e del corno un’ammiccante allusione del figlio alle corna messe dalla madre al marito.

(21) È il nome di un mitico gigante della favolistica danese, simbolo di sproporzionata robustezza.

(22) Questo breve scambio di battute tra il Bastardo e Gurney è troppo legato all’inglese per potersi rendere nel giusto tono. Gurney, nel rispondere al Bastardo che gli ha chiesto di lasciarlo un momento solo con la madre (“… will thou give us leave awhile?) risponde, ripetendo il ”leave“ di lui: ”Good leave, Philip“, ma pronuncia ”Phlip“ che è il nomignolo dato agli inglesi al passero. Il Bastardo, che sa ora di chiamarsi Riccardo e non più Filippo, prende a volo la metafora del passero/Filippo che è volato via, e annuncia a Gurney che, dopo aver parlato con la madre, dirà anche a lui il come e il quando.

(23) Allusione ad un personaggio con questo nome nel dramma di Thomas Kyd ”Solimano e Perseda“ che il pubblico doveva ben conoscere, perché il lavoro del Kyd era rappresentato con successo sulle scene dell’epoca.

(24)By this light“: è una delle formule del giuramento; si giurava sulla luce del giorno (“light” sta qui per ”daylight”), come sul proprio onore, sulla propria spada, ecc.

(25)“Your fault is not your folly!: “La vostra colpa non è peccaminosa lascivia”: ”Folly“ sta qui nel suo significato di ”wantoness”, “lewdness“.

(26) È la leggenda per cui Riccardo fu soprannominato Cuor-di-leone: incontrato un leone ruggente, lo affrontò, gli cacciò nella bocca una mano con tal forza da arrivare a strappargli il cuore.

(27) In realtà, ad uccidere Riccardo Cuor-di-leone non fu il Duca d’Austria. Riccardo, di ritorno dalla crociata in Terrasanta (1192), voleva raggiungere Venezia, e si mise con un sol legno in Adriatico, ma fece naufragio sulle coste dell’Illiria. Da lì, invece di raggiungere Venezia, decise di tornare in Inghilterra attraverso l’Austria e la Germania, travestito da pellegrino: ma, riconosciuto nei pressi di Vienna, fu dal Duca Leopoldo d’Austria arrestato e consegnato all’imperatore di Germania Enrico IV, il quale vantava, da parte di sua moglie, diritti sulla corona di Sicilia e considerava Riccardo suo nemico in quanto alleato del re di Sicilia Tancredi d’Altavilla il cui fratello, Guglielmo, aveva sposato la sorella di Riccardo, Giovanna. Tornato in Inghilterra dopo 52 mesi da questi fatti - di cui 14 trascorsi in prigione in Germania, non tardò molto a ripartirne per andare in Francia a rimettere ordine in quei domini della corona inglese; e là, durante un assedio al Castello di Chalus, presso Limoges, fu colpito alla spalla da una freccia e in dieci giorni morì. Non fu quindi né il Duca d’Austria né il visconte di Limoges (che qui Shakespeare, seguendo una leggenda popolare, unisce nella stessa persona di questo Limoges) a “spedirlo innanzi tempo alla tomba”, ma un modesto ed ignoto arciere francese.

(28) Questa battuta di Filippo, come anche la prima della scena, sono da molti testi attribuite al Delfino Luigi.

(29)that pale, that wite-faced shore / Whose foot spurns back the ocean’s roaring tides / Amd coops from other lands her islanders.”: una descrizione poetica della costa inglese verso la Francia, “le bianche scogliere di Dover”, che sembra incongrua sulla bocca di un allocco come il Limoges.

(30) Questo verso non è nel testo, che ha semplicemente “le grazie d’una vedova” (“a widow’s thanks“), ma il suo concetto è implicito nel senso della frase di Costanza.

(31)Our cannons shall be bent…”: è uno dei soliti anacronismi di Shakespeare: all’epoca di Giovanni Senzaterra la polvere da sparo non era stata ancora inventata, e non c’erano “cannoni”; le “artiglierie” erano i frombolieri e gli arieti.

(32) La piazza del mercato (“market-place“) nella città medioevale era il centro, il cuore dell’abitato.

(33) Ate era la divinità della discordia della mitologia greca, scagliata da Zeus dall’Olimpo sulla terra.

(34)“… ladies’ faces and fierce dragons’ spleens”: la milza (“spleen“) era ritenuta l’organo umano sede della violenza, della irritabilità, del capriccio e della mutevolezza del carattere.

(35)The interruption of their curlish drums / Cuts off more circumstance. They are at hand”: letteralm.: “L’interruzione dei loro petulanti tamburi taglia via maggiori particolari. Essi son sottomano”.

(36)How much unlooked-for is this expedition!: letteralm: “Quanto inattesa è questa spedizione!”

(37) Questa interrogazione esclamativa (“My boy a bastard?”) si trova nel testo alcuni versi più sotto.

(38) Il Duca d’Austria s’è presentato in scena con una pelle di leone a tracollo. Questa grottesca acconciatura sarà oggetto di altri salaci commenti nel corso della scena.

(39) Alcide è il nome greco di Ercole, l’eroe-semidio rappresentato nella iconografia classica vestito d’una pelle di leone (quella del leone da lui ucciso a Nemea) e con una clava in mano.

(40) Arturo è “di Bretagna” perché il nonno materno, come s’è visto, era duca di Bretagna. Stupisce però che Giovanni lo chiami così, come se fosse duca di Bretagna, quando sarà lo stesso Giovanni, più sotto, a pensare di conferirgli quel titolo per dare un contentino alla madre Costanza.

(41) The canon of the law is laid on him”: il “canone della legge” è quello della Bibbia (“Esodo“, XX, 5).”… Imperocché io, Jeova,… punisco l’iniquità fino alla terza e alla quarta generazione”. Arturo è ancora la seconda generazione dopo Eleonora, e quindi ricade su di lui la sanzione divina per l’iniquità dell’ava.

(42)Bedlam, have done!”: ”Bedlam“ è l’antico nome di Betlemme. Era così chiamato a Londra l’ospizio di S. Maria di

Betlemme adibito ad asilo dei malati di mente. Il termine passò ad indicare “pazzo”, “demente” in generale (v. anche ”Re Lear”, I, 2,132).

(43)her sin his injury, / Her injury the beadle of her sin“: passo oltremodo involuto, sorretto da una strampalata allegoria; il peccato di lei, che si fa malanno a lui e si fa malanno anche a lei, diventa lo scaccino della parrocchia (“beadle”) che punisce il peccato di lei. ”Beadle” era, al tempo di Shakespeare (più tardi il termine assunse altri significati) l’addetto alla chiesa che aveva la mansione di mantenere l’ordine, punire i ragazzi che vi recavano danno, annunciare gli orari delle funzioni, ecc.

(44) Questo accenno al testamento è da collegare, secondo alcuni critici (v. per tutti Sabbadini, note alla sua traduzione, Garzanti, Milano, l993), alla questione, che si agitava pubblicamente al tempo di Shakespeare, del testamento di Enrico VIII che, testando in favore di sua figlia Elisabetta, aveva “annullato” i diritti al trono della linea scozzese di Maria Stuarda.

(45)These flags of France“: non si trattava, in realtà, di vere e proprie “bandiere” (che è il solo senso di ”flags“, ma che all’epoca di Giovanni non esistevano), bensì di altre forme d’insegne di guerra. Quella francese era l‘“orifiamma”, uno stendardo con stelle e fiamme d’oro in campo rosso.

(46) Questa “tirata” di Re Giovanni è un palese esercizio di manierismo retorico e artificioso; tutto il passo è costruito su metafore riferite a organi e funzioni del corpo umano: i cannoni hanno le viscere; le porte chiuse sono occhi dalle ciglia abbassate (“winkling”); le pietre sono sonnolente, e dormono nei loro letti di calcina; poi, per una metafora alla rovescia, le bocche dei francesi “sparano” tranquille parole…

(47) Cioè i cannoni spareranno a salve per salutare il raggiunto accordo.

(48) “… our messengers of war”: le palle dei nostri cannoni.

(49) In assenza di qualsiasi ”stage instruction”, non si capisce da dove questa corona esca fuori; se Giovanni sia entrato in scena con essa in testa, o se la mostri estraendola da qualche posto. Immagini il lettore quel che vuole, e il regista si regoli a suo talento.

(50) Certa critica ha creduto di ravvisare nel modo con cui Shakespeare rappresenta la vicenda di Re Giovanni, e in questa insistenza del testo sul possesso conferito dal possesso della corona in opposto al titolo formale - dinastico o altro - un riferimento all’attuale contrasto tra Elisabetta e Maria Stuarda, dopo la morte di Maria Tudor. Anche ad Elisabetta si contestava, da parte del partito dei sostenitori di Maria, la legittimità del titolo, nonostante l’esplicita volontà del padre Enrico VIII, espressa in testamento. Ma che nella legge non scritta inglese il possesso della corona valesse titolo è testimoniato dallo storico contemporaneo di Shakespeare William Calden (1551-1623) che nei suoi ”Annales” del regno di Elisabetta scrive (B, 1, pag. 14): “… la corona, una volta posseduta, chiarisce e purifica tutte le imperfezioni…”.

Nella prima scena del I atto la regina Eleonora, al figlio che le dice: “Stanno per noi il saldo mio possesso / e il mio diritto”, risponde: “Il saldo tuo possesso / ben più che il tuo diritto”.

(51)“… at mine hostess’ door“: era frequente veder sospesa, a mo’ d’insegna, sulla porta delle taverne, impressa su legno o su lamina di ferro, l’immagine di San Giorgio che uccide il drago. San Giorgio è il santo patrono degli inglesi.

(52) “… and make a monster of you“: un animale con la pelle di leone e la testa di bue è certamente un mostro: ma il Bastardo fa un’ironia più sottile, giocando sulle pelle di leone di cui è vestito l’Austria e sulla dabbenaggine di questo personaggio, una scialba figura di principe. È chiara l’allusione: “Se mi trovassi solo con vostra moglie (la vostra leonessa), vi farei cornuto”. Il Bastardo è veramente - come bene osserva il Lampedusa (Giuseppe Tomasi di Lampedusa - ”Shakespeare“, Mondadori, 1995, pag.41) - il primo personaggio, irruento nel buonumore cavalleresco, simpatico e jingoist di Shakespeare”.

(53) “… our regiments“: i “reggimenti”, come specifiche unità di un esercito, in realtà non esistevano al tempo di Giovanni. Si comincia a parlare di “reggimento” nel sec. XVI.

(54) Il testo ha “God and our right!” che è la traduzione inglese del motto che figura sugli stemmi gentilizi dei re di Francia. Si è preferito riprodurlo così.

(55) La città di Angers era famosa per le torri della sua cinta, che erano in numero di 17.

(56)Or add a royal number to the dead…”: senso: “Non deporrò le armi prima d’aver rovesciato te, a costo di morire in battaglia”. Si capisce che il “numero reale” da aggiungere a quello degli altri caduti sarà lui stesso.