Maria di

Betlemme adibito ad asilo dei malati di mente. Il termine passò ad indicare “pazzo”, “demente” in generale (v. anche ”Re Lear”, I, 2,132).

(43)her sin his injury, / Her injury the beadle of her sin“: passo oltremodo involuto, sorretto da una strampalata allegoria; il peccato di lei, che si fa malanno a lui e si fa malanno anche a lei, diventa lo scaccino della parrocchia (“beadle”) che punisce il peccato di lei. ”Beadle” era, al tempo di Shakespeare (più tardi il termine assunse altri significati) l’addetto alla chiesa che aveva la mansione di mantenere l’ordine, punire i ragazzi che vi recavano danno, annunciare gli orari delle funzioni, ecc.

(44) Questo accenno al testamento è da collegare, secondo alcuni critici (v. per tutti Sabbadini, note alla sua traduzione, Garzanti, Milano, l993), alla questione, che si agitava pubblicamente al tempo di Shakespeare, del testamento di Enrico VIII che, testando in favore di sua figlia Elisabetta, aveva “annullato” i diritti al trono della linea scozzese di Maria Stuarda.

(45)These flags of France“: non si trattava, in realtà, di vere e proprie “bandiere” (che è il solo senso di ”flags“, ma che all’epoca di Giovanni non esistevano), bensì di altre forme d’insegne di guerra. Quella francese era l‘“orifiamma”, uno stendardo con stelle e fiamme d’oro in campo rosso.

(46) Questa “tirata” di Re Giovanni è un palese esercizio di manierismo retorico e artificioso; tutto il passo è costruito su metafore riferite a organi e funzioni del corpo umano: i cannoni hanno le viscere; le porte chiuse sono occhi dalle ciglia abbassate (“winkling”); le pietre sono sonnolente, e dormono nei loro letti di calcina; poi, per una metafora alla rovescia, le bocche dei francesi “sparano” tranquille parole…

(47) Cioè i cannoni spareranno a salve per salutare il raggiunto accordo.

(48) “… our messengers of war”: le palle dei nostri cannoni.

(49) In assenza di qualsiasi ”stage instruction”, non si capisce da dove questa corona esca fuori; se Giovanni sia entrato in scena con essa in testa, o se la mostri estraendola da qualche posto. Immagini il lettore quel che vuole, e il regista si regoli a suo talento.

(50) Certa critica ha creduto di ravvisare nel modo con cui Shakespeare rappresenta la vicenda di Re Giovanni, e in questa insistenza del testo sul possesso conferito dal possesso della corona in opposto al titolo formale - dinastico o altro - un riferimento all’attuale contrasto tra Elisabetta e Maria Stuarda, dopo la morte di Maria Tudor. Anche ad Elisabetta si contestava, da parte del partito dei sostenitori di Maria, la legittimità del titolo, nonostante l’esplicita volontà del padre Enrico VIII, espressa in testamento. Ma che nella legge non scritta inglese il possesso della corona valesse titolo è testimoniato dallo storico contemporaneo di Shakespeare William Calden (1551-1623) che nei suoi ”Annales” del regno di Elisabetta scrive (B, 1, pag. 14): “… la corona, una volta posseduta, chiarisce e purifica tutte le imperfezioni…”.

Nella prima scena del I atto la regina Eleonora, al figlio che le dice: “Stanno per noi il saldo mio possesso / e il mio diritto”, risponde: “Il saldo tuo possesso / ben più che il tuo diritto”.

(51)“… at mine hostess’ door“: era frequente veder sospesa, a mo’ d’insegna, sulla porta delle taverne, impressa su legno o su lamina di ferro, l’immagine di San Giorgio che uccide il drago. San Giorgio è il santo patrono degli inglesi.

(52) “… and make a monster of you“: un animale con la pelle di leone e la testa di bue è certamente un mostro: ma il Bastardo fa un’ironia più sottile, giocando sulle pelle di leone di cui è vestito l’Austria e sulla dabbenaggine di questo personaggio, una scialba figura di principe. È chiara l’allusione: “Se mi trovassi solo con vostra moglie (la vostra leonessa), vi farei cornuto”. Il Bastardo è veramente - come bene osserva il Lampedusa (Giuseppe Tomasi di Lampedusa - ”Shakespeare“, Mondadori, 1995, pag.41) - il primo personaggio, irruento nel buonumore cavalleresco, simpatico e jingoist di Shakespeare”.

(53) “… our regiments“: i “reggimenti”, come specifiche unità di un esercito, in realtà non esistevano al tempo di Giovanni. Si comincia a parlare di “reggimento” nel sec. XVI.

(54) Il testo ha “God and our right!” che è la traduzione inglese del motto che figura sugli stemmi gentilizi dei re di Francia. Si è preferito riprodurlo così.

(55) La città di Angers era famosa per le torri della sua cinta, che erano in numero di 17.

(56)Or add a royal number to the dead…”: senso: “Non deporrò le armi prima d’aver rovesciato te, a costo di morire in battaglia”. Si capisce che il “numero reale” da aggiungere a quello degli altri caduti sarà lui stesso. Altri intende - erroneamente a nostro avviso - che il ”royal number“ si riferisca a Re Giovanni.

(57) “… whence they gape and poin / At your industrious scenes and acts of death”: “scene”, “atti”: continua la metafora introdotta dal precedente “come a teatro”; dove pertanto il significato di ”industrious“, riferito alle scene e agli atti, è quello di “bene allestite”, “ben recitate” (per gli occhio degli spettatori di Angers). Il tutto in chiave ironica, s’intende. Il Bastardo, che ha ironizzato prima sulla “maestà in furore”, ironizza qui sulla futilità della guerra tra due re assetati di potere.

(58)Do like the mutinies of Jerusalem“: si riferisce alla ribellione dei palestinesi contro il dominio di Roma, nel 70 d.C., che provocò l’incendio del tempio di Gerusalemme da parte dei Romani comandati dall’imperatore Tito. Il Bastardo si fa qui consigliere politico di due re, preludio alla sua missione di mediatore politico tra Re Giovanni e i baroni ribelli.

(59)“Smacks it not something of the policy?”: ”policy“ è qui per “political cunning“. È un’altra pennellata a tratteggiare la figura del personaggio, vero protagonista del dramma: prima sconosciuto figlio naturale d’un re, poi riconosciuto e fatto cavaliere, ora consigliere politico; più oltre sarà l’esecutore materiale della politica di spoliazione dei beni della chiesa, e finalmente colui al quale Giovanni morente dirà: “Prendi tutto in mano tu”.

(60)I’ll stir them to do it. Come, away, away!”: letteralm.: “Io li spronerò a farlo. Andiamo via, via!”. Con questa uscita del Bastardo, che alcuni vogliono non sia diretta al re ma al pubblico, si conclude, in chiave comica, il dramma del confronto dei due sovrani davanti ad Angers, già costato molti morti alle due parti, come s’è visto. Da ora in poi, la vicenda volgerà al pacifico tono dell’improvviso matrimonio tra il Delfino e Lady Bianca di Spagna, che metterà d’accordo i due e la città, ma lascerà insoluto il problema della legittimità della corona di Giovanni, tanto che questi si sentirà grottescamente costretto a farsi incoronare di nuovo.

(61) “… the mouth of passage shall we fling wide ope”: letteralm.: “… apriremo subito e con violenza la bocca del passaggio”. La solita manierata sineddoche della personizzazione del luogo.

(62)“But without this match…”: bisticcio sul doppio senso di ”match”: prima l’ha usato nel senso di “miccia”; ora ripete: “Ma senza questa miccia…”, ma ”match“ è anche “unione”, “matrimonio”.

(63)Here is a stay / That shakes the rotten carcass of old Death / out of his rags“: perifrasi immaginifica per dire: “Ecco una proposta che viene a frenare la corsa di molte vite verso la morte”. L’immagine è quella della morte, una vecchia scheletrita vestita di stracci, che riceve una scrollata dai suoi stracci (“out of his rags“: la morte in inglese è maschile e qualche volta neutra) dalla proposta del primo cittadino. Il Bastardo lo dice un po’ ironizzando, un po’ credendoci.

(64)Shall have no sun to ripe“: prosegue la metafora introdotta dal precedente “ragazzo in erba” (“green boy“).

(65)… lest zeal now melted“: l’immagine dello zelo come metallo giunto al punto di fusione è sorretta dal successivo ”cool and congeal again“, “non abbia a raffreddarsi e irrigidirsi di nuovo”.

(66) “… which, being but the shadow of your son / Becomes a sun and makes your son a shadow”: senso: “Se mi specchio nel suo occhio, la mia immagine ivi riflessa diventa un sole; al suo confronto, quello ch’io sono in carne e ossa diventa la mia ombra”. Il linguaggio del Delfino è volutamente maccheronico e artificioso, e gioca sull’omofonia di ”sun”, “sole” e ”son“, “figlio”.

(67)Command thy son and daughter to join hands“: gli sponsali “a mani giunte” (“Zur gesamten hand“ dei tedeschi) erano una forma di rito matrimoniale detta ”sponsalia per verba praesentium“ consistente nel dichiararsi marito e moglie in presenza di testimoni, tenendosi le mani congiunte.