D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto secondo Q
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Non gian presso a Pozzuol con tal furore gravi pietre per l’aere intorno errando, pietre cui natural impeto fuore da l’imo centro al ciel spingea tonando, quando dentro ‘l terren, chiuso il calore, quel ruppe, strada d’essalar trovando, con qual dal paladin tirata è questa, che stridendo al pagan fiede la testa.
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Stridendo il grave sasso al fier pagano percote il capo e frange pria lo scudo, ch’opposto avea perché del tutto in vano se ‘n gisse il colpo, o men gli fusse crudo.
Si riversa Isolier tremando al piano, privo di senso e di vigore ignudo, ed a lui gli occhi oscura notte involve, ed ogni membro ancor se gli dissolve.
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Non morì già, ma come morto in terra un’ora giacque, e man non mosse o piede.
Rinaldo, che finita aver la guerra con aspra morte del pagan si crede, a lo sdegno, al furor il petto serra, ed affetto gentil l’alma gli fiede: sì ch’altamente ei se n’affligge e lagna, ché pietade a valor sempre è compagna.
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Rivenuto Isolier, benché assai grave si senta, ché ‘l fier colpo ancor gli noce, pur stringe in man la spada e nulla pave, e ver’ Rinaldo il piè drizza veloce.
Ma il buono Inglese con parlar soave tempra lo sdegno che sì il cor gli coce, e le non lievi differenze accorda; ma pria l’alto periglio a lor ricorda, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 34
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Canto secondo Q
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e gli dice: – Signor, io vi consiglio di non gire a provar questa ventura, perciò che sotto ‘l ciel maggior periglio non è, né cosa ad asseguir più dura; non val contra ‘l destrier forza o consiglio, arma non è dal suo furor secura.
Ma se pur fisse in ciò le voglie avete, ambo uniti a l’impresa insieme andrete.
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E colui col destrier venga a battaglia verso ‘l quale egli prima i passi muova; l’altro stiasi a veder quanto che vaglia il suo compagno in così orribil pruova.
Vi prego ben, signor, che non vi caglia, se pur la morte di tentar vi giova, d’usar con belva tal vani rispetti, ma che pugniate insieme uniti e stretti. -
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Rimasero a que’ patti ambo contenti, e più che ‘l buon Rinaldo anco Isoliero.
Ma come il sol co’ suoi bei raggi ardenti ruppe de l’atra notte il velo nero, a levarse i guerrier pigri né lenti non furo, ed a montar sovra ‘l destriero.
Il britanno guerrier ch’a loro è scorta gli guida a l’antro per la via più corta.
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A l’antro onde il corsier mai non solea scostarsi, come ei lor narra per strada, questi, che senza scudo ir ne vedea Rinaldo e senza lancia e senza spada, gli disse: – Credi tu la belva rea domare inerme, o di morir t’aggrada? -
E quelli a lui: – Nel cor consiston l’armi, onde il forte non è chi mai disarmi. -
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Canto secondo Q
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Al disiato luoco intanto giunge la bella compagnia. Quivi l’Inglese da lor toglie combiato e ‘l destrier punge, ma degli altri ciascun su l’erba scese e lascia il corridore indi non lunge, ch’a piè vogliono far l’aspre contese per ferir meglio e meglio ancor ritrarsi, e più veloci intorno raggirarsi.
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Ecco appare il cavallo e calci tira, e fa saltando in ciel ben mille ruote; da le narici il fuoco accolto spira, move l’orecchie e l’ampie membra scuote; a sassi, a sterpi, a piante ei non rimira, ma fracassando il tutto urta e percote: col nitrito i nemici a fiera guerra sfida, e co’ piè fa rimbombar la terra.
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Baio e castagno, onde Baiardo è detto: d’argentea stella in fronte ei va fregiato, balzani ha i piè di dietro, e l’ampio petto di grasse polpe largamente ornato; ha picciol ventre, ha picciol capo e stretto, si posa il folto crin sul destro lato; sono le spalle in lui larghe e carnose, dritte le gambe asciutte e poderose.
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Tal già Cillaro fu, pria che ‘l domasse con forza e arte l’amicleo Polluce, e tai, prima che lor Marte frenasse quei furo, ond’ei l’alto suo carro adduce.
Ma benché tal, benché al furor sembrasse furia da l’imo centro uscita in luce, raddoppia al paladin pur l’ardimento, e desta in Isolier poco spavento.
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Canto secondo Q
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Prima verso Isolier s’invia Baiardo, e quei l’attende con la lancia in resta; l’asta fracassa l’animal gagliardo, e ‘l corso suo non però punto arresta.
Non fu l’Ibero a ritirarsi tardo, ed a dar luoco a così gran tempesta; sì che quel non l’urtò, ma tornò ratto contra di lui ch’avea già il brando tratto.
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Tratta la spada avea, perché non era per domar il cavallo ei qui venuto, sendo da chi ne avea notizia intera per impossibil questo allor tenuto, ma per ferir la poderosa fera
e dargli morte ancor col ferro acuto.
Sol Rinaldo s’avea vario consiglio preso dagli altri, e con maggior periglio.
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