Quella candida via sparsa di stelle che ’n ciel gli dei ne la gran reggia adduce, men chiara assai di questa a me riluce che guida pur l’alme di gloria ancelle.
4
Per questa ad altra reggia, a vie piú belle viste il desio trapassa: Amor è duce, e di ciò ch’al pensier al fin traluce vuol che securo fra me sol favelle.
8
Gran cose il cor ne dice, e s’alcun suono fuor se n’intende, è da’ sospir confuso; ma non tacciono in tanto i vaghi sguardi.
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E paion dirli: «Ahi! qual ventura o dono quello che a te non è coperto e chiuso rivela a noi, mentre n’avvampi ed ardi!».
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Dice che il pensiero gli descrive la bellezza de la sua donna
e s’unisce con lei in guisa che gliela rende sempre presente.
De la vostra bellezza il mio pensiero vago men bello stima ogn’altro obietto; e se di mille mai finge un aspetto per agguagliarlo a voi, non giunge al vero; 4
ma se l’idolo vostro ei forma intero prende da sí bell’opra in sé diletto, e ’n lui pur giunge forze al primo affetto la nova maraviglia e ’l magistero.
8
Fermo è dunque d’amarvi; e se ben v’ama, in se stesso ed in voi non si divide, ma con voi ne l’amar s’unisce in guisa 11
che non sete da lui giammai divisa per tempo o loco; e mentre ci spera e brama vi mira e mirerà qual prima vide.
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Torquato Tasso - Le rime
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Parla con la sua donna ne la sua partita, dicendo che se la
fortuna gl’impedisce di seguitarla non può impedire il suo
pensiero, il qual la segue e la vede per tutto.
Donna, crudel fortuna a me ben vieta seguirvi e’n queste sponde or mi ritiene, ma ’l pronto mio pensier non è chi frene, che sol riposa quanto in voi s’acqueta.
4
Questo vi scorge ora pensosa or lieta, or solcar l’onde, ora segnar l’arene, ed ora piagge ed or campagne amene su ’l carro sí com’ei corresse a meta.
8
E nel materno albergo ancor vi mira, fra soavi accoglienze e ’n bel sembiante, partir fra le compagne i baci e’l riso.
11
Poi, quasi messaggier che porti avviso, riede e ferma nel cor lo spirto errante tal che di dolce invidia egli sospira.
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Al signor conte Ercole Tassone, dicendo che per la
lontananza de la sua donna è mancata la sua luce ma non
il suo ardore.
Tasson, qui dove il Medoaco scende a dar tributo d’acque dolci al mare, al crud’Amor d’onde turbate e amare da me tributo non minor si rende 4
e tra queste ombre, ove non luce e splende raggio che le mie notti apra e rischiare, cerco il mio Sol, né suo vestigio appare se non l’ardore onde mill’alme accende: 8
ché scorgo appresso il foco, ovunque io guarde, che già diffuse sua beltà fra noi, e descritto si legge in mille carte.
11
Lasso! ei ben volle in sua memoria parte di quel lasciarne ond’ uom si strugge ed arde, ma tutti portò seco i raggi suoi.
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Torquato Tasso - Le rime
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Ne la lontananza de la sua donna dice di non poter avere
alcun piacer lontano da lei se non quello ch’egli sente nel
patir per lei.
Io non posso gioire
lunge da voi, che siete il mio desire; ma ’l mio pensier fallace
passa monti e campagne e mari e fiumi; e m’avvicina e sface
5
al dolce foco de’ be’ vostri lumi; e ’l languir sí mi piace
ch’infinito diletto ho nel martire.
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Torquato Tasso - Le rime
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Ne l’istesso soggetto.
Già non son io contento
lunge da voi, che sete il mio tormento, in cosí dolce modo
m’arde il pensier; ma s’egli a voi mi giunge, io vi rimiro ed odo
5
allora piú vicin che son piú lunge, ed amo ed ardo e godo
piú del mio foco se maggior il sento.
Letteratura italiana Einaudi
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Torquato Tasso - Le rime
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Ad Amore, ne l’istesso soggetto.
Come vivrò ne le mie pene, Amore, sí lunge dal mio core,
se la dolce memoria non m’aita
di lei ch’è la mia vita?
Dolce memoria e spene,
5
imaginata vista e caro obietto, voi siete il mio diletto,
la mia vita e ’l mio bene;
ma pur mezzo son io tra morto e vivo, poi che del cor son privo.
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Torquato Tasso - Le rime
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A la sua donna, nel soggetto medesimo.
Se ’l mio core è con voi, come desia, dov’è l’anima mia?
Credo sia col pensiero; e ’l pensier vago è con la bella imago;
e l’imagine bella
5
de la vostra bellezza è ne la mente viva e vera e presente
e vi spira e favella;
ma pur senza il mio core è la mia vita dolente e sbigottita.
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Torquato Tasso - Le rime
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Ragiona col suo pensiero pregandolo che cessi da le sue
operazioni e che consenta che ’l sogno gli rappresenti la
sua donna.
Pensier, che mentre di formarmi tenti l’amato volto e come sai l’adorni, tutti da l’ opre lor togli e distorni gli spirti lassi al tuo servigio intenti, 4
dal tuo lavoro omai cessa, e consenti che ’l cor s’acqueti e ’l sonno a me ritorni, prima che Febo, omai vicino, aggiorni queste ombre oscure co’ bei raggi ardenti.
8
Deh! non sai tu che piú sembiante al vero sovente ’l sogno il finge e me ’l colora, e l’imagine ha pur voce soave?
11
Ma tu piú sempre rigido e severo il figuri a la mente, ed ei talora la ritragge al mio cor pietosa e grave.
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Dice che essendo vinto dal dolore gli apparve in sogno la
sua donna e lo racconsolò.
Giacea la mia virtú vinta e smarrita nel duol, ch’è sempre in sua ragion piú forte, quando pietosa di sí dura sorte venne in sogno madonna a darle aita; 4
e ristorò gli spirti, e ‘n me sopita la doglia a nova speme aprí le porte; e cosí ne l’imagine di morte
trovò l’egro mio cor salute e vita.
8
Ella, volgendo gli occhi in dolci giri, parea che mi dicesse: «A che pur tanto, o mio fedel, t’affliggi e ti consumi?
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E perché non fai tregua a’ tuoi sospiri, e’n queste amate luci asciughi il pianto?
Speri forse d’aver piú fidi lumi?».
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Ne l’istesso soggetto.
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