Onde, per consolarne i miei dolori, vieni, o sogno, pietoso al mio lamento?
Tal ch’al tuo dolce inganno omai consento anto di vaghe imagini e d’errori.
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Le care gemme e i preziosi odori dove furasti, e i raggi e l’aure e ’l vento, per farmi nel languire almen contento, pur come un de le Grazie o de gli Amori?
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Forse involasti al ciel tua luce, e ’l sole teco m’apparve? E dal fiorito grembo parte sentia spirar gigli e viole; 11
e sentia, quasi fiamma ch’al ciel vole, la bella mano, e, quasi fresco nembo, sospiri e soavissime parole.
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Prega l’aura che porti le sue parole a la sua donna.
Aura, ch’or quinci intorno scherzi e vole fra’l verde crin de’ mirti e de gli allori, e destando ne’ prati vaghi fiori con dolce furto un caro odor n’invole, 4
deh, se pietoso spirto in te mai suole svegliarsi, lascia i tuoi lascivi errori, e colà drizza l’ali ove Licori
stampa in riva del fiume erbe e viole.
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E nel tuo molle sen questi sospiri porta e queste querele alte amorose là ’ve già prima i miei pensier n’andaro.
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Potrai poi quivi a le vermiglie rose involar di sue labbra odor piú caro e riportarlo in cibo a i miei desiri.
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Si lamenta con Amore che la sua donna abbia preso
marito, e la prega che non si sdegni d’esser amata e
celebrata da lui.
Amor, tu vedi, e non hai duolo o sdegno ch’al giogo altrui madonna il collo inchina, anzi ogni tua ragion da te si cede.
Altri ha pur fatto, oimè, quasi rapina del mio dolce tesoro; or qual può degno 5
premio agguagliar la mia costante fede?
Qual piú sperar ne lice ampia mercede de la tua ingiusta man, s’in un sol punto hai le ricchezze tue diffuse e sparte?
Anzi pur chiuse in parte
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ove un sol gode ogni tuo ben congiunto.
Ben folle è chi non parte
omai lunge da te, ché tu non puoi pascer se non di furto i servi tuoi.
Ecco già dal tuo regno il piè rivolgo, 15
regno crudo e ’nfelice: ecco io già lasso qui le ceneri sparte e ’l foco spento.
Ma tu mi segui e mi raggiungi, ahi lasso!, mentre del mal sofferto in van mi dolgo, ch’ogni corso al tuo volo è pigro e lento.
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Già via piú calde in sen le fiamme l’ sento e via piú gravi a’ piè lacci e ritegni; e come a servo fuggitivo e ’ngrato, qui, sotto al manco lato,
d’ardenti note il cor m’imprimi e ’l segni 25
del nome a forza amato;
e perch’arroge al duol ch’è in me sí forte, formi al pensier ciò che piú noia apporte.
Ch’io scorgo in riva al Po Letizia e Pace Letteratura italiana Einaudi
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Torquato Tasso - Le rime
scherzar con Imeneo, che ’n dolce suono 30
chiama la turba a’ suoi diletti intesa.
Liete danze vegg’io, che per me sono funebri pompe, ed una istessa face ne l’altrui nozze e nel mio rogo accesa, e, come Aurora in oriente ascesa, 35
donna apparir, che vergognosa in atto i rai de’ suoi begli occhi a sé raccoglia, e ch’ altri un bacio toglia,
pegno gentil del suo bel viso intatto, e i primi fior ne coglia,
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que’ che già cinti d’amorose spine crebber vermigli infra le molli brine.
Tu ch’a que’ fiori, Amor, d’intorno voli qual ape industre e ’n lor ti pasci e cibi, e ne sei cosí vago e cosí parco, 45
deh, come puoi soffrir ch’altri delibi umor sí dolce e’l caro mel t’involi?
Non hai tu da ferir saette ed arco?
Ben fosti pronto in saettarmi al varco, allor che per vaghezza incauto venni 50
là ’ve spirar tra le purpuree rose sentii l’aure amorose;
e ben piaghe da te gravi io sostenni, ch’aperte e sanguinose
ancor dimostro a chi le stagni e chiusa; 55
ma trovo chi l’inaspra ognor piú cruda.
Lasso! il pensier ciò che dispiace e duole a l’alma inferma or di ritrar fa prova e piú s’interna in tante acerbe pene.
Ecco la bella donna, in cui sol trova 60
sostegno il core, or, come vite suole che per se stessa caggia, altrui s’attiene: qual edera negletta or la mia spene giacer vedrassi, s’egli pur non lice che s’appoggi a colei ch’un tronco abbraccia.
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Torquato Tasso - Le rime
Ma tu, ne le cui braccia
cresce vite sí bella, arbor felice, poggia pur, né ti spiaccia
ch’augel canoro intorno a’ vostri rami l’ombra sol goda e piú non speri o brami.
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Né la mia donna, perché scaldi il petto di nuovo amore, il nodo antico sprezzi, ché di vedermi al cor già non l’increbbe; od essa che l’avvinse, essa lo spezzi: però ch’omai disciorlo, in guisa è stretto, 75
né la man stessa che l’ordio potrebbe.
E se pur, come volle, occulto crebbe il suo bel nome entro i miei versi accolto, quasi in fertil terreno arbor gentile, or seguirò mio stile,
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se non disdegna esser cantato e colto da la mia penna umile;
e d’Apollo ogni dono in me fia sparso, s’Amor de le sue grazie a me fu scarso.
Canzon, sí l’alma è ne’ tormenti avvezza 85
che, se ciò si concede, ella confida paga restar ne le miserie estreme.
Ma se di questa speme
avvien che’l debil filo alcun recida, deh tronchi un colpo insieme,
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ch’io ’l bramo e ’l chiedo, al viver mio lo stame e l’amoroso mio duro legame.
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Ragiona con Amore andando a ritrovare la sua donna.
Amor, colei che verginella amai doman credo veder novella sposa, simil, se non m’inganno, a colta rosa che spieghi il seno aperto a’ caldi rai.
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Ma chi la colse non vedrò giammai ch’al cor non geli l’anima gelosa; e s’alcun foco di pietade ascosa il ghiaccio può temprar, tu solo il sai.
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Misero! ed io là corro ove rimiri fra le brine del volto e ’l bianco petto scherzar la mano avversa a’ miei desiri!
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Or come esser potrà ch’io viva e spiri, se non m’accenna alcun pietoso affetto che non fian sempre vani i miei sospiri?
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Camminando di notte prega le stelle che guidino il suo
corso.
Io veggio in cielo scintillar le stelle oltre l’usato e lampeggiar tremanti, come ne gli occhi de’ cortesi amanti noi rimiriam talor vive facelle.
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Aman forse là suso, o pur son elle pietose a’ nostri affanni, a’ nostri pianti?
Mentre scorgon le insidie e i passi erranti là dove altri d’Amor goda e favelle?
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Cortesi luci, se Leandro in mare o traviato peregrin foss’io,
non mi sareste di soccorso avare: 11
cosí vi faccia il sol piú belle e chiare, siate nel dubbio corso al desir mio fide mie duci e scorte amate e care.
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Appressandosi a la sua donna dice a’suoi pensieri ed a’suoi
affanni che si partano da lui.
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