D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo

Canto primo

Q

81

Clarice in questa con immote ciglia mira ‘l valor del nobil giovinetto; dal valor nasce in lei la maraviglia, e da la maraviglia indi il diletto: poscia il diletto che in mirarlo piglia le accende il cor di dolce ardente affetto; e mentre ammira e loda ‘l cavaliero, pian piano a nuovo amore apre ‘l sentiero.

82

Erano corsi più feroci a dosso al gran guerriero i suoi nemici intanto, ed altri l’elmo del cimier gli ha scosso, altri lo scudo in varie parti infranto, altr’il viso, altr’il braccio, altri percosso gli have l’armato corpo in ogni canto.

Rinaldo or spinge inanzi, or si ritira, e coraggioso a la vittoria aspira.

83

E ‘l cavallo volgendo a la man dritta, il più feroce a mezzo ‘l collo afferra; e scrollandolo poi ben lungi il gitta da sé disteso e tramortito in terra.

Un che la lancia a lui ne l’elmo ha fitta, e crede omai finita aver la guerra, con l’urto del corsier manda sozzopra, poi con un altro il grave pugno adopra.

84

Di sì terribil pugno un ne percosse, che, rotto l’elmo, gli stordì la testa, e d’ogni senso e di vigor lo scosse.

Né per questo il furor degli altri arresta, ché Linco, un di color, ver’ lui si mosse ratto sì che la fiamma è via men presta, e venne seco a perigliosa lotta, credendo aver la man più forte e dotta.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 25

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo

Canto primo

Q

85

Ma da l’arcion Rinaldo il leva a forza, e rotandol per l’aria entorno il gira; indi con strano modo e molta forza tra l’inimici suoi scagliando il tira, onde a ritrarsi al fin gli induce e sforza, ed a schivare il suo disdegno e l’ira.

Clarice allor d’alto stupor ripiena n’andò con fronte a lui lieta e serena, 86

e disse: – Alto guerriero, a pruova aperta già tutte viste abbiam la virtù vostra, e qui nulla è di noi che non sia certa ch’oggi vinta riman la gente nostra, e che la palma sol da voi si merta.

Cessi omai dunque sì terribil giostra: e poi che cessa la cagione, insieme cessi il furor, ch’ogn’uom vi cede e teme. -

87

Come, allor che ‘l Tiren torbo e sonante leva al ciel l’onde, e i legni al fondo caccia, se Nettuno in sul carro trionfante scorge ir con lieta e venerabil faccia, la furia affrena e ‘n placido sembiante par che senz’onda nel suo letto giaccia: così al caro apparir, a l’amorose note, ogni sdegno il cavalier depose.

88

Ma perché Appollo in ver’ gli esperii liti già dechinava l’auree rote ardenti, sopra più barre por fatto i feriti ed inanzi portar quei da’ serventi, donne e guerrieri in vaga schiera uniti partir di là con passi tardi e lenti; e con la sua bellissima Clarice gia ragionando il cavalier felice, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 26

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo

Canto primo

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89

che tra via pur tal volta a lei movea d’amor parole e tacite preghiere: ma sempre o non intenderle fingea, o gli dav’ella aspre risposte altere, con le quai l’alma al giovin traffigea e sciemava in gran parte il suo piacere; ché, benché eguale ardore al cor sentisse, non volea ch’in lei quello altri scoprisse.

90

Lassa! non sa che l’amorosa face, se vien celata, più ferve e s’avanza, sì come fuoco suol chiuso in fornace, ch’arde più molto ed ha maggior possanza.

Pur il guerrier, che ciò ch’ascoso giace sotto sdegnosa e rigida sembianza scorger non puote e crede al finto volto, si trova in mille acerbe pene involto.

91

Deh! quante donne son ch’aspro rigore mostran nel volto ed indurato sdegno, c’hanno poi molle e delicato il core, degli strali d’amor continuo segno; incauto è quel che ciò ch’appar di fuore tien del chiuso voler per certo pegno: ch’un’arte è questa per far scempi e prede d’uom che drieto a chi fuga affrett’il piede.

92

Quel che più rende il cavalier doglioso è, perché non gli sembra esser amato per lo suo poco merto, a lei d’ascoso fuoco il cor non vedendo arso e infiammato; ma speme ha pur di farsi ancor famoso, sì che da lei ne deggia esser pregiato: così ad un nobil core amor sovente è qual lo sprone ad un destrier corrente.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 27

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo

Canto primo

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Giunto intanto al castel, congiedo prese l’acceso cavalier da la donzella, ch’a restar seco l’invitò cortese, raddolcendo lo sguardo e la favella; ei, che prima ha disposto illustri imprese condur al fin per farsi grato a quella, ai dolci umani inviti il cor non piega, e ciò che brama a se medesmo niega.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 28

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo Canto secondo Q

Canto secondo

1

Parte Rinaldo, e nel partir si sente dal petto acceso ancor partirsi il core; null’è ch’allegri la dogliosa mente, nulla che l’alma oppressa alzi e ristore; vorrebbe esser rimaso, e già si pente d’aver lasciato il suo gradito amore: la bella donna di cui fatto è servo, di liber ch’era più ch’in selva cervo.

2

Sei volte e sette a dietro il corsier volve, e per tornar verso il suo ben s’invia; poscia tutto al contrario si risolve, ed oltre segue la primiera via; instabil è vie più ch’al vento polve, e ben par che d’amor seguace ei sia; fa diversi pensier, e in un non ferma pur breve spazio l’egra mente inferma.

3

Al fin con l’aspre cure e co’ sospiri accompagna il parlar tremante e basso, e dice: – Ove, o disio d’onor, mi tiri per forza, ahi folle! a periglioso passo?

Come vuoi tu ch’ad alte imprese aspiri, s’io son privo del cor, s’a dietro il lasso?

Più che la forza in guerra il cor bisogna; senz’esso andrò dunque a mercar vergogna?

4

Deh, perché, lasso! a quel parlar cortese, a quelle dolci ed amorose note non rimas’io con lei, di cui s’accese l’alma, e senza cui pace aver non puote?

Chi, se non tu, crudel, ciò mi contese?

Tu le preghiere sue fêsti gir vuote, e me l’invito a ricusar sforzasti, misero! e lunge dal mio ben tirasti. -

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 29

ACTA G.