“Il topo va e viene davanti al gatto - diceva egli talvolta - ma poi finisce che ci resta”. E di averla acchiappata non dubitava affatto: succede a molti amanti di stringere così tra le braccia una estranea: la nemica agile e perfetta. Per un momento, quel ragazzone semplice e elementare ebbe, per la prima volta, il presentimento di un prossimo, oscuro pericolo. Il salone in disordine, zeppo di mobili alla rinfusa, tirati giù da poco dalle soffitte dov’erano rimasti tanto tempo ammonticchiati a marcire, gli sembrò, d’un tratto, vuoto e smisurato.

E aperse gli occhi per ritrovar, sotto la lampada, il profilo sottile, immobile; l’unica e silenziosa presenza. Poi scoppiò in una allegra risata.

- Sicché? La parola d’onore del papà Malorthy, una spiritosa invenzione?

- Quale parola? - rispose la ragazza.

- Niente: uno scherzo che so io. Bene, vòltati un po’ e chiudi la finestra.

Difatti, dietro di lei s’era d’un tratto aperto senza rumore un finestrone. Una brezzolina sapida di sale, venuta dal mare aperto, ma saturata, nel suo cammino, da tutte le emanazioni dolciastre degli stagni, fece volar fino al soffitto i foglietti sparsi su di un tavolino e impennacchiò lo scartoccio del lume d’una lingua di fiamma rossa di fuliggine. Il vento rinfrescava.

A una voce, da un capo all’altro del bosco, si destarono i pini mugghiando. Ella girò la chiave nella toppa e tornò, immusata.

- Andiamo, vieni qui, - disse Cadignan.

Tirandosi indietro di due passi ancora, con abile manovra ella riuscì a frapporre il tavolino tra se stessa e l’amante; poi si mise a sedere sul bracciale d’una seggiola, come una bimbetta.

- Vogliamo proprio passar la notte così, Mouchette? Uh! brontolona!

- esclamò con un riso sforzato.

Senza dubbio, egli cercava di aver ragione alla meglio di quell’ostinatezza che sapeva bene di non poter dominare; ma più che un desiderio di carezze, di cui era stanco, gli gonfiava il cuore il pensiero di un rischio da affrontare: “L’alba di domani non tarderà a spuntare”, pensava con una certa gioia. Perché buono è il riposo, ma assai più cara una breve tregua.

E poi era in quell’età dell’uomo, in cui diventa presto insopportabile restare a quattr’occhi con una donna.

- Un momento, permetti, - disse freddamente Mouchette senza alzare gli occhi.

Egli non vedeva, di lei, che la fronte liscia, ostinatamente china.

Ma la vocetta asprigna aveva una strana risonanza nel silenzio.

- Ti do cinque minuti! - esclamò l’altro con giovialità, per celare la sua preoccupazione, perché quella fredda improntitudine gli aveva gelato la sua anteriore gaiezza. (Così il cucciolo cordiale e zampicchione riceve sul naso una pronta graffiata).

- Tu, dunque, non mi credi… - ella riprese, dopo una pausa di raccoglimento, come a conclusione di un monologo interiore.

- Non ti credo, che cosa?

- Non cercare di ingannarmi, va’ là! Sono otto giorni che ci penso sopra; ma da un quarto d’ora in qua mi sembra di capire tutto: la vita… Ridi un po’ quanto ti pare, tu!…

Intanto, io non mi conoscevo affatto; io, Germana. Si è felici, senza sapere, per un niente, un bel raggio di sole… sciocchezze… ma, insomma, così felici, che la gioia vi gonfia la gola; e si sente bene di desiderare altra cosa, in segreto: che cosa? mah!

eppure, già necessaria. Tanto, che senza quella tutto è nulla. Non ero così sciocca, io, da ritenerti fedele, che credi? Ragazze e ragazzi, nessuno nasce più con gli occhi chiusi: si impara di più lungo le siepi che al catechismo, in chiesa.