Il suo opposto, Don Cesare, denuncerebbe la noncuranza e il disinteresse assoluti mentre Ruy Blas rappresenterebbe quel genio e quella passione che, repressi dalla società, si slanciano tanto più in alto quanto più è violenta la repressione e, infine, la regina esprimerebbe la virtù minata dalla noia. Invece, dal punto di vista meramente letterario, l’aspetto del nostro pensiero, racchiuso in Ruy Blas muterebbe ancora. Si potrebbero infatti identificare, nell’opera, le tre forme sovrane dell’arte idealmente riassunte in alcuni personaggi esemplari. Don Sallustio rappresenterebbe il dramma, Don Cesare la commedia e Ruy Blas la tragedia. Il dramma collega le fila dell’azione, la commedia le imbroglia e la tragedia le dirime alla radice. Sono tutti aspetti che trovano riscontro, ma nessuno di essi convince completamente. La verità assoluta si coglie solo nella totalità dell’opera. Mi auguro che ognuno trovi in Ruy Blas quello che cerca e l’autore, che non s’illude fino a questo punto, avrà raggiunto il suo scopo. Il soggetto filosofico di Ruy Blas è il popolo che aspira ad elevarsi; il soggetto umano è adombrato nell’amore di un uomo per una donna; il soggetto drammatico è rappresentato da un lacchè innamorato di una regina. Infine la folla che ogni sera si accalca per vedere lo spettacolo (in Francia non è mai venuta meno l’attenzione del pubblico per i tentativi dello spirito, al di là del valore del risultato) vede in Ruy Blas solo quest’ultimo soggetto, il soggetto drammatico e cioè il lacchè: ha ragione. Quello che si è detto a proposito di Ruy Blas ci sembra evidente anche riguardo a qualsiasi altra opera. I capolavori dei grandi maestri sono importanti proprio perché, più di altre opere, si possono studiare sotto molteplici aspetti. Di Tartufo certa gente ride e altra trema. Tartufo è il serpente domestico ovvero l’ipocrita o, meglio ancora, la quintessenza dell’ipocrisia. È sia un uomo che un’idea. Otello, per alcuni, è solo un negro che ama una bianca; per altri un arrampicatore sociale che ha sposato una patrizia. Per i primi è un geloso, per i secondi è la gelosia stessa. Questa molteplicità di aspetti non toglie nulla all’unità fondamentale della raffigurazione. L’abbiamo già detto altrove: mille rami e un solo tronco. Se l’autore di questo libro ha particolarmente insistito sul significato storico di Ruy Blas è perché, nella sua concezione, Ruy Blas dal punto di vista storico (ma unicamente da questo punto di vista) si riallaccia a Ernani. In Ernani come in Ruy Blas si assiste alla contrapposizione tra regalità e nobiltà. Con una differenza. In Ernani dove non esiste ancora la monarchia assoluta, la nobiltà lotta contro il re, a volte con l’orgoglio, a volte con la spada: è semifeudale, semiribelle. Nel 1519 il nobile vive lontano dalla corte, sulle montagne, da bandito come Ernani o da patriarca come Ruy Gomez. Duecento anni dopo, la questione è invertita di segno. I vassalli sono ormai dei cortigiani. E se, per caso, il nobile vive sotto falso nome non lo fa per sfuggire al re ma ai creditori. Non diventa bandito, entra nella schiera degli emarginati senza fissa dimora. Si sente che la monarchia assoluta ha dominato per anni su quelle nobili teste curvandone una, spezzandone un’altra. E inoltre - ai sia consentita un’ultima parola - in Ernani e Ruy Blas sono raffigurati due secoli di storia spagnola, due grandi secoli in cui la discendenza di Carlo V ha dominato il mondo; due secoli che la Provvidenza, è da sottolineare, non ha voluto allungare nemmeno di un’ora dato che Carlo V nasce nel 1500 e Carlo II muore nel 1700.
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