Lunge da voi, mio core,

mille volte m’uccide il mio dolore.

Perché la mia partita

mi tolse l’alma; e s’io ripenso in lei mi ritoglie la vita,

5

e tutti sono morti i pensier miei.

Oh miseria infinita!

È quel felice ch’una volta more.

Letteratura italiana Einaudi

64

Torquato Tasso - Le rime

61

Continua ne l’istesso soggetto mostrando d’aver infinito dolore per la lontananza de la sua donna: onde è ragionevole ch’ella sia tanto pietosa quanto egli è dolente.

Or che lunge da me si gira il sole e la sua lontananza a me fa verno, lontan da voi, che del pianeta eterno imagin sete, questo cor si dole in tenebre vivendo oscure e sole; 5

e non si leva mai né si nasconde sí mesto il sol ne l’onde,

che non sia cinto di piú fosco orrore l’infelice mio core;

né sí perpetui rivi han gli alti monti 10

come i duo caldi e lacrimosi fonti.

Fonti profondi son d’amare vene quelli ond’io porto sparso il seno e ’l volto, è ’nfinito il dolor che dentro accolto si sparge in caldo pianto e si mantene, 15

né scema una giammai di tante pene perch’il mio core in dolorose stille le versi a mille a mille;

ma, s’io piango e mi dolgo, ei piú m’invoglia di lacrime e di doglia:

20

onde l’amor gradito esser dovrebbe, che senza fin, come il dolor, s’accrebbe.

E s’alcun di mercede o di pietate obligo mai vi stringe, esser non deve circoscritto da fine angusto e breve: 25

perch’è ragion che sí pietosa abbiate, com’io dolente, L’alma e no’l celiate.

Felice il mio dolor se ’l duro affetto sí v’ammollisse il petto,

Letteratura italiana Einaudi

65

Torquato Tasso - Le rime

ch’a me voi ne mandaste i messaggieri 30

d’amor, dolci pensieri!

Ma per continua prova ei non vi spetra ché sete quasi dura e fredda pietra.

Né pur due lagrimette ancor de’ lumi, crudel’ vi trassi; e, s’al partir mostraste 35

doglia o pietà d’opre gentili o caste, quest’è fera cagion ch’io mi consumi e mi distempri in lagrimosi fiumi.

Forse talor, di me fra voi pensando, dite: «Ei si strugge amando;

40

ma non fia ch’ei mi piaccia o tanto o quanto per amore o per pianto;

e vana speme l’error suo lusinga qual d’ uom che l’ombre in sogno abbracci e stringa».

Ma siate pur crudel quanto a voi piace, 45

ché, s’al candido petto io mai non toglio tutto il freddo rigore e l’aspro orgoglio, né voi torrete a me quel che mi sface mortal dolore o quell’amor vivace; né mi torrete mai che bella e viva 50

non vi formi e descriva,

per voi dolce stimando ogni mia sorte e dolce ancor la morte,

s’avverrà mai che per voi bella e cruda Amor quest’occhi lacrimando chiuda.

55

Vanne, mesta canzone,

ov’è lieta madonna; e, s’ella gira i begli occhi senz’ira,

dille che l’amor mio sempre s’avanza, nudrito di memoria e di speranza.

60

Letteratura italiana Einaudi

66

Torquato Tasso - Le rime

62

Scrive ad un suo amico il quale l’incitava a risguardare molte leggiadre gentildonne che erano in una grande e lieta festa, ch’egli non lascerà mai d’amar la sua donna né s’invaghirà d’altra.

Non sarà mai ch’impressa in me non reste l’imagin bella o d’altra il cor s’informe, né che, là dove ogni altro affetto dorme, novo spirto d’amor in lui si deste; 4

né men sarà ch’io volga gli occhi a queste di terrene beltà caduche forme

per disviar i miei pensier da l’orme d’una bellezza angelica e celeste.

8

Dunque, perché destar fiamme novelle cerchi dal falso e torbido splendore che ’n mille aspetti qui vago riluce?

11

Deh, sappi omai che spente ha sue facelle per ciascun’altra e strali ottusi Amore, e che sol nel mio sole è vera luce.

14

Letteratura italiana Einaudi

67

Torquato Tasso - Le rime

63

Dice d’aver fatto indarno esperienza se lo star lontano da la sua donna poteva risanarlo de l’infermità amorosa, e conchiude che la dimenticanza sola potrebbe esser buon rimedio a questo male.

Dopo cosí spietato e lungo scempio e tante sparse lagrime e lamenti io non estinguo le mie fiamme ardenti, né parte ancor de’ miei desiri adempio.

4

E s’intoppo non fusse ingiusto ed empio, al fonte di pietate avrei già spenti gl’interni ardori; e pur ne’ miei tormenti novo Tantalo fui con fero esempio.

8

Perché, fuggendo, non scemò favilla de la febbre amorosa in tanta sete, anzi al cor ne senti’ piú calde faci.

11

E dritto è ben ch’io fugga onde fugaci, e cerchi dove sparga umor di Lete omai piú dolce fonte e piú tranquilla.

14

Letteratura italiana Einaudi

68

Torquato Tasso - Le rime

64

Si pente d’aver troppo magnificamente parlato de la sua sofferenza mentre è stato lontano da la sua donna, e prega Amore che, se nel tormento è merito, non cessi di tormentarlo.

Era aspro e duro (e sofferir sí lunge da que’ begli occhi e dal sereno ciglio i’ mi diè vanto) un grave e duro esiglio scevro d’amor, che l’alme insieme aggiunge.

4

Or ch’ei mi sfida e qual piú a dentro punge saetta vibra, e quasi fero artiglio per farmi il fianco infermo e ’l sen vermiglio la mano adopra che risana ed unge, 8

pentomi de’ miei detti e folle il vanto e ’l mio fermo sperar torna fallace; né superbo mi fa la penna o ’l canto.

11

Ardimi, signor mio, con viva face e trafiggimi il cor senza mio pianto, perché merto è il martire ov’ei si tace.

14

Letteratura italiana Einaudi

69

Torquato Tasso - Le rime

65

Dice al suo pensiero che nel formare l’imagine de la sua donna vorrà insieme assomigliar Prometeo e l’avvoltoio che gli rode il cuore.

Per figurar madonna al senso interno dove torrai, pensier, l’ombre e i colori?

Come dipingerai candidi fiori

o rose sparse in bianca falda il verno?

4

Potrai volar su nel sereno eterno ed al piú bel di tanti almi splendori involar pura luce e puri ardori, la vendetta del cielo avendo a scherno?

8

Qual Prometeo darai l’alma e la voce a l’idol nostro e quasi umano ingegno, e tu insieme sarai l’augel feroce 11

che pasce il core e ne fa strazio indegno, vago di quel che piú diletta e noce?

o t’assicura Amor di tanto sdegno?

14

Letteratura italiana Einaudi

70

Torquato Tasso - Le rime

66

Accenna la cagione per la quale egli, lontano da la sua donna, non sol conserva ma accresce l’amore.

Amai vicino; or ardo, e le faville porto nel seno onde s’infiamma il foco; e non l’estingueria tempo né loco, ben ch’io cercassi mille parti e mille: 4

ché nel vago pensier, luci tranquille, piú l’accendete e a voi di ciò cal poco, e le mie piaghe ancor prendete a gioco con quella bianca man che sola aprille.

8

Né lontananza oblio m’induce al core, né i piú colti paesi o i piú selvaggi, ma tenace memoria e fero ardore, 11

perché v’adombro in lauri, in mirti e ’n faggi: l’altre bellezze, ove m’insidia Amore, sono imagini vostre e vostri raggi.

14

Letteratura italiana Einaudi

71

Torquato Tasso - Le rime

67

Dice che l’anima sua, vaga di luce, vola al cielo, ma poi, allettata de l’esca de’piaceri, si torna a pascere nel volto de la sua donna.

L’alma vaga di luce e di bellezza ardite spiega al ciel l’ale amorose, ma sí le fa l’umanità gravose

che le dechina a quel ch’in terra apprezza; 4

e de’ piaceri a la dolce esca avvezza, ove in sereno volto Amor la pose tra bianche perle e mattutine rose, par che non trovi altra maggior dolcezza; 8

e fa quasi augellin ch’in alto s’erga e poi discenda al fin ov’altri il cibi, e quasi volontario s’imprigioni; 11

e fra tanti del ciel graditi doni sí gran diletto par che in voi delibi ch’in volo solo si pasce e solo alberga.