Non mi fido.

STANLEY -

Sovrano potentissimo,

non ci può essere alcun motivo

che voi siate portato a dubitare

della mia amicizia. Traditore

non sono stato mai, né mai sarò.

RICCARDO -

E allora va’, e raduna i tuoi uomini;

ma lascia qui con me tuo figlio Giorgio.

E bada a tener salda la tua fede,

o si farà precaria la saldezza

della sua testa.

STANLEY -

Vogliate trattarlo

così com’io saprò provare a voi

tutta la mia lealtà.

(Esce)

Entra un PRIMO MESSO

PRIMO MESSO -

Mio grazioso sovrano, nel Devonshire,

come m’hanno informato degli amici,

Sir Edward Courtney con suo fratello,

il tracotante vescovo di Exeter,

sono in armi, e con loro un grande numero

di lor confederati.

Entra un SECONDO MESSO

SECONDO MESSO -

Mio sovrano,

nel Kent i Guilford sono ora in armi,

e d’ora in ora convengono a gara

molti e molti altri a fianco dei ribelli,

ingrossando vieppiù le loro file.

Entra un TERZO MESSO

TERZO MESSO -

Sire, l’esercito del grande Buckingham…

RICCARDO -

Al diavolo, uccellacci di sventura!

che! venite a cantar solo di morte?

(Lo percuote)

Toh, prendi questo tu,

finché non porti migliori notizie!

TERZO MESSO -

Ma la notizia per cui son venuto

da vostra maestà, sire, era questa:

che improvvisi diluvi e inondazioni

hanno tutto disperso e sparpagliato

l’esercito di Buckingham,

e che lui se ne va solo e ramingo,

dove diretto, nessuno lo sa.

RICCARDO -

Scusami, allora. Prendi questa borsa,

per sollevarti dalle mie percosse.

E dimmi: qualche amico preveggente

ha proclamato una buona mercede

a chi catturerà quel traditore?

TERZO MESSO -

La promessa, signore, fu bandita

per pubblico proclama.

Entra un QUARTO MESSO

QUARTO MESSO -

Corre voce, maestà,

che il marchese di Dorset e lord Lovell

siano in armi nella contea di York;

ma reco a vostra altezza questo annuncio

che la conforterà: la flotta bretone

dispersa in mare dalla gran tempesta;

Richmond, al largo della costa Dorset,

ha fatto andare a terra una scialuppa

a chiedere alla gente ch’era a riva

se fossero dalla sua parte o no;

e quelli gli han risposto ch’eran là

mandati da lord Buckingham

appunto per proteggere il suo sbarco.

Ma Richmond, non fidandosi di loro,

ha levato le vele e nuovamente

ha fatto rotta verso la Bretagna.

RICCARDO -

In marcia, in marcia; giacché siamo in armi,

se non per affrontar nemici esterni,

almeno per schiacciar questi ribelli

di casa nostra. Avanti!

Entra CATESBY

CATESBY -

Mio sovrano, lord Buckingham è preso;

questo è quanto di meglio posso dirvi.

Ma il Conte Richmond è sbarcato a Milford

con un potente esercito:

è una notizia meno confortante,

ve la dovevo dare tuttavia.

RICCARDO -

Avanti, avanti, in marcia sopra Salisbury!

Mentre qui discutiamo, una battaglia

che vale un regno potrebb’esser vinta

oppure persa! S’occupi qualcuno

di far tradurre Buckingham a Salisbury

prigione; gli altri in marcia insieme a me!

(Tromba. Escono tutti)

 

 

 

SCENA V - Londra, in casa di Lord Stanley.

 

Entrano STANLEY e don(120) Cristoforo URSWICK

 

STANLEY -

Don Cristoforo, dirai questo a Richmond,

da parte mia: che Giorgio, il mio figliolo,

è tenuto all’ingrasso nel porcile

di quel temibilissimo cinghiale;(121)

se a lui mi rivoltassi apertamente,(122)

la testa di mio figlio salterebbe;

che la paura di ciò mi trattiene

dal fargli avere subito il mio aiuto.

Parti, e salutami il tuo signore.

Informalo altresì che la regina

ha consentito molto di buon cuore

ch’egli sposi sua figlia Elisabetta.

Ma, dimmi, dov’è ora acquartierato

il nobilissimo Richmond?

URSWICK -

A Pembroke,

o forse anche ad Hardforest, nel Galles.(123)

STANLEY -

Chi c’è con lui, di nobili?

URSWICK -

Sir Walter Herbert, famoso soldato,

Sir Gibert Talbot e sir William Stanley,

Oxford, il temutissimo lord Pembroke,

e poi Sir James Blunt e Rice ap Thomas,(124)

con tutto un seguito di valorosi

e molti altri di nome e gran valore.

Puntano con gli eserciti su Londra,

salvo che non si trovino impegnati

a dar battaglia prima.

STANLEY -

Bene, va’,

affrettati a tornar dal suo signore.

Io gli bacio la mano. Questa lettera

gli chiarirà le mie intenzioni. Addio.

(Escono)

 

 

ATTO QUINTO

 

SCENA I - Salisbury, una piazza.

 

Entra lo SCERIFFO con alabardieri, che scortano BUCKINGHAM al supplizio

 

BUCKINGHAM -

Non mi vuole ascoltare re Riccardo?

SCERIFFO -

No, signore; dovete rassegnarvi.

BUCKINGHAM -

O William Hastings, o figli d’Edoardo,

o Grey, o Rivers, o santo re Enrico

e il tuo diletto figlio Edoardo, o Vaughan,

e tutti voi che perdeste la vita,

per occulta e nefanda iniquità,

se le vostre anime crucciate e inquiete

vedon di tra le nuvole quest’ora,

fatevi scherno della mia rovina,

non foss’altro che per vostra vendetta!

Oggi è il giorno dei Morti, amico, è vero?

SCERIFFO -

Sì.

BUCKINGHAM -

Ecco, allora, ci siamo: il dì dei Morti

è il giorno del Giudizio del mio corpo;

è il giorno ch’io, vivente re Edoardo,

m’augurai che segnasse la mia fine

se mai avessi tradito i suoi figli

ed i parenti della sua regina;

è il giorno ch’io m’augurai di morire

vittima della falsa lealtà

dell’amico di cui più mi fidassi.

Questo giorno dei Morti, proprio questo,

è, per la spaurita anima mia,

il termine assegnato ai miei delitti.

Quell’altissimo Iddio che tutto vede,

e col quale ho creduto di scherzare,

ecco che ora ritorce sul mio capo

le mie false ed ipocrite preghiere,

e mi dà seriamente

quello ch’io spesso Gli ho chiesto per burla.

Così Egli alle spade degli infami

ordina di ritorcere la punta

contro il petto di quelli che le impugnano;

così cade pesante sul mio collo

l’amara profezia di Margherita:

“Quand’egli - mi predisse quella volta -

t’avrà spezzato il cuore dal dolore,

tu ti ricorderai di Margherita,

che te l’ha profetato!”… Andiamo, guardie,

conducetemi al ceppo dell’infamia.

Al male tocca il male,

all’ignominia tocca l’ignominia.

(Esce con gli alabardieri)

 

 

 

SCENA II - Il campo presso Tamworth(125)

 

Entrano RICHMOND, OXFORD, BLOUNT, HERBERT,

e soldati, con tamburi e vessilli

 

RICHMOND -

Commilitoni, amici fedelissimi

oppressi sotto il giogo del tiranno:

fin qui ci siamo spinti molto avanti

nelle viscere stesse del paese,

senza incontrare ostacoli di sorta;

e qui ricevo da mio padre Stanley,(126)

un messaggio con valida promessa

di sostegno e d’incoraggiamento.

Lo scellerato, sanguinario verro

usurpatore, che ha messo in rovina

i vostri campi opimi di raccolti

e le vigne ubertose, ora trangugia

come brodaglia il vostro sangue caldo

e fa dei vostri petti dilaniati

il suo trogolo. Questo immondo verro

ora si trova al centro di quest’isola,

come m’informano, davanti a Leicester,(127)

a un giorno appena di marcia da qui.

Miei prodi amici, nel nome di Dio,

avanti, con fiduciosa baldanza,

a raccoglier le messe d’una pace

che duri eterna, attraverso la prova

di questa cruda e sanguinosa guerra.

Di mille spade è fatta la coscienza

di ciascuno di quanti siamo qui

contro questo colpevole assassino.

HERBERT -

E passeranno a noi, sono sicuro,

tutti che sono adesso suoi alleati.

BLOUNT -

Altro alleato non gli resta infatti

se non che chi lo è solo per paura

e che nell’ora estrema del bisogno

gli volterà le spalle.

RICHMOND -

Tutto a nostro vantaggio; e allora, in marcia!

Speranza che procede da virtù

rapida vola con ali di rondine;

d’un re fa un dio, e d’un umile un re.

(Escono)

 

 

 

SCENA III - Il campo di Boswort

 

Entrano RE RICCARDO, in armi, il DUCA DI NORFOLK,

il CONTE DI SURREY e altri

 

RICCARDO -

La nostra tenda piantatela qui,

qui, sul campo di Bosworth…

Monsignore di Surrey,

perché avete quell’aria così grave?

SURREY -

Ho il cuore cento volte più leggero

della mia aria, sire.

RICCARDO -

Dov’è Norfolk?

NORFOLK -

Sono qui, vostra grazia.

RICCARDO -

Norfolk, domani ci sarà da dare

gran botte, eh, non è vero?

NORFOLK -

Darne, e pigliarne, amato mio signore.

RICCARDO -

Che aspettate ad issare la mia tenda?

Questa notte voglio dormire qui…

Domani chissà dove… Ma che importa…

(La tenda è rizzata su un lato della scena)

Chi ha potuto contare

il numero di questi traditori?

NORFOLK -

Un sei o settemila, non di più.

RICCARDO -

Il nostro esercito è tre volte tanto,

e in più di tanto c’è il nome d’un re,

un bastione che manca a quelli là.

Su la tenda!… Venite, gentiluomini,

andiamo a fare una ricognizione,

e studiare i vantaggi del terreno.

Fate venire con voi alcuni esperti

che sappian darci una stima sicura.

Badate a tener l’ordine nel campo

e a non sciupare il tempo, ché domani,

signori, ci sarà un bel daffare.

(Escono)

Entrano, dall’altra parte del campo, RICHMOND, sir William BRANDON, OXFORD, DORSET e altri, tra i quali James BLOUNT; soldati si mettono a montare la tenda di Richmond.

RICHMOND -

Un sole affaticato ci ha mostrato

un dorato tramonto,

e con la scia del suo fulgido carro

tutta luce, promette per domani

una gloriosa giornata. Voi, Brandon,

del mio stendardo sarete l’alfiere.

Portatemi da scrivere,

penna ed inchiostro sotto la mia tenda;

voglio tracciare il piano di battaglia

e la pianta del nostro schieramento,

assegnare ai diversi comandanti

i rispettivi compiti in dettaglio

e ripartir le scarse nostre forze

in giusta proporzione per ciascuno.

Voi, Oxford, William Brandon, Walter Herbert,

mi resterete a fianco; il Conte Pembroke

terrà la testa del suo reggimento…(128)

Sir James Blount, mio bravo generale,

portategli per me la buona notte,

e per le due di domani mattina

ditegli di venire alla mia tenda.

Devo pregarvi ancora d’un favore:

sapete dirmi dove sta accampato

il Conte Stanley con il suo esercito?

BLOUNT -

Se ho ben riconosciuto i suoi vessilli

- e son certo di sì - il suo reggimento

è accampato ad un mezzo miglio a sud

del poderoso esercito del re.

RICHMOND -

S’è possibile, senza rischiar troppo,

mio caro Blount, trovate voi un mezzo

per parlargli e per dargli da mia parte

questo messaggio: è di somma importanza.

BLOUNT -

A costo della vita, mio signore,

lo farò. Dio vi conceda questa notte

un tranquillo riposo.

RICHMOND -

Buona notte, buon capitano Blount.(129)

(Esce Blount)

Signori, ci dobbiamo consultare

per quanto c’è da fare per domani;

nella mia tenda, però, ché qui fuori

l’aria è cruda e pungente.

(Con Richmond si ritirano nella sua tenda Brandon, Oxford e Herbert. Gli altri si allontanano)


Entrano RE RICCARDO, RATCLIFF, NORFOLK e CATESBY

RICCARDO -

Catesby, che ora è?

CATESBY -

Le nove, monsignore: ora di cena.

RICCARDO -

Non cenerò stasera.

Portami carta e inchiostro nella tenda.

M’hanno allentato la celata all’elmo?

È pronta nella tenda l’armatura?

CATESBY -

Sì, mio sovrano, tutto pronto e in ordine.

RICCARDO -

Sarà bene, Norfolk, che tu t’affretti

al tuo posto; fa’ attenta vigilanza;

scegliti sentinelle ben fidate.

NORFOLK -

Bene, vado, signore.

RICCARDO -

E domattina, nobile signore,

àlzati con l’allodola.

NORFOLK -

Va bene;

potete star tranquillo, monsignore.

(Esce)

RICCARDO -

Catesby…

CATESBY -

Sì, signore?

RICCARDO -

Manda un messo di corsa da Lord Stanley,

a dir che venga qui con i suoi uomini;

ma presto, prima del levar del sole,

se non vuol far piombar suo figlio Giorgio

nell’antro buio della notte eterna.

(Esce Catesby)

(A Ratcliff)

Prendi una coppa, versami del vino.

E procurami un lume per la notte.

Per lo scontro campale di domani

fammi trovar sellato il bianco Surrey.

Bada che le mie lance sian robuste

e non troppo pesanti a maneggiare…

Ratcliff!

RATCLIFF -

Sì, mio signore?

RICCARDO -

Hai visto il malinconico Northumberland?

RATCLIFF -

L’ho visto mentre, col conte di Surrey,

verso l’ora che vanno a letto i polli,

rassegnava le schiere, una per una,

e andava incoraggiando i suoi soldati.

RICCARDO -

Bene, mi fa piacere…

Quella coppa di vino, per favore.

Non mi sento l’alacrità di spirito

e la gaiezza d’animo mia solita.

(Beve, poi porge la coppa vuota a Ratcliff)

Posala là. Son pronti inchiostro e carta?

RATCLIFF -

Son qui pronti, signore.

RICCARDO -

Di’ alla scolta

di fare buona guardia alla mia tenda.

Lasciami adesso. Intorno a mezzanotte

vieni di nuovo qui ad aiutarmi

a indossar l’armatura.

Va’ pure adesso; lasciami, t’ho detto.

(Esce Ratcliff. Riccardo si ritira nella tenda)


Entra STANLEY, e s’affaccia alla tenda di Richmond, che sta all’interno attorniato dai suoi ufficiali

STANLEY -

La Fortuna benigna e la Vittoria

si posino propizie sul tuo elmo!

RICHMOND -

E s’accompagni con la tua persona

ogni conforto che la buia notte

possa offrire, mio nobile patrigno!

Dimmi, che fa la nostra buona madre?

STANLEY -

Ella t’invia attraverso di me

la sua benedizione, e prega sempre

per il bene di Richmond. Ma ti basti

di sapere di ciò, veniamo a noi.

L’ora notturna scorre via furtiva

e già si va sfaldando dall’oriente

la tenebra squamosa. Eccoti quanto,

in breve, poiché l’ora ce lo ingiunge:

appena giorno, schiera le tue forze

e affida la tua sorte all’arbitraggio

dei colpi d’uno scontro vita o morte.

Io, per quanto potrò - né posso tutto

ciò che vorrei - guadagnerò del tempo

per aiutarti nel modo migliore

in questo incerto scontro;

ma non mi posso spinger troppo in là

da mostrare che son dalla tua parte,

perché se ciò divenisse palese,

mio figlio Giorgio, tuo giovin fratello,

sarebbe certamente messo a morte

sotto gli occhi del padre. E dunque addio.

L’ora pericolosa e il poco tempo

troncano le effusioni dell’affetto

e l’ampio scambio di dolci parole

su cui sarebbe gradito indugiare

a parenti sì a lungo separati.

Dio ci conceda miglior agio in seguito

per tutti questi amorevoli riti.

Ancora addio. Sii prode e vittorioso.

RICHMOND -

Riaccompagnatelo al suo reggimento.

Io cercherò di riposare un poco,

nonostante l’assillo dei pensieri,

perché domani non mi pesi addosso

un plumbeo sonno, quando avrei bisogno

di librarmi con ali di vittoria.

Di nuovo, degni amici e cavalieri,

la buona notte a tutti.

(Escono tutti. Richmond, rimasto solo, s’inginocchia)

O Tu, di cui mi sento capitano,

volgi un occhio benigno alle mie forze,

metti nel loro pugno

i contundenti ferri di tua ira,

che s’abbattano gravi e poderosi

sugli elmi del nemico usurpatore;

fa’ delle nostre persone i ministri

del tuo castigo, sì che, vittoriosi,

possiamo innalzar lodi alla tua gloria.

A Te affido la vigile mia anima,

prima che il sonno abbassi sui miei occhi

le sue cortine. Oh, difendimi sempre!

(Si alza, si corica e si addormenta)

Appare lo SPETTRO DEL PRINCIPE EDOARDO, figlio di Enrico VI, nello spazio tra la tenda di Riccardo e quella di Richmond

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Possa il mio peso opprimere domani

grave come un macigno la tua anima:

Pensa a come mi pugnalasti a Tewsbury

nel fiore della prima giovinezza.

Perciò dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Richmond, sta’ di buon animo,

ché l’anime dei principi scannati

combattono per te. Chi ti conforta,

Richmond, è la prole di Re Enrico.

Entra lo SPETTRO DI ENRICO VI

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Quando ero mortale,

tu apristi sul mio corpo consacrato

mortali bocche con il tuo pugnale.

Pensa alla Torre e a me. Dispera e muori.

Questo ti ordina il Sesto Enrico.

(Rivolto a Richmond)

Sii tu, virtuoso e santo, il vincitore.

Enrico re, che ti vaticinò

che re saresti diventato un giorno,(130)

ti viene in sogno a infonderti coraggio.

Vivi e prospera, Richmond.

Entra lo SPETTRO DI CLARENZA

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Ch’io possa con il peso d’un macigno

seder sulla tua anima domani…

io, che fui immerso a morte,

povero me, in nauseabondo vino,

tradito a morte dalla tua perfidia…

Domani, alla battaglia, pensa a me,

e la tua spada cada senza taglio

dovunque colpirai. Dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Tu, progenie della Casa di Làncaster,

gli offesi eredi di quella di York

pregano in tuo favore: angeli buoni

proteggan le tue forze. Vivi e prospera.

Entrano gli SPETTRI DI RIVERS, GREY e VAUGHAN

SPETTRO DI RIVERS -

(A Riccardo)

Su te pesi domani la mia anima,

io, Rivers, che fui messo a morte a Pomfret.

Gloucester, dispera e muori.

SPETTRO DI GREY -

(A Riccardo)

Pensa a Grey, e disperi la tua anima.

SPETTRO DI VAUGHAN -

Pensa a Vaughan, e possa la tua lancia

caderti dalle mani per il tremito

delle tue colpe. Muori disperato.

TUTTI INSIEME GLI SPETTRI -

(A Richmond)

Svegliati, e pensa che le iniquità

da Riccardo commesse su di noi

son tutte a gravar sul suo petto

e lo conducono alla sconfitta.

Svegliati e vinci, Richmond.

Entra lo SPETTRO DI HASTINGS

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Svegliati, sanguinario criminale,

nel risveglio del reo,

ed in una battaglia sanguinosa

finisci oggi i tuoi giorni. È Lord Hastings

che ti ricorda a lui. Dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Quieta, serena anima,

svegliati, svegliati: impugna l’armi,

combatti e vinci per la buona causa

della tua Inghilterra!

Entrano gli SPETTRI DEI DUE PRINCIPI FANCIULLI

I DUE SPETTRI -

(Rivolti a Riccardo)

Sogna i tuoi due nipoti

che nella Torre hai fatto soffocare;

ti gravi il peso di questo delitto

come piombo, domani, sopra al petto,

Riccardo, sì da poterti piegare

alla rovina, all’infamia, alla morte.

Disperazione e morte

t’impongon l’anime dei tuoi nipoti.

(Rivolti a Richmond)

Dormi, Richmond, riposa pure in pace,

e svegliati in letizia: angeli buoni

ti guardino dai morsi del cinghiale.

Vivi e metti alla vita

una felice progenie di re.

Ti esortano a fiorire e prosperare

gli sventurati figli di Edoardo.

Entra lo SPETTRO DI ANNA

SPETTRO -

Riccardo, sono io, Anna, tua moglie,

sventurata, che mai poté dormire

un’ora sola tranquilla con te,

e vengo a riempire d’inquietudini

il tuo sonno. Domani alla battaglia,

pensa a me, e ti caschi giù la spada

che non uccide più. Dispera e muori.

(Rivolta a Richmond)

Tu, anima serena, dormi e sogna

il tuo successo e una lieta vittoria:

questo pregando chiede a Dio colei

che fu la moglie del tuo avversario.

Entra lo SPETTRO DI BUCKINGHAM

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Io sono stato il primo ad aiutarti

ad ottenere la corona; l’ultimo

a cader sotto la tua tirannia.

Oh, pensa a Buckingham, domani, e muori

terrorizzato dalla tua nequizia!

Sogna, sogna di azioni sanguinarie

sogna di morte; e con il fiato mozzo,

dispera, e disperando rendi il fiato.

(Rivolto a Richmond)

Caddi nella speranza

di poterti prestare il mio aiuto,

ma tu fa’ cuore e non perderti d’animo;

Dio e gli angeli buoni

combattono con Richmond; e Riccardo

cada dal vertice della sua boria.

(Gli spettri svaniscono. Riccardo si scuote dal sonno con un sussulto e balza in piedi)

RICCARDO -

Datemi un altro cavallo!… Fasciatemi

le ferite!… Gesù, abbi pietà!…

Calma, Riccardo, è stato solo un sogno….

Ah, vil coscienza, come mi tormenti!…

(Guardando fuori dall’apertura delle tenda)

Luci azzurrognole: è l’ora morta

della mezzanotte… Sento un sudor gelido

per tutto il corpo e tremo di paura….

Di che cosa ho paura? Di me stesso?

Non c’è nessuno qui oltre di me.

Perciò di chi ho paura?…

Riccardo ama Riccardo, io son io.

C’è forse un assassino qui?… No… Sì,

son io!… Fuggire, allora?… Ma da chi?

Da me stesso? Perché dovrei fuggire?

Per non fare vendetta su me stesso?

Ne avrei grande ragione…

Io su me stesso?… Ahimè, amo me stesso!

Perché? Forse per qualche buona azione

fatta da me a me stesso… Oh, no, ahimè,

io lo odio, se mai, questo me stesso

per i crimini odiosi che ho commesso.

Sono uno scellerato… eppure no,

io mento a me stesso, non lo sono…

Stolto, non parlar male di te stesso!

Stolto, non incensar troppo te stesso!

La mia coscienza in bocca ha mille lingue

e ciascuna ha una storia da narrare,

e ogni storia mi bolla da furfante.

E spergiuro.