La bocca piuttosto grande, ma ben disegnata, esprimeva un energico desiderio di prendersi tutto quanto la vita poteva offrire. Era di costituzione esile e di altezza leggermente inferiore alla media.

«Sai, Hall… ho incontrato Märta Brehm ieri sera, dai Mortimer. Abbiamo parlato quasi tutta la sera di qualcosa che ora non ricordo. Com’è possibile dimenticare una cosa del genere? Aveva una rosa bianca sul petto».

Hall sorrise.

«Ah, è ancora la tua grande passione? Dura ormai da quasi sei mesi».

«Già, e temo che durerà fino alla fine dell’anno».

Hall annuì distrattamente in segno di approvazione. Aveva un volto un po’ butterato, di carnagione grigiastra, con dei baffi sottili e scuri, e appariva di parecchi anni più anziano della sua età. Il naso era affilato e i grandi occhi marroni avevano uno sguardo irrequieto.

«Spero di vederla al pranzo degli Arvidson la settimana prossima», proseguì Tomas. «Verrai anche tu, no?».

«Credo».

Hall era stato introdotto nella casa del console Arvidson dal figlio maggiore di questi, suo amico intimo. Di legami familiari ne aveva pochi, a Stoccolma. Era nato a Bruxelles da una signora svedese che un paio di anni più tardi fece ritorno in patria, dopo avere affidato il bambino a un agiato artigiano e a sua moglie, svedese di nascita. A dodici anni il ragazzo fuggì dalla casa dei genitori adottivi e per molti anni nessuno seppe come, dove o se vivesse. Infine lo si ritrovò, inaspettatamente, che faceva l’attore in una piccola compagnia svedese di provincia, e un paio d’anni dopo la madre morì, non senza aver fatto testamento lasciandogli il suo patrimonio.

Aveva stretto molte amicizie e compariva ovunque. Quando Tomas gli domandava come passasse il suo tempo lui era solito rispondere:

«Sto scrivendo un dramma. Quando sarà pronto ingaggerò una compagnia e andrò in giro a rappresentarlo».

Una vetrata era aperta. L’aria salmastra di primavera penetrava, dilatando il fumo delle sigarette e trasformandolo in un aereo reticolato, le cui maglie tortuose e fragili brillavano ai raggi di sole in una tinta vicina al blu imperiale. Fuori, lo scintillio sullo sciaguattare dello Strömmen era tanto intenso da fare quasi male agli occhi.

Il vino del Reno luccicava nei bicchieri.

«Ah, giusto», esclamò Hall, «se vuoi puoi venire con me al Teatro dell’Opera stasera. Ho comprato due biglietti per me e Jean Arvidson, ma lui ha avuto un impedimento. Ci vieni?».

«Sì, volentieri».

«Ah, bene».

Hall vuotò lentamente il bicchiere e lo riempì di nuovo. D’improvviso si alzò precipitosamente.

«Credo di dover proprio andare ora, ho un appuntamento alle tre con un conoscente. Noi ci vediamo stasera allora…».

«Sì, sarai a casa per le sette, no? Passo a prenderti io».

Tomas rimase seduto ancora per un bel po’, con la testa pesante per l’aria primaverile e per il vino. Gli era tornata alla mente la ragazza del negozio. Mentre lo aiutava a infilarsi i guanti lo aveva osservato di soppiatto un paio di volte, credendo che lui non ci facesse caso.

Le campane della chiesa di Jakob continuavano a suonare e a rimbombare. Dal cantiere del Teatro dell’Opera giungevano colpi di martello e canzoni di muratori. Tomas si aggirava nella fiumana di persone, spensierato e senza meta.

Sulla Fredsgatan acquistò un mazzetto di viole da una ragazzina ossequiosa e sorridente. Quindi entrò da L’Olandese per comprare un grande sigaro bruno rossiccio.

Ovunque si voltava vedeva facce conosciute; tutti erano fuori. Se fosse almeno riuscito a incontrare Märta Brehm… Naturalmente anche lei doveva essere in giro in una giornata come quella, era davvero impossibile rimanere a casa. Dove doveva andare per incontrarla? Le strade erano vuote se non era lei a percorrerle.

Ma poi a un tratto si ricordò che, probabilmente, lei ora indossava un nuovo vestito primaverile che lui non aveva ancora visto. Forse l’aveva già incrociata senza riconoscerla…

Alle Botteghe Rosse incontrò suo padre, che stava discorrendo con fervore con un politico liberale. Il professor Weber rispose distrattamente al saluto del figlio con la stessa cortesia che avrebbe usato verso un signore estraneo.

Le acque del Mälar ondeggiavano verdi e bianche. Una nave merci del Roslag, con le vele rattoppate, si dirigeva fuori dal porto con vento favorevole. A poppa il capitano era disposto a cavalcioni sulla barra del timone, che governava con il sedere.

Tomas aveva in mente di incamminarsi verso il Karolinska Institutet per vedere Gustav Wannberg, il compagno di studi che frequentava più spesso, e informarlo che quella sera era occupato, quando, inaspettatamente, incontrò proprio lui nel viadotto sotto la ferrovia.