In fondo, un vano con portiere di stoffa, aperte, che conduce in camera da letto. Una finestra a destra; davanti alla finestra, una scrivania ingombra di carte e moltissimi libri. Alle pareti, librerie e scaffali. A sinistra, un vecchio divano con un tavolo davanti. Sedie, poltrone, mobili semplici, austeri.

 

ROSMER (in veste da camera, è alla scrivania, seduto su un seggiolone dall’alta spalliera. Taglia e sfoglia le pagine di una rivista, leggendo qua e là. Dopo alcuni secondi, udendo picchiare all’uscio, senza voltarsi)

Avanti!

 

REBECCA (in vestaglia)

Buon giorno.

 

ROSMER

Sei tu, Rebecca? Desideri qualcosa?

 

REBECCA

No, grazie: saper soltanto se hai dormito bene.

 

ROSMER

Benissimo. Un sonno solo, senza sogni. (voltandosi) E tu?

 

REBECCA

Grazie. Verso l’alba.

 

ROSMER

Oh, come ho fatto bene a dire tutto! Non so da quanto tempo non mi sentivo leggero come oggi.

 

REBECCA

Sarebbe stato anche meglio se quel passo tu l’avessi fatto prima.

 

ROSMER

Lo so anch’io. Ma avevo paura!

 

REBECCA

No, non fu la paura…

 

ROSMER

Credimi; fu anche paura.

 

REBECCA

Anche fosse, ieri ti mostrasti coraggioso, parlando. (sedendo vicino alla scrivania) Ora devo dirti anche d’una cosa che ho fatta io ma non devi inquietarti.

 

ROSMER

Inquietarmi, cara…?

 

REBECCA

Forse ho agito leggermente, ma…

 

ROSMER

Via, dimmi cosa è stato.

 

REBECCA

Ieri, quando quel Brendel stava per andarsene, gli diedi un biglietto per Mortensgaard.

 

ROSMER (stupito)

Tu…? (breve pausa) Cosa gli hai scritto?

 

REBECCA

Gli dicevo che ti avrebbe fatto cosa gradita interessandosi un po’ di quel disgraziato e aiutandolo come poteva.

 

ROSMER

Non avresti dovuto farlo: intanto hai danneggiato Brendel. E, quanto a me, non desidero aver rapporti con un uomo come Mortensgaard: anche tu sai quanto avvenne anni fa…

 

REBECCA

E non sarebbe conveniente, invece, che tu ora avessi un riavvicinamento con lui?

 

ROSMER

Io, con Mortensgaard…? A quale scopo?

 

REBECCA

Ora sei abbandonato dai tuoi amici e devi unirti a qualcuno.

 

ROSMER (la guarda scuotendo la testa)

Tu supponi, dunque, che Kroll e gli altri vogliano vendicarsi… Li credi capaci di…

 

REBECCA

Io non credo nulla, ma nel primo impeto, sai… dal modo con cui il rettore ieri se n’è andato…

 

ROSMER (interrompendola)

Tu, dovresti conoscerlo meglio. Kroll è un perfetto gentiluomo… (sorridendo) Oggi andrò da lui in città. Anzi, voglio parlare anche con gli altri. E vedrai che tutto si risolverà.

 

SIGNORA HELSETH (entra da sinistra avviandosi verso Rosmer)

C’è giù il signor rettore Kroll.

 

ROSMER

Kroll!

 

SIGNORA HELSETH

Chiede se può venire di sopra dal signor pastore.

 

ROSMER

Sicuro: venga. (va alla porta a voce alta) Avanti, avanti. Benvenuto! (tiene aperta la porta aspettando Kroll. La signora Helseth esce. Intanto Rebecca chiude le portiere dell’alcova e mette un po’ d’ordine nella stanza. Kroll entra col cappello in mano)

 

ROSMER (commosso)

Ero sicuro che saresti tornato.

 

KROLL

Oggi vedo le cose ben diversamente da ieri…

 

ROSMER

Sì, vero, Kroll…? Ora che hai potuto ripensarci…

 

KROLL

No, tu non mi comprendi… (pausa, poi depone il cappello sul divano) Desidererei parlare a quattr’occhi con te.

 

ROSMER

E perché non alla presenza della signorina West?

 

REBECCA

No, no, signor Rosmer, è giusto ch’io me ne vada.

 

KROLL (fissando Rebecca)

Le chiedo perdono, signorina, d’essere entrato troppo presto, senza darle nemmeno il tempo di ritirarsi.

 

REBECCA (stupita)

Sarebbe a dire? Trova sconveniente ch’io sia ancora in vestaglia?

 

KROLL

Dio mi guardi! D’altronde non conosco affatto le nuove usanze vigenti a Rosmersholm.

 

ROSMER

Kroll, cos’hai oggi…? Non ti capisco.

 

REBECCA (inchinandosi)

Con permesso, signor rettore… (via a sinistra)

 

KROLL (sedendosi sul divano)

Permetti.

 

ROSMER (dopo uscita Rebecca)

Sì, mio vecchio amico, sediamoci e parliamo francamente, a cuore aperto. (si siede di fronte al rettore)

 

KROLL

Questa notte non ho chiuso occhio, pensando a te.

 

ROSMER

E sei venuto per dirmi…

 

KROLL

Oh! Devo parlarti a lungo. Prima però voglio darti notizie di Ulrico Brendel.

 

ROSMER

È stato a casa tua?

 

KROLL

No: ha preso alloggio in un albergo d’infimo ordine. Là ha bevuto e fatto baldoria finché ha avuto soldi in tasca; poi ha preso ad insultare tutti gli avversari trattandoli da manigoldi e canaglie. E in questo, non aveva torto. Ma quelli alla fine l’han bastonato di santa ragione e gettato fuori.

 

ROSMER

È incorreggibile!

 

KROLL

Aveva già impegnato anche il tuo abito, ma qualcuno poi gliel’ha disimpegnato. Indovini chi?

 

ROSMER

Tu forse?

 

KROLL

No, il nobile signor Mortensgaard.

 

ROSMER

Ah…?

 

KROLL

Appena arrivato in città la sua prima visita fu per quel plebeo idiota… (appoggiandosi alla tavola) Ed ora, Rosmer, ora debbo avvisarti come tuo vecchio amico, come il tuo più vecchio amico…

 

ROSMER

Caro, dimmi… Non ti capisco…

 

KROLL

In casa tua c’è una persona che si fa gioco di te.

 

ROSMER

Che dici…? Tu alludi a Rebecca… (correggendosi) Alla signorina West.

 

KROLL

Proprio. E non mi meraviglia. Oh, lo so che da molto tempo si è abituata a far alto e basso, a suo piacimento.

 

ROSMER

T’inganni, Kroll. Tra noi non c’è il minimo segreto.

 

KROLL

E ti ha detto anche di essere in relazione col direttore della «Face»?

 

ROSMER

Oh, per quel biglietto che diede a Brendel…?

 

KROLL

Dunque lo sai! E tolleri ch’essa sia in rapporti con un uomo che in ogni numero del suo giornale mi insulta, tanto come insegnante quanto come pubblico funzionario?

 

ROSMER

Kroll, certo essa non pensò a nulla di tutto questo quando consegnò quel biglietto a Brendel.